Pastorale Vesuviana
By Tonino Scala
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Pastorale Vesuviana - Tonino Scala
tellurica.
Pastorale vesuviana
Giallo dai raggi di un sole non ancora spento, è il prato d'ottobre.
Fresca l'aria del mattino riscaldata dal tepore di un giorno che muore prima.
Ottobre, mese di passaggio, di odore di castagne al forno, di ulivi appena colti, di funghi porcini che danno un sussulto agli animi, di grappoli d’uva pronti per diventare vino.
Amo ottobre e il suo dolce far tutto zitto zitto in mezzo al mercato della vita.
La Repubblica Napoli
Qualità della vita: Napoli è quart'ultima in Italia
La classifica
Retrocesse tutte le città campane nel dossier annuale del Sole 24 ore. Bene solo Benevento.
La casa in fondo al vicolo è lì da sempre.
Ha resistito alla lava del 44, al terremoto dell’Ottanta, alla speculazione edilizia.
È lì sola soletta, quasi stona con le case nuove diventate vecchie in pochi anni.
Sembra guardare il mondo, anzi lo guarda, lo ammira stupefatta.
Il mondo, quel piccolo mondo che di antico ha poco, se non se stesso.
Può una casa guardare il mondo? Non lo so, ma da queste parti tutto è possibile.
Tutto, tranne i miracoli.
È notte, la luna calante guarda il Vesuvio che a sua volta osserva le lucette nelle case che lo sovrastano.
Le case su un vulcano attivo? Sì, da queste parti accadano cose strane, e lo strano, spesso, si confonde con l’ordinario.
Piccola, scrostata dal tempo, dalle intemperie, e da qualche figlio di buona mamma.
Di tufo, roccia magmatica, fatta interamente di travertino, la regina delle pietre piroclastiche.
Tufo e lozza .
Lozza , tufo e fatica.
Fatica, sudore e stenti: ammen!
Era del padre di Rosario che a sua volta l’aveva ereditata dal suo di padre. Una famiglia di fuochisti la loro, di bravi fuochisti. In quelle quattro mura preparavano, oramai in subsubsubappalto i fuochi per le feste di piazza.
Da quando i cinesi avevano invaso il mercato, la vita degli uomini dell’arte pirica vesuviana si è fatta triste. La chiamano globalizzazione, ma è solo una guerra tra poveri. Una grande tradizione ormai in via d’estinzione, un mestiere, un’arte che si tramandava da padre in figlio.
Nei fuochi ci devi nascere… e pure morire!
pensa Rosario che al buio in quella notte da buttare, prepara e colpi ‘o scure per la festa del sacro cuore di Gesù di Mugnano, importante festa religiosa dal sapore pagano. Oltre al concerto, la processione, la fiera del torrone che si tiene ogni anno, c’è anche un’importante gara pirotecnica, tra le più importanti del Bel Paese.
Ottobre è appena entrato, lo ha fatto senza bussare né con i piedi, né con le mani. È entrato, anche se il caldo, almeno di giorno, riporta alla piena estate, alla Stagione. Per fortuna i viticoltori, che ancora ci sono, con la loro fatica danno un senso all’autunno da qualche anno a questa parte.
Rosario con una luce fredda pressa la polvere pirica.
‘ Ncasa e pensa, pensa e ‘ncasa con una forza leggera, bisogna stare molto attenti, è un mestiere delicato, basta poco e… potrebbe saltare tutto in aria.
Pensa alla sua storia, quella di suo padre, di suo nonno. Pensa alla resistenza, prima fisica poi per mano di legge
come si usa dire in questi luoghi, per difendere quella catapecchia che per lui è tutto, al nuovo corso che ha portato alla costruzione di case popolari fin sopra il cratere, a pochi chilometri dalla bocca del vulcano.
Pressa, ‘ncasa , lo fa lentamente, per inerzia, ma con senno. Pressa e pensa, da quella piccola finestrina con i vetri sporchi osserva. Osserva il grigio di quel grigio cemento già malandato, anche se ha solo vent’anni.
Quante montagne tagliate, quante tangenti pagate, quanta terra sottratta all’uomo, quanti morti ci saranno in quei pilastri? Questo, proprio questo, non è dato saperlo.
Una goccia d’acqua, proveniente dal tubo di carico in un sotterraneo grigio e sporco, scende. Quel suono, impercettibile di giorno, di notte sembra assordante, chiassoso, scrosciante.
Pressa e guarda, osserva il mondo da un vetro vecchio e opaco che si sta appannando. Quella patina ancora sottile, ci sarà ancora per poco, l’umidità aumenta a dismisura, gli fa vedere un ragazzino non ancora maggiorenne che sotto un palo della luce guardava le stelle e aspettava qualche cliente. Probabilmente ha la tasca ancora piena di pallini e se non li termina, non può tornare a casa.
Il Corriere del Mezzogiorno
IL RAPPORTO EUROSTAT
Campania, più di metà della popolazione è disoccupata.
Gli occupati sono solo il 41,2%, contro il 57,2% della media nazionale.
Ore 23 di un ottobre andato. Dove? Per i fatti suoi!
Milano, stazione di Milano. Tonino spegne la sua ultima sigaretta e sale sul treno. È la Freccia del sud, un treno zeppo di meridionali, di sudici, di terroni come li chiama qualcuno. Ultima fermata Agrigento, arrivo alle ore 23, giusto in tempo per lo spumante di mezzanotte, ma mica è Capodanno? No, ma quando torni a casa, è sempre il primo giorno dell’anno!
Freccia del Sud è la denominazione che venne attribuita dalle Ferrovie dello Stato ai treni Direttissimi (in seguito divenuti treni Espressi) che collegavano Milano Centrale alla Sicilia, giungendo in seguito con una sezione fino ad Agrigento Centrale. Il treno fu istituito all'inizio degli anni cinquanta, percorrenza di 1546 km tra Milano e Palermo, percorsi in ventitré ore e cinquantacinque minuti, e 1496 km percorsi in ventidue ore e cinquantacinque minuti per Siracusa.
Tonino fa questo da sei lunghi anni, da quando aveva ventiquattro primavere. All’inizio la prendeva ogni mese, poi ogni tre ed ora due volte