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Floriterapia a dialogo con se stessi
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Floriterapia a dialogo con se stessi

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About this ebook

Non ci può essere vera guarigione senza ascolto delle parti del Sé che esprimono la loro voce attraverso i sintomi. Essi tuttavia non sono da spegnere, bensì da capire.

I fiori, che contengono l'essenza energetica più profonda dell'intera pianta, sanno arrivare al cuore più profondo della sofferenza, per restituire forza e serenità.

In questo manuale la dott.ssa Patrizia Ugolini, medico psicoterapeuta, omeopata e floriterapeuta, vuole offrire una guida per poter scegliere il fiore o i fiori più adatti allo stato d'animo che sta dietro al sintomo, per trasformarlo in uno stato d'animo più felice, verso il benessere psico-fisico desiderato.

La floriterapia non si pone come alternativa alle altre terapie, ma è certamente un utile e vantaggioso complemento.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJun 13, 2019
ISBN9788831624800
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    Floriterapia a dialogo con se stessi - Patrizia Ugolini

    INTRODUZIONE

    Il disagio della vita moderna

    Con le scoperte psicoanalitiche dell’ultimo secolo ci si è resi consapevoli e curiosi di conoscere a fondo le dinamiche dell’inconscio, al fine di comprendere e risolvere i disagi psichici. Molto spesso però le risposte sono prevalentemente, se non unicamente farmacologiche, attraverso l’uso di sostanze chimiche dirette ad attenuare il sintomo, il più delle volte molto efficacemente, che però non ne svelano la richiesta o la motivazione sottostante. Probabilmente ciò accade anche perché in sintonia col ritmo incalzante della società occidentale, in rapido progresso nei più svariati campi.

    Molte persone si sentono sottoposte a confronti continui tra il concetto di sé e i modelli vincenti proposti dai media, risultandone a volte sensazioni di inadeguatezza o di impotenza, ansia e fobie, difficoltà relazionali o dubbi circa il proprio ruolo nel lavoro o nella famiglia.

    Coerentemente col ritmo frenetico generale, si richiede di spegnere il più rapidamente possibile il sintomo fastidioso (che in realtà esprime la ricerca di un equilibrio), in modo da poter continuare la corsa, piuttosto che soffermarsi con cautela, rispetto ed attenzione verso il messaggio che preme per essere ascoltato.

    Qualcuno si rivolge allo psicoterapeuta, anche se spesso non si ha voglia di intraprendere un percorso che si prevede il più delle volte lungo e dispendioso, ma in effetti l’utilizzo della floriterapia è in grado di ridurre sia il numero necessario di sedute, che la durata di somministrazione di eventuali farmaci, per la sua azione profonda sul mentale e, se vogliamo, sull’animo dell’essere umano, tanto da generare cambiamenti veramente straordinari e duraturi.

    Edward Bach

    Il dottor Edward Bach era un noto medico e omeopata inglese.

    Nato a Moseley, nei pressi di Birmingham (Warwickshire, Inghilterra), il 24 settembre 1886. Egli, nel suo lungo, profondo ed empatico contatto con gli esseri umani sofferenti, aveva acutamente osservato che il manifestarsi della malattia si accompagnava sempre anche ad un cambiamento dello stato d’animo, e aveva fatto caso che spesso quest’ultimo insorgeva prima dei sintomi iniziali; di conseguenza si era convinto della necessità di trattare innanzitutto l’aspetto emozionale e mentale, prima che esso si esprimesse nel corpo fisico e sul comportamento. Si era sentito spesso frustrato e deluso nella sua professione di medico, perché non riusciva a trovare un rimedio che impedisse le recidive delle malattie.

    Così, un giorno dell’anno 1930 decise di chiudere il suo studio nel Galles e cominciò a viaggiare per il mondo alla ricerca di qualcosa che agisse a livello molto profondo, al fine di riportare l’individuo allo stato di equilibrio vitale. Trovò ciò che cercava lo trovò nel regno vegetale, ed esattamente nella corolla dei fiori freschi e selvatici (dunque lontano da qualsiasi fonte di inquinamento), perché riteneva che essa contenesse la massima concentrazione della potenza della pianta, o dell’albero. Ed aveva compreso anche che in tale potenza fosse espresso con la più grande intensità il principio vitale: la qualità particolare della pianta, che secondo la sua lunghezza d’onda va a toccare una corda emozionale precisa nel profondo dell’animo umano.

    Sperimentò nel suo a lungo viaggiare ben tremila rimedi, e alla fine ne scelse 38, affermando che a suo parere essi erano al completo e agivano sui più disparati stati d’animo negativi, per riportare la persona in una dimensione più serena.

    Tali fiori provenivano da piante di vario tipo: da alberi secolari a minuscole piantine, tutte scelte tra esemplari non velenosi né commestibili, e che fiorivano in primavera o estate, quando il sole è più intenso, perché aveva notato che le piante esposte molto al sole vibravano con più forza.

    Bach aveva una sensibilità ed un’intuizione straordinarie, e grazie a ciò riusciva a percepire la vibrazione profonda del fiore, provandolo soprattutto su di sé. Selezionava le corolle fiorite perfette e le faceva cadere in un recipiente di vetro colmo d’acqua di sorgente, senza mai toccarle con le mani. In seguito le lasciava lì per ore sotto il sole, in modo che l’acqua del recipiente si arricchisse sia dell’energia del fiore, che di quella del sole. In seguito miscelava l’acqua con piccole quantità di cognac, ottenendo il rimedio del fiore per un particolare stato d’animo. Per le piante che fiorivano precocemente, quando il sole non aveva ancora raggiunto la massima intensità, utilizzava invece il metodo della bollitura, così da sfruttare anche l’energia del fuoco.

    Bach trascorse sei anni cercando e studiando piante, mentre rifletteva sulle varie tipologie di personalità e stati d’animo che aveva potuto notare negli anni della sua attività di medico, al fine di premurarsi di trovare proprio tutto ciò che potesse servire allo scopo.

    Dalla preparazione dell’ultima essenza fino alla sua morte, trascorsero solo 14 mesi, il tempo di perfezionare i suoi scritti. Morì nel 1936, 19 anni dopo aver contratto una malattia tumorale così grave da aver ricevuto una prognosi di vita di soli tre mesi (e lui, come tutta risposta, dopo lo shock iniziale, si era immerso ancora più febbrilmente nel suo lavoro, perché voleva utilizzare al massimo le poche settimane che gli rimanevano, fino a dimenticare i suoi acciacchi, fino a sentirsi più forte e in salute di prima).

    Poco prima di morire, il 27 novembre nella sua casa di Mount Vernon, nel Sussex), scrisse: Il mio lavoro è compiuto. La mia missione in questo mondo si è conclusa

    Lasciò in testamento tre scritti: I 12 guaritori e altri rimedi, Guarisci te stesso, e Libera te stesso.

    Il pensiero di Edward Bach

    Bach affermava che la medicina deve molti dei suoi fallimenti al fatto di concentrarsi troppo sui sintomi e sugli effetti delle malattie sul corpo fisico, senza indagarne con attenzione la causa e la dimensione più profonda. Rimanendo a un livello più superficiale, a suo parere si crea un divario tra mente, anima e corpo; una cura di questo tipo può portare alla guarigione, ma il più spesso delle volte essa non è duratura, e ci illude, e con ciò danneggiandoci, che sia stato eliminato il sintomo (e con esso la malattia), mentre esso è solo temporaneamente silenziato, fino al suo ricomparire sotto altre spoglie (stessa teoria della medicina omeopatica, tra l’altro praticata da Bach).

    Egli affermava che ciò che fa male davvero e porta alla malattia sono soprattutto i turbamenti emotivi profondi, più che i germi di per sé, di conseguenza non si può guarire veramente senza riportare all’equilibrio prima di tutto il cuore e la mente, i quali, se ingombrati da dispiaceri e pensieri negativi, minano la capacità del corpo di rimanere in salute. Una riflessione molto acuta confermata dalle moderne conoscenze della psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), secondo la quale l’apparato psichico, nervoso, endocrino e immunologico sono intimamente interconnessi.

    Egli affermava che bisogna guardare la sofferenza come un allarme che ci segnala essenzialmente che ci stiamo allontanando dall’armonia con cui tutti nasciamo ed a cui aneliamo, e al contempo ci distanziamo da ciò che davvero vorremmo essere o fare. La malattia diventa per Bach una specie di segnalatore di insoddisfazioni inespresse, che in qualche modo andrebbero opportunamente decodificate.

    Secondo Bach, scopo della vita è fare esperienza e conoscenza in qualunque luogo e situazione, nel modo più svincolato possibile da influenze esterne negative, che ci allontanano dal nostro vero sé interiore, il quale rappresenta la parte più profonda di noi, quella che sa.

    E’ dunque molto importante che un terapeuta, un genitore, un maestro, nel loro insegnare e guidare, invece che condizionare, si sforzino di aiutare il loro assistito ad acquisire la sua libertà di pensiero in tutta coscienza e responsabilità della sua importanza nel mondo, che porteranno luce anche nei momenti più bui.

    Egli suggeriva di iniziare ogni giorno in uno stato potenziato, con l’aiuto di tecniche di rilassamento e meditazione, per fare il vuoto dei pensieri e aspettare con tutta calma la risposta alle nostre domande, come un’illuminazione. Contro i pensieri negativi, diceva, è inutile lottare: meglio sviluppare regolarmente, con tenacia e perseveranza, i pensieri opposti, e mantenere focalizzata l’attenzione su di essi e sulla loro presenza benefica.

    Perché alla fine si ottiene ciò su cui ci si concentra. Sempre.

    Una delle più grandi tragedie attuali, affermava Bach, è la noia, la perdita di felicità e speranza nel futuro (incredibile, parlava del suo tempo ma è come se parlasse anche al nostro!), e l’antidoto ad esse è provare vivo interesse per tutto ciò che ci circonda, con la voglia di imparare da ogni evento e dal nostro prossimo, non cedere alla rassegnazione e alla rinuncia, e dare speranza ai giovani in un presente e futuro fecondo.

    Soprattutto, mai cedere alla paura, in particolare quella delle malattie, di perdere le proprie cose, di non farcela ad affrontare gli eventi: fissandoci su tutto ciò ne aumentiamo l’importanza e la paura viene rafforzata.

    Importante coltivare il buonumore, che allontana il dubbio e la depressione.

    Il pensiero di Bach è quanto mai attuale, se consideriamo le riflessioni degli ultimi decenni scaturite da studi psicologici soprattutto di tipo cognitivo, secondo cui l’uomo non è il suo comportamento, bensì il risultato di uno stato d’animo, che risulta essenzialmente da ciò che ha nella mente in quel momento o continuamente (la sua rappresentazione interna). E’ infatti il modo in cui ci rappresentiamo gli eventi a noi stessi, a determinare il modo in cui ci sentiamo e ci comportiamo, e tutto ciò dipende in gran misura dalle convinzioni e dalle credenze che abbiamo introiettato nella nostra vita, e che determinano la nostra identità. Per esempio se nell’ambiente da cui proveniamo ci siamo fatti l’idea di essere degli stupidi (sono stupido = identità, che è rappresentata essenzialmente da come definiamo noi stessi), ci comportiamo da stupidi (comportamento conseguente) e crediamo di non poter cambiare (credenza cosiddetta patogena). Ciò influisce sullo stato d’animo (per esempio di mortificazione e autosvalutazione), e i risultati delle nostre azioni saranno deludenti, rafforzando l’autosvalutazione, in un circolo vizioso auto-perpetuantesi.

    Perché ciò che crediamo vero, diviene ciò che è vero.

    Ma le nostre credenze e convinzioni non sono innate: si possono cambiare! Se mi considero un pessimo studente, ho un’aspettativa di fallimento e molto probabilmente fallirò, perché sto segnalando alla mia mente di aspettarsi ciò, e le mie azioni saranno coerenti, volte a generare appunto il fallimento.

    Bach raccomandava di concentrarsi su credenze positive, che portassero a immagini di sé positive, per ottenere i risultati desiderati. E soprattutto occorre tenacemente continuare a crederci, nonostante eventuali ostacoli sulla via, attivando tutte le risorse a disposizione. E’ così che uno stato d’animo depresso può essere cambiato: lavorando sulle nostre rappresentazioni mentali, sulle nostre immagini interne e su ciò che ci diciamo: la nostra immagine interna è la nostra realtà.

    Non ci sono colpe da condannare, diceva, ma solo errori causati dalle suggestioni caotiche della mente, che portano ad azioni dal risultato deludente. La cura è facile, per Bach, e allo stesso tempo semplice e naturale: riportare la mente ad uno stato d’armonia, che viene immediatamente percepito da ogni cellula del corpo.

    Attualmente sappiamo, da studi neuro-biologici, che ciò è vero, e la trasmissione dalla mente alla cellula avviene attraverso i neuromediatori, uno per ogni pensiero o stato d’animo. Inoltre, tutto ciò che avviene nel corpo si trasmette anche fuori, verso altri corpi, perché, come ci ha insegnato Einstein, i concetti di materia e spazio, pieno e vuoto, in realtà si connettono e uniscono in un’inseparabile e intercambiabile struttura energetica, e ogni campo d’azione è estremamente dipendente dall’ambiente esterno: ciò che accade dentro un sistema è in stretta connessione con ciò che accade fuori, nello stesso istante! Perciò, le interazioni nelle cellule si estendono a quelle tra le cellule e così via, fino all’Universo, in un’unità di fondo che nascendo dalla fisica contemporanea ci porta vicino al concetto di divino.

    Tutto ciò ci riconduce al pensiero di Bach quando diceva che l’uomo va considerato nella sua totalità e nel suo essere in connessione con ogni altra cosa, ed è per questo che è così importante che la cura sia volta davvero alla guarigione del corpo e della psiche, e soprattutto, come affermava anche Hahnemann, il padre dell’omeopatia, che sia dolce, rapida e duratura.

    L’azione dei fiori

    La floriterapia agisce ad un livello molto profondo, toccando dall’interno le nostre corde emotive, con un impatto sul mentale davvero sorprendente.

    I fiori non curano dall’esterno, tacitando i sintomi, né agiscono direttamente sui neuromediatori cerebrali come i farmaci chimici, ma hanno l’effetto di rimetterci in sintonia con il nostro vero sé, per operare una incredibile trasformazione: dalla sofferenza verso la comprensione della richiesta sottostante, dalla paura alla voglia di affrontare serenamente una situazione, dallo sconforto alla capacità di provare gioia, dall’indecisione alla capacità di scegliere, e così via.

    In pratica si attua un cambiamento di prospettiva a tutto tondo: sia tra le parti di sé, sia tra se stessi e gli altri.

    I fiori agiscono talvolta come e anche al posto, di una psicoterapia (anche se molto utile e interessante è poter unire le due terapie, che insieme convergono verso una nuova e più consapevole realtà di sé), perché lo stato di malattia, secondo Bach, corrisponde ad uno stato conflittuale, e la perdita della salute è la conseguenza diretta di questo conflitto. Di conseguenza la prognosi della malattia non dipende solo dai sintomi fisici, ma anche dall’abilità di trovare un migliore rapporto con se stessi.

    La malattia non va né soppressa, né corretta, né combattuta in uno o più dei suoi sintomi come se fosse distaccata da un quadro più generale, ma va compresa in tutta la sua portata…Va compresa la persona nel suo insieme, non solo la sua malattia fisica.

    La floriterapia non si pone come cura alternativa ad ogni altra, ma

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