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Diario di una breve stagione
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Diario di una breve stagione

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Ho incontrato Ferrante per la prima volta nella scuola, al liceo classico “Virgilio” di Mantova: stava nel primo banco, proprio davanti alla cattedra.
Attento, preciso fino alla meticolosità, interveniva pacato, serio, nelle ore di scuola, come uno che stava continuando un suo discorso interiore che da tempo andava rielaborando. Poi il suo sorriso aperto, che gli illuminava il volto, mentre scherzava con gli amici durante gli intervalli, mi richiamava alla sua giovane età. Aveva allora diciassette anni. Dal tempo del ginnasio era affetto da linfogranuloma.
Nell’anno in cui io lo conobbi (1966), Ferrante già sapeva del suo male. In ospedale era riuscito ad impossessarsi della propria cartella clinica, e poi s’era informato su dei libri di medicina. Ma noi non ce n’eravamo accorti.
Così scrive – nella Presentazione – il suo insegnate di religione.
Le pagine di diario, qui ripubblicate in Terza edizione, sono il risvolto interiore dell’ultimo anno di vita di Ferrante Bandera, la storia segreta della sua lunga vigilia. Vi troviamo i sogni, le attese, i rimpianti, la fierezza di tanti giovani, vissuti ed espressi con una particolare acutezza e lucidità, così da trascendere il semplice fatto episodico e farsi discorso sull’uomo.
Ferrante è stato un ragazzo che ha vissuto la sua giovinezza, prematuramente interrotta, negli anni Sessanta; un giovane che amò la vita non come un dono da custodire gelosamente per se stessi, ma come un bene da condividere generosamente con gli altri, che cercò una via di autenticità contro ogni moda conformistica del tempo.
Per questo il suo diario può ancora dire tantissimo ai giovani del nostro tempo, e, insieme, rappresentarli nelle loro aspirazioni e istanze più vere.   
LanguageItaliano
Release dateAug 23, 2019
ISBN9788868673932
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    Diario di una breve stagione - Ferrante Bandera

    Ferrante Bandera

    Diario di una breve stagione

    © 2019 - Gilgamesh Edizioni

    Via Giosuè Carducci, 37 - 46041 Asola (MN)

    gilgameshedizioni@gmail.com - www.gilgameshedizioni.com

    Tel. 0376/1586414

    ISBN 978-88-6867-389-5

    È vietata la riproduzione non autorizzata.

    In copertina: Ferrante Bandera a casa di un compagno di scuola libera un canarino.

    © Tutti i diritti riservati.

    ISBN: 978-88-6867-393-2

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Presentazione del diario di mio fratello Ferrante

    ​Presentazione della prima edizione

    ​Introduzione alla seconda edizione

    Diario di una breve stagione

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    L’editore di Gilgamesh Edizioni

    Dario Bellini

    ENKI

    Saggistica

    24

    Ho incontrato Ferrante per la prima volta nella scuola, al liceo classico Virgilio di Mantova: stava nel primo banco, proprio davanti alla cattedra.

    Attento, preciso fino alla meticolosità, interveniva pacato, serio, nelle ore di scuola, come uno che stava continuando un suo discorso interiore che da tempo andava rielaborando. Poi il suo sorriso aperto, che gli illuminava il volto, mentre scherzava con gli amici durante gli intervalli, mi richiamava alla sua giovane età. Aveva allora diciassette anni. Dal tempo del ginnasio era affetto da linfogranuloma.

    Nell’anno in cui io lo conobbi (1966), Ferrante già sapeva del suo male. In ospedale era riuscito ad impossessarsi della propria cartella clinica, e poi s’era informato su dei libri di medicina. Ma noi non ce n’eravamo accorti.

    Così scrive – nella Presentazione – il suo insegnate di religione.

    Le pagine di diario, qui ripubblicate in Terza edizione, sono il risvolto interiore dell’ultimo anno di vita di Ferrante Bandera, la storia segreta della sua lunga vigilia. Vi troviamo i sogni, le attese, i rimpianti, la fierezza di tanti giovani, vissuti ed espressi con una particolare acutezza e lucidità, così da trascendere il semplice fatto episodico e farsi discorso sull’ uomo.

    Ferrante è stato un ragazzo che ha vissuto la sua giovinezza, prematuramente interrotta, negli anni Sessanta; un giovane che amò la vita non come un dono da custodire gelosamente per se stessi, ma come un bene da condividere generosamente con gli altri, che cercò una via di autenticità contro ogni moda conformistica del tempo.

    Per questo il suo diario può ancora dire tantissimo ai giovani del nostro tempo, e, insieme, rappresentarli nelle loro aspirazioni e istanze più vere.

    Ferrante Bandera nasce a Ceresara (MN) il 15 novembre del 1948.

    Frequenta il Liceo Classico Virgilio di Mantova fino alla comparsa del suo male nel 1964.

    Morirà all’ospedale civile di Mantova il 12 giugno del 1967.

    Presentazione del diario di mio fratello Ferrante

    L’idea di proporre il diario di Ferrante a più di cinquant’anni dalla morte (12 giugno 1967) non ha uno scopo celebrativo.

    Il tempo passa inesorabile, non deve essere rincorso. Vi sono, tuttavia, momenti della vita in cui è necessario riprendere respiro e guardare al tempo senza rimpianti, con l’unico desiderio di rivalorizzarlo.

    Da sorella ho vissuto i miei anni un po’ all’ombra di Ferrante, quasi senza conoscerlo. Avevo solo sette anni quando morì. Troppo pochi per comprendere il valore di un mistero, di una persona che ha sfiorato la mia vita lasciando un’eredità in un libretto da aprire giorno dopo giorno, anno dopo anno. Cosa che non ho fatto.

    Solo da un paio d’anni ho ripreso in mano il diario di Ferrante; l’ho letto, scandagliato, interrogato fino ad arrivare alla consapevolezza che sarebbe stato compito mio riproporlo. Perché vale. Perché parla ancora e dice molto.

    Parla di un ragazzo semplice, discreto, forse un po’ timido, ma tanto desideroso di conoscere, di sapere, di imparare. E non solo sui libri. Ogni occasione gli è opportuna per approfondire ciò che già sa. Soprattutto le persone sono il veicolo per apprendere il nuovo: Ferrante si relaziona con tutti e da tutti sa trarre un’opportunità. E spazia in ogni settore: dall’arte, alla letteratura, alla musica, alla scienza, alla fede. Il suo linguaggio non è sempre semplice. Mio fratello è sensibile, ma anche colto, usa termini specifici, scrivendo ragiona.

    Più sopra ho scritto fede e non religione perché Ferrante ha molto chiara la differenza: è un cattolico praticante che si confronta anche con chi parte da presupposti diversi. Ecco la nostra casa, nella quale non mancherà mai il candelabro ebraico, col sottofondo di canti della Chiesa valdese e dove trovano posto anche i pensieri di Mao. Ecco la ricerca delle radici del cristianesimo, proprio negli anni del Concilio Vaticano II che segnerà una svolta epocale nella storia della Chiesa e della liturgia, allora così distante dal cuore della gente. Mio fratello è un cattolico laico: anche se, leggendo il suo diario, si potrebbe pensare alla sua eventuale scelta del sacerdozio. Si interroga su come la sua vita possa essere donata come laico, senza etichetta alcuna.

    La fede di Ferrante, dopo un’infanzia fatta di devozioni sincere ma poco convincenti, si concentra via via sull’essenziale: quello che conta veramente. Di certo la malattia (linfoma di Hodgkin) che sopraggiunge quando ha poco più di 15 anni, contribuisce a sconvolgere molte certezze. Si assiste ad uno spogliamento dalle devozioni fini a sé stesse. La sofferenza viene accolta come compagna di viaggio. L’essere malato diventa un’opportunità per essere un laico che vive la propria esperienza di malato accanto agli altri e per gli altri. Ecco il valore prezioso del dolore.

    In questo cammino due sono gli aiuti di cui può disporre Ferrante: la famiglia e gli amici. Una famiglia, la nostra, alquanto variegata: una mamma dolce e paziente, un papà sensibile e colto autodidatta, una nonna patriota, attenta e puntigliosa, un adolescente aperto alla vita e una bambina molto vivace, io. In questa famiglia Ferrante vive la quotidianità nel modo più sereno possibile. C’è molta complicità fra lui e la mamma: entrambi sono a conoscenza della malattia, fin dall’ inizio, e ne parlano in modo naturale, piangendo o sorridendo, ma in un contesto tutto loro. Il papà, operaio ma nato fornaio, è poco presente in casa. Sa e vive il suo dolore nel silenzio. I soggetti più a rischio, la nonna e la bambina, vengono risparmiati: vivono in un mondo ovattato, fatto di storie, di leggende, di ricette da provare, di animali da scoprire. La famiglia si allarga alla preziosa presenza degli zii, delle zie, dei cugini e delle cugine, in un susseguirsi di occasioni significative che cementano i rapporti

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