Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

I calpestii della bestia
I calpestii della bestia
I calpestii della bestia
Ebook234 pages3 hours

I calpestii della bestia

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

All'insaputa dell'umanità, Gesù Cristo è da molto tempo sulla Terra in attesa della ricorrenza del  giudizio escatologico. Tramite la truce e satanica dea Ana Jana, lo viene a sapere Lucifero; questi ordina a una setta l'invio di mercenari per eliminare il figlio di Dio nascosto in un monastero nella Repubblica Monte Athos (Grecia). Nel giorno dell'assedio, Lucifero apparirà ai suoi adepti...
LanguageItaliano
Release dateFeb 27, 2020
ISBN9788869632228
I calpestii della bestia

Read more from Gianmarco Dosselli

Related to I calpestii della bestia

Related ebooks

Thrillers For You

View More

Related articles

Reviews for I calpestii della bestia

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    I calpestii della bestia - Gianmarco Dosselli

    Gianmarco Dosselli

    I CALPESTII DELLA BESTIA

    Elison Publishing

    Proprietà letteraria riservata

    © 2020 Elison Publishing

    www.elisonpublishing.com

    elisonpublishing@hotmail.com

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico.

    Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    Elison Publishing

    ISBN 9788869632228

    Come Dio, di cui è nemico, il Diavolo si interessa a tutti gli uomini, umili o potenti che siano; e come gli dei dell’antica mitologia, interferisce sempre nelle vicende umane. Demonio, Satana, Lucifero, Belzebù, Belial… tanti nomi, ma il maligno è uno e molti. Se ne può parlare tanto al plurale quanto al singolare.

    §§§

    I

    Alfio Putelli svoltò in una strada sterrata, poco più di un viottolo abbastanza ampio perché un’altra vettura passasse nella opposta direzione. Il vento ruggiva tra i rami spogli. La temperatura era rigida.

    Doveva recarsi da zia Alfonsina, unica sorella di mamma, residente in zona fuori Malcesine, località attigua le acque del Garda, in una ampia casa che fu una chiesa del Seicento, ex chiesa che ebbe la grande risonanza nel mondo religioso e sociale lacustri, e la stessa ebbe sempre un suo sacerdote fino all’ultimo giorno dell’anno 1891. Nei primi del Novecento il tetto cedette e nessuno volle concorrere alla riqualificazione della chiesa. Ci pensò una famiglia facoltosa salodiana a far rinascerla con replica di cornicioni con lesene ioniche e la ricollocazione del supporto della ex campanella di richiamo alla messa. Una volta risorta, i benefattori scelsero vivervi convertendola in osteria-albergo per clienti danarosi e soprattutto per bigami. Lasciarono intatte le vetrate dipinte di segni religiosi; una sola vetrata, quella dell’ingresso, sostituita con delle lastre color giallognole. Nel dopo guerra, la famiglia proprietaria venne travolta dalla crisi economica. L’acquistò un imprenditore locale; poi, venne un altro acquirente… e chissà poi come finì l’edificio nelle mani di donna Alfonsina. A nessuno costei riferì o mostrò l’atto di compravendita.

    Ora come ora la ex chiesa ed ex osteria-albergo era una dimora padronale affondata nel verde ai piedi delle alture del monte Baldo e circondata da un parco di abeti e di larici. Dal belvedere coperto si scorgeva il paesaggio lontano della costa bresciana. Chi visitasse la ex chiesa vedrebbe le navate laterali tramutate in sezioni; nello spazio delle ex cappelle veniva fatto una stanza larga da una all’altra colonna dorica; un insieme di stanze, la quale ciascuna si teneva proprietaria una finestrella e una tendina-sipario alla parete muraria. Le stanze giustificate così composte: cucinino, studiolo, sgabuzzino, camere, bagno e…. fin tanto di una bella veranda con veduta a lago. La navata centrale era suddivisa in due parti da alte pareti di muro di mattoni: la metà, partendo dalla facciata, era adibita ad ampio salone di ritrovo; l’altra metà racchiusa segretamente, ossia la parte dell’altare, era barrata da una porta lignea con ghirigori venati di rame e da serratura antica dorata!

    Il salone di ritrovo era colmo di ricordi laici di avi non appartenenti al casato di donna Alfonsina; imbottito di antichi dipinti, libri, sedie Sheraton ed elementi d’argenteria. Era il tipo di casa che sarebbe piaciuto ad Alfio; e vi avrebbe lì vissuto volentieri, anche da separato. Sarebbe lui il fortunato erede? Da pochi giorni, Alfonsina era nella sua residenza. Tempo addietro venne ricoverata in piena crisi uricemica: i medici la dettero per spacciata. Adesso si era ripresa, e riempiva tanti flaconi tutti senza tracce di albumina.

    Alfio, prima che attraversasse il salotto, si fermò nell’ex protiro, ora un elegante atrio, per guardare la propria immagine riflessa nello specchio a muro incorniciato con ghirlande di violette e di amoretti di porcellana. Si giudicava alla pari di un marcantonio, un bel volto abbronzato. A trentaquattro anni era così gioviale e dinamico come lo era stato a venti, ma non poteva più dirsi un bel ragazzo da capogiro. Eppure il suo sorriso era una visione gradita per tutti; i ridenti occhi azzurro cupo, dalle sottili ciglia nere irlandesi. Il sorriso largo e dolce, i denti perfetti.

    Gli occhi di Alfonsina brillarono d’emozione nell’incontrare, dopo undici mesi di tempo, il figlio unico della sorella. Si scambiarono i doverosi baci tradizionali accompagnati da una stretta di mano che sarebbe sembrata del tutto formale se non fosse stato per il calore che da essa sprigionava.

    «Te ne sei stato via così a lungo che quasi temevo ti fossi dimenticato di me.» lo accolse la donna, sorridendo e tirando un sospiro di sollievo.

    «Credi che sarei capace di scordarmelo?» rispose pacatamente sedendosi sulla poltrona davanti alla parente, un po’ grassottella, con i capelli neri raccolti in un nodo.

    «Comunque, grazie per avermi risposto.»

    Lei lo guardava francamente, seduta a tavola di fronte a lui. Teneva il mento appoggiato alle mani.

    Alfio giunse a lei arrivando dalla sua residenza provvisoria di Verona, e si trovò tè e caffè e una quantità di pasticcini ad aspettarlo in un angolo gotico. Egli arricciò l’angolo della bocca in un sorriso cinico.

    «Hai parlato con dei giornalisti locali. Svelami che cos’è quella storia, lanciata da giornali, che ti sentiresti destinata a una divinità. Di quale divinità parli? Una star del cinema sbocciata seppur tardivamente? Ma come si fa a spifferare certe fesserie in giro. Molti lettori telefonarono al Giornale bersagliando la redazione con accattivanti commenti, e tu venisti pure definita bizzarra e chiacchierona. Sei oramai derisa da tutti. Ci pensi?»

    «Lascia stare quella pochezza diramata per gioco; tutta colpa dei reporter che volevano di questa ex chiesa visitare i suoi reperti storici. Ma tu sei qui per ben altro motivo. Ti racconto una realtà da me tenuta in oblio. Neppure tua madre, la cara sorella Adelina, sa certe cose di me.» esordì in modo efficace.

    «Non ho più mamma. Accertati che tua sorella è morta tre anni fa. Non ti sei ancora concentrata, perdiana!»

    «Oh, scordo sempre della di lei scomparsa!» Si lasciò sfuggire una risatina incredula per l’assurdità della propria memoria. Incrociò le braccia e si strinse nelle spalle, sperando che il nipote non se ne accorgesse che le tremavano le mani. «Quarantadue anni fa, durante la mia vacanza a Paraiso conobbi Octavio, un avvocato di Villahermosa. Ci innamorammo. Ci fu una notte insensata per noi e… restai incinta. Un errore imperdonabile, sì! Quando scoprii di essere al secondo mese, chiamai Octavio dicendogli la mia intenzione di abortire, ma lui s’oppose. Mentì dicendomi di volerlo allevare nella sua patria; lui tralasciò tutto e mi dimenticò una volta che ebbi   partorito.»

    «Hai un figlio! Perdiana, questa è bella!» Le parole vibrarono, come per una scossa di angoscia. Una allucinazione. «Il figlio esiste ancora?»

    «Sì.» rispose ammansita. «Non volendo io il bambino, allora contattai un mediatore, un uomo che individuò una coppia sterile italiana… Restai muta con tutti per non rovinare la mia reputazione. Alla nascita del mio piccino, lo affidai ai coniugi cremonesi, i Faita. Mio figlio si è fatto chiamare Anthony; la coppia lo volle con un nome inglese. A dieci anni si vestì da chierichetto e, più tardi, si fece accanito catechista; a trentadue anni si sposò e perdette moglie e figli, vittime di un tragico incidente durante la visita presso una basilica francese. Dopo la tragedia egli ritornò a vivere con i genitori adottivi. Moralmente diverso… Non più sé stesso. Non comprese più certi obblighi. Ripudiò la Chiesa e Cristo. Dovette assumere dosi di calmanti. Ora come ora sembra non riuscire a trovare una risposta logica.»

    «Santi numi! La vedovanza lo avrà spossato. Sarebbe, adesso, un laico oblato

    «Scontroso e asociale, direi. La settimana scorsa i Faita vennero a farmi visita. Mi svelarono agghiaccianti cose su di mio figlio. Anthony, disertando così Chiesa e Dio, colpevoli della morte dei suoi cari familiari, scelse Satana per ottenere regole e decisioni di vendetta. Mio figlio, da due anni, è a capo della Setta del Dio Nero.* Pare sia unica al mondo che ammetta la presenza reale di Cristo in mezzo all’umanità.»

    «Cara zia, mi hai convocato per udire una fesseria! C’è troppo dissipare nei tuoi commenti e neppure spiegazioni nitide!» la canzonò. «D’accordo che Carnevale è in arrivo… se non trattasi di un anticipo colossale del pesce d’aprile

    «Per favore!» sbraitò la donna. Dopo una pausa alla ricerca della calma, riprese: «I Faita ottennero le confessioni da mio figlio, non appena questi eletto al comando supremo della setta satanica. Assunsero, a insaputa di Anthony, un detective, un certo Lenzi, perché questi indagasse alla bell’e meglio le mosse strane e la realtà del ragazzo. Il detective interrogò molte persone; adocchiò alcuni elementi della setta, ingannandoli, facendosi dire come solere farsi adoratore del dio Satana. Il detective seppe e ascoltò delle cose pazzesche fatte da mio figlio, tanto vero che i Faita dovettero fare finta di niente fino a quando Anthony non si dileguò da casa, finendo nel suo nascondiglio segreto. La cosa più brutale è l’atroce fine dei coniugi Faita e dello stesso detective, due giorni fa. Sgozzati insieme e appesi come salami nello scantinato di casa.»

    Alfio ne restò secco. Finì col chinare del capo sul petto. Guardò a malapena la donna e provò per lei un senso di irritazione.

    «Sì, ora apprendo di questa coppia trucidata… Sembra che i due non si fossero uniti in matrimonio per ragioni ideologiche. I mass media ne accennano continuamente.» le riferì, assai irato. «Per me è davvero sorprendente sapere che hai un figlio e che lo stesso è un potente criminale e visionario al servizio di Satana.»

    «Non è stato ancora confermato se Anthony avesse massacrato quei tre. Potrebbe lui non essere il colpevole, ma altri per lui. E nessuno sospetta del delitto come opera criminale di una setta maledetta. E nessuno ancora è a conoscenza che mio figlio risulti vissuto con i Faita.»

    «Ma sono comunque stati uccisi! Non solo la storia di un figlio tuo è agghiacciante saperla solo ora, ma che io stia qui per appurarla non vedo interesse. Non hai che da restare serena e lasciare che il destino macabro resti nelle mani di tuo figlio, alias mio satanico cugino.»

    «Mi sento in colpa!» sospirò con un’occhiata di supplica.

    «Non sei più la stessa, zia. Hai un’altra caratteristica e mentalità, altri pensieri e dettagli. Una metamorfosi ottenuta non appena guaristi da una malattia imprevedibile e determinante alla morte. Che cosa c’è in te?» si tese per scrutarla.

    «Non crearti mille interrogazioni.» La voce della donna era calma, ma Alfio capiva che era sconvolta. «È stato il giorno del mio ritorno a casa dalla degenza ospedaliera quando mio figlio venne a me. Tacqui con tutti della sua piombata visita.»

    A quel punto, Alfio provò brividi di freddo lungo la schiena e vampe di calore in volto.

    «Lui… arrivato sino a te! Quando s’accorse che sei tu sua madre?»

    «Eh, torniamo molto indietro! Seppe di me il giorno precedente il suo matrimonio. Mi presentai a lui; mi abbracciò con rabbia per la mia troppa assenza e ripudio, poi mi dette devozioni a non finire. Dal momento della sua vedovanza fui l’unica a coccolarlo e a donargli vitamine spirituali. Non andò più bene con i Faita. Lui scelse una strada contro Dio. I Faita vollero che ritornasse alla madre biologica, ma lui sparì da me finché non lo rivedetti al mio recente ritorno a casa. Ora come ora lo sto cercando.» spolmonò. Sbatté le ciglia. «Il detective Lenzi elaborò un dossier chiamato "Caso Anthony", ora introvabile. Quando i Faita mi chiesero il tuo indirizzo anagrafico dell’ufficio di Verona, e che glielo diedi, il mio sospetto è che il dossier stia per arrivare nelle tue mani, a giorni.»

    «Zia… ascolto banalità da te!» sottolineò in tono di riprovazione. «Vorrei che il dossier non mi arrivasse. Ma perdiana, potrei io per esserne coinvolto.»

    «Come indennizzo e umiliazione avuti, i Faita vollero il mio patrimonio catastale. Dissi loro che tutto è già oramai intestato, documentato davanti a un notaio, a nome di Anthony. Grazie alla loro morte, adesso più nessuna rivendicazione d’indennizzo, ma ho ancor le minacce valide, e parlo del dossier. Il documento potrebbe schiaffare mio figlio in un manicomio.»

    «Vorresti che io rintracciassi lui o distruggere il dossier prima che finisse in mani cattive! In che modo?»

    «Credo che i Faita, più che a me… optarono la spedizione del dossier a tuo indirizzo. Dissi loro perché non a me la consegna; mi dissero che per amore di Anthony avrei potuto distruggere gli scritti del Lenzi per eliminare qualsiasi indizi macabri e delittuosi perpetrati da mio figlio.»

    «Se il dossier venisse, invece, spedito a qualche redazione giornalistica o in un ufficio della Procura?»

    «No. A te, come unico cugino; così mi disse la coppia massacrata. Giurandomi. Sicuramente a tuo indirizzo.»

    «Se arrivasse a me, il dossier me lo leggerei, cara zia. Poi…» esitò. «…dipenderà da me a chi farlo leggere o a chi consegnarlo.»

    «Va distrutto. Non voglio che il mio Anthony…»

    «Perdiana, non posso e non voglio accontentarti. Un criminale satanico va isolato dal mondo.» La interruppe tenacemente, a voce altissima; poi si scusò con lei.

    «Allora… ti supplicherei di affidare il dossier all’ispettore Marini, l’uomo dal brillante curricolo e incomparabile; pratico a sbrigare le incombenze. Lo conosciamo tutti noi, persino tua moglie Barbara. Potresti confidare con lui; ti indicherà il percorso giusto da compiere, seppure a malincuore per me. Povero figliolo!» sospirò.

    «D’accordo. A patto che arrivasse a me, il plico.»

    «Anthony vorrebbe che tu lo seguissi per ordine di Lucifero. Un asse acclamata da angeli demoniaci: due vedovi a guerrieri di protezione del Male.»

    Alfio fissò incredulo la donna. Tutto pallido; mascella contratta.

    «Io non sono un vedovo. Perdiana, che vai cianciando! Questa è pazzia del mondo vomitevole.» disse con rabbia improvvisa.

    «Ti vorrà come fratello di sangue per distinguersi in una famiglia allargata. Firmerete il patto con una goccia di sangue davanti a una platea di testimoni satanisti, in una notte esclusiva. Così mi ha detto. A soddisfazione e desiderio di Lucifero. Potresti altrettanto tu a potente della Terra.»

    «Da te ascolto la fesseria universale! La tua psiche umana è marcescibile. Sai che cosa è la coscienza?, la razionalità?, il profondo?» vociò a tutto campo.

    «Quando vedrai colpita a morte la tua famiglia, la tua attenzione per Anthony sarà solenne.»

    «Ma quale morte? Che ne sa lui dell’identità della mia famiglia?» urlò alla fin fine.

    «Glielo io detto. Ho sbagliato. Scusami!» sentenziò con aria rassegnata.

    «Vaccaboia! Zia distratta! Io ti… ti…» balbettò; era in procinto mollarle un cazzotto. Si chetò, per fortuna. «Che combinasti, santi numi!» Quasi sembrò che piagnucolasse. «Mi vedrò costretto difendere la mia famiglia. Fortuna che… sì, fortuna che tutte le sette sataniche non hanno mai ottenuto delle forze fisiche.»

    «Diversamente la setta di Anthony. Conoscila!»

    «Mi proponi a lacchè di tuo figlio? Perché questo? Cederei tutto. Lascerei a tuo figlio tutto il mio plasma pur di non permettere delle sciagurate sventure alla mia famiglia. Ma non quello di unirmi a lui.»

    «Con lui o senza di lui farai la stessa cosa. Anthony ti cercherà. Ha già sguinzagliato i suoi scagnozzi…»

    «Ma che dici! Se tuo figlio osasse tanto con me, potrei io agire con tutto comodo prima che arrivasse la polizia a lui.»

    «Non insistere.» annunziò duramente.

    «Ma che desiderio hai per me, per lui, per la setta! Vorrei davvero che quel dossier arrivasse a me, e subito indirizzerei esso nelle mani di psicologi e di magistrati. Solo così il tuo Anthony non molesterebbe me e la mia famiglia.» la intimò in malo modo. «Mi è utile la vita di Umbertino.»

    «Umbertino, povero piccino. Non lo vedo da molto; l’ultima volta stava ancora in un passeggino; chissà… ora sarà un ometto. Convincerò Anthony a risparmiarlo, se possibile.»

    «Discorsi dilavati!» Trasalì all’improvviso. «Ti vedi aggraziata dire codeste cose, come una pia che pensa al grande amore del Padre del cielo. E… Barbara è legalmente mia moglie.»

    Mentre si preparava per andarsene, ebbe la tentazione di scusarsi con zia con il pretesto di un improvviso malessere. Non si arrese. Era deciso a prendersi la responsabilità, cura e protezione dei cari. La donna si portò la tazza di tè alle labbra, poi la depose con eleganza. Le sue mani si muovevano con aristocrazia; forse per via di quei polsi sottili ma forti.

    La voce dell’uomo, alterata, rauca, la riscosse.

    «Meglio dare un taglio netto al nostro parentado! Lascerai in eredità questa ex chiesa a lui. L’attrazione e l’interesse che prova tuo figlio per me è allucinante. Mi converrà darti un penoso addio.»

    «Verrai a cercarmi per buone ragioni, nipote. Sono certa.» insistette la donna. I suoi occhi avevano un’espressione di supplica. Si raggomitolò ancora di più nella poltrona.

    Alfio si lanciò quasi di corsa per il corridoio, dove trovò la zitella e altrettanto dama di compagnia di Alfonsina, la Brunelli, tutta serenamente intenta ad annaffiare dei vasi di fiori di ippeastro e di croco. Lei, una ultracinquantenne, ma ne dimostrava come minimo dieci di meno. Tutto in lei parlava di grazia ed eleganza, qualità naturali di donna nubile; aveva lunghi capelli grigi e un volto marcato che s’allargava facilmente in un sorriso. Dopo i convenevoli, la donna lasciò che l’uomo si sfogasse fustigandosi ancora per un po’. Finalmente, egli fece una pausa per sospirare, e la Brunelli non si lasciò sfuggire la buona occasione per ammettere:

    «Non siate afflitto. Sofferenze e sfoghi di donna Alfonsina sono naturali e hanno qualche valore terapeutico. Sapete… io ho visto il figlio di donna Alfonsina. Un ragazzo adorabile.»

    «Così, altrettanto voi ne siete a conoscenza di lui.

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1