L'uva e l'acciaio: biografia romanzata del tenore che fece tremare il Metropolitan di New York
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Ghedini, col tratto che la contraddistingue, lascia il lettore con i suoi protagonisti senza concessione di particolari, luoghi, spazi. Una scrittura concisa ed essenziale, figlia dell’essere giornalista, che sviscera i sentimenti in tutte le loro declinazioni.
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L'uva e l'acciaio - Camilla Ghedini
CAMILLA GHEDINI
L’uva e l’acciaio
biografia romanzata del tenore
che fece tremare il Metropolitan di New York
introduzione di Paolo Govoni
Collana: Protagonisti
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.
commerciale@giraldieditore.it
info@giraldieditore.it
www.giraldieditore.it
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ISBN 978-88-6155-803-8
Proprietà letteraria riservata
© Giraldi Editore, 2019
Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo
Dedico questo libro a mia mamma Fedora,
per la mia vita e per i miei successi.
Daniele Barioni
Tra i tenori di un altro pianeta,
capace di cose che in passato
sono riuscite solamente a lui e a pochissimi altri.
Luciano Pavarotti
(Da una intervista rilasciata
da Luciano Pavarotti all’emittente Telereggio).
Prefazione di Camilla Ghedini
Questa è una biografia volutamente imperfetta, perché solo nell’imperfezione risiede l’umanità. Ci sono licenze di immaginazione, pensiero, interpretazione. Ma il filo rosso è e rimane la vita di Daniele Barioni, il tenore che fece tremare il Metropolitan Opera di New York. Scrivere di lui secondo un ordine cronologico sarebbe stato raccontare una semplice esistenza. Ma in Barioni di semplice non c’è nulla. È persona e personaggio esuberante, che ti illude di rivelarsi ma non è così, perché in lui hanno la meglio un contegno e un riserbo che non consentono di osare
oltre le parole che, pesate, pronuncia. C’è un oltre
solo suo, che difende con forza e gentilezza. Un sentimento antico, forse, in una società come la nostra, in cui è forte la tentazione di mettere dolori, tormenti, soddisfazioni e frustrazioni alla mercé di tutti, nella disponibilità del giudizio di tutti. La definiamo condivisione, in realtà è perdita di potere sulla nostra stessa scala di valori.
Di Barioni, anzi del Maestro, ho apprezzato un autentico entusiasmo alla notizia del progetto editoriale. Quasi un sentimento di sorpresa. Una sorpresa non vestita di falsa umiltà, sia chiaro, perché il Maestro ha precisa cognizione del suo valore. In simili percorsi il pericolo sempre in agguato è la retorica, che non amo e rifuggo perché è talmente rassicurante da togliere curiosità e renderci tutti uguali. Anche per questo il mio
Barioni non è il Barioni che si presenta nella versione ufficiale, quella in cui non lesina in battute, provocazioni, aneddoti collaudati. Ho trasformato suggestioni in fantasia. Gli ho attribuito pensieri che tali sono nell’idea che mi ha trasmesso di sé. Accanto all’ironia ho mantenuto – o forse addirittura privilegiato – una certa malinconia, che lui cela seppure è a mio avviso tangibile.
In una sorta di dialogo interiore, ho inserito un personaggio immaginario, volutamente giovane e aspirante tenore, perché ciascuno di noi – che lo riveli o meno – in alcuni momenti della propria esistenza si domanda come lo vedono gli altri, cosa trasmette, cosa rimarrà dopo. Noi siamo il prodotto della nostra stessa capacità di ricordare quel che si concilia di più con l’idea che abbiamo di noi stessi. Nessuno è immune per la naturale necessità di pacificarsi con sbagli e rimpianti. Ho lasciato ovattati ambienti, personaggi, nomi, date. Non amo la stretta
dei confini, anche emotivi, e da lettrice apprezzo le pagine che consentono di perdersi per ritrovarsi secondo propri codici emotivi ed esperienziali. Amo i flussi di coscienza, tanto drammatici quanto liberatori. Non credo debba vincere la realtà, ma la nostra verità, quella di cui abbiamo bisogno per vivere e talvolta per sopravvivere.
«Con quale frequenza raccontiamo la storia della nostra vita? Aggiustandola migliorandola, applicandovi tagli strategici? E più si va avanti negli anni, meno corriamo il rischio che qualcuno intorno a noi ci possa contestare quella visione dei fatti, ricordandoci che la nostra vita non è la nostra vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato. Agli altri, ma soprattutto a noi stessi» (Julian Barnes).
Introduzione di Paolo Govoni
Ho conosciuto Daniele Barioni nel corso della cerimonia a lui dedicata per essere stato insignito del Cavalierato della Repubblica. L’ho successivamente rivisto ad una serata di gala che ha coinvolto i copparesi eccellenti, di cui era atteso ospite d’onore. Si è creata immediata confidenza. Mi ha inaspettatamente invitato a dargli del tu
. Per me lui era Il Maestro
. Essendo io di Copparo, dove tutt’oggi risiedo, ne avevo sentito parlare fin da bambino dai miei genitori. In particolare mia mamma Iris, sua coetanea, lo citava come il giovane tenore che era partito con una valigia di cartone e aveva ottenuto una fama mondiale. La comunità è sempre stata orgogliosa di lui, stimava quella famiglia di contadini che aveva permesso al figlio di raggiungere il successo e di accendere i riflettori sulla nostra cittadina. Era ad un tempo sogno e simbolo di riscatto.
Sono rimasto affascinato dalla sua ricercata eleganza, dalla sua cordialità, dai suoi modi d’altri tempi. Dall’impossibilità di incasellarlo in una definizione. Loquace, dotato di una capacità rara e consapevole di ipnotizzare il suo interlocutore. La sua mi parve una vita straordinaria, ben più di quanto io l’avessi immaginata e mi fosse stata restituita dal racconto della generazione precedente. Ebbi da subito la sensazione che vivesse sospeso tra due dimensioni, quella di un passato intenso e glorioso e quella di un presente permanente in cui coltiva il ricordo di un se
lontano, ma non troppo. Due dimensioni in perfetto equilibrio, in cui si percepiva e si percepisce forse nostalgia, non rimpianto, non rivendicazione. D’impeto gli dissi che secondo me la sua storia artistica e umana meritava un libro e gli chiesi se, nel caso in cui avessi trovato un autore, sarebbe stato disponibile. Rimase colpito, sorpreso. Rispose di sì, schermendosi, quasi a trattenere l’entusiasmo per una sorta di pudore. Nei mesi successivi ho compreso quanto temesse si trattasse dell’ispirazione di un momento. Io pensai subito a Camilla, che stimo come giornalista e scrittrice. A