Anne
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Anne - Cosimo Agostino
cinghiale.
Parte prima
Mar Jonio, 1977
I vagoni del treno erano affollati dai ragazzi che andavano a scuola. Alcuni sonnecchiavano sui sedili, altri stavano in piedi nel corridoio e parlavano animatamente di calcio o ironizzavano su qualche professore. Altri ancora erano seduti e ripassavano gli appunti delle lezioni.
Il treno era un caro amico che accompagnava quei ragazzi come una guida affidabile che non sbagliava mai. Era simile ad una barca che solcava la terra invece del mare, che le onde non avrebbero mai potuto travolgere, asciutta, calda nelle fredde giornate d'inverno. Il rumore sulle rotaie era rassicurante, fermo, quasi ipnotico.
I binari correvano paralleli al mare. Dal finestrino si vedevano la spiaggia distesa per chilometri ed il mare, ora calmo e piatto come una tavola, ora con dei cavalloni altissimi spinti dal vento che rendevano la spiaggia bianca di un colore più scuro. L'aloe spinosa, i fichi d'india e le radici di liquirizia facevano da contorno ai binari. Dall'altra parte c'era la strada circondata da piccole colline bianche. E gli aranceti. E gli uliveti.
Il treno si fermò stridendo. Gli studenti scesero nella stazione affollata e si avviarono verso la scuola. Si avvertiva nell'aria l'odore ferroso dei binari. La piccola stazione raccoglieva i passi frettolosi, gli schiamazzi che provenivano dalle loro conversazioni, i loro umori. Era un posto accogliente che custodiva ogni mattina le loro vite. Comunicava un senso di stabilità, era sempre lì ad attendere le generazioni che si succedevano.
Quel giorno era attraversata da folate di vento e l'umido entrava nelle ossa. Scendere dal treno era come lasciare il dolce tepore di un ventre caldo.
Nicola si avviò verso la scuola. In piazza incontrò Vincenzo. Cominciarono a discutere dell'Inter e del Milan. C'era il derby, Rivera contro Mazzola. Arbitrava Lo Bello.
Poi Nicola corse a prendere Anne alla fermata dell'autobus.
Si incamminarono tutti insieme verso la scuola.
Mar Jonio, 2019
Nicola:
Avevo appena compiuto diciassette anni nel 1977. Ed Anne quattordici.
Anne mi attirava come una calamita.
Quando la pensavo provavo una sensazione di benessere, come se avessi trovato qualcosa di prezioso. La guardavo da lontano, quando ci incontravamo lei arrossiva ed abbassava gli occhi. Io facevo finta di niente. Ma avevamo entrambi le nostre anime in tumulto. Aspettavamo solo che uno dei due rivolgesse all'altro la parola. Sarebbe stato l'innesco di un turbine che avrebbe segnato le nostre esistenze.
Le cose sono, Vincenzo. E se sono, lo sono in sé. E nulla può essere diverso da quello che è
.
Mar Jonio, 2019
Nicola era seduto nella sua poltrona davanti al grande camino. Faceva freddo. Il vento forte sferzava le finestre del casale e cantava tra gli ulivi. Era assorto nei suoi pensieri, nel silenzio del casolare, davanti al fuoco. Si sentiva solo il soffio del vento, imperioso, impetuoso, che fischiava aspro investendo le rocce, i ruderi, le piante. Si sollevava nell'aria quasi un urlo assordante, che poi si trasformava in musica, ed infine in dolce suono.
Quando tutto si tramuta in tormento, quando tutto ti sembra uno spavento, bisogna fare come con il vento, rannicchiarsi e trasformarlo in canto
.
Era trascorsa quasi una vita.
Il tempo è passato e non me ne sono accorto, Vincenzo. Non ho avuto la consapevolezza che passasse. Non riesco ancora a rendermene conto completamente
.
Gli tornò alla mente un verso che aveva ascoltato da ragazzo, di un poeta contadino grande amico del suo papà: fino a che spunta l'alba, e poi svanisce
.
Ho il desiderio di incontrarti, amico. Anche se non mi riconoscerai. A volte avverto la tua mancanza in maniera quasi pungente. La vita ci ha spazzati via come un soffio di vento
.
La vita separa. Anche quella più bella e ricca di emozioni e di gioia. Allontana da tutto ciò che amiamo.
Mar Jonio, 2019
Nicola:
"Ho visto Anne per la prima volta all'uscita della scuola, lei era in quarta ginnasio. Io invece ero in terza liceo. Bellissima con i suoi occhi azzurri ed i capelli chiarissimi per quanto erano biondi. Il viso delicato, la pelle lattea, il profilo esile. Le gambe lunghe e magre da cerbiatta. Mi aveva fatto innamorare. Senza dire nulla. Senza parlare. Solo con la sua esile figura. Avvertivo verso di lei un'attrazione magnetica. Dal portamento di ognuno di noi traspare l'anima, e non possiamo nasconderla agli occhi di chi sa riconoscerci. Ho sentito qualcosa che mi scattava dentro. Qualcosa a cui, mio malgrado, non potevo oppormi.
L'ho sentita, vista, odorata. Tutto si è realizzato in un attimo. Un attimo che mi sono portato dentro per una vita intera. Mi sono avvicinato, Anne ha percepito immediatamente il mio turbamento ed è rimasta disorientata.
Nessun uomo può nascondere l'attrazione che prova per una donna. È lei ad attirarlo a sé, magari inconsapevolmente, in maniera irresistibile. E l'uomo risponde ad una sorta di richiamo ancestrale.
Anne quel giorno aveva i jeans aderenti che le modellavano le gambe esili, la sua schiena faceva una lieve curvatura sul bacino, rendendola irresistibile. Le piccole lentiggini sul volto delicato. I capelli biondissimi. Il profilo acerbo e selvaggio le esplodeva sulla bocca piccola, sulle labbra disegnate. Non potevo resistere, Anne mi smuoveva dentro montagne di emozioni. Incontenibili.
Mi viene in mente il verso "trovarsi d'astri in arcipelaghi insonni". I poeti sanno trovare le parole giuste per descrivere le emozioni degli uomini.
Anne era spaventata quando mi sono avvicinato a lei. Ha compreso subito che mi era scattato nei suoi confronti qualcosa di incontenibile. La volevo per me, non avrei permesso che nessun altro maschio la avvicinasse. Era intimorita dalla mia irruenza. Ma era anche incuriosita e turbata dal mio comportamento deciso. Io avevo il volto tirato, gli occhi leggermene socchiusi, come se non riuscissi a guardarla e ne fossi abbagliato, volessi scrutarla oltre quello che lei lasciava trasparire.
Ho amato Anne più di ogni altra persona al mondo. L'ho corteggiata, coccolata, protetta. Desiderata.
Poi l'ho lasciata andare.
Anne non poteva essere contenuta.
Da niente. E da nessuno.
La aspettavo all'uscita di scuola, la separavo con delicatezza dai suoi compagni, e la portavo a passeggiare sul mare. Lei accettava sorridendo questa dolce prepotenza.
Dopo qualche tempo ho osato.
Ho osato prenderla per mano. Non riuscivo più a resistere.
Avevo dovuto superare le mie resistenze interiori. Avevo paura che lei non volesse, o di essere troppo irruente, o di spaventarla. Avevo paura soprattutto che rifiutasse il contatto con la mia mano. Invece Anne ha intrecciato le sue dita con le mie con naturalezza, in maniera spontanea, come se aspettasse quel gesto. Ed ha abbandonato la sua mano nella mia. Ho capito immediatamente. Era il segnale che mi permetteva di avvicinarmi di più, che accettava il mio corteggiamento, il contatto col mio corpo. Che mi accettava nella sua vita.
Prenderla per mano è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto in tutta la mia esistenza. È stato come infrangere un muro. Ed è stato forse il momento più emozionante e più bello di sempre.
Passeggiavamo così, sul mare, mano nella mano".
Nicola ravvivò la legna nel camino, faceva freddo ed il vento soffiava forte tra gli ulivi. Pensò che un pezzo di legno non arde mai da solo, ma da solo si spegne. Per ardere ha bisogno del contatto con un altro pezzo di legno. Come l'amore, altrimenti finisce.
"Avevo bisogno del contatto con la pelle di Anne. Non riuscivo a stare senza Anne.
Tenerci mano nella mano era stato il nostro segno d'amore. Ci cercavamo. Ho cercato di essere delicato con lei. Avevo paura dei suoi quattordici anni. Ma volevo che fosse mia. E basta.
Ad Anne piaceva camminare con me sul mare. O tra gli ulivi sferzati dal vento che le scompigliava i capelli biondi.
Amava il vento, il mare, gli spazi aperti. Andavamo vicino ai dirupi e lei allargava le braccia per farsi colpire dal forte vento. Ci sembrava di volare mentre la abbracciavo forte.
Ma a volte era come se si assentasse con la mente per fare un lungo viaggio. Ed io rimanevo da solo. Il mio pensiero si scuriva e mi chiudevo nel mio malumore. Diventavo intrattabile. Mi sentivo escluso dal mondo di Anne. E lei si allontanava ancora di più.
Avremmo fatto il gioco dell'elastico per tutta la vita, più ci allontanavano, più aumentava la forza che ci faceva avvicinare. Non riuscivamo a stare separati. Ma quando stavamo insieme, dopo un po' Anne sentiva il bisogno di andare. Ed io soffrivo.
Poi ho imparato. O meglio ho accettato. A lasciarla andare. Anne ad un certo punto doveva partire.
Anne non avrebbe potuto vivere senza gli ulivi ed il mare. Il vento ed i ruderi. Senza di me".
Dovevo capirlo, Vincenzo, dovevo capirlo
.
I genitori di Anne erano separati. La sua mamma Andy era olandese ed era ritornata ad Amsterdam. Viveva con Ruud. Anne andava spesso da lei, ma aveva scelto di rimanere a vivere sullo Jonio con il suo papà. Il suo papà la coccolava, Anne era il centro della sua vita. Ed Anne lo adorava. Poi ripartiva, fin da ragazzina, andava dalla sua mamma, verso la libertà che le dava Amsterdam. Anne avrebbe avuto su di me lo stesso effetto di mutazione genetica. Come Vincenzo
.
Ti avvicini e te ne vai come il sonno di un bambino
, piccola Anne.
Mar Jonio, 1977
Nicola:
Eravamo seduti tra gli ulivi a guardare in lontananza il colore rosso fuoco che il sole al tramonto lasciava sul mare, ritirandosi dietro i monti. Anne aveva appena compiuto quattordici anni. Ed io diciassette. Anne ha appoggiato la testa sulla mia spalla. Le mie labbra hanno cercato il suo viso, poi si sono spostate sulle sue labbra in una carezza leggera. Anne le ha dischiuse, accogliendomi per un attimo nella sua bocca.
Poi ha abbassato lo sguardo, turbata. Ho sfiorato i suoi capelli con il mio viso.
Mar Jonio, 1977
Anne:
Oggi Nicola ha accarezzato il mio viso con le sue labbra.
"Poserò la testa sulla tua spalla
e farò un sogno di mare
e domani un fuoco di legna
perché l'aria azzurra diventi casa".
Amsterdam, 2019
Anne:
Vivo ad Amsterdam con Johan da quasi quarant'anni. Sono andata via dal mar Jonio ed ho lasciato da solo Nicola, tanto tempo fa. Non riuscivo più a stare con lui. Ma non riesco neanche a stare senza di lui. Johan lo sa e mi capisce. Mi lascia andare via. Anche mia figlia Annabel sa che a volte torno dal suo papà. Ed è contenta.
Ho visto per la prima