Alle tue regole
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Alle tue regole - Alessia Ranieri
ALESSIA RANIERI
ALLE TUE REGOLE
Alessia Ranieri
Alle tue regole
Collana Legami
Editrice GDS
Via Pozzo 34
20069 Vaprio d’Adda-Mi
Tel 0290970439
www.gdsedizioni.it
copertina inviata da Alessia Ranieri sito: pixabay
Ogni riferimento descritto nel seguente romanzo a cose, luoghi o persone e altro sono da considerarsi del tutto casuali
REGOLA NUMERO UNO
Non essere mai buoni
Non provarci più, tanto non ci riusciresti
quante volte Rebecca aveva sentito suo padre dirle quelle amare parole? Tante, troppe. Ormai lei aveva perso il conto. Quella nenia era iniziata quando la ragazza aveva solo sette anni e non era riuscita a ricordarsi la battuta da pronunciare durante la recita di Natale, era proseguita durante le fallimentari (e dolorose) lezioni di equitazione per incrementarsi ancor di più al liceo, quando Rebecca non riusciva a rimediare un sei in greco neanche con le ripetizioni di un docente universitario. Insomma, il signor Perlieri non aveva stima della sua unica figlia e non esitava nel dimostrarlo. In aggiunta a ciò, Rebecca veniva sottoposta ad un continuo e spietato paragone con le altre ragazze della Roma bene
e non solo quelle a lei coetanee… no, c’erano anche le amiche della mamma nonché la stessa, perfetta e rifatta, madre. La signora Perlieri aveva liscissimi capelli corvini che con l’età erano appena sbiaditi mentre Rebecca era una bionda mossa tendente al crespo con già qualche filo bianco a soli ventun anni; la madre era magra e prosperosa, la figlia morbida e piccola di seno; la signora Perlieri era alta e dotata di vivaci occhi azzurri, l’erede del casato aveva gli occhi scuri e di certo il suo metro e sessanta di altezza non era da considerarsi poi così straordinario. Da piccola, Rebecca aveva spesso creduto d’essere stata adottata ma un incidente col motorino e la conseguente donazione di sangue da parte di suo padre le aveva tolto ogni dubbio. Rebecca Perlieri era, purtroppo, una vera Perlieri.
Non che economicamente la sua situazione fosse un disastro, anzi. I Perlieri erano, da ben quattro generazioni, noti e stimatissimi orefici che, grazie al sodalizio finanziario e materiale con una famiglia francese proprietaria di una miniera di diamanti nella Transvaal, avevano potuto concedersi lussi a non finire. Appartamenti nella zona Parioli di Roma, ad esempio, crociere per le vacanze di Natale, settimane bianche per quelle di Pasqua, la villa a Grottaferrata… e proprio in essa la giovane Rebecca sedeva, in una sera di metà luglio, con i piedi doloranti per le scarpe troppo strette ed un tremendo torcicollo dovuto all’abito a collo alto di Gucci che la madre aveva costretta ad indossare. Quella sera era il compleanno del signor Perlieri e tutto doveva essere perfetto, a cominciare dalla figlia. Peccato che lei si sentisse solo uno struzzo vestito da pavone con quel fine abito d’alta moda che le stringeva in modo assurdo e doloroso la pancetta.
Rebecca, Rebecca dove sei?
chiamò la signora Perlieri dal salone interno della villa.
Oh, buon Dio, ti prego, fammi venire un ictus!
sussurrò la ragazza, sbattendo la testa contro lo schienale della panchina del giardino su cui era seduta.
Eccoti qui, tesoro!
il Signore non aveva ascoltato le sue parole, la madre l’aveva già trovata e fulminata con lo sguardo Vieni dentro, che così rischi un malanno
.
Ma mamma è estate!
si lagnò la ragazza.
Inoltre, Jacques vuole salutarti, non puoi commettere una tale scortesia
ciò detto, la signora Perlieri allungò una mano elegantemente guantata verso la figlia e la costrinse a rimettersi in piedi.
La conversazione era terminata e, come al solito, Rebecca aveva perso.
"Rebecca! Sei sempre più bella ogni giorno che passa, ma chère" disse Jacques, il socio in affari del padre di Rebecca, baciandole lievemente una mano appena la vide.
Ti prego, Jacques, portami via da qui!
sussurrò la fanciulla, facendo sorridere il francese.
"Lo farei volentieri, ma petite, ma temo che il tuo babbo non ne sarebbe affatto contento" rispose, ironico, l’uomo.
Di cosa non sarei contento, esattamente?
la voce del padre venne, come al solito, da dietro le spalle di Rebecca. E, come al solito, la fece sussultare e sentire in colpa. Possibile che quell’uomo si divertisse a coglierla in fallo?
Di una mia possibile fuga con la tua gemma più preziosa
ironizzò Jacques.
Sarei affranto, questo è sicuro
sorrise il signor Perlieri ma per te, amico mio, non per lei. Questa ragazza non vale davvero l’aria che respira
ciò detto, il signor Perlieri fece un cenno col capo a Rebecca per farle capire di ritirarsi e lei, fatto un cortese saluto a Jacques, uscì dal salone.
Questa ragazza non vale davvero l’aria che respira!
con quelle parole negli orecchi e le lacrime dell’umiliazione subita negli occhi, la giovane Perlieri entrò, senza neanche rendersene conto, nello studio del padre e lì vide una cosa che, di certo, non si sarebbe mai aspettata.
Un uomo sui trent’anni, presumibilmente un cameriere assunto dai suoi genitori per la festa di compleanno, a giudicare dalla divisa che indossava, aveva appena forzato i cassetti della scrivania del signor Perlieri e stava studiando con notevole interesse i piani per le importazioni dei diamanti della Transvaal. Appena Rebecca entrò, egli alzò il capo e la vide. La ragazza ebbe un tuffo al cuore per la paura ma non riuscì a gridare. Anzi, sentì di non dover gridare. Qualcosa, nello sguardo di quegli occhi azzurri, le era familiare e le diceva che non avrebbe avuto nulla da temere.
Il ladro, poi, sorrise con calore e strizzò un occhio alla padroncina di casa. Rebecca arrossì e s’appiattì contro la porta, pronta a fuggire in caso di bisogno.
Guarda tu chi abbiamo qui. Rebecca Perlieri, giusto?
disse lo sconosciuto, con un lieve accento nella voce che la giovane donna non riuscì ad identificare.
Chi siete e cosa state facendo qui?
si sorprese a dire Rebecca. Tutto sommato, a qualcosa valeva, in fondo.
Secondo te?
il ladro inarcò un sopracciglio nel pronunciare quelle parole, sorseggiò un po’ di vino da un calice che aveva posato sul tavolino del signor Perlieri e tornò, come niente fosse, a studiare i documenti.
Andate via o chiamerò la polizia
proseguì Rebecca, a cui però le ginocchia stavano tremando.
Non lo farai
rispose il ladro, senza nemmeno guardare in faccia la ragazza.
E chi te l’assicura? So essere cattiva, quando voglio
continuò la giovane Perlieri, offesa di non essere considerata per nulla neanche da un volgare rapinatore.
Già, hai detto bene. Quando vuoi …
il ladro s’allontanò dalla scrivania e s’accostò a Rebecca, che tremò nel percepire l’aria spostarsi dal corpo dello sconosciuto per andare incontro a lei Ma adesso tu non lo vuoi. Tu vuoi essere buona con me
.
Ti stai sbagliando
sussurrò Rebecca, arrossendo ancor più violentemente.
Ah, davvero? Io non credo
ciò detto, il ladro si mise davanti alla ragazza e le alzò il mento, che aveva iniziato a tremarle senza alcun motivo, quindi, fissandola con quegli occhi di ghiaccio, aggiunse Tu sei sempre buona, Rebecca. E la prima regola di una persona cattiva è di non essere mai buoni. Tu già l’hai infranta. Vedi
aggiunse lui, accarezzando un ricciolo ribelle della ragazza che era sfuggito alla complicata acconciatura che le era stata imposta Se avessi davvero voluto, avresti già potuto dare l’allarme. Lo avresti fatto appena mi hai visto. Ma guarda un po’, io ora sto ancora qui. Tu non mi hai costretto alla fuga e mi hai lasciato fare quello che volevo. Secondo me, in fondo ti piaccio … oppure …
Oppure?
chiese Rebecca, sinceramente curiosa di vedere dove sarebbe andato a parare quel rapinatore.
Oppure odi così tanto la tua famiglia da non curarti dei loro interessi
rispose lui, allontanandosi da lei.
Mentre il rapinatore tornava alla scrivania ed arrotolava con calma i piani del signor Perlieri per poi metterli in una tasca interna della sua giacca nera, Rebecca capì che,