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Memorie di uno psicopatico
Memorie di uno psicopatico
Memorie di uno psicopatico
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Memorie di uno psicopatico

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Memorie di uno psicopatico, finora inedito in Italia, è la prima opera di Venedikt Erofeev (1938-1990) di cui si abbia traccia. A lungo creduti persi, questi diari sono stati pubblicati in Russia soltanto a partire dai primi anni Duemila. In queste Memorie, costellate da citazioni, riferimenti alla società sovietica e da generi letterari diversi, si delinea sempre più il personaggio dell’autore, lo stesso alter ego che qualche anno più tardi sarà al centro del poema caposaldo del Postmodernismo russo, e cioè Mosca-Petuški. A soli diciott’anni, la voce del giovane Venedikt è già irriverente, inquieta, sognante e allo stesso tempo lucida, cinica e raziocinante. L’alcol, la follia, il suicidio, la tragedia umana: tutto il mondo circostante ci viene raccontato attraverso lo sguardo del giovane Erofeev, che, sempre diviso tra la ricerca di un’elevazione e la celebrazione di ciò che è reietto, lo esamina minuziosamente per restituircene una brillante e inaspettata visione.
Lidia Perri
LanguageItaliano
Release dateFeb 11, 2018
ISBN9788899815806
Memorie di uno psicopatico

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    Book preview

    Memorie di uno psicopatico - Venedikt Erofeev

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    Introduzione di Lidia Perri

    Memorie di un pazzo.

    Continuazione delle memorie di uno psicopatico.

    Ancora una volta continuazione. E non ci sarà conclusione.

    Continuazione delle memorie di un pazzo.

    Memorie di uno psicopatico

    tamizdat

    (4)

    © 2016 by the Estate of Venedikt Erofeev

    © 2017 Miraggi edizioni

    via Mazzini 46 – 10123 Torino

    www.miraggiedizioni.it

    Titolo originale

    Записки психопата

    Progetto grafico Miraggi

    Finito di stampare a Città di Castello

    nel mese di maggio 2017

    da CDC Artigrafiche

    per conto di Miraggi edizioni

    su Carta da Edizioni Avorio – Book Cream 80 gr

    e Carta Fedrigoni Woodstok Materica Clay 180 gr

    Prima edizione cartacea: maggio 2017

    isbn 978-88-99815-23-3

    Edizione digitale: febbraio 2018

    isbn 978-88-99815-80-6

    Introduzione di Lidia Perri

    Venedikt Erofeev (1938-1990), una delle più rappresentative incarnazioni della letteratura russa del secondo Novecento, è stato uno scrittore-simbolo per intere generazioni soprattutto grazie al poema Mosca-Petuški, caposaldo del Postmodernismo in Russia. La sua vita, segnata da un vagabondaggio continuo di lavoro in lavoro, di città in città, ha conferito una connotazione quasi mitica al personaggio di Venedikt (o Venička, alter ego che userà in Mosca-Petuški), ma ha portato anche a problemi filologici riguardo ai suoi scritti, in quanto conservati disordinatamente e talvolta persi. Questi diari giovanili, dal titolo di Memorie di uno psicopatico, seguono il giovane Venedikt nel periodo racchiuso tra l’ottobre 1956 e il novembre 1957. Tredici mesi cruciali per la sua vita, in quanto alla base della sua parabola moscovita: dall’ammissione con lode all’Università Statale di Mosca alla successiva espulsione, dal primo impiego al successivo licenziamento.

    In questo diario, in cui autodistruzione e lirismo si fondono nel ritratto del giovane scrittore e della società, il racconto delle esperienze autobiografiche si accavalla e si interseca con diverse riflessioni di carattere filosofico, pseudoscientifico, aneddotico, comico o semplicemente assurdo. Un diario così onnicomprensivo, sperimentale e genuino da non poter celare al lettore non solo l’estro dell’autore, ma anche tutti quei temi e quei meccanismi letterari e narrativi che si ritrovano nelle opere successive e mature di Erofeev, in particolare nel poema Mosca-Petuški.

    Come in un altorilievo, i personaggi, le situazioni, i luoghi e lo stesso narratore di Memorie di uno psicopaticoci appaiono isolati dallo sfondo, con una vivida profondità, che scaturisce dalla loro esistenza nel mondo reale, oltre che in quello letterario. La commistione tra dialoghi, lettere, narrazione e riflessione non è quindi un artificio stilistico, né tanto meno frutto del casuale accumulo di parole di un grafomane, ma la rappresentazione del mondo interiore ed esteriore del protagonista.

    Memorie di uno psicopatico è un’opera ambivalente, che si pone nella scia della tradizione, configurandosi come l’ultima delle Memorie, così caratterizzanti la letteratura russa da Gogol’ a Dostoevskij (si pensi aMemorie di un pazzo del primo e Memorie dal sottosuolo del secondo), e raccontando l’ultimo jurodivyj, il folle in Cristo: figura della tradizione ortodossa ma anche letteraria, presente in Leskov e in molti altri; al tempo stesso però, Venedikt Erofeev inaugura un nuovo approccio alla scrittura, che da lì a breve sarà chiamato Postmodernismo, nel quale si inserisce grazie ad artifici, quali, per esempio, il citazionismo e la fusione di generi.

    Scegliendo questo titolo, quindi, Erofeev offre una chiave di lettura del testo non solo come diario di un adolescente, ma come opera letteraria inserita nella tradizione letteraria delle memorie del folle, dell’emarginato e dello psicopatico, ricorrente nella storia della letteratura russa dall’Ottocento ai giorni nostri. Il mondo letterario è presente anche nell’enorme bagaglio di citazioni e riferimenti culturali che costellano l’opera: Erofeev cita più o meno direttamente diversi poeti e scrittori russi, da Konstantin Bal’mont a Fëdor Tjutčev, da Maksim Gor’kij a Konstantin Simonov a molti altri.

    La natura postmoderna di Memorie di uno psicopatico si svela dunque sia nella sua forma eterogenea sia nell’operazione di inserimento e utilizzo di tutti quegli elementi caratterizzanti della storia e della cultura dell’epoca. Le canzoni popolari, i versi, i riferimenti alla storia passata e contemporanea, i richiami alla Bibbia (in particolare al Nuovo Testamento) non descrivono solo lo scenario culturale del mondo, ma vengono attualizzati e resi vivi nella vita di Erofeev, spesso in chiave ironica. L’ironia della citazione non risparmia nessuno: il leader albanese Enver Hoxha, gli scritti di Vladimir Lenin, Lavrentij Berija e tutto l’apparato sovietico.

    Quest’ultimo in Memorie di uno psicopatico compare come un organismo fagocitante ogni tentativo di asserzione della libertà di espressione e pensiero dell’uomo. Il giovane Venedikt è isolato da esso, si sente estraneo, deriso, esiliato: è oggetto di scherno, una rara specie subumana, uno jurodivyj. Erofeev proclama la propria idiozia per affermare la sua visione del mondo, o meglio, il diritto ad averne una diversa da quella comunemente accettata.

    Il suo cammino di autoaffermazione, in assoluto contrasto rispetto al mondo circostante, parte dalla scelta della Gorizontal’nost’ (orizzontalità), una stasi che si oppone alla futilità del movimento, della ricerca di qualcosa di irraggiungibile, di un’elevazione impossibile dalla miseria della propria condizione di essere umano. Rinuncia quindi a combattere contro la società e il mondo esterno; la sua programmatica follia si configura come Jurodstvo, la follia in Cristo. La scelta del giovane Venedikt è quella di essere reietto, di restare ai margini della società, di vivere di stenti, di privarsi di una vita materiale per avvicinarsi al divino. La figura del folle in Cristo ha un ruolo importante nella religione ortodossa, in quanto prescelto che si trova in uno stato di costante alterazione della percezione, cosa che lo eleva agli occhi del popolo.

    Il filo rosso che collega tutti i brani del diario, di per sé indipendenti da ogni altra coesione testuale, è il personaggio di Venedikt, che propone costantemente un aspetto della propria personalità: la goliardia, il suo cupo cinismo, la sua originalità e il senso della libertà non possono non affascinare il lettore. E se da un lato mettendo a nudo se stesso e il mondo che lo circonda, Memorie di uno psicopatico getta le basi per il percorso che Erofeev compirà come cittadino dell’Unione Sovietica, scrittore ed essere umano, dall’altro il suo percorso di autoaffermazione ribalta il romanzo di formazione, rivelando la propria circolarità: Venedikt non può diventare, egli è ed è sempre stato.

    L’elevazione e il processo scrittorio passano attraverso l’alcol: in Memorie di uno psicopatico l’alcol, oltre a incarnare un elemento del byt russo, è una via di fuga e un mezzo per raggiungere lo stato dello jurodivyj, Bere e scrivere sono quindi collegati strettamente: il bisogno di bere corrisponde a quella sete di esprimersi e insieme ribellarsi affermando il proprio io, inghiottendo e assimilando il mondo esteriore per farne ebbrezza e irrazionalità, disperdendo nelle pagine idee e sensazioni e raggiungendo l’estasi nella propria liberazione, a scapito dell’integrazione e dell’accettazione da parte della società sovietica.

    L’incomprensione di quest’ultima nei confronti di Venedikt è causa e conseguenza del suo essere jurodivyj, una maschera che sempre più si addice al protagonista, man mano che il suo isolamento dalla società prosegue con l’espulsione dall’università, dallo studentato e il licenziamento.

    L’allontanamento dalla società passa anche attraverso il rifiuto dei suoi canoni morali, letterari ed estetici. Il capovolgimento dei valori estetici, in seguito elemento fondante della poetica erofeeviana, è già presente in Memorie di uno psicopatico: all’ordine e alle rigide strutture imposte dalla società si contrappone il caos che caratterizza la poetica erofeeviana nella lingua, nella forma, nella psiche del narratore e nei contenuti. Per Erofeev il caos non è semplice specchio del mondo interiore ed esteriore, ma deriva da una visione ormai consapevole della realtà, e di una consapevole accettazione dell’impossibilità di definirla e comprenderla.

    Il caos diventa l’unico vero logos dell’universo: il confine tra soggettivo e oggettivo svanisce con l’idea stessa di oggettività. Erofeev, mettendosi una maschera, quella dello jurodivyj, si spoglia di tutte le altre che la società ci ha imposto. E proprio in questa nuova consapevolezza, nell’umanità più istintiva, irrazionale e sentimentale si avvicina al divino, a una comprensione non più logica, ma spirituale del cosmo.

    Memorie di uno psicopatico è una piccola ma sfaccettata gemma: l’esilarante comicità di alcuni frammenti si intervalla a scene di malinconico lirismo, al cupo cinismo dell’autore fa da contraltare la ricerca di un’elevazione estatica, al chiasso e alla trivialità del mondo circostante si contrappongono l’arguzia, la delicatezza e il desiderio di libertà dell’autore.

    Con questo diario Erofeev apre una nuova finestra sul panorama della letteratura russa a venire: gli ingredienti per il capolavoro del Postmodernismo russo ci sono quasi tutti e Venedikt, o forse ormai Venička, scruta l’orizzonte in attesa di lanciarsi nel prossimo folle, santo ed ebbro viaggio: quello da Mosca a Petuški.

    venedikt erofeev

    Traduzione dal russo di Lidia Perri

    Memorie di un pazzo.

    I-Diario 14 ott. 1956 – 3 gen. 1957

    14 ottobre

    Stopp… ma che ddiavolo!

    Interessante, a quale imbecille…

    A quale demonio, mi chiedo, interessa spaventarmi alle due…

    Alle due?..

    Sì, probabilmente…

    Ehm, alle due… Chi può essere stato… Alla fin fine sono tutti affetti da cretinismo, che vadino al diavo-olo…

    Modernismo…

    Modernismo? Ah ahahahah…

    Tuttavia, caro ragazzo… non è che ti diverte troppo… e del tutto a sproposito…

    Ma in prosperità non dimenticate che la morte, come la vita, è meravigliosa, e che è regale la grandiosità…

    Tump… tump… tump… tump… tump…

    Tump… Apperò. L’allegria e l’interessamento romantico pian piano ti abbandonano, caro ragazzo.

    Eh ssì… direi, una situazioncina romantica… neanche una fiamma… buio… buio come nel didietro di Antonina Grigor’evna…

    Di nuovo a guardare?

    Hm.

    E perché?

    Mi comincia persino a piacere…

    Piacere?

    Ah-ah! E allora passati la mano in fronte, giovincello… Ah-ah-aha!.. Hi-hi-hi… come sei sudato, giovincello… come ti tremano ad arte le gambe…

    – Ti diverte?

    – Fa ridere?

    Ma in prosperità non dimenticate che la morte, come la vita, è meravigliosa e che…

    Tump… tump… tump…

    … è regale la grandiosità delle raggelate tombe…

    15 ottobre

    Eccheccazzo!

    L’alcol è la salvezza!

    Eccheccazzooo!

    17 ottobre

    «Andato fuori strada e per questo fuori dall’università e per questo fuori di senno…»

    La sagace Grigorev’na…

    … un cazzo di cavallo sui suoi denti…

    18 ottobre

    Ci papperemo l’etica!

    La schiacceremo con denti da cavallo!

    La affonderemo negli abissi dei nostri stomaci e la profaneremo con i nostri succhi gastrici!

    La inonderemo di amari liquori al pepe!!

    Ah-ha-ha-ha-ha-ha-ha!!

    19 ottobre

    Seicento? Hm. Seicento… Limite? Limite.

    Allora, forse, la Jauza…

    23 ottobre

    Tutte strrronzate…

    24 ottobre

    18/viii. Kirovsk

    Bbbasta! Bbbasta!

    Non servono regole!

    Servono! Non più di venti versi e non meno di otto!

    Al diavolo il limite!

    Tanto Ven’ka ne fa di più!

    Sciocchezze! Su, cominciamo! Forza, in silenzio, che… Diamo 15 minuti di tempo!! Rima e ritmo sono obbligatori!! Se anche solo un verso non finisce con un aggettivo, l’autore sarà proclamato solennemente cretino!

    Urraaaa!!!

    Chi sarà al primo posto verrà proclamato genio, chi al sesto, idiota!

    Basta! Cominciamo! Tanto resti idiota!!!

    Taci, Abvam!

    Basta! Silenzio! Ce l’ho!

    Shhhhhh!

    * * * * *

    Su, amici, finiamo! Sono passati quindici minuti!

    Ancora tre minuti! Per finire…

    Basta!!

    La mia è un’assurdità, davvero una puttanata!

    A tutti, porca puttana, è venuta un’assurdità! Ven’ka, leggi tu per primo…

    Da-iii!

    Solo, scusate, la mia è troppo lunga… e per voi è inaccessibile…

    E per chi sarebbe accessibile? Spara!

    Ehm.

    A sangue freddo ingelosita,

    La giovane fanciulla passionale,

    La fanciulla di passione sublime,

    Pavidamente morigerata!

    Di tutto langui, irresoluta

    Gettare le reti, intrecciate

    Da una terribile vita, Sepolcrale,

    come una voragine infinita.

    Come una voragine infinita,

    Come miraggi strampalati,

    Vi spaventa la velata

    Dalla vita felicità angustiata…

    Oh non attendete l’inatteso,

    Non invocate il remoto,

    Per sempre solitaria

    Fanciulla con passione agognata!

    La fanciulla con passione agognata,

    La vostra sorte triste

    Non muta, dissennata,

    Neanche la giovinezza velata

    E i sogni splendenti

    Non resuscitano le cose inutili,

    Non risvegliano le cose perite,

    Non v’è fine all’irrefrenabile!

    Non v’è fine all’irrefrenabile,

    L’infinito è inutile

    Come i sogni sterili,

    Come l’inutilità del sublime,

    Come l’indifferenza di ciò che è libero,

    E il pericolo dell’indifferente.

    Solo le forze naturali

    Son il rifugio del sublime!

    Il rifugio del sublime

    È solo un’Immagine dell’incessante,

    La contemplazione del destato,

    E lo stupore del soave,

    Solo i suoni di ciò che è agognato,

    Il mare del sublime intorbidito,

    Il cielo eternamente silenzioso,

    L’attesa dell’inatteso

    L’attesa dell’inatteso,

    La rinascita di ciò che è sterile…

    L’indicibilmente nebbiosa

    Tenerezza delle forze naturali

    Risveglia in voi l’agognata

    Esistenza incomparabile,

    L’estasi dell’immutato,

    Così non attendere l’inatteso!

    Così non attendere l’inatteso,

    E non esigere il remoto,

    È eternamente solitaria

    La fanciulla con passione agognata,

    La fanciulla tormentosamente sublime

    Pavidamente morigerata,

    Fino all’oblio ingelosita,

    Fino alla follia passionale!!!

    – Brrravo!

    – Brrrravo!

    – Io mi rifiuto di leggere la mia sciocchezza!

    – Anch’io!

    – Erofeev è un genio! Urraaaa!!!

    Kirovsk. 20.viii

    – Su, ci assegni un tema…

    – Temaaaa!!

    – Facciamo l’omicidio!..

    – Accidenti, che temino!

    – Dai su, Fomočka, inizia!..

    – Ih-ih…

    Camminavo una volta tra i binari …

    – Dai, cammina, cazzo…

    Era una notte buia e tempestosa, sì?

    – Ma andate a fanbagno…

    Camminavo una volta tra i binari

    All’improvviso… sentii un tagliente grido!

    – Fanculo! Fanculo!

    – Più sentimento! Ven’k! Procedi!

    All’improvviso, sentii un tagliente…

    – Fanculo! Non c’è forma! Ven’ka! Hai 5 minuti!

    L’ultimo raggio di sole si spense dietro ai giunchi,

    Le rade eran velate da un silenzio segreto,

    Bisbigliano i salici con un pianto quieto,

    L’ultimo raggio di sole si spense dietro ai giunchi.

    La campagna dorme pacifica. Ma lì, nella nebbia lontana,

    Desta il silenzio d’uno straziante ululato la voce

    Un folle, grido selvaggio, che non sa ritrovare la pace…

    La campagna dorme pacifica. Ma lì, nella nebbia lontana,

    Qualcuno è accoltellato…

    – Una parodia merravigliosa, diavolo!

    – Che talento! Che talento!

    – Bi-i-is! Brra-avo!

    – Ven’k! Leggici quella tua cosetta di ieri…

    – Ma fa cagare…

    – Borin’ka! Per lui! In morte di un cane!

    La prigionia dell’energia vitale, col cuore assetato di umanità,

    Nella breve vita senza provare il tormento segreto del piacere…

    – Non quella! Non quella! Quella In morte di Soso!

    Mio dio! Avete udito i singhiozzi! Mi hanno ucciso i miei stessi fratelli!

    – Questa da dove esce fuori!

    – A me piace l’ultimo verso:

    Solo quieti lamenti e maledizioni impercettibili.

    – Ven’k! Leggila tutta!

    – Ma vaf… mi vergogno…

    Kirovsk. 20/viii

    25 ottobre

    Odio reciproco?

    Vendetta per il 6 ottobre?

    Dio mio, se è così, che razza di stupido malinteso!

    Fosse almeno per l’11 ottobre!!

    28 ottobre

    Abvam! Abvam!

    Una follia.

    Ma il romanticismo della sua morte è per loro in­ac­-

    cessibile.

    Né Mur, né Muz.

    O meglio, né Muz, né Mur.

    Abvam!

    Budapest!!

    29 ottobre

    Che c’è?

    Allora stare in piedi tutta la notte?

    E perché no poi?

    Per di più hai in tasca quella dolce scatolina fredda. Dolce, forse, solo perché finora non ti eri reso conto della sua presenza… Ma se la porti alla luce, brillerà così dolcemente tra le tue mani; scusa, sarà persino più abbagliante di questi riflessi delle luci sulla scura Jauza…

    Allora, forse…

    Allora, forse, girare con questa scatolina per le stanze della residenza? Recidere la gola a tutti quelli che odi?

    Be’, il coltello è troppo sentimentale… è solo per questo che non mi sono messo a tagliare le gole più odiate…

    Una teiera in testa?

    A chi?

    Hm. Come a chi?

    Ad Antonina.

    Vale la pena rovinare le teiere dello stato?

    Rovinare?

    No, perché poi rovinare? Penso che non accadrà nulla alla teiera se la sbattiamo su una tale figura grassa…

    Tra l’altro, è pure forzato.

    L’odio?

    L’odio reciproco con l’aggiunta di attrazione per l’oggetto dell’odio?

    Proprio lui.

    Hm?

    Senza hm! Del tutto sinceramente!

    Ah-ah-ah-ah-ah-ah!

    Guarda come ti prende… Non si può ridere così tanto di se stessi?.. Tutti dormono…

    Piano… Piano…

    Piano, piano abbandonate gli antichi idoli del vestiario…

    E comunque come splende l’affascinante Jauza… Hm, Jauza… Un nome osceno, direi; un nome che suscita sensualità. E forse solo per questo, è la mia fine… Tra l’altro, slavofilo convinto, perché poi ti piace questo suono che sembra quasi straniero? Come straniero? Chissà, forse mi sono immerso una volta… nell’estero…

    Ah-ha! E lo dice così, come se si fosse veramente immerso!

    Lasciarsi penzolare a metà dal parapetto del ponte, osservare con sguardo profondo la Jauza di notte e riflettere!..

    Perché riflettere? Io proprio…

    No, lei la guarda soltanto! Lui proprio!.. Con cosa, dimmi un po’, fine a tal punto di insensibilità ti hanno affascinato questi riflessi idioti?

    Sono davvero solo riflessi?

    Be’, forse, ecco quei cerchi che si disperdono a sinistra…

    Cerchi?.. Non li vedo…

    Non li vede! E lo dice colui che dichiara di averne bevuto solo duecento.

    Possibile che una persona, guidata dall’alcol, riceva a titolo gratuito dalla natura dei cerchi sotto agli occhi e perda per sempre la percezione di tutti gli altri cerchi della natura?

    Eh-eh-eh-eh, amante della solitudine cupa, stai diventando però proprio uno psicopatico… Ci provi gusto?..

    Hai freddo?..

    No, nient’affatto! Un brivido lieve…

    Allora forse, faresti meglio a imbacuccarti un po’ più stretto… Caro giovanotto, non hai nemmeno la sciarpa.

    Che stupido però, allora avevi detto che ne avevi due! E lei comunque voleva…

    Voleva… Però poi avevi cominciato a farneticare, caro mio… Le tagliai io la gola… Com’è possibile volere?..

    Questo?

    No, perché questo! Non sono ancora abbastanza ubriaco per dimenticarmi che si parla della sciarpa… e non della gola… Ma vedi è di nuovo una romanticheria,… e lei mi sembra preferisca il bollitore, giovanotto… Una preferenza ebbra, direi…

    … Hm… Ed ecco ciondolo proprio davanti alle finestre della posta... Forse, lei intende dire che io sono totalmente un’unica e totale preferenza ebbra…

    Ah-ah-ah! Lei è davvero un burlone sagace, giovanotto…

    Burlone? Ma non mi scaldano affatto né le mie burle, né i suoi complimenti…

    Ha i brividi?

    Ssì… quasi la febbre… Solo, per carità di dio, non mi infastidisca né con la sciarpa, né con un

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