Il diritto alla pigrizia
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Anteprima del libro
Il diritto alla pigrizia - Paul Lafargue
DIGITALI
Intro
In questo originalissimo testo, scritto nel 1880 nella sua cella (era stato imprigionato per ragioni politiche), Paul Lafargue scagliò un’aspra critica alla «strana follia» che si era (e tuttora è) impossessata di uomini e donne della società moderna: l’amore per il lavoro. Secondo Paul Lafargue, la passione per il lavoro è causa della degenerazione intellettuale tipica delle società capitalistiche, nonché generatrice di miserie individuali e sociali…
PREFAZIONE
In seno alla Commissione per l’istruzione elementare, del 1849, il Sig. Thiers affermava:
«Intendo rendere onnipotente l’influenza del clero, poiché conto su di esso per propagare quella buona filosofia che insegna all’uomo che egli si trova sulla terra per soffrire, e non l’altra che, al contrario, dice all’uomo: Godi
».
Thiers esprimeva la morale della classe borghese, di cui incarnava l’egoismo feroce e la gretta intelligenza.
La borghesia, allorché lottava contro la nobiltà sostenuta dal clero, sbandierava il libero pensiero e l’ateismo; ma dopo aver trionfato, cambiò tono e modi. Oggi essa pretende di puntellare con la religione la propria supremazia economica e politica. Nel XV e nel XVI secolo aveva allegramente ripreso la tradizione pagana e glorificava la carne e le sue passioni, disapprovate dal cristianesimo; ai nostri giorni, ingozzata di beni e piaceri, essa rinnega gli insegnamenti dei suoi pensatori - i Rabelais e i Diderot - e ai salariati predica l’astinenza. La morale capitalistica, pietosa parodia di quella cristiana, colpisce con anatemi la carne del lavoratore; assume come proprio ideale di ridurre i bisogni del produttore al minimo assoluto, di sopprimere le sue gioie e le sue passioni, e di condannarlo al ruolo di macchina che fornisca lavoro senza tregua né pietà.
I socialisti rivoluzionari devono riprendere la battaglia che hanno combattuto i filosofi e i pamphlettisti della borghesia; devono andare all’assalto della morale e delle teorie sociali del capitalismo; devono demolire, nella testa di chi appartiene alla classe chiamata all’azione, i pregiudizi diffusi dalla classe dominante; devono proclamare, in faccia ai bacchettoni di tutte le morali, che la terra cesserà di essere la valle di lacrime del lavoratore; che nella società comunista del futuro - che noi fonderemo «pacificamente se possibile, altrimenti con la violenza» - le passioni degli uomini avranno la briglia sul collo, perché «tutte sono buone per loro natura, noi dobbiamo evitarne soltanto il loro cattivo uso e gli eccessi» (Descartes, Les Passions de fame).
E noi li eviteremo, ma solo con il loro mutuo equilibrio, con lo sviluppo armonico dell’organismo umano, poiché - come afferma il dottor Beddoe - «quando una razza giunge al massimo sviluppo fisico, solo allora arriva al punto più alto di energia e vigore morale».
E tale era anche l’opinione del grande naturalista, Charles Darwin (Docteur Beddoe, Memoirs of the Anthropological Society; Charles Darwin, The descent of man and selection in relatin to sex, London 1875 [L’origine dell’uomo e la selezione naturale].
La critica del Diritto al lavoro, che ristampo con qualche nota aggiuntiva, è comparsa per la prima volta nel 1880, sul settimanale L’Egalité, seconda serie.
Paul Lafargue
Prigione di Sainte Magie
UN DOGMA DISASTROSO
Impigriamo in ogni cosa,
fuorché nell’amare e nel bere,
e fuorché nell’impigrire
(Lessing)
Una strana follia si è impossessata delle classi operaie nelle nazioni ove regna la civiltà capitalistica. Questa follia trascina con sé le miserie individuali e sociali che da due secoli torturano la triste umanità. Questa follia è l’amore per il lavoro, la moribonda passione per il lavoro, spinta fino all’esaurimento delle forze vitali dell’individuo e della sua progenie. Invece di reagire contro questa aberrazione mentale, i preti, gli economisti, i moralisti, hanno santificato il lavoro. Uomini ciechi e limitati, essi hanno voluto essere più savi del loro Dio; deboli e spregevoli, hanno voluto riabilitare ciò che il loro Dio