Il mio Instagram: Racconta la tua storia per immagini con stile e creatività
By Marta Pavia
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About this ebook
Un Instagram che ti assomiglia, creativo e stiloso, non è certo facile, ma non è una missione impossibile. Specie se a darti una bussola e tantissimi consigli utili c’è un manuale come Il mio Instagram. Racconta la tua storia per immagini con stile e creatività scritto da Marta Pavia (nota come @zuccaviolina) esperta di Instagram e comunicazione.
Questo manuale è preziosissimo: tutto il sapere di Marta e il suo amore per Instagram in un ebook di facile consultazione, ricco, completo e scritto davvero con cuore e professionalità pazzesche.
Dentro capirai perché Instagram è diventato un social così popolare (spoiler: ha a che fare con le storie) e quali sono i numeri più importanti da guardare (spoiler: non sono i follower o i like).
Si parla dell’algoritmo e di come funziona. Capirai come si trovano gli hashtag giusti, quali sono quelli da evitare e cosa fare se ne volessi creare uno da zero. Finalmente imparerai se è il caso di avere un profilo business (e come si leggono le statistiche) o se è meglio uno creator.
Un intero capitolo è dedicato al lato oscuro di Instagram, cioè i bot e i pod. Mentre l’ultimo è dedicato alle app più utili per editare foto e Stories e ricevere così decine di cuoricini.
Soprattutto, Il mio Instagram approfondisce la parte più importante di questo social, quella legata alla tua voce. Capirai come dare sfogo alle tue idee, come comunicare con personalità e unicità, come raggiungere il tuo pubblico, come veicolare contenuti di valore, come trovare il tuo stile e i tuoi colori e come usare le moodboard.
Tantissimi case studies spiegati per filo e per segno e decine di esercizi pratici, creativi e divertenti per mettere le mani in pasta e migliorare oggi.
Il mio Instagram è pensato per creativi, artigiani, freelance, piccole ditte, professionisti, social media manager, content creator che vogliono usare Instagram in modo più personale, creativo e professionale, per raggiungere un pubblico più vasto, raccontarsi e vendere meglio i propri prodotti o servizi.
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Il mio Instagram - Marta Pavia
Zandegù
Introduzione
Perché ci piace tanto Instagram? Non credo che ci sia una risposta univoca, ma sono piuttosto convinta che la cosa abbia a che fare con la creatività. Ho deciso di iniziare questo libro ragionando proprio su come scattare e condividere una foto sia un atto creativo, a cui partecipa non solo chi produce l’immagine, ma anche chi ne fruisce. Ho inserito poi, in questo capitolo introduttivo, una piccola cronologia che mostra come questo social network sia entrato gradualmente a fare parte delle nostre vite e come l’introduzione di nuove funzioni (ad esempio le Instagram Stories) abbia influito sul nostro modo di raccontarci. Infine, entrerò nel vivo della questione visiva, iniziando a parlare di immagini, di stile fotografico e di quali sono i soggetti instagrammabili.
Ho cercato di mettere in questo libro tutte le risposte alle domande che quotidianamente mi vengono fatte via email, in direct, durante i corsi. Di condensare in queste pagine tutti i miei migliori consigli su come raccontarsi online in modo creativo, raccogliendo intorno a sé una community coesa e appassionata. Ho inserito molti degli esercizi che faccio svolgere durante i miei corsi e le mie consulenze e tutto quello che so sul famigerato algoritmo, sugli hashtag e su come cercare di essere strategici, sì, ma senza esagerare.
Se dovessi esprimere tre desideri, sul futuro di questo mio testo, sarebbero questi:
vorrei che questo libro arrivasse anche dove io fisicamente, con i miei corsi, non riesco ad arrivare;
vorrei che non fosse per voi solo un manuale, ma anche una piccola lettura anti-ansia, da affrontare con in mano un infuso fumante e un dolcino;
vorrei tanto, tantissimo, che dopo aver letto queste pagine vi ritrovaste a scrivere, scattare foto, sperimentare. Perché raccontarsi online può sembrare un compito difficile, ma sono pronta a giurare che può essere anche molto, molto divertente.
Il bello di creare
Avete presente quella frenesia che ci prende quando realizziamo qualcosa? Mi spiego: abbiamo appena imparato a mettere lo smalto sulle unghie/preparare i muffin con la glassa/fare una presina all’uncinetto e ci sembra che quell’attività sia fondamentale per le nostre vite, non ci spieghiamo come abbiamo potuto vivere senza e vorremmo condividere il nostro entusiasmo con il mondo. È un po’ quello che capita ai bambini quando fanno un disegno e lo regalano al papà/alla zia/alla maestra come se fosse la loro opera d’arte più preziosa (poco importa che poco dopo se ne dimentichino).
Quell’energia spropositata che sentiamo quando concepiamo qualcosa e che ci fa innamorare del frutto del nostro lavoro (e alle volte, a essere sinceri, ci impedisce di valutarne in modo oggettivo la qualità) è una sensazione genuinamente preziosa. Non è solo egocentrismo, come gli insegnanti/le suore/i nonni (aggiungete all’elenco istituzioni o figure che hanno avuto un ruolo di controllo sulla vostra vita) hanno voluto farci credere: è la vera potenza dell’atto creativo.
La creatività che crea armonia
Qualche tempo fa un instagramer molto bravo, Andrea Antoni¹, mi ha raccontato di aver pubblicato sui profili social di un cliente una bellissima foto aerea con gli ombrelloni ripresi dall’alto, che apparivano come tanti piccoli cerchiolini colorati in riva a un mare smeraldo. La foto, su Instagram, ha riscosso numerosi complimenti per l’inquadratura, i colori, l’atmosfera estiva e spensierata. Su Facebook, invece, ha ricevuto decine di commenti negativi a proposito della posizione degli ombrelloni (troppo vicini), della dimensione della spiaggia (troppo piccola), dei prezzi dello stabilimento (troppo alti). Perché accade questo? Io credo che al di là delle considerazioni piuttosto scontate sul target dei due diversi social², la differenza tra le due reazioni abbia a che fare con quello che ho scritto all’inizio: la partecipazione all’atto creativo. Non è importante che questa sia attiva o passiva, cioè che provenga da qualcuno che a sua volta ha condiviso delle foto oppure no: il fatto stesso che Instagram sia un luogo deputato alla creatività migliora l’atmosfera, crea complicità, solidarietà, rispetto reciproco.
Esageri, mi direte. Instagram non è un luogo poi così ameno, è pieno di bot, pod, follower finti, smanie di successo, haters, pubblicità inutili, ansia di non sentirsi all’altezza. È vero, ma credo che siano questioni che si possono superare agevolmente, specie se comprendiamo a fondo quali sono i meccanismi che le causano e le possibili soluzioni. Indagare tutto questo, per fortuna, è proprio uno dei propositi di questo libro.
La storia di Instagram
Parto con una premessa di tipo personale: credo di aver sempre desiderato Instagram, anche prima di sapere cosa fosse. All’epoca dei primi smartphone, delle foto a bassissima definizione, quando ancora tante canzoni non si trovavano su YouTube e molti di noi avevano Myspace (ve lo ricordate Myspace?), ecco, io già desideravo Instagram.
Avevo un profilo (per la verità esiste ancora) su We heart it³, una specie di antenato di Pinterest che permetteva di salvare, classificandole in bacheche, delle immagini. Passavo le giornate a fagocitare foto carine: tazze di tè fumanti, smartphone branditi da ragazze con le unghie perfettamente laccate, alberi di Natale a Central Park, casette sperdute nelle foreste immense del Montana, citazioni motivazionali scritte con font svolazzanti su sfondi color pastello. Volevo disperatamente dire la mia, essere in grado di produrre immagini che trasmettessero quella magia, quel desiderio incontrollabile di tuffarcisi dentro.
Così, nel 2011, quando è uscito l’iPhone 4 (all’epoca Instagram esisteva solo per sistemi operativi Apple), mi sono recata al più vicino negozio di telefonia con un mazzetto irragionevolmente alto di banconote, risparmiate in modo diligente, e ne ho comprato uno. Inutile dire che la prima cosa che ho fatto, dopo averlo acceso, è stato installare Instagram.
La storia ufficiale di Instagram ha inizio pochi mesi prima, il 6 ottobre 2010, con il rilascio dell’applicazione⁴. Il giorno del lancio pare si siano iscritte 25.000 persone.
Il proposito del software è quello di condividere istantanee di vita e, infatti, come vedremo qui sotto, le prime foto hanno proprio l’aspetto di fotografie scattate con una macchina Polaroid.
Nel 2012 succedono due cose piuttosto importanti: viene rilasciata l’applicazione per Android (che se fosse uscita prima mi avrebbe evitato una certa Apple-dipendenza!) e la società viene acquisita da Facebook⁵. La scelta, criticata da molti, non sembra rallentare l’espansione di Instagram, che raggiunge, a febbraio 2013, i 100 milioni di utenti.
Nel marzo del 2016 avviene un altro fatto fondamentale: il famigerato cambio di algoritmo. Lo vedremo in modo più approfondito nel capitolo 7, ma in sostanza, da questo momento in poi, l’app smette di proporre agli utenti i post dei loro amici in ordine cronologico, ordinandoli invece in base al presunto gradimento.
Un’altra pietra miliare si colloca nell’agosto del 2016, quando l’app lancia una nuova funzione: le Instagram Stories⁶. Si tratta di foto o brevi video che vengono visualizzati in sequenza, come tanti fotogrammi. La loro particolarità è che questi contenuti non rimangono salvati nella galleria di foto del proprietario, ma spariscono dopo 24 ore. Questa feature, creata sul modello del funzionamento di Snapchat⁷, ha aiutato Instagram a recuperare quella dimensione istantanea e spontanea, che si stava gradualmente perdendo con il rilascio di modelli di smartphone sempre più potenti e con il conseguente innalzarsi della qualità media delle foto.
Ultima novità degna di nota è stata, a giugno 2018, l’introduzione della IGTV: una piattaforma parallela all’applicazione, dal funzionamento in parte autonomo, dedicata ai video in formato verticale. Questo formato, particolarmente comodo se visualizzato su cellulare, non è altrettanto versatile per coloro che producono video destinati anche ad altre piattaforme, in particolare a YouTube. Per questo, a maggio 2019, è stata aggiunta la possibilità di pubblicare anche video in formato orizzontale, che vengono fruiti dagli utenti ruotando il telefono⁸. Il lancio di IGTV, probabilmente, non ha rivoluzionato l’app quanto quello delle Instagram Stories, e molti si dimostrano ancora scettici, ma io credo che i cambiamenti abbiano bisogno di tempo: vedremo se il futuro del racconto visivo passerà di qui oppure no.
Storie e Stories
Come ho detto nel paragrafo precedente, la novità più grande degli ultimi anni, su Instagram, sono le Stories. Non ho dedicato loro un capitolo apposito per due motivi: innanzitutto credo che siano il luogo della libertà e dell’improvvisazione, e troppe regole potrebbero non giovare (o essere controproducenti). Inoltre le funzioni delle Stories sono in continuo cambiamento, quindi un tutorial potrebbe diventare obsoleto nel giro di pochissimo tempo. Se avete dei dubbi di natura tecnica vi consiglio di consultare la sezione «Help» del sito di Instagram⁹ e la pagina ufficiale dedicata alle aziende Instagram business¹⁰.
E per quanto riguarda i contenuti? In termini generali, se per le foto della gallery vi suggerisco di applicare il motto «quality over quantity», cioè meglio pochi post ma creati con estrema cura, per le Stories potete essere decisamente più elastici. Sì alle foto disordinate, ai video un po’ mossi, ai contenuti creati con la luce artificiale.
C’è addirittura chi considera le Stories una sorta di piattaforma nella piattaforma, che risponde a regole completamente proprie. In effetti, il fatto che i contenuti pubblicati spariscano dopo un giorno (a meno che non si scelga di salvarli in evidenza), ne incentiva un uso spontaneo, non troppo ragionato, informale e autoironico: quello che molti utenti sostengono di preferire.
So cosa state pensando, si dice in giro che ormai le persone guardino solo le Stories, ma non è così. Ci sono utenti che le prediligono, ma anche altri che amano ancora guardare i post e leggere le didascalie. Allo stesso modo ci sono instagramers che fanno Stories ogni giorno e altri che non ne hanno mai pubblicata una. È un dato di fatto, però, che l’utilizzo di questa funzione sia in continuo aumento: come afferma la testata online TechCrunch, nel 2019 circa un utente su due usa le Stories¹¹, quindi questo potrebbe essere un buon momento, se non le avete mai provate, per dare loro una chance.
Se è ancora molto comune condividere nella gallery immagini statiche, le Stories sono l’habitat naturale dei video. L’editor permette di girare molto facilmente immagini in movimento e di aggiungerci effetti creativi, come adesivi sui volti (ad esempio quello con le orecchie da cane), effetti cinematografici (come il superzoom) e filtri. Esiste anche la possibilità di coinvolgere i vostri utenti con quiz, sondaggi e adesivi per le domande. Sono tutti strumenti utilissimi per creare relazioni con il vostro pubblico: tenete conto del fatto che le risposte alle Stories vi arrivano in privato, quindi portano il rapporto con gli altri utenti su un piano più personale e autentico.
Per usare le Stories bisogna avere il coraggio di parlare davanti alla telecamera? No, non è obbligatorio, esistono profili che producono ottime Stories senza mai inquadrare un volto (questo è il caso, ad esempio, del profilo di @preview.app¹², del quale parleremo nel paragrafo 1.3).
Se però avete la possibilità di farlo, provateci. Come ripeterò molte volte in questo libro, guardare in viso una persona genera fiducia istantanea ed empatia. Non preoccupatevi se le prime volte vi sentite sciocchi, è così per tutti. Fortunatamente, per come funzionano le Stories, è possibile registrare i clip più volte e riascoltarsi prima di pubblicare, quindi potete prepararvi brevissime porzioni di discorso e ripeterle finché non sarete soddisfatti (inoltre nell’esercizio numero 7 del capitolo 2 vi do un’ottima ragione per provarci!).
Lo «stile-Instagram»
Nel 2012 andava di moda il filtro Earlybird. Nel caso non ve lo ricordiate, si tratta di un filtro che applica una patina marroncino-beige sulle