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L'inganno della nebbia -Parte prima-: Giorni di un'innocenza perduta
L'inganno della nebbia -Parte prima-: Giorni di un'innocenza perduta
L'inganno della nebbia -Parte prima-: Giorni di un'innocenza perduta
Ebook435 pages6 hours

L'inganno della nebbia -Parte prima-: Giorni di un'innocenza perduta

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About this ebook

Joshua scrive libri e gira per il mondo insieme alla moglie Caterina. Ne ha pubblicati due raccogliendo un buon successo ma è alla ricerca della consacrazione con il terzo. L’occasione gli si presenta in una mattina di tarda primavera in Costa Azzurra quando Giuliano Monteforte, un facoltoso e raffinato uomo dai capelli bianchi gli offre dietro compenso di due milioni di euro di scrivere un libro in sua vece. Non è una biografia e lui non deve essere un ghost writer. Dovrà solo appagare la sua passione per i libri dando forma ad un’opera di sua invenzione che non si è mai sentito idoneo a scrivere personalmente. Tutto pare portare verso fortuna e gloria fino a che un uomo con strane cicatrici che scalfiscono il suo passato sul viso intima a Joshua di fare da messaggero e riferire a Monteforte che è tornato dall’inferno per lui, assetato di vendetta. Subodorando guai, Joshua vorrebbe seguire il consiglio di Caterina che gli suggerisce di rendere i soldi e lasciar perdere ma la tentazione, vestita dal denaro e dalla storia cui sta dando forma, ha già fatto il suo gioco. Il libro ha avuto inizio e Joshua si trova infatti catapultato dentro una storia di morte e redenzione, d’amore e peccati indicibili, di segreti nascosti dentro un taccuino nero, di intrighi con la mafia, di un omicidio che cambierà per sempre la vita di una famiglia, dell’amore di un padre e di una città, Milano, che si trasforma negli anni nascondendo abilmente verità e peccati in un intreccio ove santi e peccatori si confondono. Come calamitato dentro a quelle pagine da cui non riesce più a discostarsi Joshua si trova coinvolto in una storia dove passato e presente vengono a congiungersi diretti verso un’ inesorabile resa dei conti, forse voluta da Iddio in persona, entro la quale ogni tassello dovrà esser al suo posto e che solo attraverso la conclusione del libro potrà dirsi compiuta. Giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, Joshua dovrà scrivere per scoprire non solo la verità che si cela nel libro che lo sta ossessionando ma anche per salvare sé stesso e sua moglie da una temibile minaccia. Chi è per davvero Giuliano Monteforte? Cosa nasconde? E cosa spinge l’uomo con quelle cicatrici ad inseguirlo attraverso il tempo accecato dalla vendetta? Ma soprattutto cos’è un libro? È solo un’opera di ingegno intellettuale? O il testimone silenzioso di segreti a lungo celati? Dove finisce la finzione re inizia la verità? Può un libro assumere la funzione salvifica di due esistenze? Può esser la preghiera per una redenzione? Può esser la mappa per trovare un amuleto che ossessiona più generazioni? Certo. Può esser tutto questo. Perché i libri portano con sé solo la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.
LanguageItaliano
Release dateSep 29, 2019
ISBN9788834191132
L'inganno della nebbia -Parte prima-: Giorni di un'innocenza perduta

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    L'inganno della nebbia -Parte prima- - Alessandro Lischetti

    Alessandro Lischetti

    L’inganno della nebbia -Parte prima-

    Giorni di un'innocenza perduta

    UUID: 961c349a-de19-11e9-99b5-1166c27e52f1

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Introduzione

    Parte prima

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Capitolo 25

    Capitolo 26

    Capitolo 27

    Capitolo 28

    Capitolo 29

    Capitolo 30

    A mio padre,

    che mi racconta sempre

    tante storie in bianco e nero

    Introduzione

    Cincischia con la sabbia dorata muovendola con la punta del mocassino. Forma una linea orizzontale parallela all’orizzonte che il vento tenta di smussare.

    Anche quel giorno si è ritrovato in spiaggia, ultimo dei piccoli rituali che scandiscono la sua quotidianità. Il giornale, due chiacchiere con Lei accompagnate dalla rosa rossa che non manca mai di farle trovare. Il pranzo in trattoria e poi lì al mare solo per osservarlo prima di tornare a casa, quella gialla con le persiane color perla.

    Ai più potrebbe sembrare una vita noiosa ed inutile ma per lui la ritualità è un impegno, una forma di sopravvivenza.

    Quando sposta gli occhi verso il mare la sua attenzione cade su un libro abbandonato sulla sabbia che il vento incuriosito si è chinato a leggerlo impegnandosi a far scorrere nervosamente le pagine, come se stesse scompigliando dei capelli.

    Non si interessa a raccoglierlo o scoprire che libro sia. Si limita ad osservarlo mentre un’idea sboccia nella sua mente.

    Le idee nascono così, dal nulla. Osservando qualcosa o qualcuno. Spesso le persone o degli oggetti, a volte delle semplici parole, sono nel posto giusto al momento giusto proprio per far nascere un’idea. Forse è Iddio stesso a muovere le persone e le cose sulla sua scacchiera personale per dare compimento a delle azioni. Per farne nascere e spesso, per concluderne.

    Resta ad osservare il libro mentre l’idea si sviluppa, prende forma.

    È un giorno differente dagli altri perché ha scoperto il modo perfetto per portare a compimento ciò che ha iniziato. Tutto questo lo fa sorridere compiaciuto. Era tempo che non sorrideva. Domani lo avrebbe raccontato pure a Lei.

    Quello che non sa è che poco distante viene osservato da occhi crudeli che avrebbero dovuto esser chiusi per sempre. Ma non è così che è andata. Troppe cose erano andate in modo differente da quanto aveva sperato.

    Parte prima

    Giorni di un'innocenza perduta

    Capitolo 1

    Fremeva dalla voglia di vedere la lama luccicare e vederla poi macchiarsi del sangue del suo nemico. Così lo chiamava: 'il mio nemico'. I nemici sono in guerra ma in fondo la rivalità tra gang urbane, soprattutto tra latinos, non è molto dissimile da una guerra. Sottile, subdola, mentale. Così infilò una mano nella tasca degli sgualciti pantaloni ed impugnò ben saldo il coltello a serramanico pronto a colpire, possibilmente in modo mortale. Poi si avvicinò da dietro ed adagiò amichevolmente l'altra mano sulla spalla del giovane.

    Ho un sussulto. Sento depositarsi sulla mia spalla una mano nel medesimo modo che avevo appena immaginato scrivendo. È un sollievo sapere che non è quella fredda e determinata dell'assassino di cui sto raccontando imprevedibilmente materializzatosi alle mie spalle ma bensì quella dolce di Caterina, mia moglie.

    Nessuna mano e nessun coltello a serramanico dietro la mia schiena, dunque. Caterina, chinandosi, infila l'altra mano lungo la mia vita e, muovendole insieme, scivolano raggiungendosi e formando un abbraccio. Quell'abitudine quotidiana che non deve mai mancare e che io e Caterina siamo soliti chiamare semplicemente 'l'abbraccio del mattino'.

    Adagia la sua guancia alla mia. 'Buongiorno' sussurra. Ricambio il saluto e appoggio le mie mani ammucchiandole sulle sue.

    Ti ho spaventato? chiede avendo notato il mio sussulto.

    Un po'.

    Hai fatto uccidere qualcuno? mi chiede indicando il testo che compare sullo schermo del computer portatile.

    Non ho mai pensato al ruolo di scrittore come sicario.

    Di solito quando sei così concentrato o stai descrivendo un omicidio o stai facendo fare l'amore a qualcuno.

    Davvero?

    Forse sono le parti che ti coinvolgono di più nella scrittura.

    Odio o amore. Dolore o piacere. Nessuna via di mezzo.

    Discosto leggermente la sedia allontanandola dal tavolino e lascio che Caterina si sieda sulle mie gambe. Ci scambiamo il primo dei tanti baci che ci concederemo durante il giorno. Ha i capelli scompigliati da una battaglia col cuscino e gli occhi già vispi, pieni di quella voglia di vivere che rivelano a chi li osserva.

    Ti sei alzato presto?

    Alle 6. Il mattino ha l'oro in bocca.

    Lo diceva anche Jack Torrance.

    Già.

    Anche lui scrittore.

    Già. Vuoi dirmi qualche cosa?

    Sorride.

    Che non diventi come lui.

    Tutto può succedere.

    Allora ti terrò d’occhio.

    Mi accarezza il viso. È sufficiente che non giri con ascia e cattive intenzioni come Jack Nicholson. E per ascia non intendo la simbolica ascia di guerra.

    Solo se tu non hai coltellini a serramanico in tasca.

    Dovrei?

    No, ma visto come è iniziata la giornata con parallelismi strani... Leggi qua le dico invitandola a guardare sul monitor del computer portatile.

    Osservo i suoi occhi chiari scorrere da sinistra verso destra e ritorno mentre il sole le illumina il viso. Sorride e associa finzione e realtà.

    Non ti preoccupare, potrei solo impugnare qualcosa che possa provare l'amore che ho per te.

    Sarei io a dover trovare le parole visto che di parole ci campo, ma è sempre lei a trovare quelle giuste e, al momento giusto, emozionarmi. La bacio. Guardiamo l'orizzonte. Il mare è accarezzato dal sole e pare che i raggi, nel depositarsi sulla superficie blu, esplodano in uno scintillio atto a dorarne i tratti e il sonnolento muoversi. Le onde sembrano creature rissose quando si infrangono decise sul tratto di roccia che si eleva alla sinistra della costa e al tempo stesso armoniose ballerine quando invece accarezzano il piccolo tratto di spiaggia successivo. Lì sembrano volerlo solo sfiorare, toccare con garbo, quasi a non volerne disturbare la quiete mattutina essendo ancora scevro del ciacolare di donne al sole e dell'azione di bambini chiassosi.

    È bello scrivere al sorgere del sole e con una vista del genere osservo.

    Anche se dovrebbe ispirarti storie d'amore o poesie e non schermaglie notturne tra gang criminali.

    E chi ti dice che non scrivo 'anche' poesie?

    Caterina mi osserva incuriosita. Se così, voglio la prova mi dice sfidandomi.

    In amore non c'è bisogno di prove. Almeno dopo sposati o se non si ha bisogno di farsi perdonare qualcosa provo a rilanciare.

    San Tommaso era molto pratico. 'Posso crederti ma preferisco toccare'. Fuori la prova.

    Vince. Vincono sempre le donne. Apro un quaderno dove sono solito appuntare idee. Lo sfoglio fino ad arrivare alla poesia. Strappo la pagina dal quaderno e gliela porgo.

    Se vuoi la impreziosisco bruciacchiando gli angoli per retrodatarla negli anni e dargli un sapore antico o te la metto in una bottiglia fingendo di averla trovata in mare. Tieni. Tecnicamente sarebbe il testo di una canzone, ma può valere come poesia. E, comunque, parla di te e di me.

    Caterina sposta lo sguardo sul foglio e come sempre pare emozionata nel leggere qualcosa scritto, da me, per lei. Sa essere severa e costruttiva nei giudizi ed altrettanto entusiasmarsi o commuoversi e stimolarmi a proseguire se, secondo lei, la mia penna sta lavorando bene.

    'La notte fa scivolare il suo mantello

    E poi accende le stelle

    Alcuni la chiamano magi

    Ma è solo il luogo delle verità

    Chiudiamo la porta

    E ricordiamoci di salutare il mondo là fuori

    Ora vieni più vicino

    Riempiamo gli spazi vuoti con un abbraccio

    Lascia che le mie mani danzino leggere su di te

    Mentre occhi sinceri parleranno d'amore

    E il tuo sorriso ricorderà un sì di qualche tempo fa

    Alcuni la chiamano magia

    Ma è solo la danza dell'amore

    Dei corpi intrecciati

    E delle parole non dette

    Di una candela accesa nella notte

    E di un segreto fra le dita

    Che varrà per sempre e per solo noi due

    Alcuni la chiamano magia

    Ma è la poesia della vita

    Acqua che scorre

    Pelle che brucia

    Monti che vigilano silenziosi

    Labbra che cercano

    Fili d'erba che ballano

    Mani che trovano

    Gocce di rugiada al sole

    Lacrime su un sorriso

    Un fiore che sboccia

    Un tenero imbarazzo

    Alcuni la chiamano magia

    Ma è solo l'amore che ho per te'

    I suoi occhi cessano di seguire le parole composte con quell'inchiostro nero virtuale. Rimane immobile alcuni istanti forse per osservare in sé ancora un po' le immagini che la lettura ha evocato. Gira il viso verso di me senza riuscire ad elargire parola. Porta le mani al mio volto ed adagia le sue labbra sulle mie. È un bacio lungo e sa di ringraziamento.

    È per questo che sono sempre stata innamorata di te. Riesci sempre a trovare il modo per far vibrare ogni mia corda emotiva. Con le parole, uno sguardo. A volte anche solo entrando in una stanza. O come stamattina. Semplicemente osservandoti seduto su questa sedia e scrivere. Mi fai emozionare. La poesia è bellissima ed è un privilegio esserne la destinataria.

    Se non ci fossi tu non sarebbero nate queste parole.

    Torniamo a guardare il mare ed il sole di questa mattina. La Costa Azzurra sa essere incantevole in ogni momento della giornata. Un matrimonio felice tra la natura, il mare e l'amore per le tradizioni locali.

    Per quanto resteremo ancora qui? chiede Caterina.

    Sorti ci ha detto di restare quanto vogliamo, o quanto meno fino a che il libro non sarà finito, ma non vorrei approfittarne. Possiamo cercare un'altra casa qui, se vuoi.

    Caterina esita a rispondere in conflitto tra il restare e l'andare.

    Cambiamo. Scegliamo un altro angolo di mondo solo per noi due.

    Quindici giorni e poi partiamo?

    D'accordo.

    Per dove?

    I suoi occhi cominciano a sognare. Ha già una nuova meta in testa ma preferisce tenerla nascosta perché vuole condividere con me la scelta e non rischiare di privarsi della ricerca che avverrà come sempre nella medesima modalità. Dopo cena, seduti a un tavolo e con una candela profumata ad illuminare la stanza. Prenderemo un foglio e stileremo le candidature dopo aver sfogliato il mio vecchio atlante e consultato immagini ed informazioni in quell'universo nascosto dentro al computer. Il nome che ha in mente in questo momento comparirà tra le mete elette ma non saprò mai qual'è. Quando avremo deciso ci daremo un bacio per confermare la scelta e faremo l'amore per festeggiare una nuova avventura. E qui sarà ancora più bello. La camera da letto si affaccia sul mare e sebbene da sdraiati non lo si può vedere se ne percepisce la presenza mentre culla la nostra intimità insieme alla stelle e la luna che donano la luce necessaria per farci brillare nella notte.

    Come immaginavo suggerisce di pensarci questa sera, dopo cena. Le sorrido per approvare.

    Ti ricordi quando mi dicevi che il bello di fare lo scrittore consiste nella possibilità di lavorare ovunque?

    Me lo ricordo.

    Ti confesso che pensavo fosse una prospettiva di un sognatore, bella ma poco pratica. E difficilmente concretizzabile. Insomma, immaginavo che alla fine avresti scritto da casa, in un tuo studio, immerso tra libri e fogli, dietro a una macchina da scrivere e...

    ... e magari con una sigaretta penzolante dalle labbra.

    Già. E non in giro per il mondo. Cambiando casa quando ci aggrada spostandoci spinti dal vento.

    Pochi lavori danno questo privilegio. E visto che vorrei cercare sempre la soluzione migliore per la nostra vita, perché non sfruttarla? In fondo che differenza c'è tra scrivere da casa o in giro per il mondo?

    Mi sembra di essere in un sogno.

    Non ti stai stancando di questa vita?

    Stai scherzando? Sono sposata con l'uomo che amo. Scopro posti meravigliosi. Ora posso scendere e andare a fare il bagno in mare. Un altro giorno fare colazione in qualche via a Brooklyn.

    Però c'è il rovescio della medaglia.

    E quale sarebbe?

    Gli appartamenti. Non sono delle regge. Anzi direi delle vere topaie. A parte questo dove siamo ospiti del mio editore. Di più non possiamo permetterci le dico ridendo pensando soprattutto a quando siamo stati nel Queens dove i topi razzolavano di notte tra le strade e i vicini di casa erano una coppia di afroamericani che puzzava di pollo fritto e rissosa come due pugili sul ring.

    Per concederci qualcosa di più devo scrivere un nuovo Decamerone.

    Caterina inizia a ridere ricordando i mesi passati nella Grande Mela. Poi, facendosi seria, conclude: Ma a me non importa. Stiamo vivendo una meravigliosa avventura. Noi, il mondo e una valigia in due. Viviamo quello che tutti sognerebbero: una vita libera. I tuoi due libri hanno venduto abbastanza per guadagnarti un prezioso contratto. Sorti è una persona perbene e crede in te. Almeno quanto me.

    Come sua consuetudine sfodera i suoi migliori occhi come quando vuole sedurmi o dare incisività a ciò in cui crede.

    Sei tu la mia casa conclude.

    Ci abbracciamo. Sento il calore della sua pelle mentre un delicato vento ci avvolge con la discrezione che appartiene alla gentilezza.

    E poi è stato utile stare nel Queens. Hai trovato ispirazione per il libro che stai scrivendo osserva ripensando nuovamente alla recente esperienza americana.

    I vicini sono stati una fluente fonte di ispirazione.

    Dovrai mandargli una copia autografata.

    Anche se credo preferirebbero gli inviassi un hamburger doppio pieno di cipolla rossa.

    Osservo il suo viso abbronzato dal generoso sole che pare impegnarsi a rendere ancor più bello chi è già bello e chi non lo è ad intonarlo almeno alla bellezza del posto con un'efficace doratura; i suoi occhi verdi brillano come smeraldi ed esprimono tutti i sentimenti buoni, tutti sinceri, nessuno escluso. I suoi occhi parlano, si donano. Ogni volta che li osservo rinnovo una promessa d'amore ufficializzata da un sì con la benedizione di Dio e la soddisfazione dei nostri cari in una chiesetta fra le colline della Toscana. Rimaniamo in silenzio ad osservarci. Non mi capita spesso di rimanere senza parole, ma quando succede, è sempre con lei. È come quando si è accecati da un raggio di sole o ammaliati da una bellezza senza precedenti, un’esecuzione perfetta senza replica, una stella cometa che passa, saluta e non tornerà. È un silenzio personale, d'oro, come dicono in tanti. È il modo per esprimere le parole d'amore che non esistono, quelle parole che vanno oltre alla banalità dei 'ti amo' e dei 'ti voglio bene' che, in fondo, solo riassumono. Nel silenzio si nasconde l'individualità dei sentimenti personali, dell'amore così differente nel modo in cui viene concepito da ognuno di noi e solo il silenzio gli toglie la strumentale banalità delle parole, dei concetti che lo classificano come una cosa qualunque. È un'assenza che in realtà riempie e completa. È come il battito d'ali di una farfalla che a differenza di altri figli del cielo non ha bisogno di cinguettare per far conoscere la sua presenza, basta il suo silenzioso volare.

    Caterina si offre di preparare la colazione chiedendomi di sgomberare momentaneamente il tavolino dai miei ferri del mestieri adagiandoli alla bene meglio in un angolo del balcone per permetterci di fare colazione vista mare. Scuoto la testa lentamente senza distogliere gli occhi dai suoi. No, non voglio fare colazione. Mi osserva. Le accarezzo una guancia e mi avvicino per poi baciarla. Caterina si alza e mi tende una mano. Vieni. Andiamo dentro sussurra. Mi alzo e mano nella mano entriamo nella piccola sala. Essenziale, bianca, pochi mobili. Si sdraia sul divano e distende le braccia per accogliermi nel suo corpo e nel suo amore. Mi adagio su di lei lasciando che le nostre labbra si accarezzino, i nostri corpi congiungersi nella complicità che l'intesa rivela. Nel fare l'amore sento il profumo della sua pelle mescolato a quello del mare che entra incisivo nella stanza spinto dal vento. Se la notte appartiene agli amanti, il giorno e la notte appartengono agli sposi certi del fatto che se la vita insieme non sarà eterna, almeno in questo mondo, lo sarà sicuramente l'amore che li unisce.

    Restiamo abbracciati coccolando le emozioni.

    Hai scritto molto stamane? mi chiede.

    Abbastanza. Credo di essere già a buon punto.

    Più tardi andiamo a fare una passeggiata al mare?

    Credo di sì. Però voglio riempire un po' di pagine. Ho il filo in mano dell'azione e dei dialoghi e non vorrei perderlo.

    Allora perché abbiamo fatto l'amore? Hai interrotto.

    Sorridendo mi tende la trappola.

    Il coito?

    Caterina ride. No sciocco, hai interrotto nel senso che hai smesso di scrivere.

    La risposta non esita ad arrivare. Dovevo descrivere una scena di sesso e avevo bisogno di un po' di ispirazione.

    Allora sarei stata usata" esclama girando il viso verso di me.

    Usata è una parola grossa. Le modelle ‘ispirano’ l'arte dei pittori. Tu hai ispirato il mio scrivere.

    Sei un brigante.

    E tu, la mia Musa.

    Capitolo 2

    Devo dire che mi sento sempre meno italiano e sempre più cittadino del mondo. O almeno da tre anni a questa parte, da che abbiamo scelto di vivere dove più ci aggrada. Siamo stati a New York, nelle praterie del Montana, a Rio de Janeiro, in Norvegia e ora qui, in Costa azzurra. Andremo avanti così ancora per un po', fino a che ne avremo voglia, o fino a che decideremo di metter sua famiglia. Non ne abbiamo mai parlato in maniera approfondita ma di sicuro rientra nei programmi di quando diventeremo grandi.

    Cittadino del mondo o no l'italianità me la porto appresso in tante piccole cose, soprattutto culinarie. La colazione alla domenica mattina prima della messa, appena arrivati in un posto nuovo cercare il supermercato per scorte di pasta e con una certa qual arroganza rifiutarmi di chiamare croissant il nostrano cornetto, soprattutto qui in Francia. Un'altra piccola abitudine quella di assicurarmi copie di giornali italiani. Certo potrei leggere le notizie in internet, metodo quantomai contemporaneo e poco dispendioso ma l'idea di sfogliare un quotidiano del mio paese mi fa sentire a casa e l'odore della carta, che di fatto è uguale dappertutto, la sento diversa da quella dei giornali locali. Qui in Francia i giornali dei cugini italiani sono più facili da reperire rispetto ad altri mondi, così oltre al meneghino Corriere della sera mi assicuro la cara rosea Gazzetta dello sport.

    Anche questa mattina l'edicolante, monsieur Jacques, mi ha riservato le copie dei due quotidiani e come sempre mi ha parlato in francese sebbene abbia ormai capito che non lo parlo e tanto meno lo capisco. Il fatto che le parole in quella sua lingua così rotonda e piena di 'r' siano arricchite da sorrisi e modi affabili mi fa pensare che siano parole gentili quelle alle quali mi limito a sorridere, annuire o banalizzare con un ' oui'. Magari, con un pizzico di cinismo e conoscendo i modi dei francesi con gli italiani, sta facendo come un tizio che fa delle linguacce o il dito medio al cieco e dietro al sorriso mi sta in realtà dando dello stronzo e ingenuamente gli sto anche dicendo ' oui'.

    Mentre sto osservando le riviste accatastate nei vari vani, mi accorgo che a fianco a me è appena giunto un uomo e noto che mi sta osservando. È un uomo sui settantacinque-ottant'anni. È molto curato, capelli bianchi pettinati con cura all'indietro su un viso magro ed abbronzato. Indossa una camicia azzurra e dei pantaloni bianchi su mocassini beige e costosi. Porta sottobraccio un quotidiano e giochicchia con un mazzo di chiavi. Cerca di spostare lo sguardo ma poi puntualmente ricade su di me. Forse, convinto di avermi già visto altrove, sta cercando di associare la mia figura a un posto, un evento. Cerco di fare lo stesso senza successo. Saluto Monsieur Jacques e mi allontano attraversando la strada. Istintivamente mi giro e lui, l'uomo dai capelli bianchi, si è girato e mi sta seguendo con lo sguardo. L'edicolante gli sta parlando e questi, continuando a far roteare il piccolo mazzo di chiavi, sta ascoltando e sono certo che stanno parlando di me.

    Raggiungo Caterina in spiaggia. In questa giornata di fine maggio la temperatura è quanto mai ottimale per indossare sole e costume. La trovo sdraiata sul lettino mentre sta ascoltando la musica e segue i bpm della canzone battendo il piede destro sulla sdraio. Mi chino su di lei e la bacio sulla fronte. Questa volta è lei a sussultare.

    Mi hai spaventato esorta sfilando le cuffiette bianche.

    Ricambio lo spavento di ieri mattina.

    Scivola leggermente sul lettino verso destra per crearmi una piccola seduta accanto a lei.

    Tentiamo un bagno più tardi? propongo.

    È ancora fredda. Facciamoci piuttosto una passeggiata.

    D'accordo.

    Perché non ti sdrai un po'?

    Dopo. Vado ai tavolini del bar e continuo a scrivere.

    Caterina si solleva leggermente e vede la borsa con il portatile.

    Ti sei portato con te le idee.

    In che senso?

    Perché quando ti porti il computer ovunque come fosse la coperta di Linus hai tante idee per il libro e non vuoi fartele sfuggire.

    Se le lascio sfuggire non le riafferro più. Mi conosci vedo.

    Sono fiera di te.

    Io invece ti amo.

    E io ti adoro.

    Mi chino su di lei e la bacio. È l'amore della mia vita. La spiaggia abbraccia poche persone oggi, prevalentemente gente del posto e pochi privilegiati vacanzieri. Noi, utilizzando un termine calcistico, ci collochiamo nella zona mista, non essendo né del posto né in villeggiatura, in una realtà dove lavoro e vacanza paiono confondersi fra loro.

    La sabbia è fine, dorata e tiepida al contatto e un delicato vento ne accarezza la superficie, mentre sotto l'azione del soffio di Eolo le frange degli ombrelloni bianchi danzano disordinatamente. Il mare attende le persone, attende mani, corpi, giochi e brama di regalare spensieratezza ma sa anche di esser ancora tiepido, il sole non lo emoziona a sufficienza da scaldarsi, per cui attende e si lascia osservare. Mi vorrei far cullare dalla quieta opulenza di questa mattina ma il richiamo a quello che io chiamo il piacere del dovere mi induce a declinare la tentazione e decido di avviarmi al bar.

    Ho una strana sensazione ed il mio quinto senso e mezzo, come lo definirebbe il celebre investigatore dell'incubo, non tarda a darne rivelazione. Pochi ombrelloni più in là, seduto su una sedia, rivedo l'uomo dai capelli bianchi. Ha il quotidiano sulle gambe e sorseggia una bevanda. Sento nuovamente il suo sguardo indagatore, forse semplicemente curioso. Adagia la bibita sul tavolino, estrae un sigaro che inizia a diffondere il suo pregiato fumo e infine distoglie lo sguardo per mostrare indifferenza. Poi estrae nuovamente le chiavi dalla tasca e le fa roteare infilando l'indice nell'anello che le tiene unite. E il suo sguardo nuovamente ritorna su di me.

    Tutto bene? irrompe Caterina.

    Cerca di capire cosa ha attirato la mia attenzione senza riuscirvi.

    Nulla. Anche perché di 'nulla' si tratta. Si tratta solo di un anziano signore che forse ha rivisto in me, giovane, la somiglianza con un nipote che non vede da anni o magari sè stesso alla sua età. Molteplici spiegazioni, tutte valide, ma che non meritano più di qualche riflessione vaga e fine a sé stessa. Bacio nuovamente Caterina e mi congedo andando al bar.

    Come un dj ha già pronto il suo preciso set prima di mettersi in consolle, a modo mio preparo mentalmente o con qualche appunto su fogliettini volanti la scaletta con tracce di dialoghi, passaggi ed accadimenti che poi darò forma scrivendo il libro. Mi siedo al tavolino, quello che prediligo, all'angolo più vicino al bancone del bar perché, in caso di batteria in emergenza, Jean, il barista, mi permette di attaccare l'alimentazione alla presa. Da lì altresì riesco a vedere il mare e osservare Caterina.

    Riassumo mentalmente il nuovo capitolo. Accendo il Mac e inizio a digitare. Carlos, il portoricano ha ucciso il nemico. La sua vendetta è stata saziata. Ma non ha considerato che una vendetta alimenta un'altra vendetta innescando una spirale da cui uscire può avvenire solo con il perdono, come gli aveva suggerito Johanna e padre Gerardo, suo fratello. Oppure con la fuga. Ora gli restava solo la fuga. Nascondersi per un po' o per sempre. Johanna lo seguirà? Il suo amore sarà forte abbastanza da affrontare nuovi pericoli per un delitto da lei non commesso? Scrivo di buona lena e il tempo, come sempre, passa senza che me ne accorga. Entro nella storia e nel mondo creato e ne esco solo quando una voce alle mie spalle mi fa tornare qui, nel mondo a cui appartengo.

    Gloria e merito di certi uomini è scrivere bene. Di altri il non scrivere affatto. Jean De La Bruyêre.

    La voce è roca e profonda, un timbro intenso su cui il fumo, probabilmente, ha esercitato un ruolo determinante. Mi giro e l'uomo dai capelli bianchi è qui accanto. Ha un sorriso cordiale di un vecchio zio.

    Lei rientra fra i primi. Io trovo posto di pieno diritto, o dovere, fra i secondi conclude.

    È un po' severo con sé stesso e, per quel che riguarda me, beh, non lo so ancora. Lo dirà solo il tempo. Spero comunque fra i primi rispondo.

    Si ricordi solo che non saranno le quantità di copie vendute a stabilirlo e nemmeno le recensioni dei critici. Verrà il giorno in cui, in piena maturità professionale, saprà darsi da solo la risposta. Solo quella conterà.

    Le sue parole hanno grande profondità e mi inducono a riflettere.

    È un'ottimo consiglio. Il dio denaro spesso offusca un obiettivo giudizio. Lei è uno scrittore?

    Scuote la testa. Io no, ma lei sì.

    Come fa a sapere che sono uno scrittore? Ha letto i miei libri? gli chiedo con un pizzico di vanità subito smorzata dall'insicurezza perché i libri potrebbe sì averli letti ma magari non apprezzati.

    Posso sedermi a scambiare due parole? Sempre che non sia opportuno interromperla nel processo creativo.

    Certo. Nessun problema. Avrei interrotto a breve. Non è vero ma mi intriga conoscere persone nuove. Lui in particolar modo. L'uomo si accomoda sulla sedia accanto. Attendo la sua risposta.

    Dunque, so che è uno scrittore e sì ho letto i suoi libri. L'ho capito dalla prima volta che l'ho osservata qui, in spiaggia. Dalla concentrazione con cui scrive. Non stacca gli occhi nemmeno quando sorseggia una bevanda o un caffè che dimentica addirittura di bere dice indicando la tazzina ancora colma e il caffè ormai freddo.

    Non sarebbe così se stesse solo scrivendo delle mail o una relazione professionale. Come in tutti gli artisti, musicisti pittori scrittori, si vede il punto di fusione che ha con la sua opera. Quell'attimo in cui il legame in cui chi ne è l’autore e l'opera stessa si congiungono in un unicum e la concentrazione ne è la rivelazione.

    Si interrompe. " Un cafè, s'il vois plâit dice rivolgendosi al barista, poi a me: Gradisce qualcosa?"

    Nulla grazie.

    Salvo quanto scritto e chiudo il computer.

    Lei è Italiano o parla semplicemente bene l'italiano? chiedo.

    Italiano come lei. E anche se sono in Francia da tanti anni, forse troppi, l'anima e quel che rimane del mio vecchio corpo sono orgogliosamente italiani.

    Di dove?

    Milano. Come lei.

    Sa molte cose di me, vedo.

    Più di quanto creda.

    L'uomo sorride. "Comunque anche se non lo sapessi lo dedurrei dal nostro comune accento. Le vocali aperte da lombardo. Nessuna inflessione particolare da inquadrarla nel comasco né troppo buffa per pensare che sia bergamasco o bresciano. Potrebbe essere magari di Varese e dintorni ma la precisione con cui ha descritto Milano in ' Una canzone, il battito del cuore e un paio di nuvole nelle tasche' la può fare solo uno che la vive e la ama".

    Rimango in silenzio un istante. Oso l'ardua domanda. Piaciuto?.

    L'uomo non tarda nel fornire risposta. Molto. Scrivi bene. Con ampi margini di miglioramento.

    Sembra un complimento ma in realtà una critica. Pare aver letto nei miei occhi questa considerazione e si affretta a precisare o a correggere il tiro.

    Nei soli due libri pubblicati hai le idee chiare su come si scrive. Si intuisce che ti viene in modo naturale. Non puoi che migliorare ancora.

    Noto che è agevolmente passato dal garbato 'lei' al più confidenziale ' tu'. Cosa che apprezzo. Non amo i formalismi. Vorrei fare lo stesso ma preferisco sia lui a propormelo.

    Qualcosa però non mi torna. Mi scusi, come ha fatto a riconoscermi. Insomma, a sapere che ero l'autore del libro che ha letto. Nessuna edizione è accompagnato da una mia foto.

    L'uomo si spinge in avanti col corpo ed appoggia entrambi i gomiti sul tavolino.

    Ho le mie fonti sussurra.

    Si fa misterioso e ciò acuisce in me sospetti e qualche legittimo timore.

    Joshua Salvini. Nato a Milano il 20 novembre 1982. Coniugato dal 30 aprile 2012 con Caterina Vezzini. Per ora nessun figlio. Dopo una laurea in giurisprudenza a pieni voti all'Università Cattolica del Sacro Cuore si dedica alla letteratura, sua più grande passione. Due libri pubblicati presso la Sorti Editore. Piccola casa editrice ma particolarmente ambiziosa. Buon successo l'opera prima. Triplicate le vendite col secondo. Si attende la consacrazione col terzo. Giornalista free-lance a tempo perso soprattutto per riviste musicali. Sportivo, appassionato di musica e... snowboarder, si dice così?.

    L'uomo smette di parlare e di elencare il mio curriculum e si limita ad osservarmi. In profondità. Solleva lentamente il corpo per adagiarsi nuovamente allo schienale e, come prevedibile, attende una mia reazione.

    Non riesco a capire. È l'unica risposta, sincera, spontanea e banale, che sono in grado di produrre.

    L'uomo sorride ed appoggia una mano sulla mia.

    Non si preoccupi, non sono un esattore delle tasse né tanto meno sono qui con cattive intenzioni. Come si suol dice per alieni e popoli tribali, vengo in pace. Distoglie la mano dopo averla stretta ad amichevole sostegno alle sue parole e con calma estrae da una piccola scatoletta un sigaro e, dopo averlo acceso, inizia soddisfatto a fumarlo. Si diffonde un odore forte e piacevole. Me ne offre uno.

    Grazie. Non fumo. Dovrebbe saperlo.

    L'uomo sorride alla mia risposta provocatoria. Dalla tasca dei pantaloni estrae il mazzo di chiavi. Lo osserva, inserisce l'indice nell'anello ed inizia a giochicchiarci facendo roteare le chiavi che compongono il mazzo.

    Ottima risposta. Questo ovviamente non lo sapevo.

    Visto che lei sa tutto di me e io nulla di lei è lecito sapere il suo nome? chiedo.

    Ma naturalmente. Monteforte, Giuliano Monteforte. Ed avvicinandosi mi tende la mano.

    Capitolo 3

    È deliziosa sua moglie. Siete una bella coppia dice osservandola distesa sul lettino su cui giace al sole come una lucertola.

    La ringrazio.

    'Scrivere è un'occupazione solitaria. Avere qualcuno che crede in te fa una grande differenza'. Stephen King.

    Di fatto lo è, e mia moglie è la mia prima sostenitrice. Noto che ama molto gli aforismi, le citazioni.

    La letteratura è una passione che ho nutrito negli anni.

    Mi diceva che non è uno scrittore. Di cosa si occupa dunque?

    Mi occupavo. Di vite.

    Di vite? È un modo raffinato per definirsi un dottore?

    Monteforte mi sorride senza rispondere. Sposta lo sguardo verso la linea dell'orizzonte delineato dal mare interrotta qua e là dagli ingombranti ombrelloni chiusi o aperti. Nel suo sguardo appare un senso di malinconia, non so se alimentato dalla vista del mare o da un ricordo che il mare o il suo dire ha fatto emergere.

    Vorrei che lavorasse per me.

    La frase arriva quantomai diretta ed inaspettata. Rimango ad osservarlo un attimo convinto di non aver capito bene.

    Non so cosa potrei...

    Mi correggo, 'lavorare per me' ti qualifica come un dipendente. 'Commissionare un lavoro' è più adeguato. Vorrei commissionarti un lavoro.

    Resto in ascolto.

    Vorrei che scrivessi un libro per me.

    Una sua biografia?

    Un romanzo. Una storia che ho in mente.

    "Lei è un uomo di cultura. Non capisco perché non possa scriverlo lei. Forse gli impegni non glielo consentono?

    No figliolo. Come ti dissi poco fa, scrive chi merita, chi non sa scrivere tace. Amo leggere ed invidio chi sa scrivere. Ho provato, lo ammetto, a vestire la storia su carta ma mi è risultato più facile architettarla in mente che poi scriverla. Un atipico blocco dello scrittore. Utilizzando un termine automobilistico, un blocco dello scrittore ai blocchi di partenza.

    Vorrebbe dunque che le facessi da Ghost writer?

    Non esattamente. Comparirà il tuo di nome, non il mio.

    Mi scuso ma continuo a non capire.

    "Legittimo. Ma è più semplice di quanto tu creda. Innanzitutto se lo scrivessi io quanto tempo credi rimanga il manoscritto accatastato sulle pile di altri tomi sulla scrivania di un editore prima che ne venga data lettura? Il tempo non è compagno fedele di un uomo avanti con gli anni. Inoltre, ammesso che piaccia, quanto credi sia disposto un editore a scommettere su un autore della mia età? Ricorda che gli editori non sono dalla parte dell'arte, lo sono solo di facciata, sono dal lato del dio denaro. Anche perché se non fosse così non pagherebbero gli artisti una miseria magari sottoponendo il loro guadagni all'aleatorietà delle copie vendute. Loro sono l'uomo bianco e l'arte è

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