Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Dimmi che mi bacerai ancora: (e saremo sempre io e te)
Dimmi che mi bacerai ancora: (e saremo sempre io e te)
Dimmi che mi bacerai ancora: (e saremo sempre io e te)
Ebook668 pages9 hours

Dimmi che mi bacerai ancora: (e saremo sempre io e te)

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Se non lotti per ciò che ami, per cosa lotti altrimenti? La storia fra Madeleine Gal Monticello, rampolla dell’alta società torinese, e Daniel Matthews, ragazzo inglese dal difficile passato, non è mai stata semplice. Insieme, i due giovani hanno affrontato molte sfide e, seppur con difficoltà, superato molti ostacoli e questo ha rafforzato il loro amore e reso più solido il loro legame. Daniel ne ha passate molte e Madeleine è sempre rimasta al suo fianco, aiutandolo e incoraggiandolo ad affrontare la vita difficile che gli è capitata. E lei, grazie a lui, è cresciuta: non è più l’ingenua ragazza d’un tempo, e anche Daniel è diventato più sicuro di sé grazie all’amore della bella ragazza italiana che lo ha aiutato a combattere i demoni di un’adolescenza fatta soprattutto di violenze, fisiche e psichiche, e abusi. Sono molto innamorati ma Madeleine, durante l’estate passata lontana da Daniel – lei a Torino, lui a Manchester – commette, ancora una volta, un grande errore e Daniel, distrutto e sfiduciato, la lascia. Rimane, però, ad abitare con lei. È costretto, visto che non possiede più una casa né una famiglia, e la convivenza fra i due giovani non è semplice. Madeleine tenta di riportare Daniel a sé ma lui è deciso a non cedere. Ed è il destino, infine, a scegliere. Si diverte, ancora, a giocare con loro e a metterli di fronte ad altre difficoltà perché la vita non fa sconti a nessuno, nemmeno ai ricchi, nemmeno se di cognome fai Gal Monticello e hai un padre – Matthew – che può tutto, o quasi, e che non lesina a far leva sul proprio potere pur di allontanare Daniel, ritenuto inadatto per la preziosissima figlia, e separare, magari per sempre, i due ragazzi. Ma Madeleine sceglie di lottare per Daniel perché lo ama e sa che per lui è disposta a tutto, anche a rischiare di perdere l’adorato padre. Non si arrende e non si tira più indietro, neppure di fronte a scelte estreme. Anche Daniel lotterà, ancora, pur di dimostrare quanto vale e farsi accettare dall’intransigente Matthew. In una ennesima girandola di passioni, sfuggente felicità, lacrime, drammi e distacchi con questo romanzo si conclude la saga della famiglia Gal Monticello, con una Madeleine con un carattere del tutto nuovo, a volte inatteso, e un’energia travolgente che sa sfoderare al momento giusto pur di portare la propria vita in salvo, e con un Daniel più agguerrito che mai, pronto a riprendersi la rivincita su una vita che non sempre l’ha trattato con i guanti. Li accompagneremo fino all’inaspettato finale dove, alla fine, è solo l’amore vero a vincere. Quello per cui vale sempre la pena combattere. Daniel saprà rivalersi, e riprendersi ciò che gli è stato tolto ingiustamente? Madeleine troverà la propria strada, e saprà che famiglia scegliere? Insieme ad Anya, Steffan, Emma, Edoardo e altri indimenticabili personaggi – fra cui il magnetico Matthew, severo e deciso, che lascerà dietro di sé contrasti e dispiaceri – vi porteranno a gioire e a piangere insieme a loro, a farvi commuovere fino a concludere le vicende di una famiglia dalle mille sfaccettature che ha saputo catturare il cuore di moltissime lettrici.

La trilogia #MGMSeries è così composta:

Prima che sia buio #1
Prima che il tempo si porti via noi #2

Dimmi che ne vale la pena #3
Dammi solo una ragione #4
Dimmi che mi bacerai ancora #5

... #6 ... coming soon
LanguageItaliano
Release dateAug 7, 2019
ISBN9788834177556
Dimmi che mi bacerai ancora: (e saremo sempre io e te)

Read more from Marilena Tealdi

Related to Dimmi che mi bacerai ancora

Titles in the series (5)

View More

Related ebooks

Contemporary Romance For You

View More

Related articles

Reviews for Dimmi che mi bacerai ancora

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Dimmi che mi bacerai ancora - Marilena Tealdi

    Marilena Tealdi

    Dimmi che mi bacerai ancora

    (e saremo sempre io e te)

    Copyright © Edizione originale 2017

    di Marilena Tealdi

    Tutti i diritti riservati

    Questo libro è opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice o utilizzati in modo fittizio.

    Qualsiasi somiglianza con fatti, luoghi o persone reali, vive o defunte, è puramente casuale.

    Front Cover: Lovely Covers Graphic Design

    (un ringraziamento speciale a Ale Romànce)

    Foto: Fotolia.com

    UUID: ff1e1a5c-ca3d-11e9-9046-1166c27e52f1

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    PRIMA PARTE - Una semplice storia d’amore

    Prologo

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    SECONDA PARTE - Fall in love

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Capitolo 25

    Capitolo 26

    Capitolo 27

    Capitolo 28

    Capitolo 29

    Capitolo 30

    TERZA PARTE - Dammi solo una ragione

    Capitolo 31

    Capitolo 32

    Capitolo 33

    Capitolo 34

    Capitolo 35

    Capitolo 36

    Capitolo 37

    Capitolo 38

    Capitolo 39

    Capitolo 40

    Capitolo 41

    Epilogo

    Ringraziamenti

    Marilena Tealdi

    DIMMI CHE MI BACERAI

    ANCORA

    (e saremo sempre io e te)

    A te, che sei la sostanza dei giorni miei

    A mio fratello Armando

    E ai miei due piccoli cuori

    " You ask me to enter

    But then you make me crawl

    and I can’t be holding on

    to what you got

    when all you got is hurt"

    (One – U2)

    " Perché noi saremo,

    per sempre,

    tu e io"

    PRIMA PARTE - Una semplice storia d’amore

    UNA SEMPLICE STORIA D'AMORE

    Prologo

    Torino, 21 febbraio 2016

    10:07

    È così, dunque? È così che sarà, da ora in poi?

    Me lo sarei dovuto immaginare.

    Ma va’, non scherziamo.

    Non avrei mai potuto immaginarlo .

    E dire che il mio sesto senso me lo diceva, sottovoce in un orecchio, ma non ho mai voluto credergli. E adesso che i miei occhi vedono e che il mio cuore percepisce… Il mio sesto senso annuisce, triste.

    Devo arrendermi all’evidenza. Accettarlo.

    Accettarlo senza se e senza ma .

    Che lui qui non c’è.

    Non è qui. Non è qui con me.

    Lui non è venuto, alla fine.

    In nessun incubo lo avrei mai creduto capace di un simile gesto! E cosa mi resta, adesso, se non un ricordo amaro nel cuore?

    E dire che fino a solo poche ore fa, appena alzata dal letto, mentre mi lavavo, vestivo… Pensavo che tutto si fosse, come per magia, risolto.

    Lo speravo. Con tutto, tutto il cuore.

    Che ci fosse. Che sarebbe apparso.

    Che dimenticasse tutto e venisse qui, da me.

    L’uragano.

    Dài, non prendiamoci in giro.

    Ammettilo, Madeleine.

    Ammettilo almeno con te stessa, se proprio non lo vuoi ammettere di fronte a loro .

    Io, in fondo al cuore, in realtà lo sapevo già da stamattina presto.

    Da stanotte.

    Da ieri.

    Dal trentuno dicembre, quando tutto è cominciato. O da quando tutto è finito ?

    La mia pancia lo sapeva. Erano il mio cuore e la parte sinistra del mio cervello – il cervello ingegnere , la percezione analitica della realtà –, che, cocciuti, non volevano arrendersi. Mi sa che ora, ora che vedo con i miei occhi, dovranno farlo, invece.

    Inesorabilmente. Arrendersi.

    Arrendersi all’inevitabile. All’evidenza.

    E stringo ciò che tengo in mano come se aggrapparmi a questo oggetto potesse in qualche modo aiutarmi. Salvarmi.

    Un poco lo fa.

    Succede.

    Mi rincuora. Il tocco vellutato che sento sotto ai miei palmi mi dà forza, perché so cosa significa, e significa solo una cosa bellissima, nonostante tutto, nonostante questo .

    E ora devo accantonare i sentimenti, certi sentimenti, costringermi a sorridere e farmi coraggio: in fondo sono ancora una ragazza fortunata, non sono stata abbandonata del tutto.

    Loro ci sono. Qui. Per me.

    È che… non credevo che lui alla fine potesse dimostrarsi così crudele.

    Mi ha distrutto. Un vuoto che è una voragine.

    Lei mi guarda con occhi carichi di tristezza, e io vorrei mettermi a piangere. L’ho fatto fino a pochi minuti fa, lo rifarò a breve. Ora no, decido. Ora questo momento è mio, è prezioso, è una prima volta che non tornerà più e io non voglio assolutamente farmela distruggere così per lui, stupido egoista.

    Un paio di lacrime si ostinano a scendere, e provo a sorridere. Ci riesco. Fra tutte le prime volte mancate, in qualche modo questa c’è, anche se in parte rovinata.

    Ed è una prima volta a cui devo aggrapparmi con tutta me stessa, perché non tornerà.

    Sospiro. Volto il capo, facendo scivolare gli occhi dal viso di lei al sorriso incoraggiante di lui.

    Sembra essere tranquillo. Lo è. È speciale.

    Mi chiede se sono sicura.

    Mi dice che sono ancora in tempo.

    Che posso ancora afferrare la cima, nuotare fino alla scialuppa e salirci per mettermi al sicuro, al riparo mentre guardo la nave affondare.

    Guardare lui affondare.

    No.

    Ho fatto una scelta. Sapevo benissimo a cosa andavo incontro quando ho dato il via a tutto questo, quando ho deciso e quando ho detto sì.

    Sospiro.

    Thomas mi guarda sereno e incoraggiante; ha gli occhi di un nocciola molto intenso. È stato davvero dolce con me, mi ha aiutato molto e lo apprezzo. È cresciuto sul serio, e sono fiera di lui.

    Il mio sguardo vaga ancora, in attesa. Carico di speranza.

    Un’ultima volta, per favore , pare implorarmi il cuore.

    E si sta facendo tardi, e tutto non può rallentare solamente perché io non mi decido.

    E io ormai ho deciso. Ho saltato.

    Spero solo che l’acqua non sia troppo gelida e le forti braccia del mio amore mi aiutino a uscirne viva.

    Capitolo 1

    Manchester, sabato 5 settembre 2015

    19:29

    169 giorni prima

    Daniel.

    Madeleine è in piedi di fronte a me, il viso arrossato e congestionato dal pianto, le labbra tirate ed esangui, gli occhi come un cielo perforato.

    È la mia ex ragazza, ormai.

    È così e mi devo rassegnare.

    Perché devo stare sempre così male? Perché i momenti terribili nella mia vita sembrano non avere mai fine?

    Avevo sedici anni, ero da Anya. Mi ricordo benissimo quel momento. Uno dei tanti. Una, fra le molte ferite. Avevo male dappertutto. Avevo male dentro. " Perché fa così male, perché fa così male… ", continuavo a ripetere fra lacrime impastate a dolore, le braccia sull’addome e la faccia affondata nel cuscino.

    E Anya che mi ripuliva dal sangue, mi carezzava nel modo più delicato possibile. Mi diceva che sarebbe finita presto. Lo diceva, ma non ci credeva neppure lei.

    I miei occhi ormai si erano spenti. Come tutti i miei sogni.

    Come la speranza.

    Come ora.

    E Anya mi asciugava il viso fradicio, mi disinfettava i graffi con cura.

    Mi accarezzava piano la testa, a calmarmi come faceva con il figlio piccolo quando stava male.

    E se mi addormentavo, gli incubi mi divoravano.

    Sono passati quegli incubi, adesso.

    Sono finiti quando ho conosciuto Madeleine. La mia principessa crudele.

    Ora, gli incubi, ricominceranno?

    Chi mi carezzerà dolcemente? Chi mi dirà adesso che tutto questo dolore finirà presto?

    Madeleine ha preso il mio cuore e l’ha stritolato. L’ha usato e gettato via.

    Non ho altro, adesso.

    Niente.

    Non ho neppure più lacrime.

    Madeleine.

    Daniel è di fronte a me. Bagnato di pioggia, scuro e bellissimo.

    È un angelo con il cuore spezzato.

    Io ho spezzato il cuore a questa creatura meravigliosa.

    Ha detto quella frase, e io ho avuto un capogiro.

    I contorni di Daniel si stanno facendo sfocati: ho gli occhi che si stanno riempiendo di lacrime. Lui è impassibile, posso biasimarlo? L’ho trattato malissimo, come posso pretendere di ricevere dell’empatia da parte sua, ora?

    Anche se, lo so, lo conosco, anche Daniel ora sta soffrendo. Per me, per se stesso.

    – Non sei più il mio ragazzo, Daniel? – Parlo, ma il fiato non collabora e la voce che mi esce è quasi un sibilo.

    – Ascolta, se è un problema me ne vado, sul serio. Cam mi può ospitare ancora, anche Any. Devi solo farmelo sapere, per favore.

    E a questo punto, sono costretta a fargli l’inevitabile domanda. Anche se preferirei di gran lunga gettarmi nel fuoco.

    – Mi stai lasciando, Daniel? – respiro male, Daniel è sempre più sfocato perché i miei occhi, ormai, sono zuppi di inutili lacrime. Inutili perché non mi aiuteranno a riportarlo da me.

    Ha scelto. Ha deciso.

    Ora si morde il piercing al labbro, guarda altrove. Poi torna a posare quegli occhi color succo di mora su di me. Sorride appena.

    Je suis désolé – dice, piatto. Poi, sprezzante: – Capisci meglio, in questa lingua? – e io mi sento risucchiare in un vortice che mi tritura. Ho le vertigini.

    – Daniel, ti prego…

    – Madeleine, il mio cuore ha l’ingresso custodito da una porta massiccia. È spessa perché non volevo che nessuno ficcasse il naso dentro a un luogo ancora oscuro per me, ma tu… A te è bastato poco per spalancare quella dannata porta. Ero così disperato che mi è bastato essere sfiorato dal tuo semplice sorriso per farti entrare. La dolcezza e la bellezza intensa della tua anima, poi, mi hanno convinto a tenerla aperta, a mostrarti il vero Daniel ma, evidentemente, quello che vi hai trovato dentro… non ti è bastato. E mi rendo conto che forse non sono capace d’amarti come meriti davvero. Non posso darti ciò di cui tu hai realmente bisogno. Il mio insulso amore non è sufficiente per entrambi. La nostra felicità è arrivata al capolinea. La mia, almeno. L’ho finita.

    – Daniel, principe, che dici?

    – Non chiamarmi principe, cazzo! Tu non hai avuto fiducia in me, te ne rendi conto?

    – Io ho fiducia in te…

    – Mi hai accusato di essermi scopato Any! Non hai neppure provato a chiedermelo , talmente eri sicura della risposta. Mentre tu… con Thomas.

    – Ho sbagliato, ma perdonami, ti prego.

    – E chi perdonerà me, Madeleine? Chi si prenderà la briga di salvare me se pure tu sei arrivata a trattarmi come spazzatura? Valgo così poco per te... Il mio amore non vale un cazzo. Io non valgo un cazzo. Ed è vero. Non ho niente da darti, non avrò mai niente... – poi, quasi sottovoce: – Matthew non deve temere: non ti porterò mai via da lui... Sua figlia non è più mia.

    – Daniel, smettila di pensare queste cose! – Piango.

    – Lasciami perdere. Lasciami morire come mi pare. Tieniti Thomas. Sai che sei stata davvero meschina ad avermi accusato di essermi fatto Anya? Ma se lo hai detto è perché lo pensi, e per me non c'è più posto...

    Singhiozzo. È vero. Sono stata davvero meschina ad accusare lui d’averci provato con la sua migliore amica durante la mia assenza da Manchester, il mese scorso, quando io , invece, Thomas l’ho baciato sul serio.

    Chiedo a Daniel di perdonarmi, ma lui è spezzato e io mi lascio andare del tutto alle lacrime, ormai.

    – È tardi, principessa . Lasciamo perdere. Sto male e il mio cuore è così stanco. Io sono stanco… Posso restare ancora qui? Sì o no, e se è no vai tranquilla che non pianto casino. Non dico una parola, prendo i miei stracci e non mi vedrai mai più. Te lo prometto.

    – Non andare via! Ti prego, per favore, Daniel… Certo che puoi restare, devi!

    – Ti ho voluto bene davvero. Più di quello che ho voluto a me stesso.

    – Ti credo. Ti amo. Ti amo da morire.

    Sbuffa, come se non ci credesse. Posso criticarlo?

    Proseguo, dopo aver respirato: – Restiamo amici? – Mi aggrappo a ogni cosa, pur di non perderlo .

    – Amici? Io e te? Non credo proprio. Tu non sei mia amica. Tu sei il mio cuore, Madeleine, e ora non ho scelta. Devo allontanarmi, per sopravvivere. Io un amico non lo amo come… ho amato te. Tu sei l’unica, l’unica, a cui ho permesso di vedere sul serio dentro di me. E ora me lo stai gettando in faccia, come se… come se quello che ho già passato non fosse abbastanza. È assurdo… Sto provando le stesse sensazioni di quando i nostri occhi si sono incontrati la prima volta. Solo che ora sto provando solo un immenso dolore, in contrapposizione alla felicità che provai quel giorno. Eri tu l’angelo che invocavo ogni notte. Lo sai.

    – Allora, ti supplico, ripensaci, Daniel. Perdonami.

    – Non torno indietro. Non mi umilio di più di quel che sono già stato umiliato in passato. Va bene se dormo nella camera di mezzo? – Indica con lo sguardo la stanza sopra di noi.

    Annuisco solamente perché non ho più un filo di fiato in corpo.

    Daniel mi ha lasciato e io vorrei morire subito.

    Sparisce lungo le scale e io mi devo appoggiare alla poltrona per non cadere. Mi ha lasciato.

    Il mio cuore, però, è ancora suo. Quello che c’è stato fra di noi è troppo immenso per gettarlo via così.

    Daniel ha ancora il mio cuore dentro a una tasca e io tenterò di riprendermelo, insieme a lui. Lui è il mio Daniel. E tornerà a essere ancora mio. A ogni costo.

    Manchester, domenica 6 settembre 2015

    13:32

    Il mio telefono squilla.

    Lo ignoro.

    Ignoro i messaggi del gruppo di studio all’università, ignoro le faccine buffe che mi manda Connor. Ignoro i suoi messaggi spiritosi: "Madeleine! Sei il mio dolcetto perduto, la madeleine di Proust! Il dolcetto burroso nel mio tè. Tutto bene?".

    Vorrei che fosse Daniel a inzupparmi nel suo tè. Non di certo Connor…

    Mi aggiro per le stanze di questo appartamento come sperduta. Come se non riconoscessi questo posto. I divani, le poltrone.

    I mobili.

    Il neon rosa sopra la cucina, Hi Manchester , è come se mi deridesse.

    Stupida ragazza , dice.

    E i dischi.

    Tutti quei dischi, tutti i suoi vinili preferiti…

    Quelli dei Pink Floyd, che zio Jean-Marie gli ha regalato per il compleanno, hanno un posto d’onore. Incellofanati, sono custoditi nella rastrelliera come tesori rarissimi. Daniel ama molto quei dischi. È un purista: non credo li abbia mai neppure ascoltati, per non rischiare di rovinarli…

    Lui sa davvero come maneggiare con cura le cose più preziose. Sono io che sono molto brava a scaraventare a terra oggetti di valore inestimabile, e a guardarli mentre si frantumano.

    Come il cuore di Daniel.

    O Daniel stesso, che vale più di tutti i diamanti posseduti dalla mia famiglia.

    Lo avessi anche dimostrato, anziché pensarlo solamente, ora sarei ancora la sua ragazza.

    Daniel, amore mio, a volte ti penso.

    E con a volte intendo sempre .

    Ti penso sempre, mio perduto amore, ma lo so che è inutile struggersi. Tu non tornerai sui tuoi passi. Ti ho ferito troppo, lo so. Me ne rendo conto.

    Sono davvero io questo mostro? Una ragazza insensibile e cattiva che ha accusato un ragazzo, fragile e forte insieme, che è stato stuprato, che è stato preso a calci in bocca, umiliato e spezzato, percosso, segnato nel corpo e nello spirito – ma non nell’animo: è ancora forte e puro come un diamante – di essersi portato a letto la migliore amica perché ormai guarito ?

    Lui è stato lacerato e io l’ho accusato di essere guarito.

    Che persona orribile sono diventata?

    Daniel è cristallo. Io sono vetro sudicio.

    Lui non mi ha tradito, io l’ho fatto. Era solo un bacio, ma… è il gesto che lo ha distrutto.

    Avrebbe distrutto anche me, suppongo, e io ho avuto una vita facile. Anzi, di più.

    Facile e in discesa. Liscia come la seta, morbida come una coperta di angora.

    Daniel è meraviglioso e possiede una forza che non è da tutti. Lui ha sempre e solo dovuto lottare e ha resistito, senza mai abbandonarsi alla cattiveria. Senza mai cedere ai suoi aguzzini e diventare con il prossimo crudele come sono stati loro con lui.

    Daniel ha dovuto scontrarsi contro una madre indifferente, contro un fratello malato e crudele, contro la fame, il freddo, le percosse. Gli abusi.

    Preso, usato. Violentato. Da sfruttare fino al massacro.

    Ma lui è una roccia. È forte come la tempesta che lo ha travolto, persino di più. È l’acqua che non si lascia sopraffare dal freddo. È un elemento che scorre, che crea energia, resiste e non diventa ghiaccio.

    La sua anima è ancora autentica e sana, nonostante il male…

    E il dolore che io gli ho provocato non è altro che il tornado che ha spazzato via dal suo bellissimo cuore l’amore che provava per me.

    " È chiaro che la verità che cerco non è lì dentro, ma in me." Marcel Proust.

    Manchester, martedì 8 settembre 2015

    8:02

    Daniel mi manca da morire.

    Siamo vicini e siamo lontanissimi.

    Siamo due areoplani diversi nello stesso cielo; guardiamo tramonti separati.

    Il giorno ferito che non vuol finire mai.

    Che schifo, vero?

    Lo guardo, facendo finta di non guardarlo; lui passa, bello e irraggiungibile come una nuvola spumosa, bianca e assolutamente perfetta .

    A volte, pur di distanziarmi da lui – quantomeno tentare di farlo –, pur di non soffrire così tanto, penso di tornare a casa un po’ di giorni, considerato che i corsi in facoltà inizieranno solamente il ventuno settembre ma, da perfetta masochista, il mio cuore desaparecido mi obbliga a restare: non vuole separarsi da Daniel.

    Se parto, lo perdo più di quel che l’ho perso già, e non voglio rischiare.

    Nel frattempo, i Primi Giorni After Daniel sono passati indenni e questo è un brevissimo riassunto di quello che ancora sto provando:

    sensazioni: da schifo;

    umore: in Nuova Zelanda;

    punteggio da uno a dieci sull’andamento della suddetta settimana, dove uno è molto negativo e dieci molto positivo: meno diecimila.

    Sono in cucina, a preparare il caffè e la colazione. Ogni tanto – circa ogni tre secondi – alzo la testa per guardare il soffitto, fra una placca di vetro e l’altra – il pavimento della camera degli ospiti (ex camera degli ospiti, ormai: ora è camera di Daniel) –, per scrutare se ci sono dei movimenti.

    Be’, inutile nasconderlo: sorvegliare come un falco è quello che faccio da un po’ di tempo. Da perfetta aspirante stalker , spio Daniel e controllo tutti i suoi spostamenti.

    Ecco, mi pare d’aver scorto un’ombra. Daniel si deve essere alzato. Vado in fibrillazione, come una ragazzina con una cotta assurda per il migliore amico.

    Peccato che Daniel non sia il mio migliore amico.

    Non è neppure mio amico . Daniel adesso è solo il mio coinquilino. Punto e basta. E, grazie al lavoro da Alfred che ha ripreso a fare in questi giorni, in attesa che cominci la scuola, mi ha già perfino pagato affitto e bollette – gli ho detto che non volevo quei soldi, e lui ha minacciato d’andarsene; li ho dovuti prendere.

    Cerco di mettere su del pane a tostare e delle uova – sono per lui: io non mangio mai le uova al mattino – mentre lo scorgo muoversi per andare dal letto al bagno.

    Passo davanti al forno a colonna e mi specchio sulla nera superficie lucida: sono orrenda! Tiro fuori dalla tasca della vestaglia di seta che indosso il lucidalabbra e me lo metto rapida. Mi ravvivo i capelli, li liscio e li sistemo con le dita. Non è il caso di darmi dei pizzicotti sulle guance per dar colore alla mia pelle: lo so, appena il mio sguardo incrocerà quello di Daniel, diventerò rossa come un pomodoro piccadilly .

    Torno alle mie faccende – versando il caffè nella tazzina lo faccio traboccare e sporco il ripiano, carbonizzo un toast e faccio anche bruciacchiare le uova nella padella – e tento di essere indifferente mentre intravedo Daniel scendere le scale, e la cucina puzza come un forno gestito da maldestri o dal cuoco dei Muppet .

    Oddio.

    Il bello e il brutto di questa cucina. Avendo le pareti in un vetro perfettamente trasparente, ho anche una visuale completa sulle scale – che sono in vetro pure loro – che portano al piano di sopra.

    Questo appartamento ha un sacco di vetro, lo so (il punto vetroso più spettacolare? Senza dubbio l’enorme vetrata che scorre sui tre piani e che dà su quasi tutta Manchester).

    Guardo Daniel con la coda dell’occhio, mentre sorseggio un caffè troppo lungo per i miei gusti. Guardo il mio ex fidanzato e penso: Wow . Non ho altre parole. Potrei svenire.

    Dire che è bello è dire poco.

    Maglietta bianca a maniche lunghe, attillata quel tanto che basta a sottolineare il torso ben disegnato e con i bottoni allo scollo lasciati aperti a mostrare meglio una porzione dell’intricato tatuaggio a ragnatela che dalla gola gli scende fin giù sul petto, jeans blu scuro che fasciano le lunghe gambe slanciate, cintura in cuoio e sneaker blu e bianche ai piedi.

    È perfetto, sembra un modello.

    E, al polso, ha l’orologio che gli hanno regalato mami e Sebastiano per il compleanno; copre parzialmente il tatuaggio con la rana che si è fatto da ubriaco qualche settimana fa. Quando era ancora mio .

    I neri capelli dai naturali riflessi violacei sono ben pettinati; alcuni ciuffi ribelli gli sfiorano le guance. Le punte oscillano leggermente a ogni passo che fa.

    È deciso, mi vuole morta, allora? È la cosa più bella che io abbia mai visto.

    Ah, che stupida. Dimenticavo il punto più importante di quel viso spettacolare. Gli occhi.

    Ametiste, su quella pelle d’alabastro.

    Poso il caffè e torno a imburrare un toast sopravvissuto alla carbonizzazione, facendo finta di non aver visto Daniel scendere le scale e venire qui in cucina.

    Seee, di sicuro.

    – Buongiorno… – sento alle mie spalle. Mhmm, la sua voce di miele… Perché mi eccita ancora così tanto? Alzo gli occhi dal mio toast mezzo distrutto – è appena diventato la mia valvola di sfogo –, mi volto al ralenti e guardo il mio ex ragazzo. E sento le guance, come da programma, diventare di un irritante color porpora.

    Cerco di sorridere. – Buongiorno, Daniel.

    Lui è serio. Ha le mani infilate nelle tasche anteriori dei pantaloni.

    Non mi guarda. Meglio: mi guarda dritto negli occhi, senza far scivolare quel viola carico sul mio corpo. Potrei essere davvero nuda, e lui non farebbe trapelare ugualmente alcuna emozione.

    Ma tanto indosso, sotto alla vestaglia, un pigiamino di cotone rosa confetto. Niente di sexy. A che pro?

    Daniel si passa una mano fra i capelli, si lecca il labbro inferiore e così facendo scorgo in un lampo argentato il piercing che ha sulla lingua, e parla con il bell’inglese con l’accento di Manchester: – Ti scoccia se faccio colazione insieme a te?

    – No! Accomodati. Scusa, ho bruciato le uova e pure i toast. Ecco perché c’è questa puzza. – Lui non fa una piega. Cerco di dire qualcosa di spiritoso: – C’è puzza, ma non è perché non mi sono lavata, questa mattina.

    Cavoli. Neppure un sorriso.

    Cincischia un secondo fermo sulla soglia, come indeciso, mi dà ancora un’occhiata – scende fino al collo e io arrossisco ancora – poi, indifferente, viene verso il bancone e alla macchinetta del caffè.

    Il mio piatto è pieno di briciole, frammenti di pane tostato e burro a pezzetti, ma tanto chi ha ancora fame? Mi si è chiuso completamente lo stomaco, adesso. Il modo con cui Daniel non mi guarda, e mi tratta… mi uccide.

    Sono a poco più di un metro da lui; faccio finta di dargli un’occhiata distratta mentre finisco di distruggere del tutto il mio toast, martoriandolo. – Sei elegante. – dico, fingendo una certa nonchalance che ora non possiedo assolutamente.

    Daniel abbassa gli occhi sulla maglietta bianca, si dà un’occhiata fugace, fa una smorfia. – Mi trovi elegante? – e rialza gli occhi di velluto e sorride, è magnifico e gli fisso inebetita il piercing che ha all’angolo del labbro inferiore. Dio. Vorrei leccarlo. Tanto. Tantissimo.

    Passare il giorno a leccare il piercing al labbro e succhiare quello alla lingua…

    Perché questo fantastico esemplare di ragazzo neo-diciottenne è così dannatamente sexy, accidenti? Non potevo scegliermi un fidanzato brutto? Ora non soffrirei di sicuro così. O quantomeno non soffrirebbero i miei occhi e la mia… pancia. Più sotto, okay.

    Non sentirei tutto il sangue affluire laggiù .

    Sto pensando a leccargli il piercing e accarezzargli il tatuaggio che ha sulla pancia, a correre con le dita in basso e poi baciarlo e…

    – Madeleine, ci sei?

    Daniel mi guarda attento, in attesa; dovrò sembrargli una decerebrata.

    Ops.

    Torno sulla Terra e in questa cucina e annuisco, come un film in dvd messo avanti a massima velocità. Muovo la testa perché non riuscirei a spiccicare una sola parola: ho la bocca asciutta, foderata di lana.

    Daniel si morde il piercing – accidenti! –, si tocca la nuca in un gesto che ho sempre trovato adorabile.

    – Dicevo, sto solamente andando a Scuola guida. Considerato la lettera minatoria –, e fa una smorfia buffa che mi fa sorridere e palpitare –, che Edoardo mi ha mandato di recente, ho deciso d’andare a iscrivermi. Ti va bene?

    Mio fratello Edoardo e io, per il diciottesimo compleanno di Daniel, che è stato il sette d’agosto, gli abbiamo regalato le lezioni per poter conseguire la patente e pagato l’intero iter burocratico nella Scuola guida più trendy della città.

    E Daniel, quando mi ha lasciata, m’aveva detto che avrebbe rinunciato al regalo e quindi io gli ho fatto scrivere una mail da Edo, in modo da persuaderlo e fargli cambiare idea.

    Edoardo ha vinto dove io ho fallito. Ma va bene così. L’importante è che Daniel prenda la patente.

    – Sono contenta. Ti piacerà guidare. – Daniel spalanca gli occhi.

    Ops. Ho appena fatto una gaffe.

    Di recente Daniel ha dovuto scontare centoquaranta ore di servizi sociali perché a gennaio ha guidato senza patente una Pontiac rubata – ma lui non lo sapeva che fosse rubata. È stato suo fratello Syd a obbligarlo.

    Syd ha obbligato Daniel a fare un mucchio di cose terribili e molto tristi, in passato.

    Syd ora è in galera per spaccio di droga e ne avrà per molto tempo.

    – Scusa, Daniel. Non volevo essere insensibile.

    – Tranquilla, lo so. Non ci hai pensato. Nessun problema. – Finisce di bere il caffè. – Vado, allora.

    – Non hai mangiato niente.

    – Non ho molto appetito. – Abbassa lo sguardo sul piatto contenente il toast maciullato. – Neppure tu hai mangiato… Devi mangiare, Madeleine. Stai… dimagrendo.

    Oh, l’ha notato. Ha notato che sono l’ombra di me stessa… Amore mio, torna da me. Ti prego . Ricaccio indietro le lacrime. Parlo, ferma: – Ho un po’ di nausea. – mento. Anzi, no. È vero: ho nausea. Perché sto male. Perché tu non sei più il mio ragazzo.

    – Mi dispiace.

    – Non è nulla. È… il ciclo.

    – Ok. Dopo la guida passo da Anya, e se è libera mi fermo a pranzo con lei e Casper.

    – D’accordo. Anch’io esco, per andare al campus; tornerò in serata. Salutami Anya, e Casper. E, se lo vedi, anche Cameron.

    – Certo. – Dà una sciacquata alla tazza, la mette nella lavastoviglie e poi, dandomi un ultimo sguardo viola scuro dritto negli occhi, va via.

    Preoccupata da uno a dieci perché il mio fantastico e bellissimo ex ragazzo passerà del tempo con la sua migliore amica, amica che – nonostante ora stia con Cameron – è da sempre innamorata di lui, così tanto da avermi fatto credere, tempo fa, che il piccolo Casper di soli tre anni fosse figlio di Daniel anziché di quel tossico di Syd? Un miliardo.

    Sono fottuta.

    Capitolo 2

    Daniel.

    Ho fatto domanda per il foglio rosa e mi sono iscritto a Scuola guida. Nonostante sappia già guidare, ho deciso di fare le cose per bene e frequentare anche un paio di lezioni di pratica, oltre che la teoria.

    E anche la teoria – proprio come la pratica – sarà una passeggiata per me, quindi credo che avrò la mia bella licenza di guida molto presto. Be’, un piccola soddisfazione una volta ogni tanto, che caspita!

    Ho pranzato con Any e Casper; il piccoletto mi fa sempre un milione di feste quando mi vede. Anche Any vorrebbe saltarmi addosso e strapazzarmi di baci. Lo so. Lo capisco da come si comporta.

    Se sapesse…

    Anya non sa che Madeleine e io ci siamo lasciati. Non mi sono confidato con lei per un mucchio di motivi. Uno dei motivi è che, molto probabilmente, è ancora innamorata di me, e Cameron non si merita d’essere lasciato così.

    Un altro motivo è che, semplicemente, io sono ancora innamorato di Madeleine.

    E quindi: o lei, o nessun’altra.

    E credo che sarà nessun’altra per un bel po’ di tempo…

    Ho riportato ad Anya i saluti di Madeleine e la mia amica: – Sai dove può ficcarseli i suoi saluti? – Acida. Poi, ancora più acida: – Ma quella scema ti tratta ancora come una pezza o è diventata più accomodante?

    Ah, Anya, se fossi a conoscenza di tutto quanto mi salteresti addosso in questo istante. Vorresti far l’amore con me subito.

    Quindi mi trattengo e rispondo solo: – È molto cortese. – È vero. Madeleine è garbata con me, adesso .

    Se solo lo fosse stata anche prima . Se non mi avesse detto quelle parole terribili – che sono un pezzente, che sono guarito e mi scopo Anya, che è colpa mia se a suo nonno è venuto l’infarto, che sono una sciagura; se non avesse giocato a calcio con il mio cuore, se non avesse sputato addosso alla mia dignità, se non avesse permesso a Thomas di baciarla…

    Se solo fosse stata davvero innamorata di me.

    Ma l’ha fatto. È successo.

    Ha fatto tutte queste cose.

    E quando ha detto che sono guarito ha passato il limite.

    Che posso scoparmi Any?

    Guarito.

    Non lo so, se sono guarito.

    Potrò mai guarire dagli stupri che ho subìto? Le percosse le urla il dolore lo strazio e il credere d’essere ormai annientato .

    Anya mi riscuote: – Danny, quella cretina è cortese ? Cazzo, che sforzo. Io ti travolgerei di baci ogni secondo, saresti sempre preso a coccole. – Mi guarda, arrossisce.

    Si è resa conto di quello che ha detto.

    Le sorrido, me ne vado.

    Sto giusto uscendo da casa di Any quando mi squilla il cellulare. Lo afferro, guardo il display e per poco non mi viene un colpo: è l’ingegnere.

    Cazzo.

    Madeleine – giustamente – si sarà decisa e gli avrà detto che l’ho lasciata e ora lui vorrà finire l’opera cancellandomi dalla faccia della Terra.

    Rispondo. Inutile rimandare l’esecuzione. Quel tizio mi odia .

    – Pronto? – Cerco d’avere un bel tono di voce, di uno che è sicuro di sé.

    – Ciao Daniel. Aspettavo una tua chiamata, ma se aspetto te posso anche crepare. Com’è andato il test a scuola?

    È vero, avrei dovuto farglielo sapere. Almeno questo, visto che è solo grazie a lui se ho avuto l’onore e il privilegio di varcare i cancelli dell’esclusiva Abbey School .

    E il test d’ammissione l’ho fatto pochi giorni fa.

    – Bene. Sono stato preso. Mi aspettano per un colloquio.

    – Dio mio, Daniel! E farmelo sapere ti faceva schifo?

    – Scusi, signore. Non la volevo disturbare…

    Mi interrompe, sbrigativo: – E quando sarebbe, questo colloquio?

    Adesso si incazza di brutto . Cerco di sviarlo: – È per mercoledì nove, nel pomeriggio.

    Silenzio. Si rende conto. Ruggisce: – Cazzo, Daniel, il nove è domani! Lo so di non essere il tuo migliore amico, ma che diavolo, io non è che qui faccio una sega da mattina a sera, sai? – sbuffa. Assenza di rumori. Ha riattaccato? Poi: – Domani sarò lì, così ci andremo insieme. Dillo a mia figlia. Ciao.

    Saluto, ma ha già messo giù.

    Passo da Alfred. Ieri è stato il mio ultimo giorno. So già che presto, con la scuola, non avrò più tempo da dedicare a questo lavoro e quindi mi sono dovuto licenziare. Peccato. Mi piaceva lavorare alla griglieria: almeno mi toglieva da casa e dal tormento d’avere Madeleine accanto a me, e la consapevolezza di non poterla toccare considerato che ormai non è più la mia ragazza, visto che l’ho lasciata.

    Mi mancherà passare le ore qui al locale, oltre che mancarmi lo stipendio, chiaro. Mi chiedo come farò ad andare a scuola, a procurarmi il necessario per studiare, continuare a pagare l’affitto e le bollette a Madeleine e… sopravvivere. Lo stipendio di Alfred, anche se misero, mi dava l’impressione d’essere di nuovo indipendente. E ora come faccio?

    Quel poco che ho guadagnato l’ho già dato tutto alla mia ex ragazza per le spese dell’appartamento. Lei naturalmente non li voleva, e io ho minacciato d’andarmene.

    Li ha presi.

    Bene. Non voglio essere il suo mantenuto. Essere la sua puttana .

    Anche se non scopiamo più.

    Perché devo sempre faticare così tanto? Dovrò chiedere all’avvocato (mi rifiuto di chiedere aiuto all’ingegnere) se sono previsti dei sussidi per i pezzenti come me. In fondo i parrucconi dell’Abbey hanno detto che ho un’intelligenza strabiliante, credo mi vogliano sottoporre al test per misurare il coefficiente del mio Quoziente intellettivo. E, se mi va bene, forse posso accedere a una borsa di studio già ora e far risparmiare all’ingegnere un sacco di quattrini. A lui un sacco di sterline e a me l’umiliazione di sapere che è lui a foraggiarmi.

    Speriamo siano previste sovvenzioni per quelli come me. Mi dispiacerebbe rinunciare al diploma proprio adesso che so d’esserci così vicino…

    Torno a casa di Madeleine in serata, dopo esser stato in palestra per buona parte del pomeriggio. Grazie a Cameron ho l’accesso gratuito. Lui, però, non c’era; era al lavoro – fa il muratore/carpentiere in un cantiere non distante da qui – e senza la sua compagnia mi sono annoiato in fretta. Ho fatto solo qualche peso mentre Sharon, una sua ex, dalla postazione del punching-ball mi ha lumato per tutto il tempo, dopo esserci scambiati qualche chiacchiera. Su di me sono restato molto sul vago; parlava sempre lei, e solo per mettersi in mostra.

    Non è che facesse chissà quale sforzo per pavoneggiarsi, infilata com’era in un paio di pantaloncini attillatissimi e in un top rosso minuscolo.

    La pelle liscia e lucida di sudore.

    E ora, a casa, il cuore mi batte forte.

    Ancora nell’ingresso, intravedo Madeleine accoccolata in salotto, oltre all’arco in mattoni bianchi, su una delle poltrone in cuoio; a gambe incrociate, è intenta a leggere un pesante tomo che ha aperto sulle ginocchia.

    Non mi ha sentito tornare, è bella e concentrata.

    C’è solo la calda luce di una lampada a rischiarare l’ambiente, oltre che Manchester ben illuminata e lucida di pioggia là fuori oltre la vetrata, e la mia dolce ex ragazza è totalmente presa dalla lettura. Lo sguardo attento sulle parole del libro.

    Inoltre, c’è un tepore qui in casa che non è niente male. Credo che Madeleine abbia già provveduto ad accendere il riscaldamento – la mia adorabile freddolosa…

    Se ripenso ai miei giorni a Cheetham, quando vivevo al freddo perché non potevo permettermi di pagare la bolletta del gas… Che differenza da là a qui, eh?

    Ero proprio un morto di fame. Okay, lo so: lo sono ancora. Va be’.

    Mi disfo del giubbotto – quello che mi ha regalato la signora Emma a Pasqua – lo faccio sgocciolare sull’attaccapanni, mi disfo delle sneaker (ricordarsi di mettere gli anfibi, la prossima volta: ho i piedi umidi e freddi) e, scalzo – mhmm, questo posto ha anche il riscaldamento a pavimento che è una vera goduria per i piedi –, raggiungo Madeleine.

    Dio. Vorrei non averlo fatto. Vorrei essere andato subito diritto di sopra, a rinchiudermi nel mio antro. A farmi una doccia ghiacciata.

    È bellissima.

    È struccata e ha i capelli accrocchiati in cima alla testa, stretti in un mollettone giallo a formare un gomitolo di spago , ma Dio se è bella, con alcuni lunghi ciuffi ribelli che le incorniciano il viso di porcellana.

    Addosso ha dei calzini a strisce rosa e rosso (indossa spesso dei calzini così assurdi, lei che è miliardaria, che potrebbe indossare roba super lussuosa ed elegante anche per stare qui in casa, e quello me la fa amare sempre di più), dei pantaloni felpati, grigi, e una maglietta blu, aderente, e le sue tette… wow. Giocherei tutta la notte con quelle due spettacolari collinette.

    Devo sforzarmi e continuare a guardarle solo il viso. Se le osservo il bel corpo non capisco più un cazzo e sarei capace di saltarle addosso e a implorarla di rimettersi con me.

    Sono giorni che mi obbligo e mi impedisco di non guardarle il corpicino da sballo – un po’ dimagrito, però. Mhmm. Me lo mangerei. Lo coprirei di baci e succhiotti. Passerei il piercing su quella pelle di seta come se leccassi del burro.

    Infilerei volentieri la sfera d’argento che mi orna la lingua fra le pieghe e nel taglio della sua carne morbida e calda. E stretta… Oh, se penso a quanto è stretta, e bruciante e accogliente…

    Ohi, Daniel. Calmiamoci, okay?

    Anche il mio uccello è del mio stesso parere – toccare Madeleine – e me lo fa capire con delle fastidiose erezioni che devo pensar da solo ad acquietare, ed è per questo motivo che la guardo solo in viso e cerco di restare con lei il meno possibile. O prenderla e sbatterla al muro e farci l’amore è un attimo.

    Basta, Daniel. Datti una calmata. Sembri un verginello.

    Cosa che non sono più da tre anni, ormai – e non per volere mio.

    Madeleine alza gli occhi dal libro, lo poggia contro al seno – è un mattone sull’Archeologia Romana – e vedendomi si rallegra all’istante.

    Si spalanca in un bel sorriso, mentre lo sguardo azzurro cielo si posa sulla mia faccia stanca.

    Oh, quel sorriso. Mi sta mandando in orbita. Quella bocca, le labbra dolcemente incurvate all’insù…

    – Ehi, ciao Daniel!

    – Ciao.

    – Sei tornato presto.

    – Mhmm. Sì. Mi sono licenziato da Alfred, sai, la scuola…

    – Hai fatto bene. Devi pensare solo allo studio.

    – Già…

    – Quindi ora resti a casa?

    Ha un tono di vaga speranza o fastidio? Non è che…

    Mormoro: – Hai bisogno che sparisca? Aspetti qualcuno? Torno più tardi.

    Faccio un mezzo passo all’indietro. Cazzo, se aspetta sul serio qualcuno devo soffocare all’istante l’istinto da uomo cavernicolo che mi sta crescendo dentro. Ma devo farmene una ragione. Io l’ho lasciata. E lei può fare quel cavolo che vuole, ora, senza di me.

    Anche aspettare qualcuno. E portarlo qui per scoparselo sul suo letto.

    Mi accorgo che sto trattenendo il respiro, in attesa della risposta.

    Lei è confusa: – Aspettare chi? No di certo, che pensi? Non aspetto nessuno. Mi fa piacere averti a casa, tutto qui.

    Respiro.

    Imbarazzo.

    Che cazzo, odio questa situazione. Comportarsi da perfetti sconosciuti quando in realtà… ci conosciamo molto bene. Più che bene.

    Ogni centimetro di quella pelle è stato sfiorato dalle mie labbra e dai miei piercing – eccetto che dai piercing ai capezzoli che, essendomeli fatti il giorno che l’ho lasciata, non ha avuto modo di vedere.

    Ogni centimetro di quella pelle è stato ricoperto dai miei baci e toccato dalle mie mani.

    E mi manca come se non avessi più ossigeno.

    Cerco di riscuotermi e cambiare discorso, altrimenti le salto addosso e la prendo lì sulla poltrona.

    La bacerei e la coccolerei per tutta la notte.

    No. L’ho lasciata.

    Lasciata, Daniel. Ficcatelo nella zucca.

    – Mi ha cercato tuo padre.

    Madeleine molla il libro, scatta come presa da una scossa e, scalza, viene a un passo da me.

    – Quando? – esclama, agitata.

    – Poco fa…

    – Per? – È sempre più agitata.

    – Per chiedermi della scuola e del test.

    – E tu?!

    – Gli ho detto che è andato bene, che sono stato accettato e che mi aspettano per il colloquio domani.

    – E basta?

    Basta che cosa?

    – Gli hai anche detto che noi, che tu… – le si gonfiano gli occhi di lacrime, si morde le labbra e si stritola il bordo inferiore della maglietta.

    – Ehi, – Poso delicatamente le mani sulle sue braccia nude – oh, che bello – e cerco di riscuoterla. – Cosa c’è?

    – Gli hai detto che mi hai lasciato?

    Lascio cadere le mani, scuoto il capo.

    Lei tira un lungo sospiro di sollievo.

    – Non vuoi farglielo sapere?

    – No.

    – Perché?

    – Non voglio, e basta. A parte Edo, della mia famiglia non lo sa nessuno.

    – Neppure tua madre?

    – No.

    Wow. Se non lo dice a Emma, allora è sul serio una cosa grossa.

    – Neppure alla tua migliore amica? Benedetta? – Con qualcuno, a parte Edo che avendo solo quindici anni non so quale consiglio possa averle dato, deve essersi confidata! Ma lei scuote energica il capo. Continuo: – Neppure… – Dio come odio quel nome: – Thomas?

    – Nessuno, Daniel.

    – Non vuoi farlo sapere?

    – No! Anche se suppongo che Anya…

    – Non lo sa neppure lei. Non l’ho detto a nessuno neppure io.

    – Sul serio?

    – Già.

    Mi sorride e io vorrei baciare le sue belle labbra rosa.

    Invece me ne vado di sopra, a calmare i miei bollenti spiriti e a tentare di mettere un po’ in ordine i cassetti disordinati della mia mente.

    Manchester, mercoledì 9 settembre 2015

    9:10

    Madeleine.

    Papà è qui solo da un minuto, e io sono già in un bagno di sudore dal nervoso. Non voglio che venga a sapere che Daniel e io non stiamo più insieme.

    Anche se è stato Daniel a lasciarmi, tecnicamente è come se lo avessi lasciato io.

    E questo perché ad agosto ho passato il mese insieme a mio nonno Michele, che ha avuto un infarto il giorno del compleanno – che è il sette di agosto, proprio come Daniel – e per un periodo non sono stata del tutto da sola, a casa con il nonno.

    Ho passato con nonno buona parte del mese – rinunciando perfino a dei corsi estivi in facoltà, perdendo in questo modo dei preziosi crediti extra –, perché mi sentivo in colpa: nonno l’infarto lo ha avuto perché insieme a noi – a me – durante la festa di compleanno c’era anche Daniel, che nonno odia con tutte le sue forze. Ma, con il senno di poi, è chiaro che non è stata colpa di Daniel se mio nonno ha avuto un attacco di cuore… Purtroppo è stata solo una tragica coincidenza.

    Ma io ero arrabbiata con Daniel – molto – e, in preda a quella stupida e immatura rabbia cieca, ho permesso a Thomas – il mio migliore amico – di restare con me alla villa sul lago, a Baveno, a farmi compagnia e ad accudire nonno. E a farmi baciare. Una volta, ma è stata una volta di troppo…

    Devo rivelare una cosa, per far comprendere meglio l’astio che Daniel prova verso Thomas: io l’amore la prima volta non l’ho fatto con Daniel. L’ho fatto con Thomas. E per completare meglio il tutto, sono anche rimasta incinta.

    E ho avuto un aborto spontaneo dopo un mese e mezzo di gravidanza.

    L’unica cosa positiva di questa faccenda della gravidanza?

    Sarei dovuta andare a fare l’università a Cambridge – la stessa del nonno e del bisnonno – ma l’essere rimasta incinta prima, e l’aborto poi, mi hanno mandata un po’ in tilt e mi hanno fatto guardare la mia vita su un piano differente.

    A scuola, e nella vita, sono sempre stata Madeleine Gal Monticello, figlia di Matthew e nipote di una contessa inglese la cui madre – la bisnonna Madeleine – prendeva il tè con la Regina.

    Sono sempre stata quella ricca, la privilegiata.

    E lo sarei stata anche a Cambridge. Il mio pesante nome sarebbe arrivato sempre prima di me.

    E così ho scelto d’andare a studiare Archeologia e Storia dell’Arte all’Università di Manchester.

    E così ho conosciuto il mio Daniel, ragazzo che dalla vita ha ricevuto solamente un mucchio di calci in faccia.

    Ha un cuore che è d’oro puro. Non si merita lo schifo che ha ricevuto.

    E non si merita il fatto che io, durante il mese passato a Baveno con nonno, abbia baciato Thomas.

    Che lui mi abbia baciato e che io lo abbia ricambiato.

    Sempre perché troppo arrabbiata con il mio fantastico ragazzo per poter ragionare con lucidità.

    Sono una stupida. È da quel giorno che me lo sto ripetendo. Un’insulsa, grandissima e ottusa stupida.

    Daniel ha fatto bene a lasciarmi.

    E anche se non stiamo più insieme non potevo mandarlo via da questa casa, non solo perché la casa dove abitava – a Cheetham Hill – non esiste più, rasa al suolo, ma perché so che qui è al riparo e può restar tranquillo. Che se fosse per me lui non sborserebbe un soldo. La casa è mia – regalo di daddy per i miei diciotto anni e per gli studi qui a Manchester – e le bollette sono sempre pagate.

    Il frigo pieno e i radiatori bollenti.

    Le stanze pulite e la biancheria lavata e stirata grazie a Maristella.

    A me non interessa avere i soldi di Daniel, per le spese di questo posto. A me basta avere lui, e saperlo sereno e protetto.

    Mio padre gli ha fatto da tutore quando – sempre per causa di Syd – Daniel è finito in riformatorio; ha abitato con noi a Torino per circa due settimane ed è entrato nel cuore della mia famiglia più che mai.

    Eccetto che per il nonno e mio fratello minore Michele jr, gemello di Edo. Per loro Daniel è solo un opportunista. Non è così, e un giorno lo capiranno.

    Papà e io siamo in salotto, a bere caffè mentre chiacchieriamo di sciocchezze, quando finalmente Daniel appare bello come un angelo sotto l’arco di mattoni bianchi.

    Intimidito alla vista di mio padre – anche daddy con lui non è mai stato molto gentile, anzi – si tocca la nuca mordendosi il piercing al labbro.

    – Buongiorno, ingegnere.

    – Ciao, ragazzo. Andiamo? – Daddy molla la tazzina vuota e scatta in piedi, prendendo la giacca che aveva abbandonato sulla poltrona.

    – Sì, certo. Ciao, Madeleine.

    Gli sorrido, ricambio il saluto.

    Daniel.

    In ascensore chiedo all’ingegnere se è venuto con un taxi oppure se ha noleggiato una macchina.

    Lui alza un sopracciglio.

    – Secondo te? – dice, nel suo elegante inglese con il puro e aristocratico accento di Londra.

    E, in strada, ho un mezzo infarto: c’è un’Aston Martin color argento parcheggiata lungo al marciapiede, di fronte alla scalinata d’ingresso del palazzo.

    È la mitica DBS V12 .

    – Non mi dica che è venuto con quella?

    – Avevo voglia di guidare una puledrina più vivace. Ti piace?

    – È fichissima. – Cazzo, se lo è. L’auto di James Bond. La macchina di Quantum of Solace .

    E schizza proprio come si vede nei film di 007. Considerato che l’ingegnere guida nello stesso modo pazzoide e sconsiderato dell’agente segreto al servizio di Sua Maestà.

    Sono aggrappato come un cretino al sedile.

    – Non può rallentare, cazzo?! – esplodo dopo l’ennesimo semaforo arancione, e l’ingegnere sghignazza.

    Rallenta.

    – Tu e Madeleine non state più insieme, vero? – dice di colpo, ben concentrato sulla guida. Ci sono dei lavori lungo la strada e la corsia è a senso alternato.

    Sono spiazzato. – Madeleine si è confidata?

    – No. Ho visto.

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1