Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

La scatola
La scatola
La scatola
Ebook120 pages1 hour

La scatola

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Horror - romanzo breve (88 pagine) - La scatola realizzerà tutti i vostri desideri. Forse…


Irene e Tommaso sono due ragazzi innamorati. Eppure,c’è qualcosa, tra loro. Un segreto. Un’entità che giorno dopo giorno li spinge verso il baratro. Una Scatola demoniaca capace di trasformare i desideri in realtà. Ma alcuni desideri hanno un prezzo da pagare. E forse la Scatola non è al bene che mira…


Flavio Dionigi nasce il 5 gennaio 1994 a Verona, dove tuttora vive. Scopre la passione per la lettura dai primi anni delle medie. Stephen King, George R.R. Martin, Licia Troisi, Cody McFadyen e Haruki Murakami sono tra i suoi scrittori preferiti. Attualmente frequenta l’Università di Lettere e lavora come pizzaiolo, ma la sua vera passione è la scrittura: da anni continua a scrivere e cerca di migliorarsi giorno dopo giorno. Ama inoltre il cinema e la musica. La Scatola è il suo primo racconto.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateNov 12, 2019
ISBN9788825410518
La scatola

Related to La scatola

Related ebooks

Short Stories For You

View More

Related articles

Reviews for La scatola

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    La scatola - Flavio Dionigi

    racconto.

    1

    So cosa penserete.

    Quando vi dirò dove sono, quando vi dirò quello che ho fatto. Penserete che sono pazza, che se esiste l’inferno me lo merito tutto, fino in fondo. Tuttavia, benché forse una punizione ultraterrena per il gesto che ho compiuto la merito, escludo nella maniera più assoluta di essere una squilibrata.

    In questo momento mi trovo nella mia stanza (anche se chiamarla cella per mentecatti sarebbe più opportuno), stesa sul letto a pancia in giù, a scrivere queste parole sul mio personale quaderno. Vorrei una penna, o una matita, ma il dottor Gandini non permette ai pazienti della REMS di avere oggetti con cui potremmo nuocerci e nuocere al personale di servizio. Mi hanno dato un pennarello rosso, e tanto mi basta.

    Immagino che ora che vi ho detto dove sono, vorrete sapere perché ci sono. Molto semplicemente, l’8 gennaio 2018, tre giorni fa, sono stata dichiarata dal Tribunale di Verona colpevole dell’omicidio di mio marito, nonché malata di mente. Quest’ultimo punto ha da ricondursi al movente che mi portato a uccidere mio marito, cioè la Scatola.

    È stata per colpa sua se ho ammazzato l’uomo che credevo avrei amato per sempre.

    Della Scatola ne avevo già parlato ai carabinieri che erano venuti a casa mia la notte dell’omicidio. Non mi avevano creduta, ma del resto non mi ero aspettata diversamente…

    Il genere umano traccia i confini del possibile, del logico, fin dall’alba dei tempi. È una prerogativa della nostra specie: il naturale bisogno di giustificare, di etichettare ogni cosa; di dire questo si può fare, quest’altro no. La paura dell’ignoto, in altre parole, di ciò che non può essere conosciuto e quindi dominato, ci spaventa a tal punto che preferiamo una spiegazione spicciola all’incertezza.

    Eppure, ci sono cose che non possono essere dominate; cose che non possono essere capite. Entità oscure. Abomini senz’anima che si nascondono e tuttavia sono in mezzo a noi, che non potremo mai imbrigliare, con cui non potremo mai scendere a compromessi. Proprio così.

    Sto parlando della Scatola.

    E lo so che adesso credermi vi sarà difficile, ma spero tanto che una volta che vi avrò raccontato la mia storia cambierete idea. Per quel che mi riguarda, posso giurarvi che quella che leggerete è la verità, nient’altro che la verità.

    Ma d’altra parte, credo che la parola di una squilibrata non valga poi molto, siete d’accordo?

    2

    Per parlarvi della Scatola devo prima parlarvi di mio marito, ma non di quello che era prima che Lei mi portasse a ucciderlo (non siamo ancora arrivati a questo punto), ma piuttosto di quello che era quando lo conobbi all’università.

    Sarà forse una frase ricorrente di molte ragazze, ma Tommy, nel 2013, era diverso da qualunque altro ragazzo. Era bello ma non se la tirava, simpatico ma non beffardo, curioso ma non ficcanaso. Insomma, era il principe azzurro senza sapere di esserlo. Al terzo anno, tutti lo volevano come amico; tutte come ragazzo. Sapevo per certo che anche la mia amica (anche se forse amica è una parola grossa) Stefania ne era innamorata pazza, ma se credete che questo mi creò dei problemi quando la bacia nel parcheggio dell’università, ebbene, vi sbagliate di grosso.

    A dire il vero credo che se non avessi preso io l’iniziativa, molto probabilmente a quest’ora il mio Tommy sarebbe sposato con Stefania, ma né Tommy né Stefania avevano mai avuto il coraggio di dichiararsi. Immagino quindi di dover ringraziare la loro reciproca, infantile paura di un rifiuto da parte dell’altro, perché mi ha dato il tempo necessario di attuare la mia contro-mossa.

    Del resto, Tommy lo conoscevo. Ci avevo passato abbastanza tempo insieme da sapere che era un ragazzo spaventosamente facile da convincere praticamente di qualsiasi cosa. Aveva perciò solo bisogno di qualcuno che, anche con un po’ di irruenza (vedi la mia lingua ficcata a forza nella sua bocca), gli facesse capire cosa volesse. E io volevo che lui volesse me.

    Se ora vi sto dicendo tutto questo, la mia storia con Tommy, Stefania, gli anni universitari, sappiate che non è per il semplice gusto del racconto. Eravamo solo noi tre fuori dall’università dopo quel bacio molesto, quando tutto ebbe inizio; quando vedemmo per la prima volta la Scatola.

    E saremo stati sempre noi tre, cinque anni dopo, quando tutto sarebbe finito.

    3

    Avevo finito di dire a tutti gli studenti dell’università che Tommy era mio da una ventina di minuti, quando Stefania ci raggiunse nel parcheggio.

    Anche allora, aggravata da un seno non poi così prosperoso e da un paio di occhiali con lenti grandi come quelle di un binocolo (nel giro di un anno avrebbe sostituito gli occhiali con delle lenti a contatto e si sarebbe rifatta le tette) era uno splendore. Camicetta bianca, capelli ricci raccolti in una coda, labbra arricciate in un intrigante sorriso assorto, quel giorno era stata la prima volta che, vedendola, non ero stata preda di un viscerale moto d’invidia e gelosia.

    Lei non lo sapeva ancora, ma Tommy mi apparteneva.

    – Ehi! – ci aveva salutati a gran voce, affrettandosi verso di noi con i libri a coprirle il seno. La calca di studenti che accompagnava la fine delle lezioni se n’era bella che andata, quindi nel parcheggio eravamo solo noi. – Che combinate voi due? – ci aveva guardati, incerta, probabilmente notando la mia espressione soddisfatta e quella invece un po’ sulle spine del mio lui.

    – Niente – aveva minimizzato il mio futuro marito. – Stavamo solo…

    Avevo schioccato a Tommy un sonoro bacio sulla guancia e gli avevo preso la mano, poi, giusto per non lasciare spazio a fraintendimenti: – Io e Tommy ci siamo messi insieme…

    Non avete idea di quanto ho goduto dentro di me quando ho visto l’espressione di Miss Perfettina farsi perplessa, poi dolente, infine falsamente lieta, quando l’ho vista incassare il colpo e le sue speranze e i suoi sogni d’amore dissolversi. All’epoca Stefania era più bella, aveva più amici ed era di certo più popolare di me. Era mia amica, ma c’erano parecchie cose di lei che non sopportavo. Come tutti le volessero incondizionatamente bene, per esempio, o come riuscisse a prendere trenta e lode a ogni cavolo di esame studiando una settimana prima. Averle soffiato il ragazzo mi faceva sentire una sottospecie di dio.

    – Visto che le cose stanno così… – Stefania aveva guardato me, poi Tommy, poi le nostre mani intrecciate, come ad assicurarsi che sì: stavamo davvero insieme. – Immagino che debba farvi le mie congratulazioni…

    Suonava dannatamente forzato e patetico, ma sapevo che voleva salvare le apparenze e non far naufragare la nostra amicizia.

    Subito dopo aveva accampato una scusa e aveva puntato verso il suo scooter giallo canarino, facendo per andarsene. Immagino si sarebbe messa a piangere appena fosse stata abbastanza distante perché non la udissimo, colpita dalla lama della spada della truce verità, ma non ne ebbe occasione.

    Un suono dannatamente forte, metallico, costrinse le nostre tre teste, paia di occhi ed orecchie, a voltarsi alla nostra destra.

    Una macchina si era appena scontrata contro i cassonetti dall’altra parte della strada.

    Noi ancora non lo sapevamo, ma il conducente era il Tizio con l’Occhio di Vetro. L’azione inattesa che altera l’equilibrio iniziale. L’esordio.

    Il custode della Scatola.

    4

    Il primo a precipitarsi verso la macchina del Tizio con l’Occhio di Vetro era stato il Tommy. Aveva attraversato la strada e si era abbassato all’altezza del finestrino del conducente, così da sincerarsi delle sue condizioni.

    Un uomo sulla cinquantina stava all’interno dell’abitacolo, al posto di guida. Era piegato sul volante come se lo stesse placcando, braccia intrecciate sul cruscotto e schiena inarcata in avanti. I muscoli tesi, i capelli grigi appiccati alle tempie come ragnatele bagnate.

    È svenuto. È morto. Ha avuto un attacco. Sono stati i primi tre pensieri che si sono materializzati nel mio cervello.

    Tommy aveva alzato la mano destra, indicando con l’indice il volante. Allora l’avevo visto. Sangue. Scendeva in grosse gocce cremisi dalla fronte dell’uomo al volante che non dava segni di vita: – Che facciamo? Chiamo l’ambulanza?

    Tommy aveva alzato il braccio all’altezza della spalla dell’uomo. – Forse è solo svenuto…

    Gli aveva battuto la mano sulla spalla, come a riscuoterlo. La cosa funzionò alla

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1