Mamma è morta: Giorni di dolore
Di Antropoetico
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Anteprima del libro
Mamma è morta - Antropoetico
ferita
Introduzione
Scrivere. Una mia passione che in questa circostanza si trasforma in un atto di dolore tanto dovuto quanto necessario. Scrivere per liberare i demoni interiori, scatenati dalla morte di mia madre, per riuscire ancora a respirare e a pensare. La scrittura come morfina perché non ci si può scansare dal male ma bisogna, al contrario, con cuore, con coraggio, attraversarlo e viverlo con ciò che resta. Non si tratta, questa volta di usare la fantasia per costruire una trama brillante. No. Questa è semplicemente la narrazione dei fatti, la cronologia dell’ultimo drammatico trascorso di colei che mi ha messo al mondo. Un cronicario di ciò che è accaduto, intriso della sofferenza, del senso d’impotenza, un racconto gonfio di rabbia come un bubbone di pus che, ora, lentamente, comincia a fuoriuscire distribuendo all’impazzata pensieri e riflessioni sul significato della morte ma soprattutto sul senso della vita. Vorresti che non fosse mai accaduto o per lo meno bruci nel senso di colpa di non essere riuscito a ritardare l’attimo fatale. Cammini dentro il limbo, assente e presente al tempo stesso nella vita di tutti i giorni, ma il coltello rimane lì, girando e rigirando su se stesso nella piaga fino a squartarla. Ci sei, all’apparenza uguale, ma non sei più tu benché il sistema spinga in tutti i modi per farti accettare l’inevitabile. Nessuno sfugge alla morte e passare nell’aldilà è la conclusione ultima di ogni anima vivente su questo pianeta, in questa dimensione. Scrivere, dunque, per me stesso ma anche pensando a chi vivrà, immancabilmente, la triste esperienza degli ospedali, che saranno costretti al viaggio al cimitero. Scrivere cercando di fornire informazioni utili per non commettere errori, per giocare la partita della vita fino in fondo, per essere davvero il supporto ai genitori anziani e indifesi, per essere insomma pronti a tutto. Davanti al triste epilogo di mamma mi sono trovato completamente impreparato, sballottato qua e di là dalle opinioni contrastanti, ubriaco di fronte al cinismo di medici, infermieri e dei famigerati O.O.S. che non hanno mai lottato davvero per tenere in vita mia madre dando per scontato che unavecchia
conciata così avesse già in tasca il biglietto di sola andata per l’altro mondo. La sensazione, alla fine dei giochi, che, ancora oggi, mi pervade e mi mette i brividi, è di averla lasciata in mani sbagliate, capaci solo di torturarla lentamente, con i riti igienici degli ospedali, con le punture e i medicinali, violentando
la sua intimità a furia di purghe e clisteri fino al famigerato uso del catetere per tenerla immobilizzata a letto, con i digiuni e l’alimentazione a forza di sacche piene di liquido bianco. Una tortura che, in soli quaranta giorni, ha messo mia madre in una cassa da morto. D’altronde dove porti una persona che non sta bene? Dove, se non in un ospedale? La sensazione è che le istituzioni spingano per la dipartita di chi è diventato un peso per la società
. Una delle frasi che non dimenticherò mai più della direttrice dell’Ospedale è la lasci andare
. Orribile, terribile. Forse ho consegnato mia madre, così fragile, indifesa proprio nelle mani del nemico a tal punto da portarmi dietro il fardello improbo di aver sbagliato la scelta, di non aver fatto abbastanza, di aver peccato d’ingenuità. E il dubbio che se l’avessi tenuta a casa, seppur malconcia, sarebbe ancora viva, lo porterò nel cuore fino alla fine dei miei giorni. Scrivere a qualunque costo. Almeno questo devo a mia madre e a tutti quelli che hanno perso mamma.
Ventisei aprile 2019
Ieri sera ho bestemmiato. Mia madre chiede di andare in bagno. Gli infermieri sono impegnati e tutti con la faccia a culo di gallina. Decido di portarla io, in autonomia, invogliato a ciò nei giorni precedenti. Segnalo ciò che sto facendo, mi vedono e non sollevano obiezioni. Una volta arrivato