Manuale d'Arte Drammatica
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Manuale d'Arte Drammatica - Adolfo Audisio
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Intro
Questo raro e prezioso Manuale d’Arte Drammatica illustra le seguenti discipline: La voce, La dizione, La lettura espressiva, Il gesto, Il modo di salutare, L’espressione fisiognomica, Precetti sulla mimica generale, Classificazione della mimica generale, L’esclamazione, Il riso, Il pianto, La controscena, Alcuni precetti sulla recitazione, Il crescendo, L’intonazione, Le frasi interrotte e in sospensione, Le pause artistiche, La parentesi, Le poesie staccate, La lettura e scrittura delle lettere, La narrazione e la descrizione, L’antitesi, Il parlato-muto, L’amore, L’ironia e il sarcasmo, L’adulazione e l’ipocrisia, L’invettiva, L’imprecazione, L’orazione, L’ubriachezza, La pazzia, La morte, La caduta, L’interpretazione, Alcune massime sulla recitazione, L’insegnamento, Lo studio della parte, I ruoli, Il trucco, L’uso delle armi, I costumi, Il modo di vivere.
Prefazione
L’arte drammatica non è solamente un’arte ricreativa, ma anche un efficacissimo mezzo di educazione civile e un vero apostolato per promuovere le nobili aspirazioni. I popoli civilizzati e i grandi uomini, riconobbero sempre la grande importanza. I Greci giungevano perfino a differire una guerra per rappresentare una tragedia di Sofocle e i Romani furono ammiratori entusiasti di Quinto Roscio, al quale pagavano la somma annua di seicentomila sesterzi. Luigi XIV tenne in grande considerazione Biancolelli e Molière e gli Inglesi dettero sepoltura a Garrick nelle tombe reali. Napoleone Bonaparte onorò della sua amicizia l’attore tragico Talma.
Lo studio della recitazione interessa molte categorie di cittadini ed è necessario: a coloro che vogliono intraprendere la carriera dell’arte drammatica o cinematografica, per diventare artisti corretti, padroni del gesto, della voce e della lingua; a coloro che studiano il canto, per completare l’arte del cantante con quella dell’attore, senza la quale non potranno mai emergere; ai dilettanti che desiderano essere dei filodrammatici apprezzati, immuni da tutti quei difetti, che non possono fare a meno di acquistare coloro che recitano, senza una buona scuola; ai direttori di compagnie teatrali non forniti di quella competenza artistica necessaria per insegnare; agli avvocati e agli oratori per diventare abili nell’arte oratoria; agli insegnanti di discipline scolastiche, per imparare la lettura espressiva e per acquistare quella particolare comunicativa che è indispensabile per il loro magistero; a tutti coloro, infine, che vogliono apprendere un bel porgere e a parlare senza errori di pronuncia la nostra bella lingua italiana.
Desideroso dunque di cooperare con le mie deboli forze, all’incremento e all’insegnamento di un’arte così importante, ho scritto il presente trattato. Questo mio modesto lavoro, certamente utilissimo a tutte le categorie di cittadini più sopra indicate, è soprattutto dedicato ai giovani attori. ai filodrammatici e ai direttori di compagnie teatrali.
I brani di commedie da me riportati come esempi, non sono la semplice copia di scene drammatiche, ma ciascuno di essi è corredato battuta per battuta, di numerose annotazioni per l’indicazione del tono, della voce, del gesto e dell’espressione da usare, realizzando così un insegnamento veramente pratico.
Nel mio libro non ci sono biografie di artisti illustri, aneddoti divertenti o divagazioni piacevoli, ma solamente regole, precetti e massime sulla recitazione. È la raccolta di tutto quello che ho imparato nella Regia Scuola di Recitazione
di Firenze, nell’Accademie e Compagnie Drammatiche e in molti anni di studi e d’insegnamento.
Io non ho preteso di fare un’opera scientifica e tantomeno letteraria. Anzi, per dare al mio manuale la maggiore praticità possibile, non ho esitato a usare molte voci del linguaggio teatrale e ho cercato di essere semplice, conciso e soprattutto chiaro. Non ho detto che cose necessarie per imparare l’arte della recitazione e già da me insegnate praticamente.
Se malgrado le sue imperfezioni questo libro potrà contribuire al miglioramento artistico delle filodrammatiche, che attualmente formano un vero teatro nazionale, e se incontrerà il consenso degli studiosi e dei competenti d’arte scenica, avrò ottenuto la ricompensa più bella che io possa desiderare, per le fatiche che mi è costato.
A. A.
LA VOCE
Il meccanismo della voce ha grande importanza nell’arte della recitazione ed è necessario che l’attore se ne renda padrone. Una bella voce è un dono della natura e non è possibile di acquistarla con lo studio. Si può nondimeno correggere e migliorare una voce scadente e renderla teatrale con l’esercizio e una perfetta IMPOSTAZIONE. Disgraziatamente questo studio importantissimo è oggi assai, trascurato, col risultato di sentire sui palcoscenici delle voci afone, deboli, stonate o prive di quel timbro che le renderebbe sonore e gradevoli.
Lo studio per l’IMPOSTAZIONE della voce è dunque una delle basi fondamentali della recitazione ed è appunto da tale studio che comincerò questo mio modesto lavoro.
Indipendentemente dalla classificazione fatta dall’arte musicale, la voce per la recitazione può essere classificata nel modo seguente:
- alto: Voce d’argento
- REGISTRO DI PETTO medio: Voce normale Voce d’oro
- basso: Voce di bronzo
- REGISTRO DI TESTA: Voce di testa.
La voce d’ARGENTO ha il suono chiaro, lieve, dolce, soave, carezzevole, mellifluo. Serve per esprimere gli affetti miti, gentili, teneri, delicati e patetici.
La VOCE NORMALE ha il suono più vibrato e più robusto e quando prende un TONO nobile e maestoso si chiama VOCE D’ORO. Serve per esprimere tutte le passioni dell’animo e può piegarsi a tutte l’inflessione e modulazioni.
La VOCE DI BRONZO può essere grave, cupa, fosca, dura, gutturale, fioca, velata, soffocata e serve ad esprimere le sensazioni di dolore, di spavento, di terrore e d’orrore. Serve anche per dare maggiore risalto ai racconti e alle descrizioni di cose o d’impressioni fantastiche, terribili o spaventose. Serve infine per esprimere l’ira, l’odio, il furore. e le frasi che debbono essere dette con voce velata o soffocata.
La VOCE DI TESTA ha sempre un suono acuto e serve per parlare a persone distanti, sia per chiamare, sia per avvicinarle o per dare loro degli ordini.
È superfluo il dire che la mia classificazione della voce è soggetta a una sconfinata gradazione di TONI, che va da quello più dolce della VOCE ARGENTINA a quello più potente della VOCE DI BRONZO. Sta all’orecchio, all’intelligenza e al sentimento dell’artista il trovare per ogni espressione la giusta tonalità.
Il gioco delle diverse voci è importantissimo e grande effetto può ritrarre l’attore che sappia usarlo.
La voce deve essere piegata a tutte quelle inflessioni e modulazioni, che sono necessarie, per esprimere con artistico verismo, le passioni umane. Un filo di voce, emessa con arte, basta ad esprimere, in certi casi, i più forti accenti dell’anima.
L’emissione della voce deve essere fatta con arte, onde non farne un inutile spreco e restare poi esauriti. È necessario di sapere riprendere fiato al momento opportuno. Non si deve mai ATTACCARE la BATTUTA senza voce.
Si deve prender fiato nelle brevi e lunghe pause che avvengono durante la recitazione. Non bisogna respirare fra mezzo a parole strettamente legate dal senso, fra il sostantivo e l’aggettivo, fra il verbo principale e quello ausiliario e fra l’articolo e il nome. Come regola generale dirò che l’inspirazione deve farsi a ogni virgola, a ogni punto e a tutte le spezzature di frase. Le più lunghe inspirazioni si fanno sul punto e durante le pause. Tenete intanto presente, che la recitazione, come vedremo in seguito, ha più virgole della grammatica.
La respirazione deve farsi naturalmente, senza dilatare troppo i polmoni, per non riempirli eccessivamente d’aria.
Altre regole per l’ottimo uso della voce, sono le seguenti. Si deve respirare col naso.
Qualunque sia la voce usata, i suoni devono essere sempre naturali e intonati. Le stonature sono deplorevoli e insopportabili nella recitazione quanto nel canto. L’artista drammatico deve avere l’orecchio che sappia ben misurare e regolare l’emissione della voce.
Non bisogna mai forzarla oltre le proprie possibilità o spingerla oltre i limiti naturali.
Non si deve mai alterare la voce con accenti stonati, con strascichi viziosi, o con suoni striduli, come fanno taluni per impressionare il pubblico o destare l’ilarità. Non è con l’alterazione della voce che si ottengono gli effetti comici o drammatici.
Per rendere più sonora la voce e per svilupparla quando mia debole, servono benissimo i continui esercizi di lettura ad alta voce. L’attore cercherà, quando gli occorra, di aumentare il volume della sua voce gradatamente e senza notevole sforzo. A questo scopo possono anche servire i vocalizzi che fanno parte dello studio del canto. È dunque raccomandabile che l’attore curi l’IMPOSTAZIONE DELLA VOCE come la cura il cantante. Pochi sono coloro che hanno una voce IMPOSTATA per natura. Il metodo d’impostazione delle diverse voci è il seguente:
La VOCE D’ORO e quella d’ARGENTO si ottengono lasciando libera uscita alla COLONNA D’ARIA, spingendola verso la faringe e appoggiando il fiato al palato vicino ai denti incisivi superiori in maniera che la sonorità avvenga nelle cavità orali. Questa è l’impostazione della VOCE IN MASCHERA.
La VOCE DI BRONZO si ottiene spingendo con forza il fiato verso le corde vocali in modo che la sua risonanza si produca nella cassa toracica.
Infine la VOCE DI TESTA si produce spingendo il fiato verso la faringe e appoggiandolo molto in alto.
TONO BASSO per fingere di non essere udito dagli altri personaggi in scena o per altre cause dipendenti dalla situazione scenica, si ottiene tenendo la bocca appena aperta, usando la voce di bronzo fioca, scolpendo le parole e spingendo il fiato con forza.
La VOCE IN MASCHERA è quella che CORRE DI PIÙ e che per questa sua caratteristica meglio si sente in lontananza Tolto dunque i casi in cui fa d’uopo di usare, per FICC necessità d’espressione, la voce di bronzo o quella di testa mi deve sempre recitare con la voce in maschera.
Bisogna abituarsi all’uso di quest’ultima anche nel comune parlare onde esserne assolutamente padroni nella recitazione.
Torno a ripetere che l’educazione della voce è necessarissima anche a chi vuole recitare. Vi furono attori che avevano per natura una voce quasi sgradevole e riuscirono con l’arte a renderla possente e piacevole. Uno di questi fu il sommo artista Giovanni Emanuel.
LA DIZIONE
La DIZIONE è parte fondamentale della recitazione. Una dizione perfetta è un pregio grandissimo. Prima di recitare bisogna dunque avere perfezionato la propria dizione. Se la pronuncia non è perfetta la recitazione perde di espressione e di valore e finisce con l’indisporre l’uditorio. Una pronuncia chiara e ben marcata rende la voce più bella e più sonora.
È difficile d’incontrare una persona che per abitudine parli con quella correttezza che esige l’arte drammatica. Specialmente gli errori causati dal cattivo uso degli accenti TONICO e FONETICO sono quasi generali a causa dei tanti dialetti che si parlano in Italia. Anche attori di valore non sfuggirono a tali errori. Non parliamo dei filodrammatici, fra i quali la pronuncia è purtroppo molto trascurata. Quante volte ho sentito pronunciare règime per régime, strangòlo per stràngolo, pàlpebra per palpèbra, invido per invido, monotòno per monòtono, oppure dópo per dópo, cèncìo per céncio, cóme per còme, seréna per séréna, ciélo per ciélo, vénto per vénto e tanti altri spropositi che troppo lungo sarebbe il riportare.
Il difetto di pronunciare aperte le vocali E ed O quando devono essere pronunciate chiuse e chiuse quando devono pronunciarsi aperte si riscontra specialmente nei Genovesi e nei Milanesi. Siccome questi loro errori non presentano eccezioni, possono correggerli facilmente con una regola semplicissima: pronunciare le dette vocali sempre col suono aperto quando, parlando italiano, è loro abitudine di pronunciarla chiuse e chiuse nel caso contrario.
Una delle lettere che da molti viene male pronunciata è la lettera C. O la si pronuncia breve, sdrucciola o gutturale come la jota spagnola, abitudine questa del volgo, fiorentino, oppure forte e troppo marcata; i Pisani e i Livornesi non la pronunciano affatto. Solo da un maestro correttissimo se ne potrà imparare la perfetta pronuncia. In ogni modo dirò che la si deve pronunciare con un suono aspro, ben marcato ma non esagerato, tenendo la lingua ferma e appoggiata sulla parte inferiore della bocca, con la punta a contatto dei denti incisivi inferiori e spingendo il fiato verso, il palato.
Coloro che pronunciano male la lettera C si esercitino a leggere rapidamente e correttamente delle frasi