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Soliloqui all'ombra di un fico d'India
Soliloqui all'ombra di un fico d'India
Soliloqui all'ombra di un fico d'India
Ebook138 pages35 minutes

Soliloqui all'ombra di un fico d'India

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Le persone hanno una fottuta voglia di essere scoperte; hanno un bisogno disperato di qualcuno che voglia conoscerle veramente, spogliarle piano dai loro timori, di un qualunque angelo rinnegato, arrivato da chissà dove, che si avvicina al loro orecchio sussurrando "io ti vedo". E capire che non c'è niente di così spaventoso nell'essere visti.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMay 29, 2019
ISBN9788831605540
Soliloqui all'ombra di un fico d'India

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    Soliloqui all'ombra di un fico d'India - Antonio Rizzo

    info@youcanprint.it

    I SOLILOQUI D’UN POETA SOGNANTE

    Se qualcuno mi ponesse la domanda: Chi è Antonio Rizzo, il poeta di Vernole? Là per là non saprei rispondere. Sì, è vero, conosco tanti Antonio Rizzo, il mondo ne è pieno, soprattutto quello dalle parti di un territorio che si presenta come una sorta di sub regione (Bonea), chiamata per l'appunto Salento. Ma Antonio Rizzo, il poeta di Vernole, non può che essere uno ed uno soltanto. E sì, è ancora vero: io conosco un Antonio Rizzo, organizzatore di un'associazione culturale salentina denominata Talorni.

    Tuttavia è solo dopo avere fatto una combinazione di logica alchemica cultural-letteraria (sostanzialmente dopo avere letto le poesie a sua firma) che riesco a far combaciare l'Antonio Rizzo dei Talorni con l'Antonio Rizzo poeta.

    La sua raccolta di poesie ha per titolo’ Soliloqui all'ombra di un fico d'India’. Già questo titolo la dice lunga: il poeta è seduto sotto un albero di fico d'India, che qui in Salento sono tanti e infestanti. Ma attenzione però: all'albero di fico d'India non ci si può appoggiare con nessuna parte del corpo. Esso è tempestato di aculei tremendi che, se conficcati nella pelle, provocano i dolori di san Sebastiano infrecciato. Perciò, detto questo, immagino il nostro poeta non appoggiato ma seduto nel cono d'ombra dell'albero su di uno scoglio campestre ad una debita distanza. E che fa lì Antonio Rizzo? Domanda pleonastica, perché egli è lì per pensare e scrivere versi. E senza tanti fronzoli lo dice subito già nell'incipit della sua prima lirica:

    «Non cercare niente che sia nascosto in ciò che dico/ qualsiasi suono o sogno percorra/ la strada dei miei pensieri/ sarà il riflesso di una sola testa di spillo/ niente di strano di doppio senso o frainteso/ solamente un'espressione di turbamento/ o di gioia/ o anche di dolore/ pur se a volte il silenzio il mio silenzio/ sarà il tuo migliore amico».

    Chiaro. Anzi chiarissimo. Il poeta è solare, è come una pagina di un libro aperto. Chi si appresta a leggerlo deve sapere che non ci sono infingimenti, che non ci sono chiaroscuri. Tutto è alla luce del sole. Solo, e questo è il bello della sua poesia, ciò che il lettore legge deve sapere che si tratta di un moto dell'anima, appunto «di un turbamento», che egli ha espresso liricamente in sublime sposalizio col vuoto dei suoni. Perciò egli non ti dice nulla, non può più dirti nulla; ha scritto e, se tu vuoi, leggi. L'unico consiglio che può darti è di abbandonare «la chiacchiera e il circo» affinché troneggi

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