Pasqualino. Storia di un piccolo emigrante italiano da Montefiore dell'Aso a Brooklyn-New York
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Pasqualino. Storia di un piccolo emigrante italiano da Montefiore dell'Aso a Brooklyn-New York - Giovanni Cannelli
episodi.
PREMESSA
La presente opera è basata su foto d’epoca e documenti mediante i quali ho cercato di ricostruire le vicende e le travagliate vicissitudini di mio padre Pasqualino, piccolo emigrante di 15 anni verso l’America, terra agognata da milioni di Italiani in cerca di fortuna, che cercavano al tempo stesso, di evadere da un stato sociale e condizioni di vita basate su un’opprimente realtà di subordinazione, soprattutto parlando della classe più povera dei contadini considerati dai vari signorotti latifondisti alla stessa stregua di servi della gleba
. Gli Stati Uniti aprirono le porte all'immigrazionenel pieno avvio del loro sviluppo capitalistico; le navi portavano merci in Europa e ritornavano negli USA cariche di emigranti ammassati nelle stive, spesso in condizioni disumane. Per questo motivo il costo della traversata atlanticasu navi per l'Americaera persino inferiore a quello deitreni per il Nord Europa e quindi alla portata delle tasche di milioni di individui, anche dei più poveri. Nel periodo 1900-1914 approdarono negli Stati Uniti quattro milioni di italiani.L'arrivo in Americaera caratterizzato dal trauma dei controlli medici e amministrativi durissimi a Ellis Island, soprattutto per gli emigranti viaggianti in terza classe. Le cifre non tengono conto del gran numero di individui che furono respinti (circa il 50/60%) dopo il selettivo esame medico a Ellis Island. NelMuseo dell’Emigrazione a New Yorkci sono ancora le valigie piene di suppellettili e di povero abbigliamento delle persone che espulse e reimbarcate per l'Italia, nella disperazione si buttavano nelle acque gelide della baia andando quasi sempre incontro alla morte. L’America voleva tutelare i cittadini americani da malattie infettive, ma anche si preoccupava di far entrare esclusivamente immigrati in grado di lavorare e respingere chi poteva diventare un peso per la società. A questo scopo applicava con rigore una legge federale del 1891 secondo cui veniva accolto solo chi sapeva inserirsi nel mondo del lavoro e voleva essere felice.
E l’America si faceva paladina dei diritto alla ricerca della felicità. Ma una cosa di cui preferiscono non parlare gli Americani è la psicosi statunitense dellacosiddetta black drop: la goccia nera, quella che secondo la polizia dell’immigrazione scorreva nelle vene degli immigrati italiani del sud, assimilati alla gente di colore. A Ellis Island venivano fatti studi di eugenetica sugli emigrati dallo psicologo americano Henry H. Goddard (1866-1957), che introdusse il test d’intelligenza come afferma nel suo libroThe Kallikak Family: A Study in the Heredity of Feeble-Mindedness(1912). Egli era convinto chela debolezza mentale è una condizione della mente o del cervello che si trasmette con la stessa regolarità con cui vengono ereditati il colore degli occhi o dei capelli
.Per Goddard i morons (i ritardati mentali) erano inadatti alla società americana, dalla quale dovevano essere rimossi. Per questo a Ellis Island gli immigrati considerati deboli di mente venivano sterilizzati, evitando la contaminazione del sangue americano. E molti subirono anche l’elettroshock e la lobotomia, una serie di sperimentazioni inumane che anticipavano l’eugenetica nazista.
(Si veda: Meditations on Identity
, preface of Vincenzo Marra (ed. Bordighera Press, New York 2014). Afferma uno studioso dell’immigrazione:"Gli emigrati erano utilizzati come cavie e studiati per arrivare alla selezione della razza dominante. E la ‘black drop’, la goccia nera, era la percentuale di