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Grace Chambler, ragazza di diciotto anni nonché strega, è in grado di poter comunicare con i morti, riuscendo a metterli in contatto con i propri cari ancora in vita, attraverso l’esistenza di un cerchio magico, ovvero, il “Cerchio Trinito”. In più è da ben dodici anni oramai che attraverso delle sedute spiritiche, tenta in tutti i modi di evocare il suo più grande nemico. Colui che le ha portato via sua madre quando era ancora una bambina. Bardak, un esattore di anime. Ma proprio durante lo svolgimento di una di esse, a mostrarsi invece è una semplice bambina di sei anni che, mandata in aiuto dall’alto, ha una richiesta sconcertante, ovvero, obbligarla a badare al suo fratello maggiore di nome Ethan, nonché lo stesso tizio che la bullizza da anni, in cambio di risposte che lei non fa altro che cercare da una vita. Grace accetta anche se malvolentieri, tentando di non far finire il suo protetto sulla cattiva strada, ma ecco che improvvisamente l’onnipotente Bardak ha intenzione di rientrare in gioco, mettendo in atto qualsiasi piano possibile per privarla delle sue forze e dei suoi poteri, riferendole in particolare una delle più cruenti risposte che non si sarebbe mai aspettata di sentirsi dire.
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Capitolo 1
«Bisogna provare paura e pena per i vivi, Grace, non per i morti» sussurrò nel mio orecchio una sera mia madre presa nell’accarezzarmi delicatamente la fronte, prima di poterci poggiare sopra le sue labbra e stamparmi il bacio della buonanotte. Beh, cara mamma, in questo preciso istante sono lieta di riferirti che, di tutti i tuoi meravigliosi consigli, questo è stato l’unico a essersi rivelato esattamente il contrario di ciò che ti aspettavi. E forse... credo che lo sappia bene anche tu di cosa, o meglio, di chi io stia parlando. O magari no. Quelle furono le tue ultime parole, perché il tredici ottobre, la mattina seguente a quella fatidica sera, quello che io definirei un mostro, un essere del tutto invisibile ai tuoi occhi, anzi... agli occhi di tutti, esclusi quelli di una sola persona, risucchiò completamente l’intera tua anima dalla tua bocca.
Ti portò via da me lentamente proprio come quando una persona riesce a prendere sonno poco prima di coricarsi definitivamente. Minuto dopo minuto fu come se il mio piccolo cuoricino stesse pronunciando a suon di battiti la parola addio
. Cosa… che non riuscì a completare però. No. Neanche dopo che quello squallido finì interamente il suo compito e che, nel momento prima di andarsene, facendo scomparire per sempre l’unico e solo punto di riferimento di una bambina di soli sei anni dalla sua vita, rivolse il suo sguardo in mia direzione.
Ricordo ancora quella schiacciante frase che uscì dalla sua bocca in quell’istante: «Tu riesci a vedermi?!», dopodiché scomparve portandoti con sé. Ebbene sì. Quella specie finta di un essere umano sarebbe anche potuto risultare invisibile agli occhi degli altri, ma non ai miei. In che modo? Semplice. Sono una strega, anche se... non è che me ne sia resa conto proprio in quel momento. Ovviamente, come può una semplice bambina rendersi conto di essere speciale a quell’età? Non è come nei soliti film. Il tutto avvenne quando avevo esattamente dodici anni e, precisamente, quando comparve per la seconda volta davanti ai miei occhi un fantasma. Uno spirito. Sì perché... solo più tardi venni a conoscenza, o almeno credetti, che il maledetto colpevole della morte di mia madre lo fosse anche lui. L’unica cosa a distinguerli, però, fu che quest’ultimo non era in cerca di anime da raccogliere, piuttosto, mi chiese semplicemente di aiutarlo per mettersi in contatto con la sua amata figlia trentenne caduta in depressione, che tentò il suicidio, a causa di un divorzio avvenuto dopo ben otto anni di matrimonio. Non che siano molti, intendiamoci, ma non fu la durata della sua triste vita sentimentale a preoccuparmi, più che altro… mi concentrai nel trovare un modo su come non risultare una di quelle finte donne squilibrate che sparano stronzate su stronzate nel leggere la mano o le carte alla gente, nel momento in cui le avrei detto che avrei avuto un messaggio da riferirle da parte di sua madre. E, dopo svariate ricerche su internet spulciando tra vari siti di magia occulta, è lì che scoprii il cerchio trinito. Un tipo di rito capace di poter racchiudere lo spirito della persona evocata e in grado di renderlo visibile agli occhi dei semplici esseri umani. Risultato? È da due anni che non fa altro che ringraziarmi e io che continuo a ripeterle che è stato un piacere poterla aiutare.
Insomma, non è una cosa da tutti i giorni poter prevenire una morte, no? Detto tra noi, sono molto fiera di ciò che ho fatto e che faccio tutt’ora. Oramai è come se convivessi in due mondi: quello terrestre e quello ultraterreno. Andando avanti con gli anni ci ho fatto l’abitudine. Veder comparire spiriti di persone che cercano di mettersi in contatto con i loro cari ancora in vita, o viceversa, è come andare al bagno la mattina tutti i giorni. Esattamente, proprio così. Ma tranquilli! Anche io ho una vita! Sono Grace Chambler. Ho diciotto anni e frequento il liceo. Un liceo normale naturalmente, non Hogwarts!
Oltre a essere una strega, sono piuttosto imbranata. Tutti i miei coetanei mi riconoscono come la secchiona della scuola, ma nessuno di loro sa del mio segreto. Alla fine, la sola cosa che voglio è quella di risultare una ragazza normale, proprio come tutte le altre, anche se, forse, credo di riuscirci con scarsi risultati. Non sono una a cui interessa partecipare ai balli scolastici, entrare nella squadra delle cheerleader, o recarmi di corsa nei bagni della scuola la mattina prima del suono della campanella per aggiustarmi il trucco. Non che io non mi trucchi, ma non credo neanche sia una buona cosa averne una mania! Non mi soffermo a osservare i ragazzi durante le partite di football, anche se alcuni di loro a dire la verità sono alquanto carini. Un appuntamento non guasterebbe di certo la mia vita solitaria e sentimentale, ma chi avrebbe voglia di uscire con un’imbranata? Figuriamoci poi con una strega. Perciò ho deciso di porre l’amore come una delle ultime cose sulla mia lista. La vita sociale non fa per me. I miei unici obiettivi principali in questo momento sono esattamente quelli di terminare il liceo e giungere finalmente al college. Continuare a svolgere il mio ruolo da strega per spiriti ed esseri umani in difficoltà e, come tradizione, il tredici ottobre di ogni anno, chiudermi nella mia stanza con tre candele accese a illuminarla, sedermi a gambe incrociate per terra dopo aver disegnato sulla parete accanto al letto una specie di portale ultraterreno con un gessetto e tentare di evocare Bardak. Quello schifoso esattore di anime. Quel maledetto che ha ucciso mia madre. È sfida aperta, oramai, dal giorno in cui gli rivolsi per la prima volta il mio sguardo. Solo che c’è un piccolo problema. Davanti ai miei occhi in questo momento non vi sono le solite tre candele che si spengono a ogni mio tentativo fallito. E non vi è neanche lui. Davanti ai miei occhi vi è semplicemente una... bambina?
«E tu chi sei?!» le domando in maniera confusa. Avrà all’incirca cinque o sei anni. Capelli lunghi biondi e indossa una magliettina nera con un paio di jeans azzurro chiaro. I suoi occhi sono di un blu oceano. Incredibili. I miei variano dall’azzurrino al verde acqua a seconda del tempo.
«Devi aiutarmi» afferma all’improvviso.
«Su cosa posso esserti utile?» le chiedo tranquillamente, aspettandomi come sempre la solita risposta.
«Mio fratello è in pericolo e solo tu puoi rimediare!»
«Che cosa?!»
Capitolo 2
«I-i-io cosa?!» domando incredula, come se fosse la prima volta che uno spirito si rivolgeva a me per essere aiutato.
«Oh, su avanti che mi hai capita!» mi risponde lei in tono alquanto calmo e subito la vedo dirigersi verso il mio letto, sedercisi sopra e incrociare le braccia.
«Ascolta, piccola» aggiungo, cercando di far chiarezza lentamente con la mente. Mi sento confusa. Troppo confusa! «Non ci siamo neanche presentate, io sono...»
«Sì, lo so chi sei» mi anticipa subito interrompendomi. «Grace Chambler, sei la strega più potente dell’universo!»
«Non credo che esistano altre streghe oltre a me, o meglio, che io sappia, comunque... io toglierei l’aggettivo potente
e forse... anche la più
». In un certo senso è come se la stessi pregando di non definirmi in quella maniera. Insomma, so che essere una strega è qualcosa di cui dovrei ritenermi fortunata e a volte, quando mi trovo per strada o sul bus scolastico, mi capita di sentire affermare dalle persone la solita frase del tipo: Quanto vorrei poter avere dei poteri magici
, credendo che sia una cosa unicamente positiva. Beh non è così. Essere una strega può avere i suoi vantaggi, ma comporta benissimo anche moltissimi svantaggi. La mia non è stata una scelta, a quanto sembra pare che io ci sia nata e basta. Ma la cosa ancora più assurda, da quel che io sappia, è che nel nostro albero genealogico famigliare non credo siano stati presenti altri riferimenti alla magia. In poche parole, che ci siano stati altre streghe o stregoni, e questo oltre a preoccuparmi mi spinge ogni giorno a domandarmi Perché proprio io? C’è uno scopo in tutto ciò? E il problema... è che non riesco mai a trovare una risposta. Sono anni che sono in cerca di questa dannata risposta.
«Ehi! Ci sei carotina?!». La bambina, o meglio, lo spirito della bambina inizia a sventolare la sua piccola manina sul mio viso in segno di ripresa dallo stato di trance in cui sono caduta senza accorgermene.
«Carotina?» ripeto ancora più confusa di prima.
«Sì, esatto! Assomigli proprio a una carota con questi capelli rossi.»
La vedo sorridermi e nello stesso momento allunga il suo esile braccio destro e inizia a sfiorare le punte dei miei capelli con le dita.
«Sono molto belli.»
Percepisco all’istante l’essenza ultraterrena che circonda entrambe non appena mi si avvicina. A differenza delle altre, però, è come se fosse più forte, più pesante da quelle che sono abituata a sentire. Mi porta addirittura a sospirare, come se per svariati secondi i miei polmoni smettessero di lavorare. È strano. Molto strano. Cavolo e se fosse un demone? No, non può essere, Grace! Non vedi che è solo una bambina? Ha addirittura tutti gli aspetti fisici per assomigliare a un angelo! Glielo leggo nello sguardo. È pura, senza peccati.
«Come sei morta?» le chiedo cercando di riaprire una, stranamente ancora per me, imbarazzante conversazione. Lei ritrae la mano dai miei capelli e abbassa il capo verso la trapunta blu notte del mio letto, iniziando subito a stuzzicare anch’essa.
«Mi hanno investita con la macchina.»
Merda! Pensa quanto possono star male ora i suoi genitori! dico tra me e me. Ne ho già una vaga idea. Ho partecipato a diversi funerali e veglie di alcuni spiriti che hanno cercato il mio aiuto e di altri invece che ho evocato. Il dolore dei loro cari è straziante. Figuriamoci per i genitori di una bambina.
«Come ti chiami, tesoro?» Lei continua a tenere il capo rivolto verso il basso e stavolta sono io che, allungando il braccio, la afferro su per quel suo piccolo e morbidissimo mento, portandola ad alzarlo. Una stranissima sensazione, quasi come una scarica elettrica invade istantaneamente il mio corpo. Piccoli brividi di freddo si originano all’altezza dell’intera mia schiena. Wow! Sicuramente questo è uno degli spiriti più potenti che mi siano capitati.
«Lizzie» afferma dopo svariati secondi facendo congiungere i suoi occhi con i miei. Io le sorrido e le accarezzo delicatamente una guancia. Ha una pelle morbidissima, liscia.
«Sei bellissima.»
«Anche tu lo sei, tanto tanto.»
«Quanti anni hai?»
«Sei, comunque non sono qui per parlare di me ma di mio fratello. Tu devi aiutarmi!»
È la prima volta che sento una richiesta del genere da uno spirito. La maggior parte di essi ha sempre voluto poter rivedere i propri cari per aiutarli personalmente, ma ingaggiare me al posto loro è sicuramente il compito più assurdo che mi sia capitato in questi anni da strega. Comunque, visto che si tratta solo di una bambina, vedrò come poterla aiutare.
«Come si chiama tuo fratello?»
Scende dal letto e va dritta verso l’orso di peluche gigante regalatomi da mia nonna al compimento dei miei otto anni, che se ne sta seduto su un baule di resina dalla parte opposta.
«Ethan. Ethan Major.»
COSA?! «T-t-tu eri sua sorella?»
«Esatto!»
«Mi dispiace, piccola, ma non credo di poterti aiutare.»
Capitolo 3
«Perché non hai intenzione di aiutarmi? Io credevo...»
«Beh hai creduto male!» la anticipo mettendola a tacere. Minuti di silenzio.
«Allora non è vero ciò che mi hanno detto di te i tuoi genitori!» aggiunge improvvisamente poi.
Ho sentito bene? Ha detto... I miei genitori? «Come fai a conoscerli?» le rivolgo una strana occhiata aggrottando la fronte.
«Sono morta. Proprio come loro, se te ne fossi dimenticata.»
Giusto. Bella domanda di merda, Grace! «Li hai visti? Cioè... ci hai parlato? Anche con mio padre?!»
«Questo non posso dirtelo.»
«Che vorresti dire che non puoi dirmelo?»
«Mi hanno vietato di rispondere a ogni tua domanda che riguardi loro due.»
«Tutto questo non ha senso! Insomma, sono la loro figlia!»
Lizzie fa spallucce non aggiungendo altro e io faccio lo stesso rimanendo in silenzio per qualche minuto. Non so veramente cosa dire. Per quale motivo mia madre e mio padre le hanno vietato di rispondere a qualsiasi domanda io le possa fare su entrambi? Perché avrebbero dovuto farlo? Soprattutto... perché mia madre ha deciso una cosa del genere? In fin dei conti, potrei capire mio padre che, essendo morto prima della mia nascita, magari, ha paura di poter dire qualcosa di sbagliato non conoscendomi. Ma mia madre. Perché non vogliono che io abbia delle risposte?
«Grace, ascolta...»
Lizzie mi fa precipitare nuovamente sul pianeta terra. Si incammina lentamente verso di me e, una volta arrivatami vicino, posa delicatamente una delle sue manine a metà del mio braccio sinistro.
«I tuoi sanno, come anch’io so, che sono anni che sei in cerca di risposte e il fatto che tu fino a ora non sia stata in grado di trovarne, ti manda su tutte le furie, ma credimi... questo potrebbe essere un inizio. Capisco quanto tu possa essere arrabbiata e confusa, ma i tuoi genitori mi hanno semplicemente detto di riferirti che l’unico modo per cominciare è quello di aiutarmi, di aiutare mio fratello e fidati... ho avuto la tua stessa reazione all’inizio. Non volevo crederci ma è così. Quindi ti prego... magari la mia richiesta è un po’ differente da tutte le altre che hai ricevuto, ma lui ha bisogno di aiuto esattamente come te. Entrambi avete bisogno di qualcosa».
Lizzie, pur non volendolo ammettere, ha ragione. Se essere strega è toccato a me ci sarà uno scopo ben preciso, no? Se aiutando suo fratello riuscirò finalmente a ottenere ciò per cui sto letteralmente uscendo fuori di testa da anni, ossia risposte su Bardak e sul motivo per cui io non riesco a evocarlo, sul perché i miei genitori non vogliano mostrarsi a me e non vogliano che io domandi di loro, beh... che vada al diavolo tutto quanto. Aiuterò quello stronzo.
«Da dove dovremmo iniziare?»
Lei sgrana gli occhi cimentandosi in un enorme sorriso e un mega abbraccio.
«Lo sapevo che su di te avrei potuto contare!» esulta euforicamente saltandomi sulle gambe, facendoci precipitare entrambe sul letto. Ridiamo insieme.
Il giorno seguente...
«Certo che di tutti i momenti in cui avrei potuto incontrare Ethan, il tuo funerale è esattamente il migliore» la avverto imbruttendola, mentre ci ritroviamo tutte e due nascoste dietro una lapide di un certo Paul Jones. Stranamente uno dei pochi che non conosco. Della maggior parte dei defunti in questo cimitero ho la loro amicizia. Eh sì, sono proprio una ragazza normale.
«Shhh! Zitta! Non vedi che mi stanno pregando? Non ti hanno insegnato a rimanere in silenzio durante i funerali?» mi rimprovera guardandomi in cagnesco.
«Ehi scusami! È solo che sai... non è molto comodo rimanere per ben un’ora e mezza seduta su un prato con erba del tutto fradicia, cercando di non farsi sgamare da tutta quella gente laggiù!»
«Guarda che io te l’avevo detto che avresti anche potuto partecipare. E poi sei tu quella in pericolo, mica io! Io sono un fantasma!» ironizza sorridendomi.
«Ma che spiritosa che sei. Grazie comunque per avermelo ricordato di essere l’unica pazza nascosta dietro una lapide e... e... ETCI!»
«Cavolo, Grace. Allora lo fai apposta!»
«Ma cosa ci posso fare se sono allergica! Ho dimenticato di prendere gli antistaminici» esclamo posando una mano sotto al naso.
Lei guardandomi scoppia a ridere.
«Cosa c’è di tanto divertente eh?»
«Sei proprio buffa, lo sai?»
«Devo ammettere che hai proprio un gran senso dell’umorismo, piccolina» le rispondo, posandole la mano destra sulla testa per scompigliarle un poco quel lucente cespuglio biondo. Già! È veramente molto sarcastica. Esattamente come il suo caro fratellino! Rimaniamo in silenzio proprio come tutte le persone che sono venute ad assistere al suo funerale e che, chinando il capo, iniziano a pregare dopo che il pastore ha riferito a tutti di farlo. Devo dire che... vedere quella piccola bara bianca ricoperta interamente di fiori, tra cui rose e germogli e una piccola ghirlanda verde al di sopra di essa, lì davanti, e avere esattamente al mio fianco lo spirito del corpo che vi si trova all’interno, pur essendoci abituata, è come se fosse la prima volta.
Tutti i momenti in cui ho avuto dei compiti da svolgere in cui sono stati presenti bambini è come se fosse stata sempre la prima. In qualsiasi situazione mi sia ritrovata. Nel frattempo, noto che assieme a tutta quella gente non vi sono presenti comunque solo ed esclusivamente terrestri. Percepisco la presenza di altre anime, spiriti, essenze ultraterrene ovviamente benevole. Presenze che sono al corrente di noi due. Di me e Lizzie. Sanno che siamo qui e ne sono felici. Chiudo gli occhi per un istante, cercando di mettermi in contatto con loro come faccio ogniqualvolta che mi reco in questo posto. Ma subito lei m’interrompe prima ancora che io possa arrivare allo stato base.
«Quello laggiù è mio padre» esclama, indicandomi con il suo piccolo indice un uomo su una cinquantina d’anni in giacca e cravatta, capelli biondo cenere, alto più o meno un metro e settanta e... Ma per la miseria! Quello è il tenente Major. Il capo del dipartimento di polizia dell’Ohio. Sì, può sembrare una banalità, ma in tutti questi anni è veramente assurdo che io non sia stata in grado di collegare il cognome Major a Ethan. Molto probabilmente, se Lizzie non mi avesse dichiarato per esplicito di essere proprio sua sorella, non me ne sarei resa conto neanche in quell’occasione. Mi capitano molte persone con lo stesso cognome senza alcun grado di parentela e in tutto questo periodo, strano a dirsi, ma io di un legame padre e figlio tra quei due non ne ho visto neanche l’ombra. Gli unici che i miei occhi sono stati in grado di osservare insieme a Ethan sono stati i suoi amici smidollati, tutto qui. Che tizi. Tizi che mi torturano da anni. E ora mi ritrovo qui a dover aiutare uno di loro. Il peggiore, soprattutto. Quando si dice che la vita è strana.
«Anche io le desideravo» aggiunge di nuovo sussurrando all’improvviso nel mio orecchio, come se dovesse preoccuparsi anche lei di non essere sgamata. Almeno non mi fa
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