La ballata di Silver Gulch
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Info su questo ebook
Silver Gulch è una cittadina sperduta nel deserto e semi abbandonata, abitata da uno sparuto gruppo di tipi strambi rimasti bloccati lì dopo l’esaurimento dell’argento e le razzie degli Apache. Qui gli intenti del giovane diventano due: continuare a fuggire dai suoi inseguitori per salvarsi la pelle a e al tempo stesso dare una mano a quella gente che gli ha offerto momentaneo rifugio.
Ma come aiutarli se lui stesso si trova nei guai?
Semplice: mandandoci qualcun altro, giocando al Messia dell’Oro…
E allora forse Silver Gulch conoscerà un piccola resurrezione dalla polvere del tempo.
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Anteprima del libro
La ballata di Silver Gulch - Alessandro Asprea
Alessandro Asprea
La Ballata di Silver Gulch
Alessandro Asprea
La Ballata di Silver Gulch
Curatrice editoriale: Paola Quinzani
Immagine di copertina e impaginazione: PINKGUINO
edizione Maggio 2019
ISBN - eBook 9788899531850
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ISBN: 9788899531850
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Il Libro
Il giovane Danny Lovett, in fuga da chi lo vuole impiccare e basta, finisce per caso a Silver Gulch.
Silver Gulch è una cittadina sperduta nel deserto e semi abbandonata, abitata da uno sparuto gruppo di tipi strambi rimasti bloccati lì dopo l’esaurimento dell’argento e le razzie degli Apache. Qui gli intenti del giovane diventano due: continuare a fuggire dai suoi inseguitori per salvarsi la pelle a e al tempo stesso dare una mano a quella gente che gli ha offerto momentaneo rifugio.
Ma come aiutarli se lui stesso si trova nei guai?
Semplice: mandandoci qualcun altro, giocando al Messia dell’Oro…
E allora forse Silver Gulch conoscerà un piccola resurrezione dalla polvere del tempo.
Autore
Alessandro Asprea è nato a Firenze nel 1972. Dopo essersi laureato in Scienze Naturali, ha inseguito la sua passione per la storia naturale finendo tra le montagne e i parchi nazionali dell’Abruzzo, dove per molti anni ha lavorato come naturalista in diversi progetti di ricerca e conservazione della fauna selvatica. È anche Guida Ambientale Escursionistica e come tale attualmente lavora.
Insomma ha scelto le vie principi per non arricchirsi.
Fin da bambino è appassionato di storia del West, di cultura e di storia dei Nativi Americani e di western in generale.
Gli scaffali in casa sua sono ricolmi di narrativa western, a cominciare dai libri di Louis L’Amour, i primi romanzi western in cui si imbatté da ragazzo e che talvolta ancora (ri)legge con piacere.
Ha sempre scritto, evitando però accuratamente che qualcuno leggesse ciò che scriveva.
Da qualche anno ha deciso di provarci.
Un suo racconto western è comparso nell’ultima raccolta prodotta attraverso il contest del sito Farwest.it e altri suoi racconti, anche non di genere western, sono stati inclusi in alcune antologie della casa editrice Historica. Esiste in giro anche un paio di romanzi umoristici autopubblicati scritti a quattro mani.
Questo è il primo racconto con Santi Editore, anzi il primo racconto in assoluto che viene editato in modo a se stante.
Si potrebbe quindi dire che questo è il suo vero esordio.
Prefazione
«In tutto il paese (...) risuona l’ignobile grido: oro! Oro! ORO!!!
, e intanto i campi vengono lasciati mezzi incolti, le case costruite a metà, e tutto viene trascurato, tranne la produzione di badili e picconi».
San Francisco Californian, 29 maggio 1848
1. Fine della pista
Sole. Vento. Polvere.
Ecco cosa c’era intorno a lui. Sotto di lui, un cavallo stremato arrancava sul terreno riarso. Sopra di lui, un paio di avvoltoi aspettavano la sua fine. O quella del cavallo. O quella di tutti e due.
E dietro di lui... Uomini con corde e fucili.
«Accidenti a quando ho lasciato il Tennessee!» sbottò.
Non mangiava da giorni. Non aveva più acqua. Non c’era nessuno a cui chiedere aiuto. Gli unici esseri umani meno lontani di sessanta miglia lo volevano impiccare e basta. Le alture intorno erano brulle, bruciate dal sole. I rari arbusti erano irti di spine e gli ancor più rari animali velenosi. Ogni cosa sembrava incattivita da secoli di clima infernale.
Com’era bello il Tennessee!
Dov’era finita quella benedetta cittadina? Aveva sentito parlare di una città mineraria da quelle parti. Gold City, Gold Gulch... com’è che si chiamava? Pregò il cielo che quella specie di pista finisse presso l’abbeveratoio di quel paese, e che ci finisse alla svelta, altrimenti poteva spararsi dritto in bocca per quello che sarebbe valsa la sua pelle.
Mezzogiorno. Un caldo insopportabile lo avvolgeva. L’odioso frinire di una cicala lo stordiva. L’irritante odore della salvia e del creosoto lo nauseava. Rannicchiato in uno spicchio d’ombra ai piedi di un’altura ripida e rocciosa, si guardò attorno. Ma da nessuna parte potevano giungere grandi notizie: il territorio era corrugato e irto di cactus e l’orizzonte inesistente.
Quanto vantaggio aveva? Uno, due giorni? ...dodici ore?
Era partito appena saputo che lo cercavano. Gli era parsa la cosa più giusta da fare. I conti tra lui e l’altro, che ora giaceva nel cimitero di Tombstone, erano saldati. Gli altri ci si erano messi in mezzo perché erano fratelli e amici del morto. E perché da tempo ce l’avevano con lui. Se fosse rimasto si sarebbe scatenata una guerra. Perciò se ne era andato: questo, secondo lui, avrebbe consentito di placare gli animi e di salvarsi la pelle.
Invece non era stato così. E aveva anche clamorosamente sbagliato direzione. Da questa parte faceva un caldo maledetto. Forse se fosse andato a nord…
Discorsi. Pensieri inutili. Lacrime su latte versato.
Si mosse, tirandosi dietro il cavallo. Se fosse riuscito ad arrivare a Come-si-chiama City forse avrebbe potuto riorganizzarsi. Per ora era alla mercé del sole, delle spine di cactus, dei serpenti a sonagli e dei cani arrabbiati che gli correvano dietro.
Pomeriggio. Fine della pista: laggiù si intravedevano dei tetti. Per la prima volta da molti