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La democrazia e la legge ferrea dell’oligarchia. Saggi sulla classe politica
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La democrazia e la legge ferrea dell’oligarchia. Saggi sulla classe politica

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About this ebook

“La formazione di regimi oligarchici nel seno dei regimi democratici moderni è organica. In altri termini, essa è da considerarsi quale tendenza, alla quale deve soggiacere ogni organizzazione, persino la socialistica, persino la libertaria. […] Se vi è una legge sociologica, a cui sottostanno i partiti politici – e prendiamo qui la parola politica nel suo senso più lato – questa legge, ridotta alla sua formula più concisa, non può suonare che all'incirca così: 'L'organizzazione è la madre della signoria degli eletti sugli elettori'. […] Forse, se non trova la guarigione, la malattia oligarchica trova pure un certo sollievo nel principio stesso della democrazia, che si adopera costantemente a rendere accessibili le fonti della cultura a masse di popolo sempre più estese. Gli è che un maggior grado di cultura significa un maggiore grado di capacità di controllare. A guidare delle masse colte non si hanno le mani così libere, come a guidare delle masse incolte.” (Roberto Michels)
I saggi qui presentati ai lettori – e la successiva bibliografia – vogliono fornire in un breve panorama di insieme alcune delle ragioni del perdurare dell'“attualità” e del valore argomentativo delle analisi di Michels sui limiti e contraddizioni della (plurìvoca) democrazia, sui processi involutivi oligarchici interni alle organizzazioni sociali e politiche – partititi, movimenti, sindacati, o altre forme associative strutturate –, con uno sguardo anche alla sua particolare declinazione “della grandiosa teoria detta della circolazione delle élites”. Il volume contiene anche, in lingua originale, alcuni scritti – sulla democrazia, i partiti e le oligarchie – di James Bryce, oggi per lo più confinato nelle biblioteche degli storici.

LanguageItaliano
Release dateJan 13, 2020
ISBN9788899508234
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    La democrazia e la legge ferrea dell’oligarchia. Saggi sulla classe politica - Roberto Michels

    ROBERTO MICHELS

    La democrazia e la legge ferrea dell’oligarchia

    Saggi sulla classe politica

    a cura di 

    Fabrizio Pinna

    —∞—

    Pieffe Edizioni

    Copyright

    Pieffe Edizioni / Independently published

    © 2020 Fabrizio Pinna

    For this Edition: All rights reserved.

    Tutti i diritti riservati; a norma di legge, senza autorizzazione è vietata la distribuzione e riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo.

    First published 

    I edizione e-Book: gennaio 2020 / January, 2020

    ISBN: 978-88-99508-23-4 (ebk)

    I Edizione a stampa: gennaio 2020 / January, 2020

    ISBN: 9781659502022

    Collana / Series: MiniMix, n. 12

    a cura di Fabrizio Pinna (Edited by):

    Selezione, Postfazione, Bibliografia, cura e progetto grafico

    TITOLO / TITLE : La democrazia e la legge ferrea dell’oligarchia. Saggi sulla classe politica

    Autore / Author: Roberto Michels (1876-1936)

    Altri autori / Other Authors:

    James Bryce (1838-1922)

    Pieffe Edizioni

    Sede legale: via Gramsci 5 - 17031 Albenga (SV) - Italy

    pieffe.edizioni@albengacorsara.it 

    https://www.albengacorsara.it – https://www.pieffedizioni.eu

    For the pleasure of reading, follow us:

    S/Composizioni in Rivista: https://www.rivistascomposizioni.eu

    Short Stories / L'arte del racconto (The Art Of The Short Story: A Corsara Anthology. Literary Texts in English and Other Western Languages): https://www.anthologyshortstories.eu/

    Indice

    Roberto Michels, Saggi sulla classe politica

    Copyright

    Indice

    L’oligarchia organica costituzionale

    1 — Intorno alle origini dottrinarie della Classe politica

    2 — Tendenze sociologiche a sostegno della dottrina sulla Classe politica

    I. — L’indifferenza e la noncuranza politica della maggioranza

    II. — L’effet de mirage della delegazione

    III. — Il principio dell’eredità

    IV. — Lo sviluppo della burocrazia statale come espediente di autodifesa della classe politica

    V. — Il movimento operaio. — Il distaccamento di élites proletarie e il loro entrare nel seno della classe politica

    3 — Considerazioni finali

    Note

    La democrazia e la legge ferrea dell’oligarchia

    I

    II

    III

    Note

    Le classi sociali, la classe politica e la circolazione delle élite

    1. Su qualche concetto preliminare di classe sociale e di classe politica

    2. Elementi per una sintesi politica

    I. – I rapporti tra l'ascesa e la discesa sociale

    II. – I limiti della circolazione delle élites

    III. – La trinità della classe politica

    a) Interdipendenze ed interferenze

    b) La scarsa unità del coefficiente intellettuale

    c) Cenni sul coefficiente volitivo

    IV. – Osservazione finale

    Note

    CAMMEO - Oligarchies within Democracies and Political Parties

    Oligarchies within Democracies

    Notes

    About Democracy and the Organization of Political Parties

    Notes

    Political Parties and Modern Democracies

    Notes

    Nota ai testi e Postfazione

    I. In limes

    II. L’oligarchia organica costituzionale

    III. La democrazia e la legge ferrea dell’oligarchia

    IV. Classe politica e circolazione delle élite

    V. Cammeo: tre scritti di James Bryce

    VI. Criteri della Selezione bibliografica

    VII. Una considerazione finale

    Note alla Postfazione

    SELEZIONE BIBLIOGRAFICA

    1. Introduzioni generali su Michels e la teoria delle élites (ieri e oggi)

    2. Focus su Roberto Michels

    La collana MiniMix

    About the Editor

    ROBERTO MICHELS

    L’oligarchia organica costituzionale

    1 — Intorno alle origini dottrinarie della Classe politica

    Fra i problemi di diritto costituzionale e di ordine sociologico, il problema della democrazia è tra i più antichi e i più discussi. Queste pagine non hanno altra ambizione che quella di portare un contributo, benché modesto, alla questione la quale, se è, come dicemmo, stata molto discussa, non è perciò ancora stata menomamente risolta.

    Certo la democrazia è una forma di dominio. In quanto dà accessibilità a qualunque grado sociale, apre la via a tutti i diritti e fa scomparire ogni vantaggio dovuto alle nascite nella lotta per la preminenza sociale, rappresentando così una forma più evoluta di convivenza sociale. Questa sua caratteristica è stata ammessa, con maggior o minor precisione, da quasi tutti i suoi più convinti detrattori(1). Ma d’altra parte i miscredenti scientifici del Dio della Democrazia non si sono mai stancati di combattere le potenti leggende democratiche di maggioranza che le espressioni: popolo, Stato, cittadinanza, destano nei più, e di sostenere che, nelle democrazie, si confonde molto facilmente il principio legale con il fatto(2).

    Questa teoria afferma anche che le eterne lotte, di cui parla la storia, fra aristocrazia e democrazia, sarebbero quasi sempre avvenute fra una vecchia minoranza dirigente ed una nuova cupida di dirigere, e che all’antica si voleva mescolare o addirittura sostituire. Per i fautori di siffatte nozioni, tutte le lotte di classe, le lotte sociali, si restringerebbero quindi ad un semplice cambiamento di minoranza governante. Le classi sociali gigantesche che vediamo muoversi nel campo storico, spinte da antagonismi, economicamente parlando, fatali, secondo essi, sarebbero paragonabili ai ballerini di una quadriglia che eseguiscono il chassez-croisez.

    Certo nella lotta accanita — talvolta meravigliosamente grandiosa, talvolta invece sorda e quasi impercettibile — tra la nuova aristocrazia che sorge e la vecchia aristocrazia che tramonta, si troverebbe coinvolta anche l’etica. Ma l’etica, in questi conflitti, non sarebbe altro che una finzione(3). La classe giovane fingerebbe se stessa come non mirante ad altro che ad emancipare l'intera società umana dal giogo oppressivo di una piccola minoranza tirannica e dominatrice ed a sostituire al regime invecchiato ed ingiusto il suo nuovo regime giusto. E non ci sentiamo di negare. Ogni classe nuova che entra in battaglia contro i privilegi di una classe già arrivata al potere (sia economico che politico) inscrive sulla sua bandiera la parola d’ordine: Rivendicazione del genere umano. Così la giovane roture francese fece la sua rivoluzione alla fine del secolo XVIII sulla base dei droits de l'homme e colla frase in bocca: égalité, liberté, fraternité. Cosi agli occhi nostri vediamo svolgersi un altro movimento di classe, quello dei lavoratori salariati, che afferma non giovarsi del fenomeno sociale della lotta di classe che per eliminare la lotta di classe stessa dai fattori della storia umana, cantando come refrain della sua canzone teorica le grandi parole: creazione di una società senza classi.

    Ma questo fenomeno concomitante, dicono i promotori della scuola mosco-paretiana, non toglie niente al fatto che ammesso anche che il malcontento delle masse riuscisse a detroncare la classe dirigente, dovrebbe necessariamente trovarsi nel seno delle masse stesse un’altra minoranza organizzata che all’ufficio di classe dirigente adempisse (Gaetano Mosca)(4). Insomma, secondo questo concetto, il Governo, o lo Stato, che dir si voglia, sarà sempre l'organizzazione di una minoranza e né può essere l’emanazione della maggioranza, né tampoco rappresentarla, e la maggioranza dell’umanità è, e rimarrà sempre, impossibilitata, e forse anche incapace, a governare sé medesima. Eterna minoranza, la maggioranza degli uomini si vede costretta, per forza di una dura fatalità storica, a subire il dominio di una minoranza, ed a servire di piedestallo alla gloria di questa.

    Certo questa dottrina è di assai più antica data di quello che comunemente si crede. Ammette lo stesso Gaetano Mosca, che pure è il rappresentante più autorevole di quella scuola in Italia, e che, in confronto con l’altro rappresentante di quell'ordine di idee, intendiamo dire col Vilfredo Pareto, forse più noto nel mondo scientifico internazionale del Mosca (in parte, perché il Pareto suole scrivere i suoi libri in una lingua più generalmente conosciuta, il francese, in parte per il solito snobismo della scienza italiana, ammiratrice fervente unicamente di cose che le pervengono dall’estero o almeno almeno col bollo straniero), è senza dubbio il più anziano (ed ha pienamente ragione di valersi del suo diritto di priorità scientifica), dicevamo che lo stesso Gaetano Mosca ammette di avere avuto, nel campo della sua dottrina, predecessori scientifici, fra i quali volentieri cita il Taine e Ludwig Gumplowicz(5). Ma mi pare poco diffuso, sebbene abbastanza interessante, il fatto che la teoria moschiana annoveri, appunto nelle file di coloro contro i quali essa dirige prevalentemente i suoi studi, vale a dire, tra gli scienziati di parte anarchica o di fede socialista, dei padri intellettuali di ragguardevole valore. Infatti, mutatis mutandis, noi possiamo trovare, nelle scuole dell’antico socialismo francese, le traccie abbastanza distinte che hanno poi condotto il Mosca, probabilmente a sua insaputa, e certo su vie affatto indipendenti, all’elaborazione del suo sistema di filosofia sociologica.

    La scuola di Saint-Simon non immaginava punto un avvenire senza classi, per quanto credesse di poter spogliarle di ogni attributo economico. Essa anelava al contrario alla creazione di una nuova gerarchia, senza privilegi di nascita, ma con forti privilegi acquisiti, des hommes les plus aimants, les plus intelligens et les plus forts, personnification vivaute du triple progrès de la société... capables de la diriger dans une plus vaste carrière. Ed uno scrittore tra i più fervidi saintsimonisti, fautore entusiasta della nouvelle dynastie, indotto a difendersi dal rimprovero di agevolare, mediante la sua dottrina, la via al despotismo, arriva perfino al punto di sostenere che la maggioranza degli uomini doveva pure ubbidienza all’autorità della capacità, e ciò, sia per amor di Dio che per amore di se stesso, sia per il fatto dell’isolamento in cui vive l’uomo che per il suo naturale bisogno di appoggio(6).

    La scuola di Fourier andava ancora in là; il Fourier aveva escogitato, con una coscienziosità ed una pedanteria che, data la stranezza dello scopo, oggi fanno quasi ridere, tutto un vastissimo e minuziosissimo sistema — con tabelle — di una da lui denominata gerarchia sferica, con tutte le sfumature dall’ anarchia alla omniarchia e con abbondanza di dignità e di alte funzioni(7).

    Ma più intimamente ancora che colle teorie socialistiche del Saint Simon e del Fourier, la nuova teoria della classe politica si riconnette certamente col socialismo di Michele Bakounine. Anzi, non esageriamo certo quando diciamo che quello contiene in germe tutti i presupposti onde doveva nascere questa. Il Bakounine, infatti, era contrario ad ogni partecipazione del proletariato alle elezioni, convinto com’era, che il voto universale esercitato in una società dove il popolo, la massa dei lavoratori, è, economicamente parlando, dominata da una minoranza (la classe politica), doveva necessariameute farle illusorie ed inefficaci. Qui dit Etat ou pouvoir, dit domination, et toute domnation présume l’existance d’une masse dominée(8). Anzi, la democrazia, secondo questa scuola, detta anarchica, è il peggiore di tutti gli ordinamenti politici borghesi. La repubblica, nella quale dobbiamo vedere la forma più caratteristica della democrazia, possiede, secondo il Proudhon, nel più alto grado questo zèle gouvenamental gretto, fanatico, poliziesco, che crede di poter far tutto impunemente per l'unica ragione che il suo despotismo ha sempre a sua disposizione il comodo pretesto della stessa repubblica e della libertà collettiva(9). E la stessa rivoluzione politica venne da lui chiamata semplice déplacement de l’autorité(10).

    L’unica differenza fondamentale che corre su quell’argomento tra i socialisti anarchici e la teoria mosco-paretiana, se non nella prognosi per lo meno nella diagnosi del problema, è che mentre gli uni ritengono l’esistenza della classe politica un bene, vedendo in essa la sola possibilità di una civiltà fruttifera, l’altra la giudica fonte di tutti i mali e sintomo convincente di civiltà inferiore e antimorale.

    *

    Senza voler entrare qui in merito della questione se, come credono appunto appunto il Mosca e il Pareto, la classe politica sia un elemento indispensabile e di valore duraturo nella vita sociale dei popoli — ciò che allo scrivente non pare ammissibile — non è certamente privo d’interesse l’indagare i motivi i quali appoggiano, fino ad un certo punto, la detta teoria, e il vedere in che cosa consista e come si spieghi la forza statica e la stabilità innegabili della classe politica. Entriamo senz’altro in argomento.

    2 — Tendenze sociologiche a sostegno della dottrina sulla Classe politica

    I. — L’indifferenza e la noncuranza politica della maggioranza

    Un valoroso francese, scrittore di commedie, che nelle ore oziose nutrì il suo ingegno con studi sociali, Alexandre Dumas fils, osservò una volta come ogni progresso avesse avversario, nel primo periodo, il 99% dell’umanità. Mais c’est sans aucune importance, egli proseguì acutamente: puisque ce centième, auquel nous appartenons, depuis le commencement du monde a fait faire au quatre-vingt-dix-neuf autres toutes les réformes dont ils se trouvent très bien aujourdhui, tout en protestant contre celles qui restent à faire. E, in altro luogo, il Dumas aggiunge sdegnosamente che les majorités ne sont que la preuve de ce qui est, mentre les minorités sont souvent le germe de ce qui sera(11). Questa stretta dipendenza della maggioranza da una minoranza organizzata, non è stata menomamente tolta dall’introduzione, nella vita politica degli Stati di cultura moderna e democratica, del sistema del parlamentarismo. Spetta il merito appunto al Mosca di avere dimostrato, parecchie volte, la falsità della leggenda parlamentare. Egli dice molto giustamente che il concetto della rappresentanza politica, come libera e spontanea delegazione di sovranità che la maggioranza degli elettori farebbe ai suoi mandatari, è basata su una presunzione sbagliatissima e che la minoranza, anche in questo caso, è legata alla volontà della maggioranza da vincoli ben meschini e debolucci(12).

    Possiamo dire senza esagerazione che il numero di uomini, di cittadini, in cui è vigile un certo interesse per gli affari dello Stato, è strettissimo. I più non vedono ben chiaro l’influenza e la ripercussione che le vicende di quell’ente chiamato Stato possono avere sulle loro faccende private, il loro benessere e la loro vita, e attribuiscono, come disse così spiritosamente il Tocqueville, maggiore importanza s’il faut faire passer un chemin au bout de lèur domaine(13) che al dominio della pubblica cosa e alle idee generali che la dominano. La maggioranza grida allo Stato collo Stirner: Levati di qua, che mi rubi il sole!. Lo Stirner ironicamente si beffa di coloro i quali credono, insieme al Kant, che si debba inculcare agli uomini il santo dovere di occuparsi dello Stato. Ai più lo Stato è affatto indifferente. L’unica cosa che di lui richiedono è che li lasci tranquilli. Soltanto l’egoismo è capace di stimolare gli uomini allo scopo di preoccuparsi dello Stato, e se ne preoccuperanno infatti appena le cose andranno molto male per loro(14).

    II. — L’effet de mirage della delegazione

    Ma non è solo questa passività della maggioranza, fenomeno accennato anche dal Mosca, che pare voglia eternizzare il dominio della maggioranza. Questa indifferenza, cambiate le condizioni economiche delle masse e coll’aiuto di una estesa pedagogia sociale, sarebbe, coll’andar del tempo ed entro certi limiti, correggibile. Più atta a rendere illusorio il parlamentarismo nella sua presunta qualità di governo delle masse e di principio fondamentale della democrazia — e s’intende che comprendiamo qui anche il parlamentarismo retto a base del suffragio segreto, universale e uguale per tutti, senza nessuna eccezione, né di pregiudicati, né di analfabeti — è la sua stessa natura intrinseca di governo indiretto, mediante la delegazione. Anche a questa tendenza anti-democratica inerente alla stessa democrazia la scuola italiana, col suo sagace spirito di osservazione, ha posto mente(15); ma certo in questa sua critica del principio democratico, essa non è originale, ma si basa, esclusivamente, sulle dottrine di parecchie scuole del socialismo moderno. Anche su quell’argomento è un italiano che ci ha regalato una serie di considerazioni assai importanti. Carlo Pisacane, nel suo saggio sulla rivoluzione, troppo poco conosciuto dagli stessi socialisti italiani, spiega appunto che coloro nelle

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