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Il signore oscuro
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Il signore oscuro

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About this ebook

L'anno è il 1180 D.C. e i tempi sono molto bui. L'Inghilterra è per lo più senza legge e la gente vive nella paura. A conquistare il potere in questo periodo è il feroce e brutale cavaliere Ajax de Velt. La sua missione è quella di conquistare un ampio tratto del confine scozzese e gallese, conquistando ricchezze e proprietà lungo il tragitto. Vuole essere il signore della guerra più temuto e potente di tutta l'Inghilterra, il Galles e la Scozia, e ci sta riuscendo. L'ultimo di una lunga dinastia di guerrieri cupi e brutali, Ajax è il cavaliere più spietato e ambizioso delle Isole; persino i guerrieri più valorosi lo temono per le sue tattiche spietate. Inoltre, la sua sete di sangue, così come la sua grande abilità con la spada, è leggendaria. Tuttavia quando Ajax e il suo esercito conquistano quello che nei suoi piani era l’ultimo castello per assicurarsi i confini, incontra inaspettatamente chi gli terrà testa, l’impetuosa Kellington Coleby. Bella, intelligente e esuberante, Lady Kellington rifiuta di arrendersi a quell’uomo tanto bello quanto brutale. Il signore della guerra e la fanciulla si scontreranno in questa indimenticabile storia di amore, battaglia, devozione, paura e avventura

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateJan 11, 2020
ISBN9781071521007
Il signore oscuro

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    Il signore oscuro - Kathryn Le Veque

    IL SIGNORE OSCURO

    Una storia d’amore medievale

    ––––––––

    di Kathryn Le Veque

    Copyright 2008, 2014 di Kathryn Le Veque

    Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata o riprodotta in alcun modo senza autorizzazione scritta, tranne nel caso di brevi citazioni incorporate in articoli critici o recensioni.

    Stampato da Dragonblade Publishing negli Stati Uniti d'America

    Copyright del testo 2008, 2014 di Kathryn Le Veque

    Copyright della copertina 2008, 2014 di Kathryn Le Veque

    Numero di controllo della Library of Congress 2014-030

    ISBN 1479177113

    Giudice delle opere e Signore terribile, – Sventura per quell'uomo che, per odio e avversione, trascina la sua anima in abbracci fiammeggianti.

    - Beowulf, Capitolo II

    CAPITOLO UNO

    Maggio, 1180 DC

    Terre di confine Scozzesi, Inghilterra.

    La teneva per i capelli; ciocche d'oro filato strette nello sporco guanto di maglia metallica. Forse perché aveva tentato di morderlo e non voleva rischiare di incontrare ancora una volta i suoi bianchi denti affilati, o forse perché era un uomo brutale, fedele ad Ajax de Velt, che sapeva ben poco se non incutere terrore. Quale che fosse il caso, la teneva stretta. Era in trappola.

    La donna ed il padre erano in ginocchio nella grande sala della fortezza che era un tempo loro appartenuta. Ora che i nemici l'avevano invasa, era la loro prigione. Vi erano ricordi di calore e risate impressi nelle vecchie pareti in pietra, oramai cancellati dal terrore che riempiva la stanza.

    Una breccia era stata aperta nel castello di Pelinom prima di mezzanotte, dopo che l'armata di de Velt aveva scavato un tunnel sotto la torre di nord est delle mura, facendola crollare.

    La ragazza ed il padre avevano provato a fuggire assieme agli abitanti del castello, ma gli uomini di de Velt li avevano circondati come locuste. Era finita ancor prima di incominciare.

    La donna sentiva attorno a sé le urla della sua gente mentre veniva messa in trappola dagli uomini di de Velt. Lei era stata catturata da un enorme cavaliere dall'armatura a piastre chiazzata di sangue, comprensibilmente facendosi prendere dal panico.  Anche ora, costretta contro il pavimento della grande sala, versava in uno stato di agitazione, terrorizzata; i racconti delle atrocità compiute da de Velt erano molto conosciuti nel tumultuoso nord dell'Inghilterra, poiché bui e tumultuosi erano quei tempi. Sapeva che si apprestavano ad entrare nell'inferno.

    Con la coda degli occhi riusciva a vedere il padre in ginocchio. Sir Keats Coleby era un uomo orgoglioso e aveva resistito valorosamente all'invasione. Il motivo per cui non fosse stato ucciso immediatamente in quanto comandante della guarnigione rimaneva un mistero. Tuttavia, a causa dei suoi sforzi era ricoperto di sangue. La donna non poté scorgerne il volto, così tornò a fissare il pavimento dove il cavaliere le teneva la testa col naso quasi premuto sulla pietra.

    Intorno c'era un gran movimento. Sentiva gli uomini urlare ordini mentre le grida della sua gente si spegnevano. L'orrore la consumava, poiché sapeva che con ogni probabilità gli uomini di de Velt stavano compiendo atti inenarrabili ai danni della servitù e dei soldati. Le lacrime parevano dover farsi strada sulle sue guance da un momento all'altro, ma le trattenne. Si domandò quali orrori de Velt avesse in serbo per lei e suo padre.

    Non dovette attendere a lungo. Con la faccia quasi schiacciata contro la pietra, udì una voce profonda e tuonante.

    Il tuo nome, cavaliere.

    Il padre della donna rispose senza esitazione: Sir Keats Coleby.

    Sei il comandante di Pelinom, mi sbaglio?

    Lo sono.

    E la ragazza?

    Mia figlia, Lady Kellington.

    Il silenzio che riempiva la stanza era saturo d'ansia.

    Kellington sentiva il rumore degli stivali attorno a sé, nonostante fosse difficile capire quanti uomini li circondassero.  Aveva la sensazione che si trattasse dell'intera armata.

    Lasciala. disse la voce.

    Immediatamente, la mano tra i suoi capelli si levò e rigidamente sollevò la testa.

    Diversi uomini dalle facce ostili, alcuni con i visori alzati, altri sprovvisti di elmo, la stavano guardando di traverso. Erano sei in tutto, tre cavalieri e almeno tre soldati. Alle sue spalle avrebbero potuto esservene degli altri che non vedeva, tuttavia per il momento sei erano abbastanza. Il cuore di Kellington pulsava forte nelle sue orecchie, mentre si guardava intorno in attesa dell'imminente confronto.

    Il cavaliere alla sua destra parlò.

    Quanti anni hai, ragazza?

    Deglutì; La sua bocca era così asciutta che non c'era nulla da ingoiare. Incespicò.

    "Ho visto diciotto anni, mio Lord

    Il cavaliere si portò di fronte a lei sulle sue grandi gambe.

    Gli occhi castano dorati di Kellington osarono fissarlo, scorgendo un guerriero piuttosto giovane dai capelli biondi e rasati, che portava una barba di non più di qualche giorno.

    Non sembrava spaventoso come aveva immaginato, ma era consapevole che se l'uomo era fedele a de Velt, doveva essere veramente terribile.

    Tuo marito serve Pelinom? chiese con voce un po' più calma.

    Non sono sposata, mio Lord.

    Il cavaliere lanciò un'occhiata a Keats, che incontrò il suo sguardo con fermezza.

    Quindi rivolse loro le spalle, lasciandoli cuocere nella loro paura.

    Kellington lo osservò attentamente, sforzandosi di mantenere il suo autocontrollo.

    Non era una donna dalla natura incostante, ma il panico era l'unica opzione al momento.

    Sono qui presenti altri membri della famiglia al comando? Il cavaliere fece una pausa e si voltò ad osservarli, Soltanto il comandante della guarnigione e sua figlia? Niente figli, nessun marito, niente fratelli?

    Keats scosse la testa. Solo io e mia figlia.

    Omise deliberatamente 'mio Lord'.  Se ciò infastidisse il cavaliere, egli non lo mostrò. Spostò invece la sua attenzione sulla galleria sovrastante, il soffitto ed i muri. Pelinom era un castello piccolo, ma ricco e strategicamente appetibile; era compiaciuto del fatto che fossero riusciti a prenderlo relativamente intatto. Il coro di urla che aveva prevalso da quando l'armata aveva aperto la breccia nei bastioni si alzò nuovamente, cosa che il cavaliere fece finta di ignorare.

    Rivolse di nuovo l'attenzione su Keats.

    Se mi stai mentendo, sappi che infine ciò nuocerà solo a te, disse con un tono di voce basso. In questo frangente l’unica classe risparmiata è quella composta dalla famiglia al comando. Tutti gli altri vengono messi a morte, sarebbe quindi meglio se confessassi prima che uccidiamo qualcuno a te caro.

    Keats non reagì, mentre gli occhi di Kellington si spalancarono. Non era mai stata prigioniera prima di allora e ignorava l'etichetta o i comportamenti da tenersi. Conducendo un'esistenza piuttosto isolata a Pelinom per la maggior parte della sua vita, era rimasta al riparo da tutto per gran parte del tempo.

    Quell’assedio, quell’orrore, erano nuovi e crudi.

    Cosa significa? chiese prima che fosse in grado di frenare la lingua. Ci siamo solo mio padre ed io, tuttavia mio padre ha cavalieri al suo servizio, e abbiamo servi che vivono qui e ...

    Il cavaliere lanciò una rapida occhiata nella sua direzione. Non dovrete più preoccuparvi di loro.

    Balzò in piedi. Mio Lord, vi prego, disse a voce bassa e con il volto grazioso segnato dall'angoscia.

    Sir Trevan è un cavaliere e amico di mio padre. Era con noi quando ci avete catturati, ma ora non lo vedo. Vi supplico, non fategli del male. Ha da poco avuto un bambino e ...

    I più piccoli e i deboli sono i primi ad essere passati a fil di spada. Sono uno spreco di cibo e spazio all'interno di un accampamento militare.

    Gli occhi di Kellington si spalancarono e le lacrime le strozzarono la gola.

    Si portò le mani alla bocca. Non potete, mormorò "Sir Trevan e sua moglie hanno atteso per anni che nascesse loro un figlio. È così piccolo e indifeso. Sicuramente non potrete fargli del male.

    Per favore; vi imploro."

    Il cavaliere inarcò un sopracciglio. Quindi diede uno sguardo agli altri cavalieri che li circondavano; erano tutti uomini di de Velt, nati ed educati alla guerra. Conoscevano solo morte, distruzione e avidità. C'era poco spazio per la compassione. Osservò Keats ancora una volta.

    Spiega a tua figlia come vanno le cose in guerra, distolse lo sguardo da loro, apparentemente pensoso. Ascolterò quanto avrai da dirle.

    Keats sospirò pesantemente, con lo sguardo trovando la sua unica bambina.

    Sebbene fosse una donna matura era, difatti, a stento più alta di un bambino.

    Ma la sua piccola statura non sortiva alcun effetto nello sminuire la deliziosa figura femminile che aveva assunto in giovane età. Keats aveva visto diversi uomini gettare più di uno sguardo sulla sua minuta figlia, scrutandone i capelli dorati ed il volto angelico. Era sorpreso che gli uomini di de Velt non l'avessero ancora trasformata in un passatempo, dal momento che era una meravigliosa piccola creatura. Lo temeva, consapevole che sarebbe stata solo una questione di tempo e che non c'era niente al mondo che potesse fare per fermarli. Il pensiero lo atterrì.

    Kelli, disse dolcemente. So che non comprendi poiché non hai mai assistito a una battaglia, ma questa è la guerra. Non ci sono regole. Il vincitore si comporta come più gli aggrada e noi, in quanto suoi prigionieri, dobbiamo obbedire.

    Ucciderà un bambino! ribatté. È inimmaginabile; questa è follia. Perché devono uccidere un bambino? Non ha fatto nulla!

    Ma potrebbe crescere e fare qualcosa. Keats tentò di mantenerla calma. Ricordi la tua Bibbia? Ricordi di come il Faraone uccise tutti i primogeniti maschi di Israele, temendo che uno di loro potesse diventare l'uomo che secondo la profezia l'avrebbe spodestato? Vale la stessa cosa in guerra, piccola cara. Il nemico non distingue tra uomini, donne o bambini. Vede solo potenziali assassini.

    Comprendi bene il concetto di distruzione.

    Si voltarono tutti al suono della voce; un tono greve e rimbombante che fece tremare le pareti.

    Fu la prima reazione di Keats quella sera; i suoi occhi si spalancarono per una frazione di secondo, per poi spegnersi subito dopo. Kellington fissò l'uomo che era appena entrato nella grande sala, mentre tutti gli altri uomini che aveva intorno sembrarono raddrizzarsi. Persino il cavaliere che li stava interrogando avanzò velocemente per accogliere il nuovo arrivato.

    Mio Lord, disse con voce pacata. Costoro sono Sir Keats Coleby, comandante della guarnigione di Pelinom, e sua figlia, Lady Kellington. Affermano di essere gli unici due membri della famiglia al comando.

    L'uomo che stava in piedi nell'ingresso della grande sala era ricoperto da una cotta di maglia, piastre protettive e sangue rappreso. Indossava ancora il suo elmo, un affare massiccio con delle corna che spuntavano dalla corona. Era probabilmente più alto di almeno una testa persino dell'uomo più alto nella sala e le sue mani erano larghe quanto dei taglieri in legno. Definirlo enorme era sottostimarlo; era colossale.

    Sprigionava tutto ciò che di malvagio avesse mai calcato la terra. Kellington lo percepiva da dove stava, ed il cuore iniziò a batterle al punto da farle male. Resistette all'impulso di correre dal padre in cerca di protezione, dal momento che sapeva che nessun mortale avrebbe potuto proteggerla da tutto ciò.

    La stessa aria della grande sala era mutata nel momento in cui quell'uomo enorme vi aveva messo piede. La opprimeva come un peso. La testa dal grande elmo si volse verso il cavaliere che aveva condotto l'interrogatorio, ora di fronte a lui. Quindi l'uomo allentò un guanto abbastanza da sfilarselo, alzando ila visiera con la mano scoperta. La mano era sporca, le unghie nere di sangue rappreso. Mi è stata riferita la stessa cosa. replicò con la sua voce senza fondo. Abbiamo contato solo quattro cavalieri in totale, compreso Coleby, quindi questo è il loro numero.

    Desiderate finire di interrogarli, mio Lord?

    Per la prima volta la testa con indosso l'elmo si girò nella loro direzione.

    Kellington sentì un impatto fisico quando gli occhi di lui, l'unica cosa visibile attraverso l'elmo, si concentrarono su di lei. In quel momento fece caso alla più insolita delle cose; l'occhio sinistro era di un marrone color fango, mentre l'occhio destro, per lo più dello stesso colore fangoso, presentava una grande chiazza di un verde lucido. L'uomo aveva gli occhi di due colori differenti. Questo la sgomentò quasi al punto da gettarla nuovamente nel panico.

    Ho udito parte di quanto stavate dicendo, disse l'enorme cavaliere, ancora concentrato su Kellington. Quindi guardò Keats.

    La tua spiegazione era veritiera. Comprendi le regole della battaglia e della guerra, quindi non vi saranno fraintendimenti.

    Keats non replicò; Non ne aveva bisogno. Sapeva chi fosse quell'uomo senza spiegazioni, si sentì impotente. Il cavaliere si inoltrò nella stanza, grattandosi la fronte attraverso la visiera sollevata. Kellington lo seguì con lo sguardo, notando che le passò accanto. Gli arrivava a malapena al petto.

    Sono de Velt, disse, riportando la sua attenzione su Kellington e Keats. Il castello di Pelinom è ora mio e voi siete miei prigionieri. Se avete intenzione di supplicare per le vostre vite, questo sarebbe il momento.

    Dobbiamo supplicare per le nostre vite? Kellington proruppe. Ma perché?

    Il gigantesco cavaliere la guardò senza proferir parola. Il secondo cavaliere, quello a capo dell'interrogatorio, rispose.

    Siete il nostro nemico, mia Lady. Cos'altro dovremmo farne di voi?

    Non avete bisogno di ucciderci, insistette, guardando l'uno e l'altro uomo.

    Kelli, proferì bruscamente il padre.

    No, padre, lo ignorò, volgendo nuovamente lo sguardo castano dorato verso de Velt. Vi prego, mio Lord, ditemi perché non risparmiereste le nostre vite. Se foste stato il comandante di Pelinom non l'avreste difeso ugualmente? Questo non fa di noi dei nemici, quanto piuttosto degli assediati. Ci stavamo difendendo dal momento che è un nostro diritto.

    Lo sguardo di de Velt indugiò per un attimo su di lei. Quindi con gli occhi fece un cenno all'uomo di fianco a lui.

    Prendete Coleby.

    No!

    Kellington urlò spingendosi in avanti. Inciampò sui suoi piedi e finì per cadere su de Velt.

    Le piccole e morbide mani si aggrapparono alla sua cotta di maglia. Per favore, mio Lord, non uccidete mio padre, Vi imploro. Farò qualsiasi cosa mi chiederete, basta che non lo uccidiate.

    Jax la fissò con un'espressione impassibile. Quando parlò, si rivolse ai suoi uomini. Fate come vi dico. Portate via il padre.

    A quel punto le scesero le lacrime. Vi prego, mio Lord, implorò sommessamente. Ho sentito che siete un uomo privo di misericordia, e se dovessi dar credito alle voci sulla vostra crudeltà sarebbe facile prestarvi fede. Tuttavia credo che vi sia misericordia in ogni uomo, mio Lord, anche in voi. Vi supplico di mostrarci la vostra misericordia. Non commettete un gesto così orribile. Mio padre è un uomo onorevole. Stava solo difendendo la sua fortezza.

    Jax non la stava guardando; era intento ad osservare i suoi uomini rimettere in piedi Keats. L'attenzione del vecchio cavaliere era però rivolta alla sua sconvolta figlia.

    Kelli, le disse piano. Basta, piccola cara. Vorrei che il tuo volto coraggioso fosse l'ultima cosa che vedrò lasciando questa stanza.

    Kellington ignorò il padre; i suoi appelli si concentravano su Jax. Se bisogna che vi sia una qualche punizione da infliggere, la subirò io. Se ciò salverà mio padre e i nostri vassalli, mi sottometterò volentieri. Fate di me ciò che volete, ma risparmiate gli altri. Vi supplico, mio Lord.

    Il volto di Jax rimase impassibile. Vedendo che l'enorme cavaliere non le prestava attenzione, si divincolò e corse dal padre, gettandosi su di lui mentre gli uomini di de Velt lo trascinavano fuori dalla stanza. Keats cercò di allontanarla, ma aveva le mani legate e lo stavano tirando a sé, rendendo il tutto difficoltoso.

    No, Padre. disse tra le lacrime, con le braccia cingendo la sua gamba sinistra. Non ti vedrò affrontare la spada da solo. Dovranno uccidere anche me.

    No, Keats intimò sommessamente, sperando che gli uomini che lo stavano portando via gli avessero concesso almeno un momento con la sua unica figlia. Alzò le braccia legate e le avvolse attorno a lei, trascinandola in un abbraccio impacciato. Questa non è la tua ora. Vivrai e sarai forte. Sappi che ti amo tanto, piccola cara. Mi hai reso orgoglioso.

    Kellington piangeva incontrollabilmente. Il padre la baciò mentre il loro abbraccio veniva crudelmente interrotto. Vi erano molti uomini che cercavano di separarli, poi qualcuno la afferrò per la piccola vita e la allontanò. Era de Velt.

    Rinchiudetela nei sotterranei. ordinò. portate il padre nel cortile e attendetemi lì.

    La consegnò al cavaliere biondo, che la sollevò a fatica sulla sua spalla; quando quest’ultimo si girò per seguire il padre e gli altri cavalieri fuori dalla stanza, la testa capovolta di Kellington trovò de Velt.

    Vi prego di risparmiarlo, mio Lord, implorò. Subirò la sua punizione se vorrete, ma non fategli del male. È tutto ciò che mi rimane.

    Jax osservò il cavaliere portarla via. Non scalciava né lottava come l'aveva vista far prima quando l’avevano all’inizio catturata. Sembrava pressoché sconfitta. Ma la sua espressione era più forte di qualsiasi resistenza.

    Il suo sguardo indugiò su di lei un attimo prima di indossare il guanto allentato.

    Non aveva tempo da perdere con la misericordia. Era, dopo tutto, Jax de Velt.

    CAPITOLO DUE

    Kellington era già stata nei sotterranei di Pelinom prima di allora, ma mai nelle vesti di ospite. Da bambina era solita giocarvi, nascondendosi dai giovani servitori. Anche quando la trovavano, si dichiarava vincitrice. Questa era stata la vita della coccolata e unica figlia del comandante della guarnigione. A qualsiasi gioco giocasse, vinceva sempre. La vita era stata dolce.

    Senonché questo non era un gioco. Era la dura realtà. De Velt aveva occupato il loro castello arroccato nei pressi del confine scozzese, ed era comprensibilmente scossa. Sedeva in un angolo della cella, affliggendosi per il padre, il suo cavaliere e gli amici alla mercé di un folle. Si domandava se sarebbe stata l'unica a sopravvivere all'assedio, rinchiusa per sempre nelle viscere di quei sotterranei ricoperti di muschio, con i soli ratti e parassiti a tenerle compagnia. Si domandava se il fato, infine, le avesse riservato la stessa sorte dei suoi familiari e amici. Quale che fosse il caso, il suo futuro era incerto.

    Aveva passato almeno due giorni nei sotterranei. Lo aveva capito dal numero di pasti che le erano stati serviti dai soldati taciturni, diffidenti nei sui riguardi quanto lei lo era nei loro.

    Il tempo passava; mangiava, dormiva, piangeva. Le mancava un vero concetto di giorno e notte, o persino di tempo. Tutto era cupo e surreale.

    Fu in un momento imprecisato dopo il pasto del terzo giorno che udì la porta del passaggio aprirsi. Il grande pannello in quercia e ferro scricchiolò quando qualcuno lo sbloccò con un paio di colpi ben assestati; la porta tendeva a bloccarsi. Siccome le avevano già dato da mangiare, era allo stesso tempo incuriosita e intimorita dallo scoprire chi fosse. Sentì il rumore degli stivali che calpestavano il pavimento scivoloso avvicinarsi sempre più. Era così buio da vederci a malapena, tuttavia di chiunque si trattasse, costui aveva in mano una torcia. Osservando, vide degli enormi stivali sostare ai piedi della scalinata per poi avanzare nella sua direzione. La cella si illuminò all'avvicinarsi della torcia; capì che era de Velt in persona. Sebbene non avesse l'armatura a piastre a cingergli il petto, riconobbe la cotta di maglia ricoperta di sangue rappreso, inscurita dai giorni di utilizzo.

    Per di più, non c'erano uomini grandi e grossi quanto de Velt. Non poteva essere nessun altro.

    Il panico la assalì improvvisamente, scomparendo altrettanto velocemente; se era venuto per ucciderla, non c'era nulla che potesse fare. Non aveva armi né modo di difendersi, de Velt era oltretutto tre volte più grosso di lei. Il pensiero della sua imminente morte bastò a farla piangere di nuovo, eppure trovò sollievo nella consapevolezza che presto si sarebbe ricongiunta al padre e alla madre in paradiso. Si concentrò su quel pensiero per calmarsi, ma era una dura lotta. De Velt aprì bruscamente la porta con la vecchia chiave di ferro che teneva in mano; era troppo alto per passare attraverso la volta in pietra senza abbassarsi. Kellington si asciugò le lacrime, evitando di guardarlo mentre si inoltrava nella cella. Difatti, chiuse gli occhi abbassando la testa, Non voleva vedere la lama abbattersi su di lei. Era lì fermo, poteva sentirlo. Attese che la spada calasse sul suo capo, ma non accadde nulla. Dopo alcuni istanti che sembrarono non passare mai, osò alzare lo sguardo.

    La stava fissando. Per lei era come vederlo per la prima volta; essendo privo del suo elmo poté averne una prima nitida immagine. La mascella era granitica ed il naso lungo, era relativamente giovane e privo di cicatrici, nonostante la reputazione così spaventosa. I suoi occhi dal diverso colore rimanevano inquietanti, e delle scure sopracciglia si inarcavano intelligentemente su di essi.

    I capelli, non costretti dall'elmo, cadevano sulle sue spalle a mo' di lucido lenzuolo nero che rifletteva la luce come le ali di un corvo. Non era per niente brutto e ciò la sorprese, poiché da un uomo con una tale reputazione si sarebbe aspettata una bestia.

    A parte questo, era ancora enorme e freddo. Sembrava, dalla testa ai piedi, un barbaro selvaggio. Si fissarono per un lungo e silenzioso momento. L'ansia le crebbe nel petto attendendo che facesse qualunque cosa avesse in serbo per lei, finché non riuscì a trattenersi oltre.

    Gli avete almeno dato una degna sepoltura?  disse d'impulso.

    Jax inarcò un sopracciglio. Non avanzare pretese.

    Realizzò di essere stata audace, sebbene fosse stata spinta dall'apprensione. Non l'ho fatto, disse più rispettosa.  La mia era una semplice domanda.

    Jax inarcò anche l'altro sopracciglio. Vedo che due giorni nei sotterranei non sono riusciti a moderare il tuo temperamento.

    Kellington aveva freddo, fame e si stava ammalando per via dell'umidità. La sua condizione fisica e l'apprensione l'avevano resa irritabile. Se avete intenzione di uccidermi, allora facciamola finita.

    Jax si accarezzò il mento, quindi appoggiò le mani sui suoi fianchi stretti. Non ho ancora intenzione di ucciderti, disse. al contrario, penso che tu possa tornarmi utile.

    Le sue parole non le diedero speranza alcuna. Per fare cosa? La sgualdrina per i vostri uomini? O per servire da bersaglio? Vi prego, cosa potreste avere in mente per me che non sia doloroso, degradante ed umiliante?

    Sentì le articolazioni di lui schioccare mentre si accovacciava di fronte a lei. Fu una mossa inaspettata che istintivamente la fece allontanare.  Osò tuttavia alzare lo sguardo, studiandolo malgrado le sue resistenze. Quelle sfere dai due colori differenti continuavano a sconcertarla, rendendole molto difficile guardarlo negli occhi.

    Hai la lingua lunga, ragazza, la sua voce era così bassa da sembrare un ringhio. Sarà meglio che la tenga a freno con me. Non ho pazienza con le fanciulle disubbidienti."

    Gli occhi castano dorati di lei balenarono, Io non sono una ragazza, né una fanciulla. Sono Lady Kellington Eleanor Coleby, e mio padre è comandante di guarnigione per William de Vesci, Barone del Northumberland. E non sono disubbidiente; sto semplicemente ponendo delle domande a cui dovete ancora dare delle risposte.

    Jax osservò quel modo in cui i suoi occhi scintillavano quando era irritata, ed era sorpreso di trovarsi ad ammettere che ciò lo affascinava in qualche modo. Era così indurito verso la vita che di solito non vi era spazio per alcun tipo di emozione, eppure quella donna minuta al suo cospetto era senz'ombra di dubbio energica, come aveva appurato il giorno in cui avevano invaso Pelinom. Difatti, nel breve lasso di tempo durante il quale gli fu presentata l'emotiva e loquace Kellington Coleby, non aveva visto nulla di lei che non lo incantasse. Tuttavia gli sguardi e gli stati d'animo potevano essere piegati. Aveva troppa esperienza per essere messo nel sacco.

    Hai affermato che ti saresti fatta carico del castigo previsto per tuo padre e i vassalli, disse. Sei ancora così disposta a farlo?

    Il suo viso grazioso scolorì, ma con coraggio annuì. Io...lo sono. Quali intenzioni avete?

    Non rispose; si limitò a fissarla. Kellington aveva tuttavia avvertito qualcosa nella sua domanda, quindi riprese vigore.

    Intendete dire che mio padre e gli altri vivono ancora? chiese quasi con impazienza.

    Jax attese un attimo. Alcuni.

    Vide che le vennero le lacrime agli occhi, così come notò lo sforzo che faceva per trattenerle. Mio padre è vivo? chiese lei sottovoce.

    Vive ancora.

    Kellington batté gli occhi e grandi lacrime schizzarono sulla sporca sopravveste. Jax la osservò; avvertì una strana contrazione nel petto senza comprendere cosa fosse. Erano state tante le lacrime che aveva visto versare in passato senza provare alcunché. La maggior parte delle crisi isteriche nutrivano la sua sete di sangue. Traeva forza dalla paura degli altri, ma stranamente non in quel momento.

    Dove si trova adesso? chiese implorante mentre si asciugava il viso.

    Basti dire che è sano e salvo, replicò, osservando l'emozione che le increspava il volto. Mi ha messo al corrente del fatto che amministri gli affari dalla morte del maggiordomo e che conosci i forzieri di Pelinom meglio di lui. Kellington smise di asciugarsi le lacrime. posando gli occhi castano dorati su di lui, sorpresa.  È per questo che mi tenete in vita? Per dirvi quanto siamo ricchi?

    Scosse la testa. So quanto siete ricchi. Ciò che voglio sapere è cos'altro offra questo posto.

    Che intendete?

    Pecore, bovini, altre funzioni. Pelinom è un castello ricco, voglio sapere di quali ricchezze io sia venuto in possesso, e cos'altro dovrei aspettarmi.

    Rifletté su quelle parole mentre le lacrime si asciugavano. E una volta che ve ne avrò messo al corrente, cosa farete di me? Sarò a quel punto servita al mio scopo.

    La fissò un momento prima di alzarsi. Era enorme, tanto da sollevare tutta l'aria presente nella cella; Kellington trovò difficile respirare. Quell'uomo la soffocava,

    Non ho ancora deciso, disse. Nel frattempo potresti tornarmi utile.

    E se rifiutassi?

    Non lo farei se fossi in te.

    Sembrò essere un'intimazione. Quell'affermazione le mandò scariche di terrore giù per la schiena più di quanto qualsiasi altra minaccia avrebbe potuto fare. Ritornò sui suoi passi, consapevole di quanto sarebbe stato folle sfidarlo. Non avrebbe neanche dovuto dire ciò che aveva detto, tuttavia la sua era sempre stata una lingua indisciplinata. Non era la prima volta.

    Il mio castigo, disse piano. Cosa avete intenzione di fare, così che io possa prepararmi?

    La osservò un attimo. Poi si accovacciò di nuovo; improvvisamente il suo corpo le fu molto vicino. Prima che Kellington potesse reagire le prese il viso con una mano, inclinandole il mento per osservarla meglio. La mano era così grande che la sua testa ne fu inghiottita per metà. Più la scrutava, più era assorbito da ciò che aveva davanti.

    Alzati, ordinò.

    Quegli occhi dal doppio colore la facevano tremare, l’ipnotizzavano. Tuttavia gli obbedì, alzandosi sulle rigide gambe che erano rimaste piegate sulla gelida pietra. Fissava il pavimento mentre lui la esaminava; sentiva l'inquietante calore proveniente dai suoi diabolici occhi.

    Era come essere scrutati dal Demonio.

    Togliti la sopravveste.

    Presa dal panico si precipitò a lui con lo sguardo, trovando ad accoglierla solo indifferenza.

    Sapeva, in qualche modo, quale punizione avesse in serbo per lei. Fu sul punto di versare altre lacrime, ma le tenne a bada; dopotutto aveva detto di essere abbastanza coraggiosa da affrontare qualsiasi punizione. Non era sicura che fosse vero.

    Con mani tremanti tentò di slacciare il corpetto dietro la schiena, cosa che non le risultava semplice. Le dita erano congelate e si rifiutavano di muoversi a dovere.

    Continuò ad armeggiare, finché Jax la girò

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