Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Trattato dell'Economia dei Consumi
Trattato dell'Economia dei Consumi
Trattato dell'Economia dei Consumi
Ebook256 pages3 hours

Trattato dell'Economia dei Consumi

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

l’Economia della Produzione genera perlopiù ricchezza con il debito mentre quel Mercato, nato con l’eccedenza, proprio di eccedenze rischia di morire; quella dei Consumi manca ancora di un costrutto che tenga insieme le parti. Questo testo intende farsi carico di individuare le regole che rendano possibile fare il prezzo del Valore che sta nella nuova “Offerta”; buono per sanare il gap dell’out put.
Toh e magari, per non strafare, fare solo un “nuovo possibile”; raddrizzare le disequità nella distribuzione della ricchezza.
Dentro questo disfunzionante ciclo economico sta un vecchio anchilosato paradigma recitante la litania “le Imprese generano ricchezza …". In questo testo metto per iscritto la sua abiura; lo corroboro con dati e fatti, lo scandisco, al fin scopro le carte: per non continuare a barare, nel sistema della produzione, s’ha da cambiare l’ordine dei ruoli poi riattribuire oneri e onori. Niente paura, tra le parti in causa resteranno immutati i rapporti giuridici e quelli proprietari.
Per far questo, invece che usar ineffettuali teorie, trovo sostegno nelle evidenze empiriche.
Prendo a dire in vece degli economisti che dicono d’altro e dei politici che non sanno dire; da economaio, che studia l’Economia dei Consumi, ne faccio un Trattato. Magari solo i prolegomeni, non l’elegia.
LanguageItaliano
Release dateNov 26, 2019
ISBN9788835337003
Trattato dell'Economia dei Consumi

Read more from Mauro Artibani

Related to Trattato dell'Economia dei Consumi

Related ebooks

Marketing For You

View More

Related articles

Reviews for Trattato dell'Economia dei Consumi

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Trattato dell'Economia dei Consumi - Mauro Artibani

    Note

    INDICE

    Mauro Artibani l’Economaio. Studio l’Economia dei consumi, quella che gli accademici non scorgono e che le facoltà di Economia non insegnano.

    Testi:

    Professional Consumer, oltre l’esercizio dilettante della spesa

    La Domanda comanda: verso il capitalismo dei consumatori. Ben oltre la crisì

    Scritti Corsari. Tre volumi scritti dentro/nella/sulla crisi economica

    La vita spesa a fare la spesa. Romanzo

    Format: La Gente, la crisi e il bandolo della matassa

    Ho in corso la redazione del Sillabario dell’Economia dei consumi, testo che riallinea le voci dell’economia al nuovo paradigma della produzione.

    Avviso ai naviganti: ho scritto il Trattato perché quelli Addetti hanno ritenuto di non doverlo fare; vi troverete l'inaudito, drizzate le orecchie.

    Dunque, tratteggio un Trattato, senz'esser un trattatista. Tratto di Economia, non da economista.

    Si tratto di quell' Economia dei Consumi e delle regole agenti, seppur non scorte, che gli accademici defilano e le facoltà di Economia non insegnano; quelle stesse che hanno attivato corsi per quella Sociologia dei consumi che ci apostrofa viziosi; dimentichi di come stia proprio nell'esercizio di questo vizio la virtù che fa crescere l'economia.

    Mettiamola così: sono un Economaio che ha scorto, dentro il sistema produttivo, come abbiano più bisogno le Imprese di vendere che i Consumatori di acquistare.

    L'inverosimile, insomma, che sta dietro quelle cifre che si fa finta di non vedere.

    Già, scorgendolo, ci si accorge dello squilibrio poi del prezzo da pagare per sanarlo.

    Mi si conceda inviare una parolaccia a questi neo bisognosi: il gap dell'output passa da voi!

    No, non mi pento né mi dolgo; d'altronde se questa missiva non fa di me un Missionario, ad una missione mi costringe: raddrizzare lo storto.

    Far fare, insomma, un nuovo prezzo al mercato di una domanda, affrancata dal bisogno, che diventa offerta là dove una malconcia offerta deve farsi domanda.

    Bene, nel mondo alla rovescia, con il concorso della mia supponenza, sono pronto a mostrarvi quel che serve per raddrizzare il gap: and believe me, it will be enough!

    Andiamo al sodo. Dunque, non impiegando Teorie, per non restare incastrato tra le quelle scoppiate e i lacerti rimasti, faccio il pieno di evidenze empiriche.

    Con pazienza le scovo, le allineo e le scrollo per liberarle da quei contumaci dottrinari che le sottraggono alla vista.

    Perché mi son preso questa briga?

    Beh, per tentare di poter guardare in modo eterodosso i fatti.

    No, non sono un Ottico né uno spacciatore di lenti, vengo da una disciplina creativa, l'Architettura. Una cagione mi ha costretto a lasciarla e riparare nel ricetto della scienza triste.

    Capirete un' uggia stretta; troppo, da non far passare la mia verve attraverso i colli di bottiglia di dottrine meste. Così ho potuto sbirciare oltre quell'ortodossia che ha disposto sentinelle dogmatiche a presidio del vuoto.

    Quel vuoto che consegna le cose all'immobilità. Pneumatico, insomma, che provo a dire lesto, lesto:

    SCOPPIATE LE COPPIE, VANNO RIACCOPPIATE

    C’era una volta, nell’economia, un fine causale che forniva regole; pur essendo un output organizzava modi di fare, per fare al meglio gli input: il bisogno.

    Con tal target, le cose nell’economia trovavano il modo di fare gruppo mediante aggregazioni semplici, poste in sequenza lineare.

    Coppie causali, giust’appunto, tenevano insieme l’insieme: (produzione/occupazione), (lavoro/reddito), (reddito/spesa), (spesa/domanda), (domanda/offerta). Il rapporto di necessità tra i congiunti appariva evidente quanto indiscutibile. Il lavoro forniva il reddito per fare la spesa affinché la domanda potesse acquistare l’offerta e generare ricchezza: l’efficacia sorprendente.

    Parte del mondo lasciava così l’atavica fame; l’altra parte ci sta ancora provando.

    Cotanto fare, lineare e rettilineo, fece tanto. Tanto si, pure troppo. Circa la metà del cibo prodotto nel mondo - due miliardi di tonnellate circa - non viene consumato e finisce nella spazzatura. Sta scritto in un rapporto curato dalla britannica Institution of Mechanical Engineers.

    Lo dice pure Danny Dorling, professore di geografia alla Oxford University: oggi giorno possediamo circa sei volte più roba rispetto ad una generazione fa che si tratti di vestiti, mobili, tecnologia o soprammobili.

    Quando infine i pubblicitari e gli uomini del marketing si mettono a sollecitare le emozioni, le passioni, finanche l’esperienza per dar sprone all’acquisto, siamo ben oltre il bisogno.

    Quando questo si mostra, cambia tutto: hanno più bisogno i produttori di vendere che i consumatori di acquistare.

    Si fa finta di niente!

    Così quando i Consumatori, oltre che affrancati da quel bisogno, si trovano in tasca pure portafogli sgonfi: patatrac!

    Essì patatrac, perché quel perfetto congegno di fluidità che muove tutto, si inceppa. La successione ordinata salta, quella lineare si incrina; l’equilibrio va in stallo.

    Per metterci una pezza si fa e rifà il già fatto: prima col credito facile che diventa debito poi zaffate di reflazione per non far scendere i prezzi, persino con la riduzione del costo del lavoro che spreme salari e stipendi. Non paghi, ancora con la riduzione del ciclo di vita dei prodotti, con l’automazione dei processi, in ultimo con la riduzione del ciclo del lavoro.

    Essipperché annullato il bisogno che forniva direzione al processo economico, si naviga a vista.

    Pur rimettendo insieme i frammenti di quelle coppie scoppiate non si vede granché.

    Quel granché non visto neanche da Joseph Stiglitz: ci sono situazioni tali che bisognerebbe cercare nuove soluzioni, un nuovo pensiero economico.

    Appunto, proviamo con un pensierino: Scoppiate nella deflagrazione il determinismo, che teneva assieme gli accoppianti, si fa indeterminato.

    L’occasione è ghiotta, si possono ricomporre accoppiate che non t’aspetti, dove le cause si fanno effetti e gli effetti cause.

    Benvenuti, nell'Economia dei Consumi!

    La sequenza Reddito/Spesa, per esempio, solo invertita mostra il vero. Quella spesa che, trasformando il valore delle merci - altrimenti svalutate - in ricchezza, genera reddito.

    Invertita così pure quella Lavoro/Reddito.

    Essipperchè quel reddito fa la spesa, consuma; occorre riprodurre, viene creato lavoro. Lavoro, appunto, funzione del reddito.

    Si scambiano le parti pure in quella vecchia coppia domanda/offerta quando i consumatori, senza bisogno, offrono spudoratamente la voglia di acquistare: chi ha bisogno di vendere dovrà acquistarla.

    Così la domanda si fa offerta ad un’offerta che domanda.

    Questo accade nel mondo alla rovescia, dove il sistema produttivo da lineare aperto si fa circolare e continuo; la produzione fornisce l’input al ciclo mentre l’output della spesa lo rende perpetuo.

    Queste nuove relazioni di coppia vanno rese istituto.

    Bene, armato di tal cipiglio tocca andare avanti, passando per il passato; ricordando i fatti, facendo i conti e i confronti senza voler strafare. Terra terra, insomma.

    TERA… TERA

    Poi più nulla: svenne, la fatica lo vinse.

    6 km a nuoto dalla Pinta al bagnasciuga; è dura, pure per un romanaccio grande e grosso come lui. Doveva farlo, se l’avessero preso… Già, per i clandestini è dura.

    Dopo un’ora venne riportato alla coscienza da un grido, anzi due: TIERRA, TIERRA!

    Le grida di Rodrigo de Triana avevano un tono imperativo. Il lievissimo sdrucciolo dello spagnolo, malcelato.

    Non assistette allo sbarco, fuggì al riparo nella foresta. Correva l’anno 1492, quasi 1500.

    La data segna uno spartiacque. Da un lato dell’Atlantico la vecchia Europa e un sistema economico, quello feudale, che si dibatte fra gli spasmi di una crisi irreversibile: non riesce a creare eccedenze. Dall’altro, scoperta l’America, un distinto signore che si fa chiamare John Smith, massì Ugo, si candida a cambiare il mondo.

    Ugo: non più forestiero anzi, perfettamente integrato, famiglia dabbene, padre di 7 figli, agricoltore, scopre di avere in magazzino un surplus di prodotto. In tutto 100 staia di grano. Siamo a settembre, per sé e la famiglia di quelle staia ne utilizza 75, fino al successivo raccolto; 15 servono per la semina, ne restano 10. Che farne?

    Ci pensa su: insacca il grano, si mette sulla strada e aspetta…. Passa un signore ben vestito, un tipo interessante. Si ferma, guarda la merce, la valuta.

    I due confabulano poi: 5 soldi – oggi, pressappoco 75 $.

    Questo è il mercato. Ugo ha venduto, il cliente ha acquistato. C’è da supporre che lo abbiano fatto sulla base di una loro utilità.

    Tutti e due soddisfatti? Macché, Ugo può fare di più. Inventato il mercato gli manca una struttura economica in grado di sostenerlo.

    Quell’ eccedenza è stata del tutto occasionale, frutto di un raccolto particolarmente copioso.

    Già… e chi glielo dice?

    L’aveva intuito. In un promemoria ritrovato tra i resti della sua casa annota: Se semino di più è meglio; se semino 20 staie invece di 15 ci guadagno. Far capire alla famiglia che si deve risparmiare un po’ di grano giorno per giorno perché così posso aumentare il raccolto.

    Mica male l’Ugo. L’anno successivo raccoglie di più, parecchio di più. Deve trasportarlo al mercato, decide di comprare un carro, ci attacca un cavallo e va…. Questa volta non più sulla strada davanti casa; cerca un crocicchio: più strade, più clienti!

    Non è finita.

    Il terzo sabato del settembre 1837 un buon odore di carne arrosto impregna la contrada.

    Ugo brucia l’aratro di legno cuocendovi bistecche di bue; con lui la famiglia e qualche amico.

    Gente si cambia! Il mio amico John Deere ha inventato l’aratro che canta e me lo sono comprato. Non ci attacco più il bue, meglio il cavallo. Ora sono più veloce e ci metto meno a preparare per la semina.

    E non basta, dando uno scappellotto al figlio più grande, comprerò una mietitrice meccanica, altro che falce: vedrete che raccolto.

    Poi si zittì, cominciò a camminare nervosamente, si avvicinò alla moglie e in un orecchio…. Che faccio, la compro?

    Lei lo allontanò con uno spintone, gli ficcò gli occhi in faccia: e poi vorrai pure la trebbiatrice. Mi sa che non ti va più di lavorare.

    Mamma, ti prego intervenne Timothy, sollecitato dallo scappellotto. Se fa così non solo seminerà di più ma raccoglierà meglio.

    Rifkin riferisce di un grande imprenditore agricolo di quegli anni che ebbe a dichiarare: Non coltiviamo più il frumento, lo produciamo. Non siamo più contadini, non siamo più agricoltori. Siamo imprenditori che producono e vendono beni.

    Non sono avvezzo a fare illazioni però quel cipiglio, se non la grammatica, mi pare di conoscerlo.

    Lasciamo stare quanto poterono successivamente i biologi botanici nel migliorare il rendimento dei terreni: le prime varietà ibride di granoturco riuscirono a triplicare il rendimento per ettaro.

    Ugo non se ne avvide ma di fertilizzanti azotati, quelli sì, ne sparse sul terreno in quantità industriali.

    La terra: prima riposava, adesso no!

    Gli agenti chimici non lo avrebbero consentito; nemmeno lui.

    Fu visto di notte vigilare la veglia dei campi.

    Siamo ormai ai proclami. Io voglio essere il campione delle monocolture che rendono molto o, come si dice, ad alto rendimento.

    Capito l’Ugo?

    E allora giù pesticidi, fungicidi ed erbicidi.

    SPECIE INFESTANTI E PARASSITI, FUORI DAI TERRENI MIEI

    aveva scritto sul cancello d’ingresso della proprietà.

    Credete sia finita qui?

    Macché! Manda i figli a scuola, tanto il lavoro lo fanno le macchine. Ha guadagnato, compra i terreni dei vicini, proprio da quelli che hanno passato il tempo a rimirarlo.

    Lui organizzava i fattori della produzione, i vicini no!

    La produttività intanto stava aumentando più di quanto non fosse accaduto dalla prima rivoluzione agricola.

    Accidenti a me, c’era da aspettarselo: rendimenti più elevati, maggiori raccolti e al mercato prezzi più bassi. Ampliamo il mercato pensò più merci, più clienti e il gioco è fatto.

    Il gioco per un po’ riuscì poi giocarono anche gli altri e allora: più produttori, più concorrenza e prezzi ancora più bassi.

    A proposito, nel frattempo Ugo, non risparmiandosi, aveva acquistato un trattore a benzina poi l’autocarro. I figli portarono a casa il computer con dentro software di tutti i tipi.

    I software invasero la mente di Ugo.

    Monitoraggio delle condizioni ambientali finalmente!… Sviluppo delle strategie di intervento, boh!… Gestione di piani operativi, porc!

    Il figlio stringò: Capito papà? Siamo passati dal mondo del pressappoco all’universo della precisione.

    Il bello però doveva ancora venire.

    Quando venne, fu il tempo dell’agricoltura molecolare. Timothy e Ruth, i primogeniti, fuori di casa per qualche anno tornarono. Si erano fatti ingegneri, della genetica. Appena entrati recitarono il loro credo: Per migliaia di anni gli esseri umani hanno utilizzato il fuoco per bruciare, saldare, forgiare, fondere metalli creando una gran varietà di materiali utili disse Ruth.

    E Timothy tutto d’un fiato: Ora per la prima volta la biologia molecolare permette di aggiungere, tagliare, ricombinare, inserire, cucire e mescolare materiali genetici, superando i confini biologici e creando nuovi microrganismi, varietà di piante e razze animali che non erano mai esistite in natura.

    Gli echi, cari alla Wharton School of Finance and Commerce, erano malcelati.

    Ugo non se ne avvide, o forse sì?

    Prendendoli sotto braccio con un gesto che lasciava trapelare orgoglio e qualche pregiudizio: Se ho capito e non mi sbaglio siamo alla svolta.

    Sapete così dove arriviamo? Al ciclo chiuso!

    Timothy impallò il computer restando basito, l’altra attonita non disse nulla.

    La moglie, che si era affacciata dalla cucina, non vista tornò in punta di piedi a battere il lardo.

    Il raglio di Donkey, dal fondo della stalla, lacerò l’aria.

    Adesso ve lo dico io come va a finire. Vi ricordate? Prima avevamo il bue, ce lo siamo mangiato, poi abbiamo comperato il cavallo, poi abbiamo scambiato il nostro lavoro con le macchine; adesso facciamo scacco matto, con quest’accidente della chimica.

    Essì, voi eravate piccoli, la natura non era sempre benigna, si seminava, poi il buon Dio diceva la sua. Ora con le bio-tecnologie, come le chiamate voi, potremo arrivate a eliminare addirittura la terra.

    Impossibile, dite?

    Ma se me lo avete detto voi!

    Con le colture di laboratorio, mi pare che si dica, la Natura la comandiamo noi: niente piogge sbagliate, niente gelo, niente siccità. Niente insomma che non vogliamo noi. Tutto al chiuso.

    Papà, però…

    Ennò cari miei, ce l’avete scritto in faccia quello che volete dire. Io non mi dovrò fermare mai con la produzione, vero? D'accordo, c’è un però, però; essì porcoggiuda, ho aumentato la produzione ma non c’era tanta gente che comprava allora ho ingrandito il mercato e sono arrivati gli altri venditori, più dei compratori; adesso mi metto pure a produrre 24 ore su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno ma.... a chi vendo tutta ‘sta roba?

    Comprese di trovarsi a un punto di svolta; l’eccedenza di quelle merci, che da fisiologica stava diventando patologica, lo ingolfava.

    Ugo sconfitto?

    Macché!

    Passarono due lunghi, interminabili minuti. Alzò lo sguardo, fece gesti che mi pregio di non raccontarvi esclamando:

    IO PRODUCO, LORO CONSUMINO!

    Il tono imperativo non ammetteva repliche.

    Quel dun-durudundu-dun-du che sentite, sono i tacchi delle scarpe che Ugo picchietta ritmicamente contro la botte di rovere su cui siede a cavalcioni. Le mani sui fianchi, la mascella serrata, sono l’espressione più eloquente dell’inappellabilità di quella sentenza.

    Già, ma loro chi?

    Massì, quel signore ben vestito, un tipo interessante incontrato sulla strada, Walter.

    Aveva il bisogno, 35 anni, 5 figli, casa in affitto; vivendo in città doveva acquistare quel che veniva prodotto in campagna.

    Gli altri, più o meno come lui. Cosa acquistavano? Stabilire oggi quanto e cosa fosse lecito acquistare all’epoca è questione che attiene, forse, alle discipline antropologiche.

    Il problema è un altro. Prendiamo il nostro amico: lecito affermare con ragionevole certezza che avesse quotidianamente necessità di nutrirsi poi di abbigliarsi, in ultimo di ricrearsi. Per avere questo doveva guadagnare facendo il falegname.

    E pensare che proprio di tutte queste cose doveva disporre per poter continuare a lavorare.

    Vita grama eh!

    Al mercato trova riso, pasta lunga e corta, pane, verdura, frutta, cereali, formaggi; poi biancheria, pantaloni, scarpe, maglione, giacca, camicie, cappello, cappotto ed anche libri, film, programmi televisivi, giochi, giornali e chissà quanto altro ancora.

    Tutto questo bendiddio c’era perché c’erano Ugo e altri come lui che vendevano quelle merci.

    Le azioni imprenditoriali di Ugo, sempre più sapienti, avranno agio su Walter: + merci, merci migliori, merci sempre più economiche, merci più pesanti, merci più salubri, più colorate e più fragranti e poi ancora servizi: quelli collettivi, quelli alla persona, alla famiglia; poi verranno rese merci le relazioni, le informazioni e infine le esperienze. Ad acquistare saranno gli adulti poi i giovani, i bambini, infine i nonni; Ugo, appunto.

    Approposito, Nonno mi ha inviato una cartolina dalla Florida: Visto? I consumatori consumano, i produttori producono e tutto fila liscio. Ciao.

    Vive lì i suoi 85 anni insieme ai suoi coetanei.

    Felice o dimentico che tutti quelli bravi come lui potrebbero aver fatto, di quella roba, troppo?

    Potrebbero?

    Beh, i prodromi del troppo cominciano a venir fuori un dì di Dicembre: Natale del 1924, a Genova si riunisce La Compagnia Phoebus. Un cartello fatto da Osram, Philips e General Electrics che decide di ridurre la durata della lampadina a 1000 ore.

    Alla Gente che ha bisogno di luce, insomma, questi illuminati la fulminano prima e se non accade per la prima volta, non sarà neanche l'ultima.

    Settembre 2018, pressappoco la stessa musica: L'Antitrust multa Apple e Samsung: Aggiornamenti software per rendere vecchi i loro smartphone. Et voilà, la prima condanna al mondo per obsolescenza programmata!

    Dentro questi 94 anni e in

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1