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Ada Negri: Tutto fu bene, anche il male
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Ebook214 pages2 hours

Ada Negri: Tutto fu bene, anche il male

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Il saggio dal titolo Tutto fu bene, anche il male (verso estrapolato da Atto d’amore in Il dono), va direttamente all’essenza della personalità di Ada Negri che, nonostante il dolore - e proprio per questo – è scrittrice e poetessa e intellettuale, maestra di cuore e saggista lucida, sostanzialmente donna libera, libera di scegliere (e non mai per mero interesse personale) ogni evento della sua vita. Mettendo in contrapposizione la figura storica della poetessa lodigiana, la sua dimensione esistenziale, la straordinaria visionarietà e il carattere forte e ostinato, e facendo ricorso a una narrazione che non rinuncia ad alimentare nel lettore una costante tensione interpretativa, il lavoro della Mai, risulta originale e un unicum nel suo genere.
Da leggere tutto d’un fiato (dalla prefazione di Carla Boroni).
LanguageItaliano
Release dateJan 23, 2020
ISBN9788899415525
Ada Negri: Tutto fu bene, anche il male

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    Ada Negri - Marta Mai

    Tutti i diritti riservati

    Copyright ©2020 Oltre S.r.l.

    www.oltre.it

    ISBN 9788899415525

    TITOLO ORIGINALE DELL’OPERA:

    Ada Negri

    Tutto fu bene, anche il male

    di Marta Mai

    Marchio editoriale Gammarò

    info@gammaro.eu

    Collana * Maestri e altre storie *

    MARTA MAI

    Marta Mai, già professoressa di Italiano, Latino e Storia negli Istituti Superiori, oggi è Cultrice della Materia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, nella Facoltà di Scienze della Formazione (Letteratura Moderna, Letteratura Contemporanea e Didattica della Lingua Italiana).

    Coautrice di testi in uso agli studenti, tiene lezioni, scrive articoli e recensioni. Appassionata d’arte, frequenta il mondo degli Artisti, di cui presenta le mostre, leggendo e commentando le opere.

    Marta Mai, con Vannini Editrice (Gussago, Bs) coautrice con Carla Boroni, per la Collana Didattica e Letteratura ha pubblicato: Dalla filastrocca alla favola (manualetto) Interventi didattici per educare i sentimenti e ai sentimenti nella Scuola dell’Infanzia e Primaria - 2009; L’immagine della famiglia nella Letteratura dell’Ottocento e del Novecento, Percorsi didattici nella Scuola dell’Infanzia e Primaria - 2010; Favole del Novecento (per un’educazione alla legalità) Interventi didattici nella Scuola dell’Infanzia e Primaria - 2011; La favola: storia antologica (tra mito e leggenda) Interventi didattici nella Scuola dell’Infanzia e Primaria - 2012

    SOMMARIO

    Autore

    Prefazione

    Premessa - Occasione, tematica e obiettivo di una scelta

    CAPITOLO 1

    Biografia, opere e pensiero di Ada Negri (Scelte antologiche e di critica)

    Epilogo

    CAPITOLO 2

    Opere postume

    Riepilogo

    CAPITOLO 3

    L’opera di Ada Negri fra ‘dolore e sofferenza’

    Conclusione

    BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

    Bibliografia

    Sitografia

    PREFAZIONE

    Ada Negri, scrittrice ed intellettuale grandissima e troppo spesso dimenticata; impegnata nel sociale eppur diafana poetessa; maestra ‘di cuore’ e saggista lucida; amica di Eleonora Duse, socialista per molti, simpatizzante di Mussolini, prima maniera, per altri: sostanzialmente una donna libera. Libera di scegliere (e mai per mero interesse personale) ogni evento della sua vita.

    Una personalità straordinaria e sofferente, ma quel che più colpisce, avvicinandosi in profondità alle sue opere, è la grande modernità del suo pensiero.

    Marta Mai, in questo saggio dal titolo Tutto fu bene, anche il male (tratto da Atto d’amore in Il dono) va direttamente all’essenza della personalità di Ada Negri, del suo mondo composito, dei suoi pensieri, dei sentimenti, delle scelte, dell’amore e degli eventi, cercando attraverso l’espressione forte, chiara e musicale di saldare accuratamente la dimensione esistenziale con quella poetica. La ricostruzione edificante della vita della Negri, nonostante il dolore, e la forma per esprimerla della Mai, con tutta l’anima d’entrambe, ha a che fare con la forma letteraria che le unisce profondamente.

    Il tema, nel saggio storico-biografico della Mai, muove dalla ricerca di ambienti (proletari e borghesi che ben conosce), di luoghi (Lodi, Milano per esempio) e d’argomenti (il dolore collettivo, la sofferenza personale) e ha sempre maggior peso rispetto alla contingenza degli eventi. Spesso, si legge la ‘consistenza’ di un’anima mossa dai ricordi, dalla scuola, dalle amicizie e degli incontri, mai nulla di superficiale o lasciato al caso.

    Nel classico rapporto tra forma e contenuto, il saggio di Marta Mai risulta tradizionale negli intenti, senza sbilanciamenti, ma modernissimo nella riproposta anche didattica (con un pertinente lavoro fatto attraverso le tavole sinottiche). E tuttavia tale rapporto appare, in non poche pagine, del tutto particolare, perché trova il proprio ritmo in un continuo ricorso all’interrogazione e alla contrapposizione tra storia personale della poetessa e scrittura canonica (poesia o prosa), tra ritmo (della scrittura) e racconto (di una vita così intensa).

    Molte descrizioni del lavoro appaiono, in qualche modo, come una sorta di affresco corale dove la voce narrante della Mai introduce una colloquialità intima e soggettiva, che non trascura di aprire ad una dimensione - anche didattica - più storica, sociologica e sociale, grande affresco a cavallo fra Ottocento e Novecento.

    La scrittura di Ada Negri, attraverso questo lavoro, è quella di una donna di oggi (a parte qualche fisiologico arcaismo linguistico) che osserva e mette in forma un sentire femminile più ampio e contraddittorio (la separazione da un marito facoltoso, le amicizie maschili, le confidenze ad un religioso), che affonda le radici nell’impegno (non solo letterario o politico in senso lato, ma anche psicologico) filtrandolo, però, attraverso una visione personale disincantata e ingenua allo stesso tempo.

    Con sensibilità distaccata e partecipe, propria di chi ascolta e riflette allo stesso tempo (perché vuol sentire e capire) Marta Mai ci racconta la storia di una grande interprete dei primi decenni del Novecento, troppo in fretta dimenticata per convenienza o per celia, lo fa con intensità e leggerezza davvero personale; racconta un mondo non lontano nel tempo e neppure dalla nostra sensibilità, per consentirci la possibilità di poterlo comprendere appieno ed elaborarlo.

    Il libro propone un racconto che dipende anche dal lettore caricare di senso: può essere breve, come una vita, come un elenco di titoli e date (molto interessante a proposito il lavoro sulle Opere Postume) o può essere infinito come infiniti sono i mondi che quei titoli e quelle date possono evocare e debbono evocare.

    Se non un’intera vita è comunque una sensibilità che sa riassumerla quella che si trova racchiusa nel saggio di Marta Mai; esaustiva, e sentita tale dalla lettura attenta di ogni singola pagina di una persona innamorata della scrittura.

    Il farsi del tempo è sentito e messo in forma in un unico percorso biografico ed esistenziale per esaltarne lo sviluppo del testo e l’andamento della narrazione. Ne ricaviamo un senso di compiutezza argomentativa (la Negri è raccontata in modo ampio e articolato) che traspare anche al di là dei cambi di registro narrativo, una compiutezza che si realizza soprattutto sul versante di un lavoro di ricerca capillare, continuo, attento, persistente.

    Lo sguardo di Ada Negri, mediato da Marta Mai, e rivolto agli eventi quotidiani, alle tonalità della vita di una donna, di una maestra, di un’intellettuale, in qualche caso si fa critico e non privo di dolore riflesso, mentre la scrittura lo mantiene sempre limpido e fruibile.

    Mettendo in contrapposizione la figura storica della poetessa lodigiana e la sua dimensione esistenziale, la straordinaria visionarietà e il carattere forte e ostinato, e facendo ricorso ad una narrazione che non rinuncia ad alimentare nel lettore una costante tensione interpretativa, il lavoro della Mai risulta originale e un unicum nel suo genere. Da leggere tutto d’un fiato.

    Carla Boroni

    PREMESSA

    Occasione, tematica e obiettivo di una scelta

    Ci sono certi ricordi legati all’infanzia, che s’imprimono nella nostra memoria e, a volte, all’improvviso, forse per concomitanze emotive o sensoriali, riemergono.

    Questo è il caso della poesia di Ada Negri Nevicata che, quando riaffiora, ci proietta in ‘quel tempo e in quell’età’ in cui si è fissata.

    Sui campi e su strade;

    Silenziosa e lieve,

    Volteggiando, la neve

    Cade.

    Danza la falda bianca

    Ne l’ampio ciel scherzosa,

    Poi sul terren si posa

    Stanca.

    In mille immote forme

    Sui tetti e sui camini,

    Sui cippi e nei giardini

    Dorme.

    Tutto d’intorno è pace:

    Chiuso in oblio profondo,

    Indifferente il mondo

    Tace…¹

    Quella mattina di gennaio (era il 1956) il cielo era plumbeo: all’ora di ricreazione incominciò a nevicare. Tutte – scolare e maestra (allora ce n’era una sola) – ci accostammo alle finestre per assistere a quello spettacolo, che ammantava e imbiancava il paesaggio, attutendo i rumori.

    La nostra maestra, con tempestività didattica eccezionale e con molta espressività, lesse da una sua rivista la poesia Nevicata di Ada Negri, che poi ci dettò.

    A lungo la commentò. Sostò sul paesaggio, che cambiava aspetto, attirò l’attenzione sulla danza dei fiocchi di neve, che, volteggiando dolcemente, poi trovavano riposo ovunque e, nominando gli elementi tutti del contesto per arricchire il lessico, decantò l’idea di pace che una simile scena suggeriva.

    Sostò sulle emozioni provate per educare ‘i sentimenti e ai sentimenti’, insegnò a rispettare l’ambiente e il prossimo e, elogiando le prerogative di ciascuno anche se esulavano dal rendimento scolastico, invitò a dimenticare i torti subiti per non soffrire e a non fare torti per non procurare sofferenza.

    L’indifferenza la interpretò come perdono. Ci istruì, ci educò ad amare la vita e a convivere in armonia. Quanto abbiamo amato la nostra maestra – che dalla prima ci accompagnò sino alla quinta – e quanta venerazione ancora attribuiamo alla sua memoria!

    In quell’occasione scrivemmo, impugnando per la prima volta la penna stilografica: evento emozionante che ha concorso senz’altro a fissare il ricordo, perché, fino allora, avevamo intinto il pennino nell’inchiostro distribuito dalla bidella e raccolto in un calamaio incassato nel banco, che ciascuna aveva alla propria destra. Le nostre dita – e non solo – erano sempre macchiate d’inchiostro e il grembiulino nero era un gran dissimulatore. I pennini, spesso calcati a dismisura – ci voleva tanto esercizio e tanta pazienza per dosare la pressione – si spuntavano, si contorcevano, spruzzavano macchie e macchioline sulla pagina, la incidevano.

    Protrarre la scrittura a cavallo tra la prima e la seconda metà del XX secolo non era solo alfabetizzarsi, ma anche conquistare abilità manuali nel riconoscere e gestire la propria forza, e sviluppare capacità critiche nel confrontarsi con precedenti esperienze per non ripetere ‘disastri’. Bisognava imparare ad adeguarsi agli spazi predisposti, procedendo con cadenza regolare, per presentare una pagina gradevole, pulita, in cui la grafia, sempre pretesa con ordine, lasciava intendere l’obiettivo dell’educatore: equilibrare tutta la persona.

    I quaderni erano belli quando si raggiungeva questa meta: erano allora trofei da mostrare, che concorrevano a costruire autostima. Chi ancora, spontaneamente, tentava di scrivere con la mano sinistra era rimproverata. Poco male. Ormai aveva allenato la mano destra e aveva una marcia in più.

    Quel giorno in cui incontrammo la poesia di Ada Negri, all’uscita di scuola ci aspettavano i nostri compagni (le classi allora erano per lo più distinte: femmine in un’aula, maschi in un’altra), che si erano precipitati sulla neve fresca per farne palle di neve. Che battaglia di lanci! Anche noi bambine ci demmo da fare, ma la lotta era impari. Qualcuna, presa più di mira, piangeva.

    C’erano le mamme, venute per facilitare il ritorno a casa, indaffarate a calmare i più agitati, che, tuttavia, trovavano comprensione perché giocare a palle di neve faceva parte della tradizione, come gustare una granita preparata con la neve fresca, colta là dove neanche un insetto l’aveva sfiorata.

    Oggi, in pianura nevica raramente e, quando succede, intervengono subito gli spazzaneve che sgombrano le strade. L’inquinamento fa poi, ovunque, la sua parte, annullando la magia ma, quando le condizioni atmosferiche presagiscono neve, c’è sempre, ad ogni età, trepida attesa per il fenomeno che si preannuncia.

    Rivivere quel momento e ricordare Nevicata è stata l’occasione per decidere di studiare, anche per assolvere a un impegno concordato, l’autrice Ada Negri, vissuta tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento.

    Ben presto ci rendiamo conto che assecondare questo nostro istintivo impulso è un’avventura. E la definiamo avventura, perché la sua produzione, che ormai non compare quasi più nei testi in uso ai nostri studenti, è tutta da scoprire e da organizzare in base all’evoluzione personale e artistica della donna/poetessa/scrittrice.

    Un’indagine accurata ci permette di verificare, inoltre, che le generazioni a noi successive non conoscono Ada Negri. Questa cortina di silenzio, che l’ha occultata ed emarginata, ci sprona ulteriormente a studiarla e a scrivere per diffondere la sua qualificante lezione di vita.

    Perché Ada Negri, che, in vita, fu poetessa e scrittrice famosa, tanto da ricevere premi prestigiosi, lodi e riconoscimenti, dopo la sua morte è stata pressoché dimenticata?

    Puntiamo a maturare un’idea personale che ci permetta di capire i motivi di questo oblio e, nel contempo, ne riconfermi il valore, per appoggiare la nostra aspettativa che, nel prosieguo della lettura delle sue opere, si è imposta con chiarezza nella nostra mente: contemplare la poetessa/scrittrice inserita nei testi di Storia della Letteratura Italiana in uso agli studenti delle Scuole Superiori perché, fatta studiare in età giovanile quando spesso crisi esistenziali tormentano, può aiutare a trovare fiducia in sé stessi, a credere nella vita e nelle proprie potenzialità e, non ultimo, essendo modello di eccellente scrittura, può indurre imitazione per riflettere, conoscersi, migliorare il proprio stile e arricchire il contenuto.

    Il nostro lavoro, inoltre, proponendo pagine significative di Ada Negri, aspira, in forza della sua lezione, a parlare a chiunque, per esorcizzare il male proprio e per suggerire di affrontare i dolori della quotidianità con spirito lieve.

    Ada Negri, solitaria dal punto di vista artistico, inquisitrice di se stessa per conoscersi nel profondo e superare l’angoscia del vivere, non allineata a ideologie politiche, ma carica di partecipazione umana per il dolore altrui tanto da essere impegnata nel Volontariato con totale disponibilità fino a tarda età – e da arrivare a considerare il suo male in funzione di bene – ci convince e ci affascina.

    In conclusione, la frequentazione assidua con la sua scrittura, che ce la rende persona molto stimata poiché concorre all’educazione permanente dell’individuo, è uno stimolante motivo per privilegiarla, per leggere le sue opere e per preparare delle lezioni secondo la tematica da lei suggerita.

    Auspichiamo pertanto che il nostro lavoro – che ambisce a far conoscere la donna e la scrittrice nella pacata serenità che offusca spesso il suo male di vivere e proclama amore – contribuisca a renderle giustizia con la ristampa e la diffusione delle sue opere, per cui, complici gli Editori, coinvolti anche dalla città di Lodi per le celebrazioni in suo onore nel Centocinquantesimo dalla nascita, la sua produzione letteraria ritorni a gir in fra la gente.²

    CAPITOLO 1

    Biografia, opere e pensiero di Ada Negri

    (Scelte antologiche e di critica)

    Io non ho nome

    Io non ho nome. – Io sono la rozza figlia

    dell’umida stamberga;

    plebe triste e dannata è la mia famiglia,

    ma un’indomita fiamma in me s’alberga.

    Un enigma son io d’odio e d’amore,

    di forza e di dolcezza;

    m’attira de l’abisso il tenebrore,

    mi commovo d’un bimbo alla carezza.

    Quando per l’uscio de la mia soffitta

    entra sfortuna, rido;

    rido se combattuta o derelitta,

    senza conforti e senza gioie, rido.

    Ma sui vecchi tremanti e affaticati,

    sui senza pane, piango;

    piango su i bimbi gracili e scarnati,

    su mille ignote sofferenze piango.

    E quando il pianto dal mio cor trabocca,

    nel canto ardito e strano

    che mi freme nel petto e sulla bocca,

    tutta l’anima getto a brano a brano…³

    Così si presenta Ada Negri, che nasce a Lodi il 3 febbraio del 1870. Il padre Giuseppe è un vetturino; vittima del vizio di bere e amante di brigate perditempo che si divertono cantando, passa troppo tempo all’osteria, s’ammala e muore quando Ada ha solo un anno.

    La madre Vittoria Cornalba, affidato il figlio Annibale al fratello – che lo adotta –, va a vivere con Ada presso sua madre, Peppina Panni, custode/portinaia del prestigioso palazzo Barni, in via Porta Cremonese, a

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