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La Corona del Potere
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La Corona del Potere

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About this ebook

Il principe Čech e la sua numerosa tribù lasciano il proprio insediamento alla ricerca di una nuova patria. La capitale del nuovo principato, chiamato Čechia, diventa Říp. Da Říp, Čech governa le proprie terre e decide le sorti dei propri sudditi.

Il giovane Krok e la sua famiglia decidono di lasciare Říp e di stabilirsi nelle terre ancora libere. Trovano il posto ideale vicino ad un ruscello. Un bel giorno il giovane Krok incontra nel bosco la bellissima Medulina, ma non sospetta che lei sia uno spirito del bosco.Tra Krok e Medulina scoppia l'amore. I genitori di Medulina, il dio del bosco Bor e la dea della generazione Didiliya, benedicono il loro matrimonio. La giovane famiglia darà alla luce tre figlie: Kazi, Teta e Libuše. Medulina già conosce il destino delle sue figlie. Tuttavia non è in grado di cambiare i loro destini, in quanto i fili epocali sono intrecciati dalle divine sorelle del Destino, le Sudenitsi.

Nel frattempo Krok diventa voivoda di Budeč. Nei boschi appare il principe straniero Ladvik con il suo popolo, costretto a scappare dalle proprie terre natali prese d'assalto dai Sassoni. Ladvik è forte, furbo e adora il dio Velez. Velez favorisce in ogni modo possibile il suo fedele ammiratore. Ladvik e i suoi guerrieri devastano le terre di confine Čeche e lucane. Krok stringe un'alleanza bellica con il principe lucano Radoslav per contrastare il principe Ladvik. Gli alleati riescono a tenergli testa grazie agli sforzi congiunti. Ladvik subisce una pesante sconfitta e scappa nel cuore della foresta, per servire, sotto forma d'orso, lo stesso Velez.Tuttavia Velez non è contento che Krok e Radoslav si siano intromessi nei suoi piani. Velez cova la vendetta e trova un alleato in Chernobog.

Medulina cerca di proteggere la famiglia dall'ira di Velez e salva il marito da morte certa. Bor e Didilya, unendo le forze, resistono ai sofisticati incantesimi di Velez e Chernobog, che si ritirano per un po'. Tuttavia Velez intende pareggiare i conti a tutti i costi con la famiglia di Krok e inizia a usare la figlia maggiore Kazi. Per far ciò Velez recluta Libor, il figlio del principe della foresta Ladvik. Libuše e Medulina hanno intenzione di proteggere Kazi, ma invano. Dall'unione di Kazi e Libor nasce un bambino, destinato a servire Velez. Medulina prende il nipote appena nato e insieme a lui lascia il mondo degli uomini. Krok sopravvive a stento alla scomparsa della moglie. Teta e Libuše cercano di sostenere Kazi con ogni mezzo, e ben presto quest'ultima si sposa con il principe lucano Radoslav. A Libuše, durante il matrimonio della sorella, iniziano le visioni che presagiscono la morte di un giovane uomo durante la caccia...

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateDec 2, 2019
ISBN9781547590124
La Corona del Potere
Author

Olga Kryuchkova

Olga Kryuchkova began her creative career in 2006. During this time, the author had more than 100 publications and reprints (historical novels, historical adventures, esotericism, art therapy, fantasy). A number of novels were co-written with Elena Kryuchkova.

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    La Corona del Potere - Olga Kryuchkova

    Olga KRJUCKIOVA

    LA CORONA DEL POTERE

    ––––––––

    Breve introduzione

    Terre Ceche. Fine VII – inizi VIII secolo.

    Il principe Čech e la sua numerosa tribù lasciano il proprio insediamento alla ricerca di una nuova patria. La capitale del nuovo principato, chiamato Čechia, diventa Říp. Da Říp, Čech governa le proprie terre e decide le sorti dei propri sudditi.

    Il giovane Krok e la sua famiglia decidono di lasciare Říp e di stabilirsi nelle terre ancora libere. Trovano il posto ideale vicino ad un ruscello. Un bel giorno il giovane Krok incontra nel bosco la bellissima Medulina, ma non sospetta che lei sia uno spirito del bosco.Tra Krok e Medulina scoppia l'amore. I genitori di Medulina, il dio del bosco Bor e la dea della generazione Didiliya, benedicono il loro matrimonio. La giovane famiglia darà alla luce tre figlie: Kazi, Teta e Libuše. Medulina già conosce il destino delle sue figlie. Tuttavia non è in grado di cambiare i loro destini, in quanto i fili epocali sono intrecciati dalle divine sorelle del Destino, le Sudenitsi.

    Nel frattempo Krok diventa voivoda di Budeč. Nei boschi appare il principe straniero Ladvik con il suo popolo, costretto a scappare dalle proprie terre natali prese d'assalto dai Sassoni. Ladvik è forte, furbo e adora il dio Velez. Velez favorisce in ogni modo possibile il suo  fedele ammiratore. Ladvik e i suoi guerrieri devastano le terre di confine Čeche e lucane. Krok stringe un'alleanza bellica con il principe lucano Radoslav per contrastare il principe Ladvik. Gli alleati riescono a tenergli testa grazie agli sforzi congiunti. Ladvik subisce una pesante sconfitta e scappa nel cuore della foresta, per servire, sotto forma d'orso, lo stesso Velez.Tuttavia Velez non è contento che Krok e Radoslav si siano intromessi nei suoi piani. Velez cova la vendetta e trova un alleato in Chernobog.

    Medulina cerca di proteggere la famiglia dall'ira di Velez e salva il marito da morte certa. Bor e Didilya, unendo le forze, resistono ai sofisticati incantesimi di Velez e Chernobog, che si ritirano per un po'. Tuttavia Velez intende pareggiare i conti a tutti i costi con la famiglia di Krok e inizia a usare la figlia maggiore Kazi. Per far ciò Velez recluta Libor, il figlio del principe della foresta Ladvik. Libuše e Medulina hanno intenzione di proteggere Kazi, ma invano.  Dall'unione di Kazi e Libor nasce un bambino, destinato a servire Velez. Medulina prende il nipote appena nato e insieme a lui lascia il mondo degli uomini. Krok sopravvive a stento alla scomparsa della moglie. Teta e Libuše cercano di sostenere Kazi con ogni mezzo, e ben presto quest'ultima si sposa con il principe lucano Radoslav. A Libuše, durante il matrimonio della sorella, iniziano le visioni che presagiscono la morte di un giovane uomo durante la caccia...

    Capitolo 1

    Repubblica Ceca. Fine VII – inizio VIII secolo.

    Nell'antica terra croata vivevano numerose tribù. Si assomigliavano per la lingue, per le tradizioni, per lo stile di vita e per il temperamento. Si moltiplicarono e iniziarono a competere per il diritto di proprietà delle terre, dei boschi e dei fiumi. E così, le tribù affini iniziarono una faida sanguinosa, che portò via molte vite.

    Allora i due fratelli Čech e Lech decisero di lasciare le terre natali per salvaguardare il proprio popolo. Decisero di portare la propria gente in terre nuove per vivere in pace e lavorare.

    Čech e Lech convocarono la propria tribù per metterla al corrente delle loro intenzioni. Poi pregarono gli dei e gli offrirono generosi sacrifici. Gli dei mandarono un segno, secondo cui la tribù si sarebbe dovuta dirigere a est sotto la guida di Čech e Lech, verso confini sconosciuti. Portarono con sé non solamente il popolo, ma anche le mandrie di cavalli, mucche e pecore. Così la tribù attraversò il fiume Oder e si mise in viaggio. 

    Furono unite insieme numerose famiglie, e a capo di ognuna di esse c'era il più anziano. E andavano di generazione in generazione, di famiglia in famiglia. E tutti avevano fiducia in Čech e Lech. Credevano che avrebbero trovato una nuova patria.

    Davanti alle famiglie camminavano giovani guerrieri armati in qualità di esploratori e di difensori. Seguivano, a cavallo, e vievodi Čech e Lech circondati da persone fidate e dai più anziani. Seguivano numerose famiglie sui carri con i bagagli. Dopo di queste si stendevano mandrie di cavalli e di animali domestici. Chiudevano questa processione dei guerrieri armati a difesa di tutti. Poiché la terra, su cui si muovevano i coloni, gli era sconosciuta,  e congiunti e beni sarebbero potuti essere stati attaccati dalle tribù locali. Ma i boschi e i campi che attraversavano erano scarsamente popolati e gli abitanti parlavano lingue affini. Andò così fino al fiume Laba. Ma una volta attraversate le sue acque, non incontrarono alcun villaggio. 

    Il viaggio dei coloni attraverso nuove terre fu impervio. Camminarono attraverso boscaglie impenetrabili, paludi infestate da serpenti e zanzare. Lech si staccò con la sua gente da Chech e decise di stabilirsi nei nuovi territori che gli andavano a genio. Čech proseguì oltre.

    Alla fine la tribù, attraverso i boschi, raggiunse il fiume Vltava. Dopo averlo attraversato, si iniziò a mormorare che non c'era riposo né di giorno né di notte, in quanto gli animali selvatici nascosti avevano cominciato ad importunare le persone.

    Čech allora capì che la sopportazione e le forze del suo popolo erano ormai allo stremo. Finalmente la tribù raggiunse un'alta montagna, chiamata Říp, e si stese a riposare alle sue pendici. Al mattino il voivoda Čech salì sulla vetta della montagna e ammirò gli spazi aperti con uno sguardo tenace.

    E vide all'orizzonte l'azzurro delle montagne. E davanti a loro lo stendersi di una vallata fertile. La tagliavano i fiumi come se fossero d'argento lucido. Čech si rallegrò di aver trovato, alla fine, una terra in cui stabilire la sua tribù.  Scese dalla montagna e annunciò alla gente la propria decisione.

    Il giorno seguente Čech, i suoi fedeli e gli anziani andarono ad ispezionare la valle. Videro erbe succose e fiumi pieni di pesci.

    Tornati al monte Říp, Čech e gli anziani riferirono agli altri che quelle terre erano adatte all'insediamento, all'allevamento e alla coltivazione del grano. E allora Čech disse: Abbiamo trovato la terra dove vivremo e dove vivranno i nostri discendenti. Questa terra è fertile e colma di miele, è ricca di selvaggina, di uccelli e di pesci. Qui vi sarà abbondanza. Solo che questa terra non ha un nome...

    Chiamiamola con il tuo nome! La nostra terra sarà la Čechia, e noi saremo i tuoi discendenti: i Čechi!

    Il voivoda Čech si commosse, si inginocchiò e baciò la terra promessa. Poi si alzò e, allungate le mani in avanti, proferì: Ti saluto, terra predestinataci dagli dei! Mantienici sani, mantienici salvi e allevaci di generazione in generazione, da ora e per sempre!

    Per ordine di Čech su eretto il tempio dedicato agli dei nativi alle pendici del monte Říp. E i Čechi portarono generose offerte agli dei. Ed erano tutti felici, dal più giovane al più anziano.

    Dopo la festività iniziò il tempo del duro lavoro. La terra doveva essere coltivata. Per questo i Čechi abbatterono e bruciarono il bosco, sradicando i ceppi. In questo modo ottennero campi fertili per coltivare il grano. La gente costruì la propria abitazione: una capanna ricoperta di paglia. E ogni stirpe cercò di stabilirsi nel terreno che gli era stato affidato da Čech.

    Di anno in anno la terra dava raccolti abbondanti. Le api ronzavano nei boschetti di tigli. I pesci guizzavano nei fiumi. Il bestiame domestico si moltiplicava. I Čechi si arricchirono. E per ordine dell'ormai principe Čech, avevano eretto la propria capitale sul monte Říp. Ogni stirpe era retta da un anziano, che leggeva le preghiere adatte agli dei, esercitava la giustizia, distribuiva i lavori tra la prole, raccoglieva i tributi da versare al principe.

    Le donne facevano i lavori di casa, crescevano figli belli e sani. Gli uomini pascolavano le mandrie, coltivavano la terra, cacciavano le bestie e i pesci. I villaggi erano affollati e vivaci. Dai prati, dove pascolavano le greggi, si diffondeva il dolce suono del flauto. Dai campi, dove ferveva il lavoro, si diffondevano i canti. A mezzogiorno tutto si calmava, in quanto era il tempo degli spiriti poludnitsa. Come vergini, vestite in abiti bianchi, si ritrovavano nei campi e nei prati, si avvicinavano alle abitazioni umane. Le poludenitsi spaventavano i bambini, d'estate inviavano colpi di sole, potevano rapire un bambino abbandonato nel campo. Le poludnitsi amavano danzare. E, se vedevano una ragazza nel campo ad un'ora incerta, la facevano mulinare nella danza, tanto da far intrecciare le gambe alla disgraziata. Ma, qualora la ragazza fosse riuscita a ballare con le poludnitsi, allora avrebbe ricevuto una generosa dote. 

    I Čechi avevano paura delle yazinoki, che addormentavano le persone e gli strizzavano gli occhi. Avevano paura degli spiriti erranti, che si manifestavano come fuochi blu sulle paludi e sugli acquitrini. Credevano che nei fiumi e nei laghi vivesse lo spirito delle acque con le sue aiutanti rusal’ke.

    Inoltre, i Čechi credevano che le loro case custodissero gli spiriti dei loro antenati. Ponevano la loro effige, intarsiata nel legno, accanto al focolare, per onorare il luogo sacro. Lo spirito proteggeva la casa e la famiglia da ogni tipo di male.

    Con il passare degli anni, le tribù dei Čechi si moltiplicarono. Dopo il solstizio d'estate arrivava il raccolto, poi giungeva il freddo autunno, e a seguire, l'inverno. La gloria della terra dei Čechi raggiunse anche la loro madre patria. E così attrasse a sé nuovi coloni. I Čechi crescevano esponenzialmente. E si stabilirono sempre più lontano da Říp. Furono fondati nuovi villaggi e costruite nuove città, che erano circondate da solide mura o da valli, e sopra di questi e sopra i cancelli erano state collocate torri di guardia e di osservazione. Ivi regnava l'ordine, nessuno chiudeva la propria casa né la propria stalla.

    Čech regnò a lungo e in maniera giusta, il popolo lo venerava come proprio prinicpe e padre. I Čechi vivevano in armonia, campavano del proprio lavoro, non desideravano i beni degli altri. La tribù si arricchiva di giorno in giorno e diventava sempre più numerosa.  

    Il giovane Krok con la sua famiglia lasciò Říp e si diresse verso delle terre libere. Il loro viaggio durò a lungo prima di trovare una nuova casa. Il primo anno costruirono un fortino. Vivevano nello stretto, ma in armonia. Durante il primo inverno Krok cacciò un lupo e confezionò una calda coperta con la sua pelliccia. L'anno seguente il padre, la madre e la sorella minore Milada rimasero nel rifugio già costruito, mentre i figli più grandi, Krok e Bochuslav, ne eressero uno nuovo per loro.

    Krok amava cacciare, e per questo costruì il rifugio proprio nel bosco. Procacciava il cibo per tutta la famiglia, nel bosco c'era abbodanza di selvaggina, e nel fiume ce ne era di pesce. Insieme al fratello Bochuslav, Krok costruì un piccolo affumicatoio per la carne e il pesce. Per accrescerne il sapore aggiungevano al fumo trucioli di legno di ginepro e pigne d'abete.

    Il padre e i figli ripulirono la terra del bosco, iniziando a coltivare la segale. Ben presto ricevettero il primo raccolto abbondante. È così che vivevano.

    Un bel giorno di mezza estate Krok andò nel bosco alla ricerca di miele. Da tempo aveva notato un foro in un albero, in cui svolazzavano le api. Non fece in tempo ad avvicinarsi all'incavo, che da dietro l'albero apparve una giovane bellissima, vestita con una lunga camicia bianca, fermata in vita da una fusciacca intrecciata. I capelli della ragazza erano di una tonalità miele ed erano lunghi fino alla vita. In mano stringeva un cestino di fiori. La sconosciuta alzò il suo sguardo azzurro cielo verso Krok e chiese: Hai sentito che nel bosco vive lo spirito di Medulina?

    Involontariamente Krok allungò la mano destra verso la bella, e pensò: Adesso la sfiorerò e lei si dissolverà nell'aria, come la foschia mattutina. Ah come era bella! A Říp e nei suoi dintorni non se ne trovano così!

    La ragazza non ebbe paura, non si ritrasse. Krok, involontariamente, attrasse a sé la sconosciuta, toccandole i capelli. Color miele.... sussurrò. La ragazza profumava di fiori e di miele.

    ''Non hai risposto alla mia domanda..." ripeté con insistenza la bella.

    Si... Ho sentito della ragazze di miele. Vive nel bosco. La mia tribù fin dai tempi antichi ha fatto offerte a Medulina, le ragazze portavano nei boschi ciotole colme di miele, e dicevano: eccoti il miele, Medulina, serviti pure. Poi a noi ci tornerà dal cielo. È risaputo: il miele cade sui fiori dal cielo, dall'Iria Celeste. Poi le api lo raccolgono.

    Krok era muto e immobile, non riuscendo a staccare lo sguardo dalla bella. Ella sorrise, e sulle sue guance si mostrarono delle belle fossette. Involontariamente Krok si piegò in avanti e tirò verso di sé la ragazza. Una forza irresistibile lo aveva attratto verso di lei.

    Ei!. gli disse la bella.

    ''Non avere paura, non ti farò del male... disse tranquillamente Krok Non è nostra abitudine offendere delle ragazze così belle..."

    La sconosciuta sorrise. Krok non si trattenne e si avvicinò alle sue labbra. Lei non si fece indietro e corrispose il suo bacio. Krok sentì un leggero sapore di miele sulle labbra di lei.

    ''Chi sei? Qual è il tuo nome? Perché sei da sola nel bosco?" alla fine respirò, staccandosi dalle dolci labbra.

    ''Io vivo qui...'' rispose semplicemente la ragazza. "Il mio nome è Medulina...e mio padre è Bor, signore dei boschi.''

    Krok scoppiò a ridere, non credeva alla ragazza.

    ''Stai scherzando?! Dato che tuo padre è Bor e te sei Medulina, lo spirito del bosco!"

    La ragazza annuì.

    ''Si, è così...'' confermò tranquillamente. Sono arrivata qui per il miele... Visto che Medulina ama il miele.

    Krok ammutolì, un brivido gli corse su per la schiena.

    ''Che ti spaventa?'' chiese Medulina, come per gioco, nascondendosi detro l'albero. Non vuoi più baciare la figlia di Bor?

    Voglio baciarti per tutta la vita confessò lui. Medulina scoppiò a ridere. E cosa mi dimostra che sei uno spirito? A prima vista sembri una ragazza normale... Davvero molto bella...

    Medulina sghignazzò.

    ''Siamo tutti così... si strinse nelle spalle. Nostra madre è Didilya, la dea della flora e della procreazione. È sempre stata famosa per la sua bellezza..."

    Krok, alla fine, tornò in sé e scoppiò a ridere.

    ''Stai scherzando! Ammettilo... Il tuo villaggio è lontano?"

    Medulina sospirò, capendo che il giovane non le credeva. Salì abilmente sull'albero, proprio nella cavità. Gli tese la mano.

    Krok si accigliò, pensando che in quel momento dall'incavo sarebbe uscito un intero sciame di api, e avrebbero punto la ragazza al puno di ucciderla.

    La stessa estrasse dal buco un favo e iniziò lentamente a succhiare il miele da questo.

    ''Davvero sei Medulina?"

    ''Si..." annuì la bella, schioccando le labbra.

    Allora infilò nuovamente la mano nel foro, ne estrasse un altro favo e lo porse a Krok.

    ''Prego. In questo buco il miele è eccellente, leggermente amaro..."

    Finalmente l'incredulo Krok accettò il dono, ma non ebbe il coraggio di assaggiarlo.

    ''Ma voi vi potete sposare?" lui cadde e si spaventò da solo.

    La bella si leccò le labbra e rispose: Possiamo, basta che il padre si confronti con la madre.

    Krok si stava incendiando dentro.

    La ragazza scese dall'albero, la sua mano destra era tutta appiccicosa, piena di miele. Si pulì con la manica della camicia.

    ''Sposami...." sospirò Krok.

    Medulina rise sonoramente.

    ''Sei svelto! Non abbiamo fatto in tempo a conoscerci che già mi chiedi di sposarti!"

    ''Amami!" disse Krok.

    ''Non ti spaventa che io sia la figlia del signore della foresta. Se mi farai del male, si adirerà...'' disse a bassa voce la bella.

    Krok fece di no col capo.

    ''Non ti farò del male... Ti amerò... Avremo dei figli..."

    Medulina scoppiò di nuovo a ridere.

    ''Lo ammetto, ti avevo già notato la scorsa primavera, quando la tua famiglia è apparsa in questi posti."

    ''Quindi? si intromise lui con tutta la sua determinazione.  ''Vuoi sposarmi?

    Мedulina alzò il suo grande sguardo, azzurro come il cielo, su Krok.

    ''Sarò tua moglie disse lei sussurrando. Solo che tu dovrai chiedere la benedizione ai tuoi genitori. Una volta che avrai la benedizione del padre e della madre, vieni al tramonto alla vecchia quercia, che si erge nella radura non lontano da qui."

    Krok conosceva benissimo quella quercia. Durante la stagione calda era solito andare a riposarsi sotto la sua ombra. Gli sembrava che quella vecchia, enorme e frondosa quercia nascondesse in sé una forza segreta. Come se quella quercia fosse il legame tra lo Yav', in cui vivono le persone, e il Prav', il mondo degli dei. E era una sorta di incarnazione dell'albero del Mondo.

    Krok amava ascoltare il fruscio delle sue foglie. Chiudeva gli occhi e gli sembrava che un il sussurro di una moltitudine di voci femminili gli dicesse: Krok... Sei stanco, riposati.. Chiudi gli occhi.. Immergiti nel mondo dei sogni... Ci prenderemo cura del tuo riposo.

    Krok non sapeva se erano le voci delle lesavki, che vivevano tra le fronde e discendevano dai Lešie. A volte il giovane si addormentava sotto il fruscio delle foglie e del sussurrio misterioso e vedeva una scalinata, cinta da degli scalini di ottimo legno, popolata da una moltitudine di persone. Al centro della scalinata si stagliava un ricco terem[1] di legno e fuori da quello, vestito in morbidi stivali, pantaloni nuovi e una camicia candeggiata di tela tessuta usciva un uomo corpulento.

    Krok cercava di vedere il suo volto e... Vedeva il proprio, ma già canuto e con la barba. E intorno a lui  fremeva la vita. Tutti nelle città, sia in quelle grandi che in quelle piccole, svolgevano la propria mansione. Krok vedeva tre bellissime ragazze. Queste erano in disparte e canticchiavano qualcosa... Poi, di solito, Krok si svegliava, non vedendo mai come continuava il sogno. Gli rimaneva una sensazione di indefinito, che aveva affascinato la sua immaginazione.

    Il giovane confidava nel fatto che gli dei stessero preparando qualcosa di speciale per lui, e sarebbe arrivato il momento in cui gli avrebbero dato un segno. E allora Krok avrebbe fatto ciò che doveva.

    E quello era il giorno, dopo l'incontro con Medulina nel bosco, Krok si diresse al rifugio dei genitori. Il padre tagliava la legna, la madre preparava l'ucha[2] all'aria aperta, Milada dipingeva una tela accanto al ruscello, Bochuslav lavorava nel campo.

    Krok si inchinò rispettosamente ai genitori augurandogli buona salute.

    ''Le voci arrivano in fretta... disse la madre. Vuoi avere un figlio?"

    ''Ti ringrazio..." rispose seccamente lui. E iniziò subito, senza rigiri di parole: ''Veniamo al punto... Mi voglio sposare...''

    Il padresi congelò con l'ascia in mano. La madre si scordò completamente dell'ucha.

    ''E dove avresti trovato questa sposa? il padre era sinceramente sorpreso. Visto che per molti chilometri qui intorno non si incontra altro che fitto bosco e fauna selvatica!"

    ''L'ho trovata nel bosco. confessò Krok. È Medulina, la figlia del signore del bosco Bor e della dea Didilya."

    La madre rimase a bocca aperta e si sedette accanto al calderone con la brodaglia profumata. Il padre, con un colpo solo, ficcò l'ascia sul ceppo dove tagliava la legna. 

    ''Evidentemente ha deciso di rallegrare noi e tua madre...'' disse con  esitazione il padre e sorrise sotto i baffi.

    ''Sono venuto per la vostra benedizione. Medulina mi ha ordinato di chiederlo assolutamente. E poi, andremo sotto quella vecchia quercia, che cresce non lontano dalla radura...'' 

    Il padre tacque per qualche minuto. La madre era seduta in terra stringendo un cucchiaio di legno tra le mani.

    ''Come mai tacete? Mi date il vostro benestare o no?''

    Il padre si asciugò il sudore dalla fronte con il dorso della mano.

    ''Sei troppo frettoloso.... Impaziente... Sei ancora giovane, ardente... Ma è mai possibile che tu non voglia sposare una ragazza, ma lo spirito della foresta? E i bambini?'' 

    ''Avremo dei figli!'' rispose con sicurezza Krok

    ''Pensa, figliolo iniziò la madre che se non dovesse essere così, Bor se la prenderà con te...  E allora che farai?''

    ''Non lo farò adirare! disse fermamente Krok. Dovreste vederla!" esclamò con entusiasmo.

    ''Bene, ormai sei adulto, hai già passato sedici inverni... È arrivato il momento di sposarsi.'' convenne il padre. "e tu, moglie, che ne pensi?''

    ''Ho paura...'' confessò lei.

    ''Pure io, affermò suo marito. Diventeremo parenti degli stessi spiriti e dei!  Non c'è mai stato nulla di simile nella nostra famiglia!"

    Al tramonto, vestiti negli abiti migliori, tutta la famiglia si recò alla vecchia quercia. Krok camminava davanti a tutti. Dietro di lui seguiva Milada. La bimba di otto anni era entusiasta che il fratello maggiore intendesse sposare Medulina.

    Appresa la notizia, iniziò a danzare sul posto e a battere le mani.

    ''Voglio sposarmi! Non con una semplice giovane, ma con lo spirito del bosco!"

    ''Tocchiamo ferro! si indignò la madre. Basta che Krok abbia deciso di legare la propria vita alla ragazza di miele!" 

    ''Non sbraitare, moglie! È difficile vivere in questo angolo sperduto senza il sostegno di forze superiori..." osservò ragionevolmente il marito.

    ''Eppure ci abbiamo già vissuto...'' rispose quella.

    ''Ma vivremo un po' meglio!" disse Krok e drizzò le spalle.

    Bochuslav reagì tranquillamente alla notizia del venturo matrimonio del fratello maggiore, fece solamente un'osservazione:Si vede che è una buona ammaliatrice delle foreste!

    Ed ecco che apparve davanti agli occhi della famiglia una grande radura circolare. Nel mezzo di questa sorgeva una quercia, che protendeva la sua chioma diretta al cielo. I raggi del sole calante illuminavano le foglie di una luce rosa chiaro dandogli un alone di mistero, per cui l'albero aveva acquisto ancor di più le sembianze di un ponte tra lo Yav' e il Prav'.

    La famiglia si avvicinò all'albero e si dispose a semicerchio sotto di esso. Tuttavia, non si vedevano né Medulina né i suoi divini genitori. Il padre lanciò un'occhiata preoccupata a Krok: accidendti, sei sicuro che siamo venuti in tempo? E quell'ammaliatrice non si sia presa gioco di te? 

    Krok si fece avanti, si inginocchiò davanti al sacro albero e pronunciò con sicurezza: Bor, dio del bosco, e te, splendida dea Didilya! Sono Krok, il figlio di un mortale, chiedo il vostro permesso per poter sposare vostra figlia Medulina! Prometto di amarla, di proteggerla, di essere il suo sostegno e la sua speranza!

    Il tronco della quercia si illuminò. Da tanto era splendente, Krok e la sua famiglia dovettero chiudere gli occhi. Dopo aver aperto gli occhi, videro che davanti a loro, sotto la quercia, c'era un uomo barbuto e dai capelli bianchi, che indossava una lunga camicia ricamata. Si reggeva con la mano destra ad un alto bastone. Accanto ai suoi piedi sedevano un coniglietto, una volpe, un lupo e un orsetto. Sulle spalle si trovavano gli uccelli. Senza ombra di dubbio, egli era Bor, il signore della foresta.

    Davanti stava in piedi una bellissima donna incinta: Didilya. Fiordalisi ornavano i suoi capelli e l'orlo del vestito. 

    ''Mia figlia ti ha amato dal primo momento che ti ha visto" disse Bor con un semplice tono paterno. Immediatamente qualsiasi timore abbandonò Krok e la sua famiglia.

    ''Inginocchiati, Krok! risuonò la gentile voce di Didilya. Medulina è la mia adorata figlia. Sono sicura che non infrangerai la tua promessa. Vi sosterrò sempre: vi darò splendidi figli, gioia e prosperità in casa."

    Krok e la sua famiglia si inchinarono agli dei.

    E allora da dietro la quercia uscì Medulina. I suoi capelli color miele erano ornati da una coroncina di fiori bianchi. Krok e la sua famiglia rimasero immobili dall'emozione: era bellissima.

    Il padre di Krok non perse la testa, si avvicinò all'ammaliatrice, la prese per mano e disse: "Benvenuta nella nostra famiglia.Ti ameremo come una figlia.''

    Medulina rispose: "E io voi, come se foste mio padre...''

    Krok presentò Medulina alla madre, e poi a Bochuslav e a Milada. Anche loro le promisero di amarla come una di famiglia.

    ''Adesso organizziamo un banchetto per festeggiare il matrimonio di Krok e Medulina!"

    pronunciò ad alta voce Bor e battè il suo bastone tre volte in terra. E immediatamente risuonò una canzone armoniosa, iniziarono a suonare i corni, gli zufoli; scoppiettavano sul prato i falò. Intorno a loro ballavano gli spiriti del bosco...

    Beregine[3] poersero alla giovane coppia e ai loro genitori coppe colme di un'inebriante bevanda al miele. Krok e Medulina bevvero la bevanda nuziale, guardandosi negli occhi. Poi una delle Beregine unì le loro mani destre e e le cinse con una ghirlanda di fiori candidi. La festa di nozze nella radura sotto la quercia andò avanti fino all'alba...

    Bochuslav raccolse tra Forche[4] e si divertì tutta la notte in loro compagnia. Il padre e la madre di Krok, Bor e Didilya stettero sotto l'ombra della vecchia quercia. Milada ascoltava i racconti di un vecchio spirito vicino al falò, che raccontava come agiunsero gli uomini sulla terra:

    ''È stato molto tempo fa. A quel tempo l'albero del mondo era cresciuto e aveva unito tutti e tre i regni di Prav', il regno degli dei, di Yav', il mondo terreno, e il mondo sotterraneo di Nav'. Svarog, il dio-fabbro e protettore del fuoco celeste, e Lada, la dea dell'amore e della fertilità, popolarono lo Yav' con fauna diversa: animali, uccelli e pesci. Crebbero sullo Yav' gli alberi, i fiori e le erbe. Svarog e Lada uscirono nella radura della foresta e iniziarono a lasciare dei ciottoli tramite una bandoliera in terra. La Madre Terra  lavò questi ciottoli con la sua rugiada. Dopodiché questi si sono trasformati in uomini. Dai sassolini lasciati da Svarog, nacquero i ragazzi, mentre da quelli lasciati da Lada ,le ragazze.

    Ma Svarog e Lada decisero che dalle pietre si ricavavano troppe poche persone. E allora Lada prese due bastoni e li iniziò a strusciare insieme. Da quelli divamparono le scintille divine, da cui nacquero altre persone. Allora Svarog e Lada popolarono lo Yav' con gli uomini. E insegnarono agli uomini a vivere secondo le leggi che erano state scolpite sulla pietra  Alatyr. E le sorelle Sudenitsi[5] intessevano per le persone il filo della vita..."

    Le Sudenitsi filavano nelle loro dimore celesti e annunciarono alla giovane coppia la nascita di tre figlie: la più grande - Kazi, la mezzana, Teta, e la più adorabile, Libuše.

    Didiliya adempì alla sua promessa: aiutò la giovane famiglia a trovare armonia e prosperità. Poco dopo il matrimonio giunse nei territori del bosco un'altra famiglia, poi, due, dopo poco, tre...  La gente pian piano iniziò ad affluire al villaggio,basato sulla famiglia di Krok. 

    Il padre di Krok rideva solamente sotto i baffi.Lo sapeva che era merito di Bor e di Dililya. Le persone arrivavano,chiedevano il permesso di costruire accanto al rifugio, poi aiuto per liberare laterra dagli alberi e coltivare il campo.

    La famiglia di Krok salutò tutti i lavoratori. Gli riusciva tutto facile: mietevano il raccolto dal campo magistralmente arato, pescavano pesce a non finire, e la selvaggina cadeva nelle loro trappole. Persino i funghi, le bacche e il miele erano in abbondanza in quei locali luoghi: bastavano per tutti. 

    Gli abitanti del villaggio non si dimenticavano di onorare Perun tonante; la dea Živa, incarnazione della forza vitale; Svarog fabbro, signore del fuoco celeste. In mezzo al villaggio gli abitanti avevano eretto un tempio, dove rendere i dovuti onori agli dei e dove poter recitare le preghiere.

    Ma venne fuori un bel problema. All'inizio della primavera il rifugio dei genitori prese fuoco a causa di una scintilla. Il fatto ebbe luogo di notte, loro dormivano e non si accorsero che stava prendendo fuoco tutto intorno al focolare. Quando Krok si svegliò (a quel tempo Medulina era in dolce attesa della seconda figlia), la capanna ardeva come una fiaccola. Nemmeno suo fratello Bochuslav, che si era sposato anche lui in quel momento, si fece da parte. I fratelli  accorsero in aiuto, volevano salvare i genitori dal fuoco (Milada quella notte era rimasta a casa di Krok), ma le travi del soffitti crollarono e li seppellirono sotto il rifugio per sempre. Bochuslav e Krok scavarono a lungo. Dopo ricoprirono di terra il rifugio e vi posero delle pietrein ricordo dei genitori. 

    Dopo cinque anni dall'incendio il villaggio della foresta si era ingrandito, e dovevano governare secondo le leggi e i principi imposti dal principe Čech. Allora gli abitanti si riunirono in consiglio e scelsero come proprio capo Krok. Sebbene fosse giovane, ma sarebbe stato intelligente, forte e ragionevole per anni. Aveva un campo produttivo, una bella moglie e tre figlie. Salutava tutti, riusciva a trovare una buona parola per ogni cosa., sopportava le difficoltà della vita.

    Da quel momento il villaggio era cresciuto sempre di più ogni anno, arricchendosi. E prese il nome di Budeč[6]. Krok aveva costruito un tempio accanto alla vecchia quercia in segno di rispetto per Bor e Didilya.

    Intagliò sampietemente nel legno l'immagine di Bor, con una lunga barba e il bastone in mano, con conigli, volpi e orsetti accanto alle gambe. Di fianco a lui pose una bellissima Didilya di legno. Le ragazze, in estate, decoravano la sua immagine con delle ghirlande di fiori.

    Krok pose una pietra piatta sotto le effigi come se fosse un altare. E cinse il tempio e la quercia con una palizzata bassa. E lo stesso iniziò a servire i suoi nuovi parenti mostrando ogni sorta di reverenza. 

    Gli abitanti del villaggio si riunivano speso sotto la quercia. Versavano del latte sull'altare di pietra, offrivano agli dei cibi casalinghi, pregavano affinché il bosco fosse pieno di selvaggina, bacche e miele. Affinché nel fiume non mancasse il pesce e che la segale crescesse, si dorasse e fosse pronta per la raccolta al momento giusto.

    Gli dei ascoltavano le preghiere degli abitanti di Budeč. La fama di Krok il sacerdote e della sua bellissima moglie Medulina, figlia del signore della foresta Bor, si diffusero sempre di più. E giunsero a Budeč mercanti di merci varie. E dietro di loro dei ragazzi, che bramavano di vendere l'ancor più preziosa abilità di maneggiare la spada. E così Krok il sacerdote ebbe il suo   proprio esercito. E lo riconobbero come voivoda nella stessa Rip, dove governava Čech. E Krok faceva tutto ciò che si conveniva a un voivoda, come inviare alla tesoreria principesca i tributi dovuti.

    E Čech scrisse una pergamena in runico, nella quale si diceva che, per il potere conferitogli, donava al voivoda Krok il possesso della città di Budeč e dei suoi dintorni. E il principe mostrò il desiderio che le terre del giovane voivoda prosperassero e si moltiplicassero i villaggi e le città.

    Čech appose su questa pergamena il suo sigillo principesco, e la inviò con un messo a Budeč. Allora Krok divenne il voivoda regnante.

    Ben presto la città di Budeč si sviluppò ancora di più. Si formò un quartiere lavorativo tutto intorno, nel quale si stabilì una squadra di molti artigiani. I cacciatori, che non erano pochi nelle terre del voivoda, si sentivano a proprio agio nel bosco, così gli era comodo procacciare la selvaggina e gli uccelli. Portavano le loro prede a Budeč per venderle.

    I Pahari si stabilirono oltre i sobborghi cittadini. Inizialmente costruirono dei rifugi, poi dopo un paio di mietiture vendute, poterono già permettersi una casa di legno.

    Krok era soddisfatto della sua vita, tuttavia non dimenticò il mandato del principe Čech e gradualmente acquisì le terre limitrofe, allontanandosi sempre di più dalla sua città. A quel tempo le terre di Krok delimitavano i possedimenti del principe dei boschi Ladvik.

    Il principe Ladvik e la sua tribù lasciarono i confini delle dolci colline sotto l'assedio dei sassoni e dei serbi migranti, i confini del fiume e delle acque gremite di pesce. I boschi nativi e le paludi brulicavano di selvaggina. Betulle, olmi, pioppi, tigli e querce circondavano i villaggi nativi. I lupi si aggiravano per i boschi, si trovavano volpi, orsi, linci, ghiottoni, cervi e cinghiali. Si stendevano prati rigogliosi di verde erba lussureggiante. All'inizio il principe condusse il proprio popolo nel cuore della foresta, ma nemmeno lì trovarono pace. 

    La fame e la paura dei conquistatori e dei profughi allontanati dalle proprie case costrinsero i milchani a scappare. Racccolsero leproprie cose, le misero sui carri[7] e abbandonarono le proprie capanne. Se ne andarono, sperando di trovare una nuova patria, tale che nessuno li avrebbe più potuti allontanare dalla loro terra o schiavizzare. Tale che nessuno gli avrebbe più impedito di adorare l'antico dio Velez[8], protettore della tribù.

    Così partirono i milceni, carichi di oggetti,trascinando i carri con i propri beni, pelli, vimini, con i quali costruivano i loro rifugi momentanei. Sopra le pelli giacevano archi, frecce, giavellotti, lance, martelli, attrezzatura da pesca. I milceni si spostavano sotto il gelo invernale e sotto l'afa estiva. Il sole gli scottava la pelle,era pesante trascinare i carri sulle erbe secche. Poche mandrie ormai seguivano i carri. Poiché il bestiame doveva essere nutrito durante il tragitto, ma questa possibilità non glie era stayta data. E gradualmente gli animali venivano macellati.

    Dietro carri, trainati dagli uomini, camminavano le donne. Portavano i bambini in stracci legati al petto. E così andavano avanti, e gli sembrava che questa strada fosse interminabile. A volte i milcani non mangiavano a sazietà, e pian piano iniziarono a lamentarsi di Ladvik. Egli sapeva che la pazienza dei suoi compagni non era infinita. E faceva soste molto spesso. Durante quelle, gli uomini costruivano delle dimore temporanee. Poi andavano nel bosco a caccia, ma non sempre avevano successo.

    Era la metà della torrida estate. Da tempo non pioveva, il bosco perdeva la sua copertura a causa della mancanza di acqua, i raggi del sole ardevano spietatamente la terra. La gente si indeboliva a causa del caldo. Il bestiame si era deperito a tal punto che gli sporgevano le costole, non c'era niente con cui nutrirlo. L'esile erba si inaridì, era ecida e spinosa. 

    Ladvik prese la decisione di fare una sosta più lunga per macellare tutto il bestiame. Scelse personalmente il toro più grande e lo sacrificò a Veles. L'antico dio ascoltò le preghiere e i bisogni del principe: sua moglie partorì felicemente, iniziarono a cadere le tanto sospirate piogge. Mentre la terra assorbeva avidamente l'acqua, i milcheni si rifugiarono nelle loro abitazioni temporanee.

    Ladvik aveva portato con sé dai suoi paesi nativi l'antica statua di Veles. A lui si rivolgeva con preghiere, gli offriva sacrifici. Dopo la nascita del figlio, si rivolse al patrono del popolo con una domanda: avrebbe dovuto proseguire oppure stabilirsi in quei luoghi?

    Dopo di che il principe tacque,chiuse gli occhi e rimase immobile accanto all'effige di legno. Quando aprì gli occhi, sul dio di legno era seduto un grosso scoiattolo. Ladvik decise che era un'ambasciatore di Veles. E non sbagliava. Lo scoiattolo, spostandosi di albero in albero, attirò il principe nella profondità del bosco. Davanti al suo sguardo si aprì un'ampia radura, circondata da querce. Nelle vicinanze sgorgava una fonte purissima. Guardandosi intorno, il principe Ladvik decise che lì avrebbe costruito una nuova città e vi avrebbe messol e radici. Così i milchani trovarono una nuova patria.

    A Ladvik non piaceva il rafforzamento del potere dei Čechi, in particolre quello di Krok, poiché il voivoda si fosse già avvicinato ai suoi possedimenti. Nonostante Ladvik fosse giunto in queste terre da poco, le considerava già sue. Ma non voleva sottomettersi al principe Čech, come non voleva obbedire ad altre leggi e pagare i tributi ad altri principi. Era libero e riconosceva solamente un potere: quello del dio Veles. E per ciò Ladvik già da tempo aveva inviato delle spie nei territori di Krok, per sapere come respirasse e cosa facesse il suo rivale. Ladvik non aveva dubbi: con il tempo avrebbe preso le terre di Krok, così come la sua bellissima moglie e la sua sorella minore sarebbero diventate le sue concubine. 

    C'era qualcosa di selvaggio e indomito nell'aspetto del principe milcano, non per niente lo chiamavano principe del bosco. Preferiva camminare con dei pantaloni di pelle e a torso nudo, solamente d'inverno indossava un mantello fatto con la pelliccia di un lupo e indossava un copricapo fatto con la testa di

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