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Rivendicami con forza
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Rivendicami con forza

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About this ebook

In fuga da un ex-ragazzo folle, Hannah Winters è decisa a mantenere un profilo basso e il cuore relegato al sicuro. Spossata dal suo lavoro in medicina e dall’avere a che fare con uno stronzo autoritario, il suo interesse in una storia d’amore è assolutamente nullo.. fino a quando non incappa in loro due. Un solo sguardo a Cole e Declan e per Hannah sarà davvero difficile impedire al ghiaccio che le si è formato attorno al cuore di sciogliersi.

Declan è cresciuto a Bridgewater e il suo impiego come agente di polizia significa che ha un istinto per i guai, e Hannah Winters risveglia in lui ogni genere di sensazioni che non riesce a combattere. Quando il suo amico, Cole, scopre quella donna sexy con la personalità di tipo A e il desiderio negli occhi, ma menzogne sulle labbra, è altrettanto determinato a domarla e a portare alla luce le sue più profonde paure – e desideri.

Quando il suo passato la raggiunge, saranno Cole e Declan a convincerla a smettere di fuggire, dal proprio passato così come dal desiderio che arde tra di loro. La rivendicheranno, anche se saranno costretti a farlo con forza... un bacio seducente alla volta.

Avvertimento: da sciogliere le mutande! Rivendicami con forza è il secondo libro nella serie follemente spinta in cui due cowboy alfa ossessionati incontrano la loro eroina con la personalità di tipo A. Questo romanzo a lieto fine gira tutto attorno a lei – niente scene tra uomini.

 
LanguageItaliano
PublisherVanessa Vale
Release dateJan 13, 2020
ISBN9788835357933
Rivendicami con forza
Author

Vanessa Vale

SIGN UP FOR VANESSA'S MAILING LIST FOR LATEST NEWS and get a FREE book!Just copy and paste the following link into your web browser: http://freeeroticbook.comUSA Today Bestseller of steamy historical westernsWho doesn't love the romance of the old West? Vanessa Vale takes the sensual appeal of rugged cowboys a step further with her bestselling books set in the Montana Territory. They are much more than just sexy historical westerns. They're deliciously naughty reads that sometimes push the boundaries of fantasy. It's pure escapism with quite a few very hot, very alpha cowboys.When she's not writing, Vanessa savors the insanity of raising two boys, is figuring out how many meals she can make with a pressure cooker, and teaches a pretty mean karate class. She considers herself to be remarkably normal, exceedingly introverted and fairly vanilla, which does not explain her steamy stories and her fascination with cowboys, preferably more than one at a time. If that weren't enough, she also writes under the pen name, Vanessa Dare.She lives in the Wild Wild West where there's an endless source of 'research' material.To learn more about Vanessa Vale:Web site- www.vanessavaleauthor.comFollow her on Twitter: @iamvanessavaleKeep up with Facebook: https://www.facebook.com/vanessavaleauthor

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    Rivendicami con forza - Vanessa Vale

    1

    HANNAH

    L’uniforme verde chiaro del ristorante non era per nulla alla moda, ma era comoda... e rassicurante. Mi feci scorrere le mani sul tessuto misto poliestere e trassi un respiro profondo. Era ben lungi dalla divisa da ospedale cui ero abituata, ma quell’abito semplice con il grembiule bianco immacolato mi riportava indietro nel tempo ad un’altra epoca, proprio come quel paesino in cui ero finita. Bridgewater. Come diavolo ero arrivata lì? Non solamente lì nel senso del Montana, ma lì nel senso al punto di nascondermi. Di mettere in pausa la mia vita reale per via di un ex stronzo. A fuggire via terrorizzata.

    Quella domanda sembrava ripetersi in un loop infinito nella mia testa sin da quando mi ero fermata in quella minuscola cittadina due settimane prima. Per quanto si trovasse in una vallata degna di un dipinto, non era esattamente come Londra. Era ben lungi da una meta turistica e fare la cameriera in un ristorantino del posto era l’esatto opposto della carriera da sogno che mi ero lasciata alle spalle. Nessuno abbandonava dieci anni di studi, internato e tirocinio. Nessuno tranne me. Ma una donna in fuga non poteva mettersi a fare la schizzinosa e Bridgewater era il più isolata possibile. Ed era proprio quello il punto, no? Io non mi trovavo lì in vacanza. Non ero lì per godermi il panorama. Ero lì per nascondermi, puro e semplice.

    Una rabbia ormai familiare mi montò dentro ed io trassi un respiro profondo per controllare le mie emozioni. Mi lanciai un’occhiata nello specchio del bagno. Solo un accenno di trucco – qualcosa doveva pur nascondere le borse sotto gli occhi – e i capelli raccolti in una coda liscia. Il tirocinio non lasciava tempo per farsi belle per cui ero abituata ad un look naturale. Ero anche abituata ad avere l’aspetto di una che non dorme abbastanza. Tuttavia, non stavo più facendo un turno da quarantotto ore in pronto soccorso. Adesso avevo un aspetto di merda perchè avevo paura. E questo mi faceva infuriare, diamine! Lui mi aveva ridotta così. Per metà impaurita, per metà furiosa. Onestamente, in quei giorni non ero sicura con chi me la stessi prendendo di più – il mio ex per avermi ferita o me stessa per essere scappata come una codarda. O anche solo per essermi interessata a quello stronzo sin dall’inizio.

    Brad Madison era stato il fidanzato ideale... inizialmente. Bellissimo, premuroso, perfino dolce. Ma immagino cominciasse sempre così. Nessuno si metteva insieme ad un ragazzo se era consapevole del fatto che fosse un mostro. Erano sempre dolci e affascinanti, amorevoli e premurosi. Brad non era nemmeno cambiato dal giorno alla notte. La sua spirale verso il basso era stata lenta e infida. Si era fatto gradualmente più prepotente e col tempo le sue parole si erano fatte crudeli. Dopo essermi allontanata per così tante settimane, mi sembrava tutto talmente ovvio. Il modo in cui mi aveva manipolata e mi aveva fatta dubitare di me stessa – abuso emotivo da manuale. L’avevo visto tutti i giorni in pronto soccorso, donne che erano andate a sbattere contro una porta o erano inciampate. Ma era quello il bello del senno di poi, lì la sapevi lunga.

    All’epoca non me n’ero accorta, nonostante tutto il tempo che avevo trascorso a lavorare in ospedale. Il cambiamento – in Brad e nella nostra relazione – era stato talmente graduale che avevo perso ogni prospettiva.

    Fino a quando lui non mi aveva picchiata.

    Solamente una volta, ma quello era stato parte del problema. La mia reazione iniziale dopo che lo shock e la paura erano evaporate era stato dirmi che era successo solamente una volta. Mi ritrovai a volergli credere, al fatto che si fosse trattato solamente di un caso. Che gli dispiaceva davvero e che sarebbe cambiato sul serio. Che il suo improvviso atteggiamento gentile fosse chi era realmente. Peggio ancora, mi ritrovai a ricadere in una classica trappola. Cominciai a dare la colpa a me stessa. Ero stata io a bruciare le uova. Il momento in cui mi resi conto che stavo inventando delle scuse per lui fu in pronto soccorso. Indossavo un sacco di fondotinta e correttore per nascondere il livido che avevo sulla guancia quando fu ricoverata una donna che era stata picchiata dal marito. Avevo cominciato a recitarle la procedura standard riguardo ai segni cui prestare attenzione, a come tirarsi fuori da quella situazione, a come si potesse trovare aiuto, se volesse sporgere denuncia. Poi le mi aveva guardata, mi aveva indicato la guancia e mi aveva chiesto cosa fosse successo. io avevo aperto la bocca per dirle una bugia, poi mi ero resa conto, come una lampadina che si accendeva, che io ero lei.

    Le dissi la verità, che ero stata picchiata dal mio ragazzo – per delle uova!

    Giurandolo a lei, avevo detto che avrei chiuso la mia relazione con Brad se lei si fosse allontanata dal suo marito crudele. Me n’ero andata dal pronto soccorso quella notte per chiudere definitivamente le cose con lui. O ci provai, quantomeno. Ci volle tutto il mio coraggio per dire a Brad che era finita, con la paura che mi avrebbe picchiata di nuovo se l’avessi fatto. Se mi aveva picchiata per colpa di alcune uova bruciate, cosa avrebbe fatto quando gli avessi detto che lo stavo lasciando? Ormai, avevo davvero paura di quell’uomo che avevo pensato fosse stato l’amore della mia vita.

    Non avevo idea di cosa fosse successo alla paziente del pronto soccorso. Avevo sperato che si fosse fatta aiutare, che fosse fuggita. Io? Io ero fuggita, ma non c’era alcun aiuto. Potevo solamente nascondermi.

    Guardandomi attorno nel mio spoglio appartamento con una camera da letto sopra al ristorante, cercai di sentirmi grata invece che amareggiata per essere stata costretta ad abbandonare la mia vecchia vita e carriera. Ed ero grata. Quel posto era spartano, ma pulito. L’affitto era economico e il tragitto casa-lavoro era solamente una rampa di scale. Ero stata fortunata a trovare quel posto, con i suoi abitanti gentili. Bridgewater era un luogo perfetto, da cartolina, una cittadina western alla Norman Rockwell. Il fatto che ci fosse stato un posto di lavoro libero nel ristorantino a tema vecchio west sulla Main Street era stato un vero colpo di fortuna. Mi servivano dei soldi, soldi che non provenissero da un bancomat o da una carta di credito rintracciabile. Di certo non avevo avuto il tempo di prepararmi una nuova vita prima di fuggire, per cui mi sentivo fortunata.

    Presi il mio balsamo labbra e me lo passai sulle labbra secche, i pensieri che tornavano a Brad.

    Dopo avergli detto che avevo intenzione di lasciarlo, ero uscita dal suo appartamento pensando ingenuamente che non l’avrei mai più rivisto. Ero stata sollevata. Mi ero sentita libera. Che idiota. Ma certo che non mi avrebbe lasciata andare tanto facilmente. Un paio d’ore più tardi si era presentato a casa mia. Sapevo che aveva bevuto per via dell’espressione velata che aveva negli occhi, dell’odore di whiskey nel suo fiato.

    Tu sei mia e non ti lascerò mai.

    Quelle parole mi riecheggiavano ancora nella testa di notte, quando avrei dovuto dormire. Come lo strano sogno della notte prima. Un misto tra un sogno di sesso eccitante e il mio peggior incubo. La possessività del suo tono quella notte e il suo ghigno malefico – mi davano ancora i brividi. La situazione si era fatta subito spaventosa dopo quell’episodio. Si era presentato in ospedale quando ero di turno, ubriaco e arrabbiato, urlando che mi stava tenendo d’occhio. Che non avrebbe mai permesso a un altro uomo di avermi. Chissà cosa sarebbe successo se non fosse intervenuta la sicurezza?

    E poi c’erano stati i fiori sulla porta con un bigliettino di scuse, seguiti da messaggi di minaccia in segreteria. Il suo atteggiamento si era fatto incostante e sapevo che sarebbe stata solamente questione di tempo, prima che avesse superato di nuovo il limite passando dall’abuso emotivo a quello fisico. Mi era stato insegnato a parlare di queste cose alle donne, avevo visto io per prima di cosa fosse capace un ragazzo violento quando veniva provocato.

    Avevo cercato di parlare con la polizia, ma dal momento che non era successo nulla davvero, loro avevano le mani legate.

    Seppi in quel momento che se fossi rimasta a Los Angeles, la prossima volta non sarebbe finita solamente con un livido sulla guancia. E così ero fuggita.

    Mi voltai per guardare lo specchio a figura intera sul retro della porta del bagno. Riuscivo a vedermi, adesso. L’uniforme, il grembiule. Addio Hannah Winters, benvenuta Hannah Lauren.

    Brad si trovava a mille miglia di distanza e con lui ogni pericolo. O almeno così speravo. Dopo due settimane, stavo cominciando a respirare un po’ meglio, cominciavo a domire più che solo un paio d’ore a notte, svegliandomi ad ogni piccolo scricchiolio di quel vecchio edificio. O per via di uno stranissimo incubo. Non avevo nulla da temere lì a Bridgewater – Brad non c’era – e già solo quello era motivo per essere grati. Me n’ero andata da Los Angeles e lui non poteva trovarmi, me n’ero assicurata. Potevo anche non essermi accorta di che genere di uomo fosse, ma non ero stupida. Ero una dottoressa. Avevo parlato con qualcuno in un rifugio riguardo al come fuggire e nascondere le mie tracce. Avevo abbandonato il mio cognome.

    Nel mometo in cui lui se n’era andato quell’ultima notte ed io ero stata certa che non si fosse messo ad aspettarmi fuori dal mio condominio, ero scappata. Avevo infilato un po’ di vestiti in una valigia, avevo prelevato dei soldi da tre bancomat diversi e mi ero diretta alla stazione dei pullman. Ero salita sul primo che ero riuscita a trovare e poi, a Salt Lake City, su un altro. Bridgewater era stato semplicemente uno dei paesini in cui il pulman si era fermato per concedere ai passeggeri una piccola pausa ed un pasto. Quando ero scesa e avevo visto il quadro quasi surreale della Main Street, come se fosse rimasta indietro nel tempo – be’, avevo immaginato che quella piccola cittadina sarebbe andata bene come qualsiasi altra per un po’. Per nascondermi. Sarei rimasta lì solo fino a quando non avessi capito cosa fare dopo.

    Il pullman era ripartito senza di me ed io mi ero ritrovata a girovagare tra i sei isolati che costituivano il centro di Bridgewater. La Main Street era costeggiata da edifici a due piani in mattoni che provenivano direttamente dal diciannovesimo secolo, con negozi che vendevano cappelli e stivali da veri cowboy oltre a canne da pesca, fucili e qualunque altro genere di attrezzatura da attività all’aria aperta di cui si fosse potuto avere bisogno. Era affascinante, certo, ma non esattamente un epicentro di possibilità lavorative. Era stato davvero un colpo di fortuna che il ristorantino avesse avuto un cartello in vetrina con la scritta cercasi assistente. Perfino più di fortuna il fatto che la proprietaria del ristorante, Jessie, sembrasse avermi presa in simpatia nonostante il fatto che fossi un’estranea senza un briciolo di esperienza nel fare la cameriera. Ero appena scesa dal pullman e lei mi aveva offerto un lavoro nel ristorante e l’appartamentino sopra di esso.

    Finora le cose a Bridgewater erano andate piuttosto bene. I turni al ristorante mi avevano tenuta occupata, la gente del posto era incredibilmente gentile ed io ero al sicuro da Brad. Ero del tutto fuori dal suo radar. Mi costrinsi a sorridere al mio riflesso. Visto? Grata.

    Un paio di occhi verdi e ben distanti gli uni dagli altri mi fissarono di rimando nel riflesso. Se non altro non erano più pieni di paura – era una cosa che non avrei mai più dato per scontata. Anche le occhiaie erano svanite. Per quanto non avessi ancora dormito per una notte intera, un dottore era abituato alla mancanza di sonno. Fare la cameriera in una piccola cittadina non era rientrato nel mio piano quinquennale quando mi ero diplomata alla scuola di medicina, ma avevo scoperto che mi piaceva, sorprendentemente.

    Il lavoro era duro a modo suo, ma adoravo avere quella distrazione. E poi, il lavoro manuale poteva anche essere difficile, ma era molto meno stressante che lavorare al pronto soccorso. Coloro che stavo aiutando non erano malati o in punto di morte. Volevano solamente una tazza di caffè o il piatto del giorno. Mi mancava il mio lavoro, certo, ma prendermi una pausa da quel genere di

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