Il graffio del gatto
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Il graffio del gatto - Vanni Ferrara
Vanni Ferrara
IL GRAFFIO DEL GATTO
Prima Edizione Ebook 2020 © Damster Edizioni, Modena
ISBN: 9788868104184
Immagine di copertina su licenza
Adobestock.com
Damster Edizioni è un marchio editoriale
Edizioni del Loggione S.r.l.
Via Piave, 60 - 41121 Modena
http://www.damster.it e-mail: damster@damster.it
Negozio on line www.librisumisura.it
Vanni Ferrara
IL GRAFFIO DEL GATTO
Romanzo
INDICE
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Epilogo
L’AUTORE
CATALOGO DAMSTER
A Marco e Andrea
Prologo
«Pronto, Comando dei Carabinieri di Comacchio…»
La voce dall’altro capo del filo era tra il concitato e lo sconvolto. L’appuntato Balboni si fece ripetere due volte il motivo della chiamata. Mentre il suo interlocutore parlava, lanciò uno sguardo all’orologio appeso al muro: le 15.30. Le 15.30 del 17 luglio. Fuori c’erano più di 35 gradi. Un pessimo giorno per morire. Sospirò.
«Va bene, arriviamo subito.»
Riagganciò. Poi, velocemente, compose l’interno del suo superiore, il capitano Manuel Costa.
«Pare abbiano ritrovato il cadavere di una giovane donna nella pineta del Lido di Volano.»
Costa si fece dare dal collega qualche dettaglio in più. Balboni ripeté quello che ricordava dalla telefonata ricevuta poco prima. Prese qualche appunto veloce, poi chiamò nel suo ufficio il tenente Martini, il brigadiere Maestri e il maresciallo Baraldi.
«Ci hanno segnalato la presenza di un cadavere nella pineta del Lido di Volano. Andiamo a vedere di che cosa si tratta.»
Chiese ai colleghi di precederlo. Li avrebbe raggiunti dopo pochi minuti, giusto il tempo di archiviare il file a cui stava lavorando al computer. Prima di chiudere il terminale, si soffermò sul salvaschermo. Era una foto che lo ritraeva con alcuni colleghi quando faceva parte del GIS, il nucleo delle Forze Speciali dell’Arma dei Carabinieri. Ripensò a quel giorno, a quel maledetto giorno in cui, durante un conflitto a fuoco, era rimasto gravemente ferito. Nella sua mente ritornarono il dolore, quella dannata sensazione di impotenza… poi, il buio. Era rimasto una settimana tra la vita e la morte. Coma indotto, lo chiamavano. Poi, piano piano, era riemerso dagli inferi. Dopo una lunga riabilitazione, aveva ripreso a camminare e a lavorare. Come souvenir di quel giorno fatale, gli era rimasta una leggera zoppia, che gli aveva impedito, tuttavia, di essere impiegato di nuovo in ruoli di azione. Da Palermo, era stato quindi trasferito a Comacchio a dirigere il locale Comando dei Carabinieri. Forse, pensavano di fargli un favore. A lui, invece, quel ruolo di capostazione
stava decisamente stretto. Scacciò i ricordi e i pensieri. Non serviva a nulla rinvangare il passato. Quel che era successo non si poteva cancellare. Ora, in una cittadina tranquilla e afosa, dove non succedeva mai niente, a parte qualche furto o atto di vandalismo, c’era un cadavere. Raggiunse i colleghi e partirono alla volta della pineta di Volano a sirene spiegate.
****
L’ambulanza era già sul posto, probabilmente chiamata da qualche turista. Il personale sanitario si aggirava attorno al corpo, che giaceva al lato della strada sterrata che collegava il Lido di Volano con il Lido delle Nazioni, all’altezza del villaggio turistico La Pineta
.
Il capitano Costa si fece strada tra la folla di curiosi, che si era aggiunta a quel mix di stress rappresentato dall’afa e dalle zanzare.
«Avete toccato niente?», domandò.
«Ci siamo limitati a un’ispezione visiva, nell’attesa del vostro arrivo», rispose il medico.
«Bene», si limitò a rispondere Costa.
Fece transennare la zona, poi, insieme a Martini, si avvicinò alla ragazza, che giaceva seminascosta nell’erba alta. Sembrava che dormisse all’ombra dei pini marittimi. Indossava un costume da bagno con un pareo legato alla vita. Accanto a lei, c’era un paio di infradito rosa e una borsa da mare trasparente, nella quale si intravedevano un telo da bagno e una bottiglietta di olio solare. Non sembrava ci fossero né cellulare né documenti. Il capitano Costa spostò di nuovo il suo sguardo sul corpo. Apparentemente, non c’era traccia di sangue né di percosse. Un particolare attirò la sua attenzione: all’altezza del seno c’erano quattro graffi ravvicinati.
Un improvviso fruscio lo distolse dalle sue prime congetture. Un grosso gatto bianco sfrecciò tra le gambe di Martini, che stava perlustrando i dintorni alla ricerca di qualche indizio che potesse suggerire le circostanze della morte della povera ragazza.
«Se ne stava rannicchiato in quel cespuglio», si giustificò il tenente. «Quando l’ho smosso mi ha soffiato come una furia e se l’è data a gambe.»
Costa lo guardò in tralice, poi i suoi occhi si posarono di nuovo su quei graffi.
«Permesso, fate passare…»
Il dottor Cinti, il medico legale, arrivò trafelato. Indossò i guanti di lattice e la mascherina e si chinò sulla giovane per una prima ispezione del cadavere.
«Ora presunta della morte?», domandò Costa dopo aver dato il tempo al medico di fare le sue prime valutazioni.
«Tra le 11 e le 14… età... sui venticinque, trent’anni al massimo.»
«Un’idea sulla causa del decesso?»
Cinti scosse la testa.
«Non me la sento di pronunciarmi prima di avere effettuato l’autopsia.»
«Va bene. Sollecito subito il Pubblico Ministero Mancini per avere l’autorizzazione a procedere.»
Poco dopo arrivarono i necrofori che si occuparono di raccogliere la poveretta e portare il suo corpo all’Istituto di Medicina Legale.
Costa si attaccò di nuovo al telefono.
«Voglio i ragazzi del nucleo investigativo nel mio ufficio. Io e Martini stiamo tornando in caserma. Nel frattempo, mandate qualcuno a piantonare la zona. Non voglio nessun curioso qui. Dobbiamo essere assolutamente sicuri che quella ragazza sia morta per un malore.»
Capitolo 1
Costa e Martini si avviarono verso la caserma. Le strade erano bollenti e silenziose. La calura estiva quasi annebbiava la vista e rendeva i contorni delle cose meno definiti. Un flusso disordinato di pensieri attraversava la mente del capitano Costa. La ragazza morta non aveva né documenti né cellulare. Certo, poteva non averli portati con sé in spiaggia per paura di perderli o di subire un furto. Oppure, qualcuno poteva averli volutamente prelevati per ritardare il riconoscimento della poveretta. E poi c’era la posizione del corpo e il luogo in cui il cadavere era stato trovato: a pochi passi da una spiaggia frequentatissima, dal residence e in pieno giorno. Se la ragazza si fosse sentita male, avrebbe cercato di chiedere aiuto e qualcuno di passaggio avrebbe di sicuro chiamato l’ambulanza, che sarebbe accorsa in pochi minuti, mentre, secondo i primi rilievi del medico legale, il decesso risaliva ad almeno quattro ore prima. Infine, sul corpo non c’erano segni evidenti di ferite o percosse, a parte quello strano graffio sul seno. L’ipotesi alternativa era che la giovane donna poteva essere morta altrove. Qualcuno doveva poi avere trasportato il suo corpo in quel luogo frequentato per farlo trovare in fretta.
«Martini, secondo te la ragazza è morta naturalmente o c’è qualcosa che tocca?», domandò Costa al collega rompendo il silenzio. «Dimmi la prima cosa che ti passa per la testa.»
«Malore o no, quello che ho trovato strano è che nessuno abbia visto, sentito o notato nulla, considerato il luogo in cui è stato trovato il corpo. Voglio dire: era quasi sul sentiero che porta alla spiaggia, a pochi metri da un resort che in questo periodo dell’anno è tutto esaurito o quasi…»
«È la stessa cosa che ho pensato io. Magari c’è qualcuno che sa qualcosa e, per paura o per qualche altro motivo, si sta tenendo il segreto per sé. Credo che manderò Baraldi e qualcuno dei ragazzi a fare qualche domanda ai vacanzieri.»
****
«Capitano, in sala d’attesa ci sono due ragazze che sono venute a segnalare la scomparsa di una loro amica.»
Il Carabiniere Balboni andò incontro al Capitano Costa senza nemmeno attendere che raggiungesse in ufficio.
«La ragazza manca da ieri», proseguì Costa concitato. «Ho detto loro che per formalizzare la denuncia di un maggiorenne devono passare almeno 72 ore, ma sono molto preoccupate. Dal momento che abbiamo appena trovato il cadavere di una giovane donna, ho pensato di informarla subito.»
«Falle accomodare nel mio ufficio. Poi prendi con te Cozzolino e Spagnuolo e seguite Baraldi alla spiaggia. Attenetevi ai suoi ordini.»
Costa sbirciò nella sala di attesa e vide due ragazze di poco più di vent’anni che parlavano tra loro a bassa voce. Una di loro si tormentava nervosamente le unghie, l’altra si spostava ossessivamente una ciocca di capelli dal viso. Aprì piano la porta e annunciò loro la sua presenza schiarendosi la voce. Nonostante la sua discrezione, le due ragazze sussultarono, come prese alla sprovvista.
«Buongiorno, sono il capitano Manuel Costa. Prego, accomodatevi nel mio ufficio.»
Le due ragazze lo seguirono in silenzio. Avvicinarono le sedie per stare più vicine.
«Allora», le esortò Costa con un sorriso. Come vi avrà anticipato il carabiniere Balboni, per formalizzare la denuncia di scomparsa devono passare almeno 72 ore. Nel frattempo, potete raccontarmi che cosa è successo.»
Prese la parola quella che sembrava la meno timida delle due. Aveva i capelli scuri tagliati corti, che le conferivano un’aria sbarazzina e la facevano assomigliare ancora a un’adolescente. Si presentò come Marianna Zoboli.
«La persona scomparsa è la nostra amica Ines, Ines Gherardi. È uscita ieri mattina alle 9.30 dicendoci che andava all’edicola a comprare alcune riviste da leggere in spiaggia. Verso mezzogiorno non era ancora tornata. L’abbiamo cercata sul cellulare, ma non ha risposto. Abbiamo riprovato più volte. Ines è una ragazza con la testa sulle spalle, ci avrebbe avvertite se avesse deciso di cambiare programma o avesse avuto un contrattempo o qualche problema. Per questo ci siamo preoccupate.»
Il capitano Costa prendeva appunti su un vecchio bloc-notes a quadretti. Ogni particolare poteva rivelarsi importante alla luce del ritrovamento di poche ore prima.
«Dove alloggiate, ragazze?»
Questa volta fu la seconda ragazza a rispondere. Più o meno coetanea della prima, aveva i capelli biondi e ricci e un piercing al naso. Si presentò come Roberta Vinci.
«Alla pensione Miramare, a Lido delle Nazioni. Veniamo da Modena e ci siamo regalate questa piccola vacanza sull’Adriatico di quattro giorni per prendere un po’ di sole. Il mese prossimo andremo alla Canarie e non volevamo essere le uniche pallide sulle spiagge spagnole.»
«Potete descrivermi la vostra amica Ines?»
Per un attimo, Costa sperò di sentire una descrizione completamente diversa dalla fisionomia della giovane che era stata trovata morta nella pineta.
«Ines è alta circa un metro e settanta. È mora, con i capelli lisci e gli occhi chiari. Quando è uscita di casa aveva addosso un costume fucsia e…»
Marianna lanciò un’occhiata a Roberta per trovare conferma.
«… un pareo azzurro e un paio di infradito rosa», aggiunse l’amica.
«... e la sua borsa da spiaggia con il telo, la crema abbronzante, il portafoglio con i documenti e il cellulare. Lo portava sempre con sé, perché non poteva fare a meno di controllare le email e il suo profilo Facebook.»
Costa sospirò. La descrizione degli abiti e della borsa corrispondevano a quelli del corpo appena portato all’Unità Operativa di Medicina Legale. In quel momento, Martini si affacciò alla porta dell’ufficio. Costa si scusò, raggiunse il collega e scambiò con lui qualche informazione a bassa voce. Poi, entrambi rientrarono. Costa si sedette di fronte alle due ragazze, Martini si posizionò alle spalle del suo capo, immobile, con lo sguardo basso.
«Poco fa, nella pineta del Lido di Volano è stato trovato il corpo di una giovane donna», esordì Costa cercando di essere il più delicato possibile. «Dalla descrizione che mi avete fatto, potrebbe essere la vostra amica Ines. Per averne la certezza, però, sarebbe necessario che effettuaste il riconoscimento. Questo ci permetterà eventualmente di stabilire la sua identità e di avvertire i familiari.»
Marianna e Roberta si guardarono smarrite, poi si lasciarono prendere dallo sconforto.
«Ines? Morta? Ma come è possibile? Ha avuto un malore, un incidente?»
«Non lo sappiamo, ancora. Ma, prima di tutto, dobbiamo essere sicuri che si tratti proprio di Ines e non di un’altra persona. Per questo, devo chiedervi di accompagnarci all’Unità Operativa di Medicina Legale per effettuare il riconoscimento.»
«Se ve la sentite…», aggiunse piano Martini.
Le due ragazze si guardarono con occhi smarriti. Roberta aveva gli occhi pieni di pianto, le sue mani avevano cominciato a tremare. Marianna annuì, poi aiutò l’amica ad alzarsi e seguirono Costa e Martini sulla volante.
****
Varcarono tutti e quattro la porta dell’Unità Operativa di Medicina Legale. Le due ragazze vennero colte contemporaneamente da un brivido. Mai e poi mai si sarebbero aspettate di trovarsi in un posto del genere. Una vacanza è fatta di giornate passate in spiaggia, di bagni di mare, di cene in pizzeria e serate in discoteca. Il massimo che può capitarti è mangiare qualcosa che ti faccia male, cadere ammalati oppure finire punti da una vespa o da una medusa. Quando sei in vacanza non pensi mai di poter morire, o che capiti a qualcuna delle persone che ti sono vicino. Soprattutto, non lo pensi a vent’anni, quando hai ancora la vita davanti e pensi che morire capiti solo nei film o nella tua serie TV preferita.
L’escursione termica tra le temperature desertiche dell’esterno e quelle glaciali di Medicina Legale era notevole. Martini lanciò uno sguardo alle due ragazze e pensò che non dovevano affatto essere lì, non era giusto. Costa pensò, invece, che l’aria condizionata tenuta così bassa non aveva lo scopo di rinfrescare i visitatori, ma di conservare al meglio i corpi che venivano portati lì, per ritardare il processo di decomposizione e consentire agli anatomopatologi di compiere con più accuratezza le autopsie. Rabbrividì, e non solo per il freddo. Ines, o quella che presumevano essere lei, era stata già deposta all’interno di una cella frigorifera. Il suo giovane corpo era coperto da un lenzuolo bianco. Costa ne sollevò delicatamente un lembo dalla parte in cui si intravvedeva la forma tondeggiante della testa.
Martini, mise una mano sulle spalle delle ragazze.
«Un cadavere non è mai un bello spettacolo. E nessuno vorrebbe mai vederne uno. Ma ci occorre sapere se questa povera ragazza è la vostra amica Ines.»
Davanti a quel viso immobile dall’incarnato terreo, Roberta si sentì mancare e dovette essere sorretta da Martini. Marianna fissò per un attimo quel volto pallido. Qualche macchia ipostatica aveva cominciato già a comparire attorno alle orecchie e alla base del collo.
«È lei… è Ines», disse piano, ma senza incertezze. Poi, distolse il viso e scoppio a piangere portandosi una mano alla bocca per reprimere i singhiozzi.
«Ok. Va bene così», commentò Costa ricoprendo di nuovo il volto della ragazza con il lenzuolo. «Adesso sappiamo chi è. Avremo ancora bisogno di qualche informazione sulla vostra amica, vi