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Cabal - Il principe dell'eresia: Cabal 2
Cabal - Il principe dell'eresia: Cabal 2
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Cabal - Il principe dell'eresia: Cabal 2

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Horror - romanzo (356 pagine) - Divenuta una strega grazie a Remilia, Sonia deve ora affrontare ciò che nel sottosuolo di Roma attende da secoli la sua vendetta contro l’umanità. Al suo fianco, Kael e gli altri Mydian strapperanno con le loro arti demoniache il velo di tenebra che separa il mondo terreno da quello infernale, per scoprire la verità dietro l’ombra dell’Eresiarca.

I Nephilim, l’antico nemico che più di quattrocento anni fa ha quasi distrutto l’equilibrio delle forze che reggono il mondo occulto, è tornato. A guidarne le fila, Arion, l’Eresiarca sconfitto durante la Crociata Nera, stende la sua mano di cenere e fiamme su Roma, proprio dove il potere del Sacro Ordine è più forte, in attesa del giorno dell’avvento in cui potrà finalmente compiere il suo destino.
Remilia ha donato a Sonia la Magia delle Sfere, rendendola di fatto la sua apprendista, decisa più che mai a dimostrare a Kael la sua determinazione. Che questa possa bastare per tornare da ciò che la attende è tuttavia qualcosa che neppure i sogni degli Haraim possono svelare.
Kael, Laurent, Gridia, Kai, Ylena e Bala, ognuno di questi Mydian ha usato il tempo concesso dall’Eresiarca per prepararsi al meglio, ignari di cosa li attende nel sottosuolo di Roma, là dove niente sembra più avere senso e l’inferno pianta le sue radici strangolando la realtà in un incubo senza fine.
L’atteso seguito di Cabal – Il sangue di Lilith, già uscito in Odissea Digital.

Claudio Votini, marito e padre di un bambino, lavora nel settore del commercio, occupandosi della nascita di nuove imprese. Sin da ragazzo ha sempre voluto portare la propria fantasia a un livello nuovo, tangibile, così da mostrare agli altri le sue idee. Mettendo da parte quel sogno, durante l’adolescenza ha maturato tramite il gioco di ruolo la propria creatività, esprimendola da adulto tramite il teatro e dando vita a numerose piccole storie che un giorno avrebbero gettato le basi per l’ambientazione di un libro. Dopo anni di lavoro, ha finalmente stretto il coraggio nel palmo della mano e ha scritto il suo primo romanzo, Cabal – Il Sangue di Lilith. Questo è il suo secondo libro.
LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateJul 16, 2019
ISBN9788825409628
Cabal - Il principe dell'eresia: Cabal 2

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    Book preview

    Cabal - Il principe dell'eresia - Claudio Votini

    9788825409215

    Alle notti passate a vegliare il sonno di un angelo, nei cui occhi scorgo il sole

    e nel sorriso giace il mio cuore.

    A te che sei la nostra vita.

    Lorenzo

    Parte I

    1

    Un leggero colpo sulla testa svegliò Sonia, facendola quasi cadere dal banco.

    La cosa che l’aveva colpita perse immediatamente d’importanza, ma del gesto restò a testimonianza uno dei suoi quaderni stretto a cilindro nella mano della professoressa. – Buongiorno, mando qualcuno a prenderti un caffè?

    A braccia conserte e con un piglio decisamente seccato, le parole di una donna di mezza età, grassa e con due spessi occhiali sul naso, lasciarono spazio alle risate dei compagni di classe. I capelli arruffati e tenuti legati da una coda alta, gli occhi assonnati dalle poche ore di sonno e il leggero trucco sbavato, trovarono un contegno quando Sonia uscì dal torpore. – Nelle mie ore non si dorme, le scuse posso accettarle, ma ciò non cambia che puoi accomodarti fuori per il resto della lezione. Lì, non ti disturberà nessuno.

    – Fuori? Ma non voglio!

    Il voltarsi infastidito dell’insegnante non accettò repliche e dopo aver ricevuto qualche pacca sulle spalle durante la passerella verso l’uscita dall’aula, poggiò la schiena al muro del corridoio.

    L’abbondante mezz’ora che separava il termine della prima metà della giornata e quindi della ricreazione, sembrò stendersi all’infinito.

    Ebbe modo di svegliarsi per bene, fare una scappata veloce a rinfrescarsi il viso e ritornare, per poi fissare insistentemente il grande orologio analogico posto sopra l’entrata del terzo piano.

    Si era preparata qualcosa da dire; avrebbe chiesto nuovamente scusa, come aveva già fatto praticamente con ogni altro professore nell’ultimo periodo. C’era purtroppo un inconveniente alle lezioni di Remilia, ossia la stanchezza.

    Svegliarsi ogni giorno, prendere i mezzi pubblici e arrivare a scuola dopo aver sostenuto ritmi a dir poco frenetici, le rendevano la realtà scolastica caotica e debilitante.

    Nonostante questo, aveva dimostrato a se stessa di possedere una tenacia fuori dal comune, riuscendo a studiare quel tanto da portare a casa risultati non certo brillanti, ma che le avrebbero salvato l’anno; se non fosse stato per la condotta.

    La campanella la trascinò via dai suoi pensieri.

    Prima che potesse entrare nuovamente in classe, la porta venne aperta da alcuni ragazzi, finalmente liberi di scendere nel cortile interno a fumare o dirigersi allo spaccio del piano terra per comprare da mangiare.

    La professoressa era lì, ancora intenta a mettere via i propri libri nella borsa. – Mi scusi ancora. È difficile spiegare ma…

    – … essendo a conoscenza della tua situazione famigliare, suppongo che chiamare tuo padre non sortisca l’effetto che vorrei ottenere. Anche con gli altri insegnanti il discorso non cambia o in alcuni casi riesce addirittura a peggiorare. A molti interessa ben poco di queste mancanze, anche in virtù dei tuoi trascorsi affatto brillanti, ma, per altri, è diverso.

    Presa così in contropiede, Sonia restò un po’ intimorita dall’atteggiamento di sentenza già prestabilito, poi, una botta di rivalsa le aggrottò le sopracciglia, ma venne zittita poco dopo. – Se vuoi aggiungere altro lo farai oggi pomeriggio dopo le lezioni, altrimenti, a me non cambia nulla.

    Afferrò la proprie cose e, aggiustandosi il colletto della camicia variopinta, la donna si avviò all’uscita, con fare nervoso.

    Qualche istante di incredulità per essere stata trattata come uno zerbino e il passo successivo di Sonia fu quello di sbottare, stringendo i pugni davanti a qualche compagno poco interessato.

    Era semplicemente incredibile.

    Quella zitella rimbambita che neppure un uomo era riuscita a trovarsi nella vita, non solo l’aveva umiliata, ma, trattandosi della vicepreside dell’istituto, aveva anche un certo potere tra i docenti e, certamente, se di una cosa poteva esserne certa, era che non l’avrebbe agevolata a passare l’anno.

    Tutto il lavoro che aveva fatto, le nottate sprecate a studiare per compiti in classe e interrogazioni, invece di dedicare ancora più tempo all’unica cosa che le avrebbe potuto salvare la vita quando sarebbe stato il momento, le sembrarono di punto in bianco la stupidaggine più grande mai fatta.

    Mentre tornava a posto sconfortata, solo le parole di Kael comparvero un attimo a farla ragionare. Già, lui avrebbe apprezzato sicuramente.

    Sbuffò, lasciandosi cadere con il busto sopra il banco.

    Fuori dalla finestra, ragazzi e ragazze passeggiavano e chiacchieravano in un brusio continuo.

    Col viso carezzato da un alito di vento estivo, prese a fare pensieri malinconici sul suo futuro, su quello di chi aveva attorno, alle sue amicizie, a Oksana e a quell’ultimo Natale passato assieme, ironicamente, il primo a cui fosse davvero felice di esserci. Suo padre sarebbe stato via per lavoro e la donna si era data un gran da fare; la casa, di norma spoglia e piuttosto deprimente, aveva lasciato il posto ad addobbi, fiocchi e luci. Una ghirlanda sulla porta, qualche augurio di buone feste e un piccolo albero che prendeva il suo posto un po’ forzatamente in salotto, preparato con cura. Oksana non era una gran cuoca, per questo le aveva chiesto un aiuto e quel pomeriggio di vigilia passato a cucinare, era forse il suo ricordo più bello con lei da molto tempo.

    Le restanti ore della giornata non regalarono ulteriori momenti esilaranti alla classe. Semplicemente, il tempo corse via lentamente, in una noiosa replica che sembrava accompagnare ogni fine dell’anno. Un paio di amiche la attesero all’uscita dell’istituto per compiere assieme il viaggio di ritorno; quando dovette spiegare loro il motivo del suo rimanere, queste cercarono di tirarla su, ricordandole i voti niente male presi negli ultimi tempi, ma servì a ben poco.

    Qualche minuto ancora speso a sparlare della vicepreside e, tra insulti decisamente coloriti, Sonia tornò sui suoi passi, salutandole per dirigersi verso l’aula docenti.

    Camminò per i corridoi sempre più deserti con lo zaino sulle spalle, finché intravide la sezione adibita agli insegnanti, sperando scioccamente di non trovarci nessuno; invece, la figura massiccia della professoressa comparve seduta al tavolo, intenta a scrivere su alcuni registri. – Permesso?

    Un gesto affabile la invitò a entrare.

    Era una stanza abbastanza spaziosa, ben tenuta e con un’ampia serie di tavoli di fattura industriale disposti a ferro di cavallo. Una singola finestra dava sul cortile esterno a due piani da terra e per il resto, solo numerosi mobili d’ufficio con ante a vetro erano disposti su buona parte delle pareti, dando al tutto un’impronta abbastanza formale.

    Poggiò lo zaino vicino l’entrata e la donna tolse gli occhiali nell’indicare la sedia al suo fianco, sulla quale si sedette. – Sono carente in qualche materia?

    – No. Stento a crederlo, ma i tuoi risultati sono incoraggianti, nonostante la testa fra le nuvole.

    – Allora può spiegarmi perché dovrei perdere l’anno?

    Una domanda molto diretta sottolineò alla donna il tipo di carattere con cui aveva a che fare. Un genere di persona che molto spesso aveva visto gettare via delle ottime potenzialità per futili motivi di ribellione. – Vuoi che ti proponga un elenco? Sarebbe probabilmente troppo lungo, ma credo che analizzare due o tre cosette ti dovrebbe togliere quell’espressione arrogante. A conti fatti, per buona parte del primo trimestre la tua vita scolastica è stata una totale assenza ingiustificata e le volte che ti presentavi, era per avere un richiamo disciplinare. Mi sembra sei arrivata a un totale di sette, se la memoria mi assiste. Sorvolando questo dettaglio abbastanza cruciale, in via eccezionale e dopo aver preso personalmente a cuore la situazione, ti è stato concesso di tornare a frequentare l’anno rimanente…

    Sonia socchiuse gli occhi indispettita. Anche se quello che stava ascoltando era la pura verità, una certa dose di rabbia si insinuò in lei, facendole alzare un muro d’indifferenza. – E quindi arriviamo ai tuoi risultati. Nonostante tu abbia continuato a compiere non poche assenze, non posso negare che ti sei applicata come pochi, rincorrendo il livello dei tuoi compagni e buona parte del programma che avevi perso. Discrete interrogazioni, buoni compiti in classe, il tutto farcito con continue letture di libri personali durante le ore di lezione, sonnellini mattutini in classe, ed espulsioni dall’aula. Questo, se non ti è chiaro, può annullare gran parte dei tuoi sforzi fatti fino a ora, perciò, te lo chiederò una sola volta. C’è qualcosa che vuoi dirmi?

    Sapeva benissimo di aver fatto assenze, di aver dormito in classe e di suscitare antipatia a gran parte dei docenti per via del suo passato e dei suoi modi, ma cosa poteva spiegare?

    Come riuscire a far capire a chi aveva davanti la fatica immensa sostenuta per portare avanti scuola e occulto? Come farle immaginare quanto le lezioni con Remilia la privassero di ogni forza e che queste dovevano essere recuperate in sole quattro o cinque ore di sonno? Tra l’altro, accompagnate spesso da incubi.

    Scosse la testa e scelse il silenzio.

    Troppo complicato, troppo assurdo provare a dare un senso alla sua vita e tramutarlo in qualcosa di credibile, quindi, decise di far parlare la sua immagine, quella che tutti infondo vedevano.

    Per la maggior parte delle persone, lei sarebbe rimasta sempre la cerca guai che aveva disertato la scuola e che spacciava per ricavare soldi da spendere nei locali. – Molto bene. Prendo atto che non mi reputi all’altezza della questione, oppure che non ci tieni abbastanza: e la seconda tesi è quella che gli insegnanti tendono a prediligere. È possibile che non ti dia fastidio buttare via tutto il lavoro che hai fatto?

    La ragazza alzò lo sguardo da terra. – Non mi interessa perché sei tornata a scuola o la tua situazione a casa, per me contano i risultati e niente altro. Hai dimostrato di applicarti, di voler cambiare qualcosa e nonostante questo sembri prendere tutto alla leggera, comportandoti da bambina. Forse credi che perdere un anno non sia nulla, che avrai modo di rifarti l’anno prossimo, ma…

    – Ma cosa?! Giorno e notte io mi do da fare per portare a casa un risultato da poter sbandierare a qualcuno, che tra una settimana potrebbe anche non esserci più! Anzi, io potrei non esserci più! E nonostante tutta la fatica, tutte le ore buttate per studiare quelle quattro scemenze per fare bella figura, per dimostrare a me stessa di potercela fare, mi sento dire che fallirò perché arrivo a scuola stanca morta! Perché mentre qualche insegnante parla della lezione che ho già studiato il giorno prima, mi porto avanti con quello che davvero uno di questi giorni mi salverà la vita! Si sbaglia, io non prendo nulla alla leggera, ma il mio tempo è limitato e purtroppo sono solo una, accidenti!

    Dopo una simile reazione, l’insegnante restò interdetta.

    Il tono fu talmente alto che spinse qualcuno dal corridoio a gettare uno sguardo dentro l’aula per vedere che tutto fosso apposto, mentre gli occhi di Sonia divennero lucidi.

    Seguì una pausa piuttosto lunga, spesa dalla donna per comprendere quello che effettivamente aveva sentito. C’era fin troppa rassegnazione in quel discorso, segno che qualsiasi fosse, la questione a cui si riferiva la preoccupava realmente. Lo sfogo era un altro segnale importante che delineava una volontà forte di dimostrare e di vedere i suoi meriti riconosciuti; ma da chi?

    Non dai professori, questo era sicuro.

    L’ipotesi di suo padre era quella più accreditata; ma in quel caso, perché aveva parlato di sé a quel modo? Con la marcata accezione negativa di un qualche evento ancora da venire.

    Domande che non trovarono alcuna risposta nell’espressione imbronciata della ragazzina, che continuò a preferire un angolo della stanza al viso dell’insegnante. – Non approvo queste sparate e non mi piace nemmeno chi parla di cose sottintese. Forse non avrai stima per i professori di questo istituto o per quello che insegnano, ma se fossi stata più disposta verso di loro, ti saresti resa conto senz’altro della mano che ti stavano offrendo.

    Dopo averla ripresa ancora, Sonia lasciò che un sospiro prolungato parlasse per lei, per poi sistemarsi una punta di capelli scesa ribelle sulla guancia sinistra. – A settembre mi aspetto la stessa serietà dimostrata, ma dal principio. Senza di essa, il terzo anno potrebbe darti dei seri problemi e per tua sfortuna, sarò ancora io la docente di lettere nella tua sezione…

    Impiegò alcuni istanti per capire quelle parole, per poi schiudere l’espressione imbronciata nella sorpresa più totale. Lei era al secondo anno, ma la professoressa aveva chiaramente parlato del terzo, ciò intendeva quindi la sua promozione?

    Prima che potesse chiedere spiegazioni, la donna chiuse i vari registri e, alzandosi dal posto, invitò la giovane a uscire con lei fuori. – Ti ho dato fiducia Sonia, hai un gran potenziale e sei intelligente, ma ti terrò d’occhio, tienilo a mente.

    Un veloce saluto, un ringraziamento zoppicante da parte della giovane ancora incredula e al lento avviarsi dell’insegnante, seguì anche il suo nel senso contrario, uscendo nel cortile dell’istituto, sotto la placida luce di un pomeriggio inoltrato.

    Fu solo alla fermata dell’autobus che realizzò effettivamente di esserci riuscita.

    Il cuore iniziò a galoppare e la gioia la invase, mentre a due a due saliva i gradini del palazzo diretta nell’appartamento dei due Mydian, per poi entrare e ridere come una pazza.

    Gettò lo zaino in un angolo, il marsupio legato alla vita volò sopra a una delle sedie del tavolo e sotto la silenziosa presenza dello strano albero di Laurent, Sonia si lasciò andare a un’euforia fatta di balli, risate e il pensiero sul come dirlo il più veloce possibile a Remilia.

    Afferrò con la mano fremente il cellulare dalla tasca e fece scorrere i numeri della rubrica alla ricerca di quello giusto. Nel farlo, sorvolò un istante su quello di Kael e ci tornò sopra indecisa.

    Altre volte aveva tentato in quei mesi di contattarlo sia di sera che a notte fonda, ma il telefono era costantemente isolato e le rare volte che squillava lo faceva a vuoto fino alla segreteria. Nonostante Kael le avesse promesso che qualche volta si sarebbe fatto vivo, quella visita non si concretizzò mai, per innumerevoli ragioni che Sonia non poteva neppure immaginare.

    Eppure, sapeva che il Mydian trovasse il tempo per pensarla.

    Non lo credeva unicamente in buona fede, ma più volte rientrando a casa, aveva trovato in terra delle buste da lettera. Dentro c’erano sempre dei contanti abbastanza generosi, ed erano accompagnati da biglietti con piccole frasi di senso compiuto tipo: aggiusta il poster nella mia stanza oppure, chiudi sempre tutte e tre le mandate.

    Sorrise al pensiero di quelle sciocchezze. A un tratto realizzò qualcosa, uscendo dalla selezione dei contatti per riporre il telefono nella tasca; Remilia poteva avvertirla lei stessa, anzi, doveva farlo assolutamente di persona.

    Guardò attorno a sé il putiferio che regnava nel piccolo salotto, tra i vestiti dei giorni passati, libri di scuola, libri esoterici della sua maestra e poi ancora un gran numero di frammenti di quarzo sparsi sul pavimento, semi di piante esotiche, pepite di metalli trattati, parti minuscole di animali, sali e gessi poggiati qua e là, in un ressa totale.

    Sospirò un attimo prima di allungare una mano sulle cose più evidenti e dare una parvenza di ordine. Le lezioni con la strega bionda iniziavano nel tardo pomeriggio, dopo aver completato gli esercizi e lo studio scolastico; giusto il tempo di arrivare da lei e, solitamente attorno alle 19:00, si iniziava con la teoria, per finire alla pratica anche fino a notte fonda. E la pratica era senza dubbio la parte che più la entusiasmava.

    Ricordava come fosse ieri quella notte di due mesi addietro, quando finalmente era riuscita a invocare il suo primo incantesimo.

    Un anello d’argento intrecciato a forma di serpente era stato il Catalizzatore scelto da Remilia per la Sfera Bianca.

    Posto sulla mano sinistra, leggero, di finissima fattura e con due piccoli rubini negli occhi del serpente che dalla nocca dell’anulare scendeva verso l’unghia fermandosi alla prima falange. Purtroppo, la risonanza causata dal bracciale di Erichto rendeva la sua affinità con la magia bianca molto labile, per questo la sua maestra le aveva insegnato i Focus.

    Come ancore, i Focus non erano altro che componenti materiali atte a stabilizzare qualsiasi incantesimo, qualora realizzate in modo corretto e, quella sera di aprile, lei c’era riuscita.

    Aveva da sola studiato e preparato ogni componente: semplici lucciole, una manciata di licheni rossi e frammenti di quarzo rosa, il tutto sminuzzato e chiuso in un piccolo sacchetto di velluto.

    Si fermò dal riporre nella credenza un pesante tomo polveroso dall’aria secolare e continuò a ricordare; Remilia al suo fianco, l’agitazione e la stanchezza che lottavano in lei e una sensazione mai provata, come se il suo respiro le fosse strappato via.

    Per lunghi secondi credette di essere svenuta. La testa le girava vorticosamente e l’unica cosa concreta era quella luce azzurrina tremendamente fastidiosa che non smetteva di girarle attorno.

    Non lo aveva ancora capito, ma quel piccolo bagliore pari alla fiamma di una candela, testimoniava che finalmente era riuscita a plasmare il proprio Mana.

    Trovò sin da subito singolare quel nome.

    Remilia le aveva spiegato anche l’origine del termine usato per descrivere la massa spirituale posseduta da un Arcanista, ma, a essere onesti, ora non lo rammentava.

    Cosa più importante invece, sapeva cosa fosse e a cosa servisse: il Mana, poteva essere visto come il collante di tutte la magia. Esso era il riflesso dell’anima di una strega, la sua riserva di potere oltre la quale non poteva andare. Sarebbe stato più semplice definirlo come un flusso o la corrente di un fiume e, allo stesso modo, poteva addensarsi, prosciugarsi, incresparsi o restare quieto come uno specchio d’acqua, a seconda delle emozioni e degli intenti con cui veniva usato.

    Sonia tornò dalla stanza di Kael dopo aver sistemato anche lì gli ultimi panni fuori posto e trovò il piccolo salotto in condizioni decisamente migliori. Afferrò quindi una felpa, l’inseparabile marsupio di pelle che le aveva prestato Remilia e, nel cercare le chiavi, passò velocemente davanti a un piccolo bicchiere di vetro posto sopra la cassettiera vicino la cucina.

    Immerso nella tiepida acqua cristallina stava per metà la rosa bruna che Laurent le aveva donato. Ormai quasi completamente sfiorita, al minimo vento scaturito dal passaggio della ragazza, il fiore ebbe un tremito appena percettibile e rilasciò dalla sua corona l’ultimo petalo, che scese dolcemente sul pavimento.

    Data la foga di uscire, venne ignorato e il corvino petalo perse la sua forma florida in pochi istanti, raggrinzendosi fino a tramutarsi in finissima cenere, non lasciando altro che l’eco della promessa per il quale era stata creato.

    – Scusa se sono venuta prima del previsto, ma devo darti una notizia stupenda! Sono stata…

    Muovendosi all’interno dello spazioso ingresso, Sonia si morse la lingua nel vedere Remilia passeggiare svogliatamente nel salone.

    In un primo momento sembrò parlare da sola, nulla che la ragazza non avesse già visto, ma ridimensionò la questione, quando notò il filo di un auricolare salire fino all’orecchio destro. Richiuse pacatamente la porta, tolse le proprie scarpe come ormai era stata abituata e si diresse silenziosa dalla padrona di casa.

    La conversazione sembrava durasse da un po’ e il tono era sostenuto da un piglio di seccatura misto a curiosità.

    Più interessata a dare attenzioni affettuose a Dunkel sdraiato pacatamente su una sedia, Sonia sorrise sentendosi chiamare. – L’ho tirata un po’ per le lunghe, ma per strappargli qualche informazione ci vuole il piede di porco, allora? Come mai con un’ora di anticipo? Stavo per farmi una doccia e non credo tu abbia qualcosa che possa farmi cambiare idea.

    Passeggiando a piedi nudi sul lucido parquet, Remilia si avvicinò alla ragazza stringendole una guancia tra il pollice e l’indice. – Ho da darti una notizia! Sei pronta?! Aspetta, ma con chi stavi parlando prima?

    Un silenzio prolungato accompagnò un gesto riflessivo e malizioso della strega bionda, che portò le mani ai fianchi, per poi guardare il soffitto pensierosa. – Vediamo: è alto, belloccio, tiene quasi sempre il broncio, è arrogante, spocchioso, narcisista, megalomane quanto basta e…

    – Kael!

    – Stavo per accennare a un qualche retaggio demoniaco, ma evidentemente i suoi difetti lo precedono.

    Ridendo della descrizione calzante, Sonia dimenticò d’un tratto il motivo della visita e cercò immediatamente nuove informazioni. – Parlavamo già da un po’, ci teneva ad avvertirmi di alcune cose, nulla di cui preoccuparsi: è diventato stranamente protettivo da quando gli sei capitata tra i piedi, di certo è un bene, ma lo preferivo quando non dava così tanti consigli sullo stare attenta a quello o questo.

    – Ma, non ti ha detto altro? Non ha accennato nulla a…

    Un velo di imbarazzo frenò la lingua della ragazza, che mostrò un sorriso infantile. – Al suo ritorno? Beh, si qualcosa ha detto, ma sinceramente l’ho già scordato, potrai chiederglielo tu stessa stasera suppongo.

    Una nuova pausa e con occhi meravigliati, la notizia strappò a Sonia un urlo di gioia talmente sostenuto da far sobbalzare il gatto e costringerlo a defilarsi in stanze più appartate. – Sul serio?! Tornerà oggi! E anche Laurent?!

    – Non lo ha detto espressamente, ma ha accennato a qualcuno con lui, quindi presumo si riferisse a quel suo amico. E tu? Che cosa volevi dirmi?

    Fermandosi un istante per via dell’adrenalina in circolo nel corpo, Sonia inspirò ed espirò più volte, pronunciando poi una sola parola con incredibile orgoglio: Promossa.

    Fu Remilia che a quel punto sembrò sobbalzare, afferrandola per un braccio fino ad abbracciarla con forza.

    Nella foga, il viso della ragazza fu spedito dritto sul generoso seno, mal celato da una leggera canottiera velata e, su di esso, continuò a essere premuta fino a staccarsi per la mancanza d’aria. – Ma sei pazza! Mi stavi per rompere il collo e sei anche sudata da far schifo!

    – Scusa, non ci avevo pensato, dovevo farmi una doccia te l’ho detto. Allora ce l’hai fatta! Sono davvero contenta. Quando mi raccontavi dei sonnellini durante le lezioni temevo che alla fine te l’avrebbero fatta pagare, sono lieta che non sia stato così…

    Un sorriso di circostanza, evitò a Sonia di spiegare la cruda verità che per un pelo non si era concretizzata, avvicinandosi al davanzale della grande finestra, spalancata per fare entrare quel minimo di brezza serale. – Sai che è tutto merito tuo, vero? I rimproveri, i continui sproni a impegnarmi. Non avrei fatto nemmeno la metà delle cose senza di te, sei stata davvero una grande amica, Rem.

    D’un tratto, la serenità e il divertimento di poco prima sembrarono essere scomparsi dal suo viso e al loro posto comparve una maschera di perplessità. – Kael è tornato, quindi il giorno è quasi arrivato. Hai tutto il diritto di essere in pensiero e non sarò io a dirti che non c’è nulla da temere. Se ha voluto avvertirmi di non camminare per le strade di notte, sicuramente avrà avuto le sue ragioni. Però, voglio che ti fermi a pensare a te stessa. Sei stata un’allieva fantastica, ogni strega vorrebbe trovare nella vita un’apprendista come te a cui insegnare. In questi pochi mesi hai portato avanti risultati che ho visto ottenere in uno o due anni.

    Messa così, i traguardi raggiunti ebbero davvero l’effetto di rasserenarla, non tanto per le possibilità di successo, ma semplicemente perché qualcuno, Remilia in questo caso, si era dedicata a lei, aveva creduto nelle sue abilità e vedere ora quel sorriso convinto sulle sue labbra, le sembrò la cosa più importante.

    La ragione la riportò con i piedi per terra; forse sarebbe stato tutto inutile, forse quello che aveva appreso dalla sua maestra non sarebbe ugualmente servito a riportarla a casa, ma aveva avuto molto tempo per riflettere sulla sua condizione.

    Il mese scorso aveva appena compiuto diciassette anni, una vita davanti, il desiderio di avventure adolescenziali, conoscere e vedere il mondo, sposarsi magari e un giorno avere addirittura un figlio, tutte cose che ora sembravano sottili come un foglio di carta. – Ci sono riuscita ieri sera, sai? Poco e nulla è durato, ma l’incantesimo sono sicura di averlo eseguito correttamente.

    – Dovrei crederti sulla parola? Ci lavori da una ventina di giorni, hai ancora problemi a trovare in quel marsupio i Focus adatti e pretendi di darmela a bere così? Dilettante…

    Una replica stizzita di Sonia venne fermata dal voltarsi della strega, che si diresse sul divano facendole segno di seguirla. – Solo perché non voglio farti perdere tempo, sospenderò per stasera il mio giudizio. Oggi hai altro da fare, non ti sei fermata neppure un giorno da quando Kael ti ha lasciato qui davanti, mi sembra un buon momento per farlo. Ma prima che tu vada, dammi la mano.

    Dopo essersi seduta al fianco della compagna, Sonia restò dubbiosa nel vederla tirare fuori un lungo ago dal piccolo cofanetto posto sul tavolo.

    Non ci volle più di un istante; il tempo per lei di ritrarre quanto aveva ingenuamente concesso e una puntura forò il polpastrello dell’indice, che iniziò a sanguinare in modo appena percettibile. – Ahi! Perché lo hai fatto?!

    – Quante storie, non l’hai neppure sentito. Mi ringrazierai a tempo debito…

    Quelle enigmatiche parole ampliarono solamente i dubbi della ragazza, che continuò a tenere in bocca il dito ferito con sguardo torvo. – Beh, è finita. Come ti stavo dicendo, i giorni ormai sono pochi e io ti ho insegnato tutto quello che potevo. Per ottenere miglioramenti dovresti impiegare almeno altrettanto tempo, quindi, per quanto mi riguarda, abbiamo concluso.

    – A-aspetta! Io ho un mucchio di domande ancora! Stavo per cadere fuori dal balcone l’altro giorno, pensiamoci un attimo Rem.

    Uno sbadiglio annoiato rispose in modo esaustivo alle lamentele. – Rilassati. Se hai perso il controllo vuol dire che stavi tentando qualcosa al di fuori della tua portata. Ti ho avvertito di andarci piano e che non ti avrei imposto limiti sullo sperimentare, perché questa è un’arte e come ogni arte ha bisogno di essere espressa a seconda dell’artista che la esegue. Le domande che hai possono essere risolte studiando i libri che ti ho dato, il resto farà la pratica. Su poche cose ho posto il veto assoluto, spero tu le ricordi.

    – Mai e poi mai utilizzare il Filatterio. Neppure in caso di estremo pericolo, né tentare magie della Sfera della Morte.

    – Esattamente. Anche se ora hai un briciolo di conoscenza, Erichto non mollerà mai il suo proposito. Più starai lontano da quel bracciale e dalla Necromanzia meglio sarà.

    La ragazza massaggiò delicatamente la superficie cesellata del bracciale, involontariamente.

    I primi tempi aveva provato a convincere Remilia a fare un tentativo di addestrarla anche con quel tipo di magia oscura, ma la strega era stata sempre categoricamente contraria.

    L’assoluta riluttanza aveva comunque fatto sì che avesse più tempo per carpire le basi della magia, che impegnava la volontà dell’Arcanista di plasmare il Mana secondo la propria Sfera; era anche vero però, che esisteva un altro modo.

    Remilia infatti, si era lasciata sfuggire un particolare molto interessante, per il quale Arcanisti molto capaci sostituivano i loro Catalizzatori con un artefatto, detto Athame. Con esso, era possibile attingere potere arcano in modo del tutto differente, però, al momento, non conosceva i dettagli e il tutto andava ben oltre la fantasia, pur restando un gran bel sogno. – Te lo prometto, mi atterrò alle cose che abbiamo studiato assieme Rem, non devi preoccuparti.

    Il viso disteso di Sonia nel rassicurare la compagna, seguì lentamente l’indicare di quest’ultima verso il grande tavolo poco distante. – Adesso basta, mi sembro una mammina apprensiva. Vieni, ti mollo le ultime cose e poi sei libera.

    Alzandosi, Remilia raggiunse con passo felpato il piano del tavolo, per prendere oltre l’elaborato centrotavola una grossa scatola incartata alla buona. – Avanti aprila, fammi vedere come ti sta.

    Sorpresa sia del regalo, sia di non essersi assolutamente accorta del pacco anche quando era vicina a Dunkel, Sonia posò le mani sulla carta e dopo un silenzioso assenso della strega, iniziò a scartarla rapidamente.

    Quando il coperchio venne alzato, ci volle qualche istante per comprenderne il contenuto; sollevò delicatamente un lembo di tessuto, poi quella che fu certa essere una spallina, finché, l’intero indumento non venne alla luce.

    Era una tunica e anche piuttosto lunga. Il materiale era leggerissimo seppure resistente e ricordava per certi versi la robustezza del jeans, con numerose cuciture ai bordi delle sezioni. I colori scelti, erano un damascato bordeaux su sfondo nero, che richiamava un tema noir, quasi gotico. Delle lunghe maniche scendevano ai fianchi, terminando con dei vistosi risvolti e bottoni in ottone, lo stesso metallo delle numerose fibbie e zip che si intravedevano un po’ ovunque.

    Sonia tentò di dire qualcosa mentre ne osservava esterrefatta ogni centimetro, nel frattempo però, aveva già infilato il primo braccio al suo interno, indossandolo velocemente.

    La misura era perfetta. La parte finale della tunica non andava oltre il ginocchio, la forma si adattava perfettamente al suo corpo stringendosi leggermente sui fianchi e il tutto donava la magnifica sensazione di indossare nulla più di un velo. – Ti sta a pennello! Beh, avendola fatta io me ne prendo tutto il merito. Che ne dici?

    – Rem, è fantastica! I colori, il tessuto e guarda quante tasche! Non dovevi…

    Nonostante i tentativi di guardare Remilia in viso, gli occhi di Sonia continuavano a scendere su se stessa per ammirare ulteriori dettagli e, nel rendersi conto che la tunica possedeva anche un cappuccio regolabile, la strega al suo fianco si avviò verso l’ingresso. – Non sono brava a ricordare le date importanti quindi il tuo compleanno l’ho dimenticato. Non festeggio le feste quindi a Natale non ti ho fatto nulla, nonostante tu abbia portato qualcosa a me e a Dunkel. Mi sentivo un po’ in difetto, quindi ho voluto rimediare. Spero ti tornerà utile. Non so in cosa ti imbatterai, ma quella ti proteggerà finché non avrà esaurito il Mana che ci ho infilato dentro e giuro che non mi sono risparmiata.

    Seguì solo un veloce avvicinarsi della ragazza alla strega e un forte abbraccio, ricambiato con la stessa intensità. – Grazie Rem! Di ogni cosa! Voglio tornare indietro per tanti motivi, quello di venirti a trovare è sicuramente uno dei più importanti…

    – Avrai da raccontare una grande storia: anche perché, al tuo fianco avrai quanto di più pericoloso esiste al mondo, il che, stranamente, è un’ottima cosa. Ora vai, è sera e Kael sarà già in viaggio.

    Togliendosi la veste e riponendola con cura nella custodia, Sonia infilò velocemente le scarpe e uscì fuori, girandosi un’ultima volta per ringraziarla ancora.

    Ebbe una strana sensazione nel guardare Remilia; era probabilmente l’intera mole di emozioni provate a dare un’accezione negativa a quel commiato, come se uno sguardo al futuro l’avesse voluta avvertire. Ma di cosa esattamente, non seppe spiegarselo.

    La strega richiuse poi la porta, per restare qualche attimo con la schiena poggiata su di essa. Lo sguardo era fisso a terra oltre i suoi piedi a contatto con il fresco pavimento.

    Una piccola ombra comparve dall’entrata del salone e si avvicinò fino ad attirare la sua attenzione. Gli occhi ferini di Dunkel incrociarono i suoi, che si piegò sulle ginocchia carezzandolo. – Hai già capito, vero?

    Il silenzioso annuire dell’animale lasciò trapelare una qualche recondita consapevolezza. – Siamo stati insieme tanti anni e mi sei stato d’aiuto come nessun altro, adesso però, qualcuno ha più bisogno di te di quanto non ne abbia io. Te la senti di fare questo per me?

    Alle fusa ricevute come risposta, seguì il distendersi della zampe in avanti cercando come appoggio il suo ginocchio, per poi fare leva su di esso e avvicinare il piccolo muso alle sue guance.

    La scelta che Remilia aveva fatto, ben pochi Arcanisti ne avrebbero avuto il coraggio e questo dimostrava quanto davvero tenesse alla vita della ragazza.

    Con Dunkel in braccio, seduta sull’ampio divano, entrambi diedero la loro attenzione al piccolo cofanetto dal quale Remilia aveva estratto l’ago dorato usato per pungere Sonia.

    Su di esso, nella parte del capo, il prezioso metallo compiva una piccola curva trattenendo in essa un minuscolo frammento di cristallo; questo, prima perfettamente trasparente, aveva adesso al suo interno una colorazione più scura, che se messo di profilo a una fonte di luce avrebbe rivelato le striature cremisi di quanto magicamente

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