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Eden: Eden Series
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Ebook182 pages2 hours

Eden: Eden Series

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About this ebook

Gli Angeli sono tra noi. Lo sapevi? Ce n’è uno intrappolato proprio dentro di me. Scordati, però, le immagini di aureole e sottovesti: sei completamente fuori strada. Te lo assicuro. Questi “Emissari del Signore” sono dei veri fanatici psicopatici. Dimmi, riuscirai a sopravvivere a questa nuova piaga?" 

Anna Meisner si risveglia in una stanza buia, nuda, impaurita, e legata a una sedia. Di fronte a lei, una donna con le sue stesse sembianze piange lacrime amare, prima di puntarsi una pistola contro la tempia e spararsi. Anna viene ritrovata alcuni giorni più tardi, in evidente stato d'ipotermia, a un passo dalla morte. Al suo risveglio, in ospedale, scopre di essere al centro di un’indagine: non come vittima, bensì come sospettata. Inizia così la discesa verso un inferno pieno di eventi catastrofici, in cui Anna dovrà decidere quale parte recitare. L’umanità è forse condannata? Scoprilo in questo thriller apocalittico, nominato ai Bastaard Fantasy Award. 

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateJun 2, 2019
ISBN9781547584161
Eden: Eden Series

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    Book preview

    Eden - J. Sharpe

    Prefazione

    Parte 2

    Un futuro solitario

    -16-

    Presente – tre mesi dopo

    -17-

    Il passato

    -18-

    Presente

    -19-

    Abel

    -20-

    Il passato

    -21-

    -22-

    Presente / Abel

    Parte 3

    La valle

    -23-

    Presente - Anna

    -24-

    Abel

    -25-

    Anna

    -26-

    -27-

    -28-

    -29-

    Abel

    -30-

    Anna

    Parte 4

    Il Giardino dell’Eden

    -31-

    -32-

    Abel

    -33-

    Anna

    -34-

    Ringraziamenti

    L’autore

    Puoi trovare la prima parte di questo eBook sui maggiori store online, oppure sul sito dell’autore: https://jsharpebooks.com/other-languages/

    Dedicato a Marijke, come sempre.

    Prefazione

    ––––––––

    Credo e non credo. Sono più il tipo convinto che vedere equivale a credere – il che pone tutta la questione della fede sotto una luce diversa, almeno per me. Ci sono volte in cui invidio i veri credenti, perché penso che una fede indissolubile sia l’unica via per raggiungere la pace dell’anima. Certo, parte tutto dai genitori, che ci indirizzano verso una data religione, ma a volte le persone raggiungono una propria visione del divino nel corso della propria vita. Quale che sia la verità, spero davvero ci sia qualcosa lassù. Mi dispiacerebbe vivere una sola vita, ma non posso far altro che aspettare, e scoprirlo una volta varcata la Soglia.

    Ho voluto precisarlo perché sono dell’opinione che leggere debba essere un divertimento, e per questo preferisco avvisarti in anticipo: la mia storia non vuole santificare né dissacrare alcuna religione. Tuttavia, potresti trovare scene in grado di offendere la tua sensibilità e la tua fede. Perciò, se pensi che certi argomenti non dovrebbero essere oggetto di fiction, allora questo libro non è adatto e – per primo – ti esorto a rimetterlo sullo scaffale.

    In caso contrario, spero che il viaggio che ho in serbo per te si riveli una piacevole lettura.

    Parte 2

    Un futuro solitario

    -16-

    Presente – tre mesi dopo

    ––––––––

    Mi ritrovai sul pavimento, in mezzo al nulla, dove il tempo era bandito, e la nebbia si spandeva in rivoli in torno a me. I rumori riuscivano a malapena a fendere l’aria, a raggiungere le mie orecchie. Tremavo, e avevo la bocca secca. Nel mondo reale sudavo – riuscivo a percepirlo.

    Sapevo che il mondo in cui mi trovavo era un ombra, non era reale. Ero già stata lì – a dirla tutta ci andavo almeno tre volte a settimana. Era come se la mia mente avesse terminato il repertorio dei sogni e ne prendesse uno a caso tra i pochi rimasti.

    Stavano arrivando. Riuscivo a sentire le loro risate inquietanti, i loro passi. Mi raggomitolai su me stessa, cercando una via d’uscita. Avrei voluto raggiungere Adam, ma ero sola. Forse, era questo che mi spaventava più di ogni altra cosa.

    Sei bambini emersero dalla foschia. Il mondo onirico aveva reso i loro tratti ancora più terrificanti. I loro occhi brillavano nella nebbia, e i loro ghigni erano troppo grandi per quei visetti; troppo larghi, con gli angoli della bocca innaturalmente tesi verso l’alto. I bambini si strinsero intorno a me, circondandomi.

    Sei una di noi.

    Quelle parole riecheggiarono ovunque intorno a me. Eppure, i bambini non avevano parlato – si limitavano a fissarmi con i loro sorrisi raccapriccianti.

    Uno di loro mosse un passo verso di me. Avrei voluto urlare, ma non riuscii a emettere un fiato, come se fossi congelata.

    Uccidi il bambino! Uccidi il bambino! Uccidi il bambino!

    Quelle parole mi avvolsero come un mantra. Serrai gli occhi, sperando di svegliarmi. Per una frazione di secondo pensai avesse funzionato, perché le voci si erano affievolite. La temperatura scese vorticosamente, ricordandomi che ero ancora prigioniera dentro ai miei sogni.

    Rabbrividii, stavolta per il freddo. Aprii gli occhi e fissai il nulla, seguendo la sia del mio alito caldo, fin dove si addensava in sbuffi di fumo, nell’aria gelida. Abbassai lo sguardo sulle mie mani: ogni calore era scomparso; erano grigie e rattrappite.

    Voci – alle mie spalle – mi supplicavano.

    Perché non sei tornata a salvarci? Perché ci hai abbandonati?

    Mi voltai, e vidi i fari di un auto fendere la nebbia; il parabrezza sfondato. Mia madre e mio padre mi fissavano con disapprovazione.

    Una ragazza scese dall’auto: mia sorella. Trascinava la gamba sinistra, ed era ricoperta di sangue. Mi sento così sola, torna da me.

    Piansi e urlai, strisciando indietro, ma non andai lontana. Il pavimento si aveva assunto la consistenza delle sabbie mobili, che mi risucchiavano lente e inesorabili. Mi dimenai, pur sapendo che era inutile. La sabbia mi inghiottì piedi, mani e fianchi.

    Mia sorella continuava ad avanzare, tendendo le mani verso di me, in un gesto indifeso. Era così vicina che riuscivo a vedere le vene bluastre sulle sue braccia e sul viso pallido, marcato da pesanti occhiaie nere.

    Affondai fino al petto, poi fu il turno delle spalle e del collo.

    Hannah era in piedi accanto a me, le sue gambe a pochi centimetri dal mio viso.

    Aiutami, implorai.

    Scosse la testa. Sapevi cosa sarebbe successo.

    Non ho avuto scelta! Ho dovuto abbandonarvi!

    Per tutta risposta, lei mi posò un piede sulla testa e mi spinse nel terreno, nel regno delle tenebre, dove un grido acuto annunciava la mia liberazione.

    Mi svegliai di scatto, gridando. Il sudore mi permeava le narici, dandomi il voltastomaco. Il cuore batteva all'impazzata. Avevo gli occhi spalancati, non riuscivo ancora scrollarmi di dosso quell'incubo - la vista era ancora offuscata.

    Che diavolo era quel suono?

    Spostai la testa dalla borsone che mi aveva fatto da cuscino nelle ultime due notti. Mi sforzai di separare l'illusione dalla realtà, ma il cervello non voleva saperne. Posai le mani sul tappeto, che mi riparava da terra, radici e foglie, per alzarmi a sedere, e mi sentii subito meglio. Mi guardai intorno. I primi raggi di sole filtravano attraverso le cime degli alberi, allungandosi sulla mia testa come mani protettive. La primavera era arrivata da poco, e le mattine erano ancora piuttosto fredde.

    Adam era sdraiato accanto a me. Era avvolto in maglione pesante e un cappello caldo, che gli copriva le orecchie. Adesso, che era un bambino di tre mesi, non si era accorto di nulla e dormiva profondamente. Mi domandavo se il rumore fosse solo nel mio incubo. Feci scivolare la mano sotto la borsa e la avvolsi intorno alla pistola nascosta, estraendola. Non potevo permettermi lussi - sogno o no - dovevo accertarmene.

    Sentii un fruscio nel sottobosco, non molto lontano da me. L'avevo sognato, ne ero certa adesso. Luca, accucciato ai miei piedi, alzò gli occhi e iniziò a ringhiare. Non era paura; sembrava più un avvertimento. Gli posai la mano sul dorso. Con gli occhi adoranti, mi guardò e iniziò a mugolare.

    Probabilmente, trascorrere la notte nella foresta, non era stata una buona idea. Avremmo dovuto continuare a camminare tutta la notte. A essere onesta, dopo venti ore di cammino ininterrotto, un borsone sulla schiena e la pistola in una mano e Adam nel marsupio sul mio petto, non sarei riuscita a muovere un altro passo. Mi maledissi per questo.

    Ci davano la caccia. Per questo evitavo le grandi città o le auto. Troppo rumorose. No, dovevo tenere un profilo più basso possibile, e spostarmi da un luogo all'altro senza farmi notare.

    Non potevamo fidarci di nessuno.

    Mi alzai. Strinsi le mani intorno alla pistola e avanzai qualche passo, abbassandomi. Un ramo si spezzò sotto al mio piede. Rimasi in allerta, pronta a carpire il minimo rumore.

    Degli uccelli cinguettarono sopra la mia testa. Con la coda dell'occhio, vidi un coniglio allontanarsi. Uno dei pochi animali vivi che vedevo da tanto tempo, a parte Luca, naturalmente. Ne avevo visti tanti morti, però. Cervi, gatti, uccelli, scoiattoli.

    Probabilmente, è uno dei pochi conigli ancora vivi da queste parti.

    Dovevo accertarmene.

    Luca ringhiò ancora. Si alzò, avvicinandosi.

    No, gli intimai. Resta con Adam.

    Luca si fermò e mi guardò interrogativo, inclinando la testa di lato, poi si girò e obbedì. Hannah aveva ragione – era il cane più fedele che si possa desiderare... e intelligente. A volte, avevo la sensazione che capisse tutto ciò che gli dicessi.

    Voci. Ancora flebili e lontane, ma divennero più forti, ogni secondo che passava. Uomini - e si dirigevano da questa parte.

    Quanto manca? la voce sembrava anziana.

    Non lo so rispose una seconda persona, sospirando stanca.

    Beh, spero tu sia soddisfatto.

    Prego?

    "Tu hai insistito per la scorciatoia. Se avessimo seguito il percorso mappato, saremmo già all'accampamento."

    "Ah! Perciò, adesso è colpa mia che l'auto si è rotta un chilometro prima del 7-Eleven? la prima voce divenne più forte. Inoltre, ti ricordo che tu eri d'accordo."

    Guarda dove siamo...

    Almeno, abbiamo due buste di cibo. Basta a sfamare tutto l'accampamento per due settimane, se non di più.

    Sempre che ci arriviamo.

    Ci arriveremo.

    Mi appiattii contro un albero e ascoltando attenta, con il cuore che accelerava nel petto. Un accampamento! Dopotutto, io e Adam non eravamo gli ultimi superstiti del paese – se non del mondo. Non riuscivo a rassegnarmi all'idea. Non potevano aver ucciso tutti, giusto? Per quanto fossi consapevole che quello che era accaduto – comunque lo si volesse chiamare – avesse coinvolto il mondo intero. Nonostante i Cacciatori, qualcuno doveva per forza essere sopravvissuto, no?

    E i Cacciatori non avevano bisogno di accampamenti. Vagavano per le foreste con un unico obiettivo: trovare e uccidere le persone. Non mi dovevo illudere. Come potevo sapere se quegli uomini erano sinceri? Magari, mi avevano già scoperta, e stavano solo giocando.

    No. I Cacciatori non giocano. Ti uccidono.

    Sentii l'impulso di avvicinarmi e chiedergli dell'accampamento. Oddio, cosa non avrei fatto per trovarmi ancora di nuovo a delle persone. Non mi mossi. Ancora una volta, rividi nella mente uomini armati vagare nel giorno in cui era iniziato tutto, il D-Day – come lo avevano soprannominato – uccidendo ogni essere vivente. Rividi i sei bambini della soffitta, gli stessi che tormentavano i miei sogni. Creature, a prima vista, umane ma che, a una più attenta analisi, si capiva subito che non lo erano affatto. Erano qualcosa di completamente diverso, e quando te ne rendevi conto – era troppo tardi per scappare.

    Come già detto: non potevamo fidarci di nessuno.

    Inoltre, anche quegli uomini erano arrivati alla stessa conclusione, come suggerivano le pistole che si portavano dietro. Probabilmente, mi avrebbero sparato prima ancora che aprissi bocca. Come avrei potuto biasimarli? Avrei fatto lo stesso.

    La voce anziana parlò di nuovo. Gira a sinistra. Quelle nuvole non mi piacciono. Non voglio trovarmi qui, quando inizierà a piovere.

    Ancora fruscii. Passi. Strinsi ancora di più la pistola, mentre guardavo i due uomini allontanarsi. Quando scomparvero dalla mia vista, espirai e rilassai i muscoli.

    Non avrei dovuto uccidere nessuno, almeno per quel giorno.

    -17-

    Il passato

    ––––––––

    Tre giorni dopo aver abbandonato i corpi dei miei genitori e di mia sorella, ci imbattemmo in un cumulo di nubi temporalesche che si stagliavano all'orizzonte, come una mandria di bufali impazziti. Nello specchietto retrovisore, il sole calò sotto l'orizzonte così rapido che sembrava scappasse da qualcosa.

    Presto avremmo dovuto fermarci. Viaggiare con il buio mi metteva ansia, per non parlare del pericolo. La Jeep era calda e accogliente, ma anche rumorosa e ingombrante. Mattina e pomeriggio giocavamo ad armi pari: avrei potuto individuare i pericoli, esattamente come loro potevano vedere me. Quando calava il buio, invece, perdevo ogni vantaggio. Non sarei riuscita a vederli arrivare – mentre a loro bastava seguire il rumore del motore e i pianti intermittenti del neonato. Motivo in più per deviare all'interno della foresta. Le probabilità di incontrare dei serial killer erano molto più basse.

    Nei giorni precedenti, eravamo rimasti nell'auto. Avevamo mangiato lì dentro – usando le provviste che gli ex-proprietari avevano lasciato nel bagagliaio – dormito e viaggiato, senza mai scendere, se

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