La storia che non abbiamo letto: Quattordici racconti di eroica quotidianità
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About this ebook
“personaggi” ma “persone” reali, di diverse classi sociali, si trovano protagoniste di
sconosciute vicende relative al periodo bellico che ha segnato il Novecento.
Storie vere, a volte un po’ romanzate, di un vissuto quotidiano fatto di rischio e di disagio, dove uomini e donne diventano, loro malgrado, piccoli/grandi eroi per una scelta consapevole riguardo al “da che parte stare”.
Episodi dagli esiti spesso inaspettati che, letti oggi, ci insegnano ancora una volta come la vita non sia mai scontata e ci sorprenda sempre, nel bene e nel male.
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La storia che non abbiamo letto - Consuelo Cordara
Consuelo Cordara, Marina Maimone, Nellia Micheletti
La storia che non abbiamo letto
EEE – Edizioni Tripla E
Consuelo Cordara, Marina Maimone, Nellia Micheletti, La storia che non abbiamo letto. Quattordici racconti di eroica quotidianità.
© EEE – Edizioni Tripla E, settembre 2019
ISBN: 978-88-5539-018-7
Collana Grande e piccola storia
, n. 13
EEE – Edizioni Tripla E
di Piera Rossotti
www.edizionitriplae.it
Tutti i diritti riservati, per tutti i Paesi.
Foto di copertina di Rosa Gattuso: Cascina Colombara di Livorno Ferraris - nella Bassa Vercellese (Museo delle Mondine), giugno 2017.
PREMESSA
Le autrici dei quattordici racconti de La storia che non abbiamo letto hanno voluto narrare vicende ed episodi legati al periodo delle due Guerre Mondiali, conflitti che hanno drammaticamente segnato il Novecento.
Il lettore si troverà a percorrere un tratto di storia vera
, attraverso cui coglierà la brutalità della guerra nel suo ripetersi in ogni tempo e luogo.
Animano i quattordici racconti non personaggi
ma persone
reali di ceti sociali differenti, che si ritroveranno a compiere atti eroici, seppur inconsapevolmente.
Tra le pagine del libro si alternano soldati, partigiani, sopravvissuti ai campi di sterminio e gente comune, con le proprie esistenze e le personali vicende che si dipanano, senza concedere nulla alla retorica.
Accanto alle figure maschili spiccano, per tenacia, abnegazione e coraggio, le donne, siano esse staffette partigiane, piuttosto che mondine o umili contadine, le quali affrontano un quotidiano denso di rischi e difficoltà, senza darsi mai per vinte.
Le fonti a cui le autrici hanno attinto sono state sia orali, sia scritte: si sono utilizzate testimonianze dirette, là dove ciò è stato ancora possibile, fino a quelle trasmesse a figli e nipoti, per giungere all’analisi di carteggi, fotografie ed epistole risalenti a quei lunghi e dolorosi anni. Un ricco bagaglio, dunque, di eventi realmente accaduti, come reali sono i protagonisti, oppure di incontri che hanno ispirato la fantasia delle autrici. Nel racconto Eugenio e Ada
, per esempio, pur confermando l’esistenza in Torino della palazzina liberty con i nomi dei coniugi e la data di costruzione ancora impressi sulla facciata, la storia risulta essere frutto di pura immaginazione.
Storie in cui si riscoprono antichi valori, storie che ancora stupiscono ripensando a come, allora, si vivesse e ci si adattasse a condizioni disagevoli e pericolose, storie dove la vita di ogni personaggio è legata al destino ma anche alla consapevolezza e alla responsabilità di scelte coraggiose, a volte obbligate, dall’esito non sempre positivo.
Le autrici, infine, hanno voluto dar voce a chi, senza aver la pretesa di comparire sulle pagine di storia o di ricevere medaglie, ha rischiato la propria vita nell’intento di volgere il male in bene, l’odio in amore, in nome di un ideale di libertà e di giustizia che va difeso sempre e comunque.
Una raccolta che può essere utile alle nuove generazioni perché non dimentichino le loro radici.
EUGENIO E ADA
(di Consuelo Cordara)
In un luminoso pomeriggio di settembre del 1913, Eugenio e Ada varcarono la soglia di quella che sarebbe stata la loro bellissima casa: si erano appena sposati e, finalmente, dopo aver tanto atteso la fine dei lavori, il loro nido era pronto per accoglierli.
Eugenio aveva voluto che si edificasse una palazzina a due piani, circondata da un piccolo giardino, secondo lo stile tipico dei primi anni del Novecento, sobrio, ma con alcune concessioni alla fantasia.
La facciata, in paramano rosa, era arricchita da affreschi e stucchi liberty: fiori e nastri adornavano balconi e finestre dai vetri colorati, quasi a formare un mosaico in grado di riflettere vividamente la luce solare, arricchendola di sfumature calde e suggestive.
Un abile giardiniere avrebbe poi creato un roseto e piantato una magnolia che, con la sua ombra, avrebbe arrecato sollievo dal caldo dell’estate cittadina.
Ada era una ragazza bellissima: aveva un viso dall’ovale delicato, occhi cerulei e capelli biondo grano che portava raccolti in una morbida crocchia, rammentando, nei lineamenti e nel colorito, la celebre Primavera del Botticelli. La corporatura esile suggeriva una fragilità che non corrispondeva affatto al suo carattere, piuttosto deciso e volitivo, seppur accompagnato da una certa grazia innata che conquistava la simpatia delle persone.
Eugenio era invece un giovane avvocato, di dieci anni più grande di lei, già inserito nel foro torinese, dove si era meritato la fama di professionista preparato e brillante. Era un bell’uomo, alto, atletico, dall’andatura leggermente dinoccolata. Aveva occhi neri penetranti e un bellissimo sorriso, evidenziato dai baffi scuri, all’umbertina
, che sottolineavano il candore dei denti e quelle fossette che si formavano ai lati delle labbra carnose, che tanto piacevano ad Ada.
«Labbra da baciare» gli diceva la moglie quando voleva stuzzicarlo un po’!
Entrambi appartenevano ad un ceto alto-borghese e, per questo, non avevano problemi finanziari: le loro famiglie li supportavano in ogni decisione ed esigenza, essendo i due giovani figli unici, amati e coccolati fin dall’infanzia.
Ada aveva studiato Economia domestica in un collegio di suore, così come usavano fare le ragazze di buona famiglia, mentre il marito si era laureato con il massimo dei voti in Giurisprudenza, diventando l’orgoglio dei suoi genitori, che vedevano nel figlio maschio la realizzazione dei loro sogni.
I ragazzi si erano conosciuti attraverso le rispettive famiglie, che si frequentavano da tempo, ma il loro incontro si verificò solo in età adulta, poiché l’infanzia e l’adolescenza di entrambi si erano svolte tra le mura di collegi esclusivi, lontani dall’ambiente famigliare.
Si innamorarono subito l’uno dell’altra, senza che ci fosse bisogno della mediazione dei genitori, tanto che il fidanzamento fu decisamente breve. Dovettero però aspettare che l’impresa edile concludesse i lavori relativi alla costruzione della loro villetta, prima di poter decidere il giorno delle nozze e questa attesa forzata rappresentò per loro una vera sofferenza.
Ora però avevano preso dimora nella bella palazzina liberty, dove avrebbero vissuto insieme, per lunghi anni, circondati dai loro bambini.
Erano trascorsi solo sei mesi dal giorno del matrimonio, quando Ada si accorse di attendere un figlio. La sua gioia fu immensa e anche Eugenio si emozionò moltissimo nell’apprendere la notizia, tanto che disertò, con una scusa, un’importante riunione di lavoro.
Si stava avverando ciò che desideravano: la nascita di un bambino che suggellasse il loro grande amore! Cosa potevano desiderare di più?
«Adina, tesoro, come ti senti? Promettimi che non ti stancherai troppo in giardino… abbi cura di te e del…» Eugenio faticava a trovare le parole, s’imbarazzava, mentre sfiorava, con dolcezza, il ventre della giovane moglie.
«Non sono mica ammalata!» ribatteva con fierezza Ada, facendosi gioco delle preoccupazioni di lui, abbracciandolo con trasporto e con un sorriso incoraggiante.
«Adina, mi raccomando…!» continuava Eugenio, lisciandosi i baffi con espressione preoccupata.
Adina, la sua
Adina, diventava mamma… forse ne era un po’ geloso, oppure la sapeva delicata e la voleva proteggere da ciò che avrebbe potuto causarle un dolore fisico.
Amava chiamarla così, con quel diminutivo, che esprimeva tutto l’amore, la tenerezza e il rispetto che un uomo più maturo vuole dimostrare alla giovane moglie.
La gravidanza, purtroppo, si presentò subito difficile e faticosa. La ragazza aveva perso l’appetito, soffriva di fortissime nausee e capogiri che ne compromettevano la salute generale. Sveniva spesso, rischiando di battere il capo e di farsi male.
Il medico le ordinò di restare a letto per almeno tre mesi, evitando ogni sforzo, cercando di alimentarsi regolarmente, consumando cibi leggeri e genuini.
Le giornate le sembrarono eterne: passava il suo tempo trastullandosi con qualche lettura, guardando il soffitto e immaginando il momento in cui quel piccolino, che ora la faceva così soffrire, sarebbe stato finalmente tra le sue braccia.
Solo durante il quarto mese, Ada ebbe il permesso di tentare qualche passo nella sua stanza, sorretta dalla