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Le ferrovie
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Le ferrovie

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Una testimonianza di inizio Novecento sul grande impatto sociale, politico e economico che ebbe la rete ferroviaria.
LanguageItaliano
PublisherBauer Books
Release dateJan 28, 2024
ISBN9788835340966
Le ferrovie

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    Le ferrovie - Filippo Tajani

    ferrovie.

    Lezione I

    L'invenzione delle ferrovie

    Le prime vie di ferro. — Avrete certamente notato che alcune vecchie strade non selciate son munite di due liste di pietra levigata e dura, che servono a rendere più agevole il passaggio dei carri, impedendo che le ruote affondino nel terreno. In questo antichissimo costume, dovuto ad un concetto di estrema semplicità, si può riconoscere l’origine della strada ferrata.

    Nelle miniere di carbone inglesi e germaniche anzichè alle liste di pietra, più comuni nei nostri paesi, si soleva ricorrere, sempre allo scopo di rendere più facile il passaggio dei carri, a file di tavoloni su cui si facevano correre le ruote. Così, del resto, si fa anche attualmente nei lavori di sterro, quando il trasporto delle materie scavate ha luogo con carriuole a mano o con carretti a cavalli su sentieri provvisori. In Inghilterra, dove il ferro abbonda, sorse facilmente l’idea di sostituire al legno, che si consuma rapidamente, regoli di ghisa: si ebbero così le prime rotaie.

    L’uso delle rotaie si diffuse subito in tutte le miniere e il binario (così si dice l’insieme delle due rotaie) fu gradatamente perfezionato. Le prime rotaie non avevano la forma che presentano attualmente, ma erano costituite da regoli piatti, con due ripiegature laterali, che servivano a trattenere le ruote del veicolo. Questi regoli o erano applicati sui tavoloni correnti lungo le strade, oppure erano collegati fra loro in senso trasversale da grossi tronchi di legno. Dopo un po’ si trovò conveniente fare le rotaie colla superficie superiore piana e porre invece un risalto o bordino dalla parte interna del cerchione delle ruote, che in questo modo non potevano più uscire dal binario. Oggidì le rotaie non si fanno di ghisa come furono le prime, nè di ferro come si fecero in seguito, ma di acciaio ed hanno lo spessore delle travi metalliche da solaio, ciò che serve a renderle più resistenti ai forti carichi che debbono passarvi di sopra. I legni trasversali sussistono ancora e vengono detti appunto traversine.

    L’invenzione delle rotaie, che risale a circa centocinquanta anni addietro, riuscì molto utile perchè i carri tirati da cavalli, che servivano per trasportare il carbone estratto dalle miniere, d’allora in poi richiesero uno sforzo assai limitato in confronto a quello occorrente sulle strade nude o armate di tavoloni.

    Tuttavia, il vero e grande vantaggio si ebbe allorquando si riuscì a sostituire la trazione a cavalli con quella meccanica per mezzo della locomotiva a vapore. La ferrovia, infatti, si può considerare costituita da due elementi fondamentali: la rotaia e la locomotiva; la prima atta a ridurre le resistenze che la strada oppone al passaggio dei veicoli, la seconda capace di spiegare sforzi straordinari pel traino di pesanti convogli e di raggiungere elevate velocità.

    La prima locomotiva. — La macchina a vapore, inventata dall’inglese Watt, si era diffusa e l’americano Fulton l’aveva applicata alla navigazione. Il francese Cugnot aveva tentato la creazione di una vettura a vapore, senza riuscire nel suo intento, raggiunto tanti anni di poi con la moderna automobile. Un meccanico inglese, Trevithick, dedicatosi anch'esso allo studio della vettura meccanica, ebbe l'idea di impiegarla sulle strade munite di rotaie, già diventate di uso comune, e nel 1809 creò la prima locomotiva, macchina ancora assai imperfetta, alla quale lo stesso inventore non attribuiva l’importanza che in seguito doveva assumere.

    Ciò che sul principio ostacolò il perfezionamento della locomotiva fu un curioso pregiudizio. Il Trevithick, e tutti gli scienziati di quell’epoca da lui interrogati, ritenevano che, sulla superficie molto liscia delle rotaie, la locomotiva non avrebbe potuto progredire, inquantochè le ruote mosse dal vapore avrebbero girato su se stesse e, non trovando presa sufficiente, sarebbero rimaste sempre al medesimo posto. E infatti, colla prima locomotiva, ch'era molto leggiera, avveniva che se le si dava un carico piuttosto pesante o la si portava su un tronco di binario in salita, essa si arrestava e le ruote giravano folli. L’ostacolo sembrò così grave che il Trevithick e tutti gli altri inventori venuti dopo di lui, pensarono ad ogni sorta di espedienti per eliminarlo.

    Vi fu chi propose di rendere rugosa la superficie delle rotaie o di porre a fianco del binario un’asta dentata nella quale doveva far presa una ruota da ingranaggio applicata alla macchina, e non mancò un inventore che munì addirittura la locomotiva di due gambe meccaniche, specie di stampelle, le quali, muovendosi alternativamente, riproducevano il cammino degli animali. Questa curiosa macchina a stampelle andò distrutta in seguito allo scoppio della caldaia, e nessuno pensò più di ricostruirla.

    Si sarebbe ancora perduto molto tempo nella ricerca di mezzi adatti a superare questa difficoltà immaginaria se nel 1813 l’ingegnere Blackett non si fosse proposto di studiar bene il fenomeno e non fosse riuscito a scoprire che per impedire lo scorrimento delle ruote sulle rotaie o, come si dice, lo slittamento, non occorreva alterare in alcun modo il binario, ma bastava aumentare il peso gravante sulle ruote motrici. E il mezzo più semplice per raggiungere lo scopo era quello di far diventare motrici anche le ruote portanti, collegando le due ruote mosse direttamente dal vapore con quelle che servivano soltanto di sostegno alla macchina. Il collegamento si fece con una catena senza fine, come quella che attualmente s'impiega per le biciclette.

    Il principio scoperto da Blackett, che si dice principio dell’ aderenza, è importantissimo per tutte e forme di locomozione. Una macchina da trasporto, qualunque essa sia, perchè possa esercitare uno sforzo e nello stesso tempo avanzare, deve rispon- ’ dere alle condizioni che il peso gravante sulle ruote mosse dal meccanismo, moltiplicato per una frazione più o meno grande a seconda della qualità della strada, riesca superiore allo sforzo da esercitare. Più liscia è la superficie della strada, più grande è il peso che occorre per ottenere l’aderenza. Ciò vale per la locomotiva, come per l'automobile e per la bicicletta, ed anche per i motori animati. Noi stessi non riusciamo a proceder bene sui pavimenti troppa levigati, e l’Orco della leggenda, per non essere inseguito, faceva sorgere montagne di sapone dietro il suo cammino. Quando il cavallo monta per una salita fa visibilmente un doppio sforzo, uno in senso orizzontale per vincere il peso del carico e l’altro in senso verticale per accrescere artificialmente il proprio peso e ottener così l’aderenza necessaria.

    Nel caso della locomotiva e del binario si verificava la legge generale;

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