Studium nella storia: Il primo Convegno culturale di Studium
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Aprendo i lavori del Convegno, il prof. Vincenzo Cappelletti, ancora oggi Presidente onorario delle Edizioni Studium, rilevò la necessità di un confronto critico con le affermazioni e le proposte del pensiero contemporaneo, in stretta aderenza alla tradizione della Rivista e dell’Editrice. Il prof. Fausto Fonzi delineò, quindi, un articolato profilo storico della presenza di Studium in un periodo cruciale della storia italiana, gli anni Trenta ed i primi anni Quaranta; mentre il prof. Armando Rigobello mise lucidamente a fuoco i problemi che si pongono al ricercatore che voglia collegare le esigenze del lavoro scientifico a quelle della fede.
Nel vivace dibattito che fece seguito a queste due principali relazioni, alcune comunicazioni e taluni interventi presero poi in esame le matrici storiche e i contenuti culturali della Rivista e dell’Editrice, mentre altri, di taglio filosofico e teoretico, posero l’accento sul significato e la natura della ricerca scientifica.
Tutto questo venne pubblicato integralmente nel fascicolo 3 (maggio-giugno) del 1982, e viene ora riproposto in questa nuova edizione digitale.
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Book preview
Studium nella storia - Vincenzo Cappelletti
Simone Bocchetta (ed.)
Studium nella storia
Il primo Convegno culturale di Studium
«Studium» è una Rivista bimestrale
Direttori emeriti: Vincenzo Cappelletti, Franco Casavola
Direttore responsabile: Vincenzo Cappelletti
Comitato di direzione: Francesco Bonini, Matteo Negro, Fabio Pierangeli
Coordinatore sezione on-line di Storia: Francesco Bonini
Coordinatori sezione on-line di Letteratura: Emilia Di Rocco, Giuseppe Leonelli, Fabio Pierangeli
Coordinatori sezione on-line di Filosofia: Massimo Borghesi, Calogero Caltagirone, Matteo Negro
Coordinamento collana ebook Biblioteca della Rivista «Studium»: Simone Bocchetta, Anna Augusta Aglitti
Copyright © 2020 by Edizioni Studium – Roma
ISBN 978-88-382-4898-6
ISBN: 9788838248986
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
NOTA DEL CURATORE
INTRODUZIONE
I. STUDIUM NELLA STORIA
II. FEDE, RICERCA E «COSCIENZA UNIVERSITARIA»
La struttura dell’attività razionale nell’esercizio della ricerca
Fede e ricerca
Fede e ricerca «in dürftiger Zeit»
La dimensione comunitaria nella fede e nella ricerca
«Coscienza universitaria»
Conclusione
III. COMUNICAZIONI E INTERVENTI
Le origini della rivista Studium
Studium e la critica letteraria
Significato di una lettura
Società pluralistica, cultura cristiana e coscienza critica
Dall’amore della cultura ad una cultura dell’amore
Pensare Dio dopo la morte di dio
La struttura dell’attività razionale
L’intellettuale cristiano e il problema della sua identità
Studium: un organo di proposte culturali
Il saluto della Fuci
La presenza dell’istituto Paolo VI
Conclusione
BIBLIOTECA DELLA RIVISTA «STUDIUM» / 6.
STUDIUM EDITRICE E RIVISTA: TESTIMONIANZE E RICERCHE / 2.
Studium nella storia
Il primo Convegno culturale di Studium
Introduzione di Vincenzo Cappelletti
A cura di Simone Bocchetta
NOTA DEL CURATORE
Appaiono in questo ebook le relazioni, le comunicazioni e gli interventi che a vario titolo vennero pronunciati nel Convegno di studi che si tenne a Roma, nei giorni 21 e 22 novembre 1981, per iniziativa dell’Editrice e della Rivista Studium, al quale presero parte giovani collaboratori entrati in questa comunità di lavoro soprattutto a partire dalla metà degli anni Settanta.
Aprendo i lavori del Convegno, il prof. Vincenzo Cappelletti, ancora oggi Presidente onorario delle Edizioni Studium, rilevò la necessità di un confronto critico con le affermazioni e le proposte del pensiero contemporaneo, in stretta aderenza alla tradizione della Rivista e dell’Editrice. Il prof. Fausto Fonzi delineò, quindi, un articolato profilo storico della presenza di Studium in un periodo cruciale della storia italiana, gli anni Trenta ed i primi anni Quaranta; mentre il prof. Armando Rigobello mise lucidamente a fuoco i problemi che si pongono al ricercatore che voglia collegare le esigenze del lavoro scientifico a quelle della fede.
Nel vivace dibattito che fece seguito a queste due principali relazioni, alcune comunicazioni e taluni interventi presero poi in esame le matrici storiche e i contenuti culturali della Rivista e dell’Editrice, mentre altri, di taglio filosofico e teoretico, posero l’accento sul significato e la natura della ricerca scientifica.
Tutto questo venne pubblicato integralmente nel fascicolo 3 (maggio-giugno) del 1982, e viene ora riproposto in questa nuova edizione digitale.
S. B.
INTRODUZIONE
Sia questa un’ora piena di soddisfazione e di gioia, perché è la prova e la misura della rinascita della grande idealità che la Studium è sempre stata. Ci vediamo in numero discreto, un numero che puo’ crescere, ma che è già sufficiente a costituire un corpo di consenso, una cerchia di elaborazione di idee, uno strumento di azione – se occorre agire – attorno alla rivista e all’editrice.
Penso che questi incontri debbano avere un ritmo annuale, fissatosi quest’oggi attorno a temi preliminari, direi quasi alla presa d’atto della rinascita avvenuta, con l’occhio alla storia per vedere se questa rinascita è o non è continuità. Ma domani i nostri incontri potranno vertere su grandi momenti della coscienza di oggi, su grandi temi e problemi della vita che ci accomuna. La dimensione e il modo d’essere ai quali Studium puo’ aspirare sono, credo, quelli di un movimento di opinione e di pensiero; da questo potrà nascere altro, ma prefiggersi subito altri fini significherebbe ignorare quei tempi lenti di crescita che connotano ogni iniziativa umana. Noi dobbiamo essere un gruppo, un movimento, unito da alcune idee di fondo e intento ad articolarle in una varietà di situazioni. C’è bisogno di questo nella società italiana di oggi, nella Chiesa, nel mondo in cui viviamo.
La tentazione di dire che vi sia immediatamente bisogno del momento politico, che il momento politico è la misura di tutto quello che si fa, è forte. Ed io vorrei proporre sin dall’inizio, con quella chiarezza che permette sempre di capirsi, di consentire o di dissentire, che il nostro intento è meta-politico, che la caratteristica di questo incontro è meta-politica. Sono presenti al nostro occhio tutti i problemi dello Stato; i problemi della società sono grandi, ma forse sono più acuti quelli dello Stato. Sono preseti a noi i problemi di una mediazione in termini civili di idee religiose come quelle che ci uniscono, ma continuo a dire – pur avendo presente tutto questo – che il nostro modo di essere qui e fuori di qui è, in quanto partecipi della comunità di Studium, meta-politico. Il nostro impegno, il nostro sogno, per altro verso, è uno stabilire rapporti tra il pensiero dei nostri anni, il pensiero contemporaneo, la fede cristiana; e questo mi pare l’elemento profondo, duraturo ed esaltante della tradizione di Studium.
Coloro che hanno espresso questa tradizione erano uomini che hanno dato tutto quanto è stato loro chiesto, e ogni volta che è stato loro chiesto; ma uomini il cui modo d’essere, la cui essenza, per così dire, non era politica. C’è un momento di rapporto della persona con il mistero – con il mistero che si scioglie in termini di una realtà abitata da un progetto, abitata da un’intenzione vissuta tutta quanta da una persona, Dio persona – che trascende la politica. Siamo vicini al partito dei cattolici mentre si trova alla vigilia di un’assemblea che potrà significare molto o qualcosa per ridare slancio ad un’impresa civile con la quale ci sentiamo profondamente solidali, ma la nostra essenza incomincia altrove e si conclude altrove. Dare questa indicazione di fondo è un dovere di chiarezza per chi parla.
I problemi della società italiana e dello Stato italiano forse non sono mai stati acuti come in questi anni ultimi, in particolare i problemi di Stato. È mia convinzione, difficilmente dimostrabile – si dimostra quando si riesce a formalizzare qualche cosa, altrimenti si fanno delle proposte – che noi ci troviamo ad appartenere ad un mondo il quale ci circonda, ci connota, in termini di prima identificazione di noi stessi, il mondo italiano, caratterizzato da una società molto viva, forse anche molto sana, come lo è una società piena di luci e di ombre, naturalmente, e da uno Stato i cui problemi sono tra i più gravi, in quella parte del mondo che si suole indicar come paesi sviluppati
, paesi che hanno pienamente subìto la rivoluzione industriale.
È doloroso, ma doveroso, prendere atto che l’Italia non ha o quasi uno Stato. L’Italia conta nel mondo – e a qualcuno di noi capita di percorrerlo sovente – come società, come insieme di forze che agitano progetti essenziali, progetti creativi, progetti culturali – la forza della cultura italiana, checché si dica, è ancora una grande forza, rispetto al piatto empirismo che connota gran parte della cultura mondiale – ma l’Italia come Stato esiste appena, ed esisterà, voglio essere qui chiaro in termini personali, soltanto a patto di una sostanziale riforma della Costituzione repubblicana. Quella sostanziale riforma che negli ultimi tempi si è profilata, che potrà nell’andamento arbitrario della politica essere accantonata domani dopo essere stata dichiarata indispensabile oggi. Ma a meno che non si ripristini l’autorità e la continuità del governo del paese, l’Italia continuerà ad essere una società molto più che uno Stato.
È molto doloroso prendere atto di questo per chi si trovi, per il suo mestiere, a fare dei confronti tra società che hanno uno Stato e la nostra società che deve costruirlo. È doloroso prendere atto di questo, quando si pensi a ciò che dipende dallo Stato: le grandi regole del gioco, nel campo, ad esempio, della ricerca scientifica, nel campo della vita economica – per quanto attiene alle regole di fondo – perché l’iniziativa è ancora molto forte da noi, nel campo della scuola. A questo proposito va detto che solo lo strenuo sforzo di persone e di tradizioni, lo strenuo sforzo della vita – ci illudiamo di essere soltanto «io»: siamo «io» più una tradizione, più la vita – ha impedito che inconsulte attività di riforma distruggessero dalle basi la scuola italiana con la sua preziosa eredità di formazione generale, di rapporto con il mondo classico, di tentativo di articolare questo rapporto fino a quanto c’è di più attuale, di più contemporaneo.
Dobbiamo prendere atto di appartenere a questa società dove la convulsa maniera di esistere di uno Stato proietta dovunque falsi problemi, come il problema ricorrente di quello che i cattolici non hanno saputo fare per lo Stato italiano. Ma i laici non hanno saputo far molto di più, e da osservatori privilegiati, quali possono esistere alla presidenza del Governo o vicino ad esso, si vede che le difficoltà sussistono anche quando la guida cambia e non è più cattolica, ma laica, per la profonda e no sanata discrepanza fra la regola del gioco politico consegnata alla Costituzione e quel che la società è diventata: il settimo paese industrializzato del mondo, un complesso formidabile di interessi che si proiettano oggi anche in altre aree geografiche. Ma a presiedere a tutto ciò è chiamata un’autorità instabile, il cui ritmo di esistenza si misura intorno a otto, nove mesi, quanti non bastano neppure per modificare nella rivista Studium il carattere, che posso dire, delle rassegne.
Tale è la verità ultima della società alla quale apparteniamo, una società sena Stato, dove i falsi problemi, le false autoflagellazioni dei cattolici che non hanno saputo fare quello che dovevano, nascono dal non voler riconoscere che è profondamente sbagliatala regola del gioco che ci unisce, attraverso la Costituzione: che ha avuto il merito di creare in Italia un consenso, di far uscire il paese dalla tragedia fascista, ma che è sopravvissuta almeno di quindici o venti anni a se stessa. La nostra adesione alle vicende del partito politico di ispirazione cristiana credo debba disi piena. Sbaglia – ci diciamo spesso con i compagni di lavoro, ma a voi accadrà lo stesso – sbaglia chi lavora; e il