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Joe Dante: Master of Horror
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Joe Dante: Master of Horror

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Saggi - saggio (95 pagine) - Joe Dante, formatosi nella bottega del leggendario Roger Corman, è tra i registi hollywoodiani del fantastico più significativi degli anni Ottanta.


Il grande regista Joe Dante è un appassionato esploratore del cinema, protagonista di grandi successi commerciali e abilissimo nel cucire film a basso costo. Un artista umano e spiritoso, nelle fantasie come nella morale, capace insieme di ferocia, di tenerezza e di satira morale. Un artigiano che maschera abilmente una cultura alta sotto i modelli dei generi popolari e gli effetti da film di serie B in un intelligente omaggio alle meraviglie di un cinema perduto.

Joe Dante – Master of Horror è un saggio a cura di Luigi Boccia, scritto da Mario Rumor, Joe Godoy Gonzalez, Emanuele Crivello, Giuseppe Carradori, Lorenzo Ricciardi e Anna Silvia Armenise. La cover è di Giorgio Finamore.


Luigi Boccia, scrittore, sceneggiatore e regista, ha lavorato per diverse case di produzione cinematografica tra le quali la Eagle Picture, La 7 e Rai. Tra i suoi libri La Janara (2007), Leonardo da Vinci e la finestra sul tempo (2014), La Notte chiama (2016), Scarescrow (2018). Ha curato diverse antologie e volumi per vari editori, ed è autore di saggi, tra i quali Licantropi e Chi è Pennywise?, Scrivere l’horror nel cinema e nella televisione. Per la Star Comics ha ideato con Sergio Stivaletti la serie a fumetti Fac­tor-V. Per Delos Digital cura la collana Horror Story. È il fondatore del marchio editoriale Weird Book.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateFeb 11, 2020
ISBN9788825411263
Joe Dante: Master of Horror

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    Joe Dante - Luigi Boccia

    9788825411096

    All’epoca non mi rendevo conto che c’era un’enorme libertà a fare film a basso costo con Roger Corman, così tanta libertà che non ho mai più avuto in futuro. Era una continua lotta realizzare le pellicole, tutte a basso budget e in tempi strettissimi, circondato da persone che, come me, non avevano tanta esperienza e imparavano lavorando. Potrebbe sembrare una situazione frustrante, ma in realtà era esaltante. I film uscivano nei drive-in dopo un mese, un mese e mezzo. Nessuno si aspettava che quei film nei drive-in fossero effettivamente buoni. Quindi, se non lo erano la gente non ti criticava, ma se un film che avevi fatto con Roger Corman era buono, allora venivi notato.

    Joe Dante

    In nome della passione

    Emanuele Crivello

    Quando ho accettato di partecipare alla stesura di questo saggio ero relegato in una placida isola d’ignoranza,¹ in quanto associavo il regista protagonista di questo saggio al solo Gremlins del 1984, pietra miliare del cinema anni Ottanta e prima collaborazione di Joe Dante con Steven Spielberg.

    Con enorme interesse e stupore, le battute iniziali della mia ricerca mi hanno rivelato che Dante ha diretto diverse pellicole che ho amato durante l’infanzia come Explorers, Salto nel buio e L’erba del vicino (con protagonista un Tom Hanks all’epoca stella emergente). Altrettanto stupore l’ho provato nell’apprendere che forse la mia impreparazione non era dovuta solo a una personale cagione di conoscenza della cinematografia degli eighties, bensì anche a un tratto caratteristico del regista americano.

    Seppur l’opera di Dante sia di ispirazione per la sua originalità e visione acuta, è spesso oscurato dai lavori con maggior successo sia critico che finanziario dei suoi contemporanei (Steven Spielberg, Robert Zemeckis, Tim Burton, e Ron Howard tra gli altri) […] L’integrità e umiltà di Dante e, consequenzialmente il suo disinteresse nell’autopromozione, lo situano nel particolare fenomeno del post-cult cinema.²

    Jonathan Rosembaum in un saggio pubblicato da La Furia Umana sostiene che Joe Dante appartiene alla corrente cinematografica del post-cult in quanto è «uno dei pochi registi commerciali americani che conosco che ha rifiutato di assumere un pubblicista personale», e sostanzialmente «ha scelto di essere riconosciuto al meglio solo dai suoi iniziati (ovvero cultori o compagni d’arma) piuttosto che dal grande pubblico». Per Rosembaum, Dante è semplicemente un «genuino amante del cinema che assapora le ramificazioni del cinema di genere, nel quale l’anonimato risulta essere un vero e proprio distintivo di autenticità.»³

    Genuino amante del cinema è una definizione che calza perfettamente per Joe Dante, e la sua storia personale lo dimostra in maniera evidente. Il regista si avvicinò da ragazzino alle sale cinematografiche di Morristown, nel New Jersey, durante i matinee del sabato: si trattava di occasioni durante le quali venivano proiettati dieci cartoni animati e due film. Inizialmente interessato ai soli cartoon, Dante si avvicinò al cinema da adulti (come lui stesso lo definisce⁴) con It Came from Outer Space,⁵ uno dei grandi classici della fantascienza basato su un soggetto di Ray Bradbury, primo film della Universal a essere girato in 3D.⁶

    Diventai un conoscitore di cartoni e questo portò al mio interesse per i live-action movies, per via del brivido di essere al buio e guardare un’immagine grande ed emozionante proiettata sullo schermo.

    Da quel momento Dante divenne avido divoratore di film al cinema, in particolare quelli di fantascienza e western (ne venivano prodotti moltissimi a colori all’epoca), ma fu l’avvento dei film horror in televisione⁷ a influenzare Dante al punto da fargli conoscere Famous Monster of Filmland,⁸ la storica rivista che alimentò la passione di moltissimi ragazzini americani che «pensavano di essere sfigati e non avevano amici cui piacesse la stessa roba che piaceva a loro».⁹

    Tra il 1960 e il 1963 l’arrivo di un fratellino più piccolo diede al giovane Joe la possibilità di sperimentare la realizzazione di cortometraggi disegnati su un rotolo di carta e poi proiettati per il suo ridottissimo pubblico – per l’appunto il suo fratello di sei anni – tramite una scatola di scarpe con un buco in mezzo: la fessura era utilizzata per far scorrere le vignette realizzate a mò di pellicola. Dante aveva addirittura immaginato sia una casa distributrice, la Scribbly international, che una casa produttrice, la Pencil Pusher Productions! Tuttavia, seppur il regista desiderasse diventare un cartoonist, si scontrò con la dura realtà dell’epoca, nella quale i cartoni animati non erano ancora considerati una forma d’arte. Optò quindi per una scuola di cinema, senza tuttavia realizzarsi come filmmaker, sebbene divenne abile a parlare di cinema: è proprio in quegli anni che il futuro regista iniziò a collaborare con Castle Frankenstein, magazine simile a Famous Monster of Filmland grazie al quale venne contattato da Jon Davison, che lo invitò a casa sua.

    Mash-up e pesci carnivori: la collaborazione con Roger Corman

    Joe Dante incontrò Jon Davison nel 1965. Assieme a quello che sarebbe poi diventato un noto produttore¹⁰ realizzò nel 1968 il suo primo film (se così lo si può definire), ovvero The Movie Orgy. Questa pellicola è una compilation di clip di film, pubblicità e trailer montate dallo stesso Dante, che venne proiettata svariate volte durante un tour itinerante; a seconda della situazione il film poteva avere lunghezza differente, con un record addirittura di sette ore. Possiamo in sostanza considerare The Movie Orgy come «il preludio analogico ai video mash-up e ai supercut edits ora prevalenti in piattaforme digitali come YouTube e Vimeo.»¹¹

    L’esperienza di The Movie Orgy fu necessaria a Dante per ottenere un lavoro da montatore di trailer, presso la New World Entertainment di Roger Corman. Il racconto del loro primo incontro peraltro è abbastanza emblematico e lo racconta lo stesso Dante in una video intervista su Piranha reperibile su YouTube.¹²

    Il mio primo incontro con Roger non fu particolarmente convenzionale, dovevo mostrargli il mio trailer per Caged Heat ed era un casino, era terribile. Arrivai tardi allo screening e la prima cosa che Roger mi disse fu: Se io fossi in te giovanotto, cercherei di essere puntuale. [..] Pensai: È andata, è finita, tornerò in New Jersey [..] Invece [Roger Corman] fu molto d’aiuto, mi disse cosa fare e cosa non fare, tornai indietro, tagliai nuovamente il trailer e il film finì per fare molti soldi.

    Sarà proprio nella scuderia di Corman (produttore capace di coltivare un vivaio fantastico, che ha prodotto registi del calibro di Francis Ford Coppola, Ron Howard e Jonathan Demme) che Dante ebbe l’occasione di girare, con un budget ridicolo e tempi risicatissimi (circa 60mila dollari in quindici giorni) il suo primo film. Al ragazzo dei trailer venne infatti affidata nel 1976 la codirezione assieme ad Allan Arkush di un’intera pellicola dal titolo Hollywood Boulevard.¹³ Il film, che parla di un’aspirante attrice arrivata a Los Angeles, venne prodotto per una scommessa tra Davison e Corman sul realizzare il lungometraggio più economico per la New World Entertainment. Per completarlo fu utilizzato materiale di recupero di altre pellicole della stessa casa produttrice¹⁴ e, come si può intuire dalle premesse, non fu affatto un successo.

    Corman diceva spesso ai suoi registi «se fai due film buoni di fila per me, non dovrai mai più lavorare per me».¹⁵ L’occasione di realizzare un secondo film si presentò addirittura con tanto di possibilità di scelta tra due soggetti: il primo, quello di Rock ‘n’ Roll High School, risultava di maggior gradimento per Dante, che tuttavia si fece da parte per permettere al collega Arkush di coronare il sogno della vita, ovvero quello di girare un film sul rock & roll. Il soggetto rimasto disponibile era quello di Piranha, «una brutta copia de Lo Squalo che aveva aspettato troppi anni per essere realizzata.»¹⁶ Il soggetto – opera di un tale Richard Robinson – era veramente di scarsa qualità e quindi si optò per assumere un autore emergente, John Sayles, per riscriverlo. Una volta ingaggiato, Sayles cambiò completamente la trama, che mantenne solo gli elementi cardine: l’acqua e i piranha.

    Il budget ammontava a circa 600mila dollari (circa il doppio di uno dei normali film prodotti da Corman) e il regista non solo era insoddisfatto del soggetto, ma anche preoccupato dal fatto che si trattasse della prima pellicola che avrebbe girato in solitaria.

    Non ero affatto entusiasta di questo film, era un’idea talmente fallimentare: Jaws era stato un grande successo di critica e

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