Niccola Nisco: Una vita per la patria e l'amore coniugale
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Anteprima del libro
Niccola Nisco - Angelomichele De Spirito
Angelomichele De Spirito
Niccola Nisco
Una vita per la patria e l'amore coniugale
ISBN: 9788838247989
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
PRESENTAZIONE
I. IL PAESE NATALE TRA RESTAURAZIONE E SOCIETÀ SEGRETE
1. Lo stato del nuovo Regno da Waterloo a Gaeta
2. Dieci secoli di storia e gli uomini con i baffi
3. Un villaggio nella memoria e la qualità della vita
4. Dalla mobilità viaria alla mobilità sociale
II. I BENI DEI PRINCIPI SPINELLI E IL VERBO «NISCARE»
1. L’abate amministratore e proprietario
2. Versi avversi ma rivelatori
3. I terreni demaniali di Vico di Pantano
4. Lui e gli altri per il proprio paese
III. GLI AVI DEVOTI E LA FANCIULLA BELLA
1. Preti, notai e il protettore san Nicola
2. In seminario come Mancini, Massari e altri
3. Studente a Napoli sulle orme di Vico
4. Cattolico liberale e cavaliere del re
5. Nella buona e nella cattiva sorte
IV. LE IDEE DI UN NEOGUELFO
1. Gli scritti giovanili e gli elogi al re
2. Oltre Gioberti e la modernità dei papi
3. I «Gesuiti di campagna» e la plebe abbandonata
4. Fede, patria e le domande di Massimo d’Azeglio
V. E VENNE IL QUARANTOTTO
1. Il giorno delle barricate e la mutata rotta
2. Quei ritorni a casa e la marcia interrotta
3. Il settario-cassiere e il lungo processo
4. Tra beghe paesane e ideali politici
VI. CARCERE DURO E SORVEGLIANZA SPECIALE?
1. Case e carceri nell’Ottocento
2. Le fake news di un lord inglese
3. Il menù dei carcerati e il mondo attorno
4. Le frequenti visite e dei servitori personali
5. Lo Spielberg che non c’era e le grazie del re
VII. L’AMOR DI PATRIA E LA STORIA AVVELENATA
1. I rapporti con Cavour e le prime delusioni
2. L’attività parlamentare e il racconto dei tre re
3. La promessa disattesa e le accuse agli altri storici
4. Lo storico militante e i giudizi su di lui
VIII. PER TENER DESTI I VIVI
APPENDICE
RICORDANZE DI ADELE DE STEDINGK
I
II
III
IV
V
VI
PUBBLICAZIONI DI NICCOLA NISCO
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
ELENCO DELLE ILLUSTRAZIONI
INDICE DEI NOMI
CULTURA
Studium
148.
Storia
ANGELOMICHELE DE SPIRITO
NICCOLA NISCO
Una vita per la patria e l’amore coniugale
Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura
ed Universale
sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.
Copyright © 2019 by Edizioni Studium - Roma
ISBN 9788838247989
http://www.edizionistudium.it/
PRESENTAZIONE
Il prof. Angelomichele De Spirito, con questo volume: Niccola Nisco. Una vita per la patria e l’amore coniugale , offre un contributo notevole alla storia del Risorgimento italiano, ma anche alla storia della comunità di San Giorgio del Sannio.
Quest’opera, costata molti anni di lavoro e redatta con forte, indicibile cura, attraverso la consultazione di una ricca bibliografia, ma soprattutto mediante l’analisi di fonti inedite e rare, costituisce un testo fondamentale per la biografia di Niccola Nisco. Essa viene documentatamente e puntualmente ricostruita nel contesto storico-antropologico ottocentesco del suo paese natale e in relazione alle vicende socio-politiche della risorgente nazione italiana.
L’attenta lettura di queste pagine, scorrevoli e chiare – se lette sine ira et studio, e senza fretta –, dimostra ancora una volta la competenza e la serietà scientifica dell’Autore, che ha al suo attivo numerosi libri e saggi di antropologia culturale e di storia delle tradizioni popolari. Condotti con adeguata metodologia, pazienza certosina e razionale acribia, essi riguardano tematiche che spaziano dall’antropologia della famiglia meridionale alla religiosità popolare, dalla magia nel Sannio campano agli studi di comunità del Sud Italia e del Nord del Madagascar.
Alcuni anni fa, il prof. De Spirito ha offerto ai cultori di storie locali, e soprattutto ai sangiorgesi, un altro volume, sponsorizzato dalla precedente Amministrazione Comunale, illustrato da oltre 80 immagini e intitolato: San Giorgio del Sannio. Storia di eventi e di antiche famiglie (2012). Ma già dalla fine degli anni Settanta, egli aveva pubblicato articoli e monografie di personaggi e istituzioni sociali e religiose dell’ultramillenaria storia del nostro paese. Alcuni di essi sono indicati nella bibliografia del presente volume. In particolare, si segnalano la biografia e la riedizione completa (2006) delle opere settecentesche del filosofo e teologo sangiorgese Tommaso Rossi, amico di Giambattista Vico, che lo disse «degno della più famosa Università dell’Europa»; e che fu ricordato e molto apprezzato, un secolo dopo, anche da Luigi Settembrini.
In questa storia di vita
del conterraneo Niccola Nisco, il prof. De Spirito ha ben evidenziato con dovizia di fatti – molti dei quali del tutto inediti – il profilo interno e l’ambiente intorno
, come egli scrive, del patriota e politico meridionale. Ma ha messo in luce, altresì, la sua figura di sposo e di padre, quale risulta dalle Ricordanze di Adele de Stedingk, scritte da Nisco nel 1891, e opportunamente riportate dall’Autore in questo volume, corredato da molte significative immagini, come quella romantica
dei due sposi, posta in copertina.
Detenuto per motivi politici nelle carceri di Nisida, Ischia, Montefusco e Montesarchio, lontano dalla vita sociale della Napoli-bene e dalla propria famiglia, Nisco scriveva al suocero: «Ho in questo mondo tutto perduto quanto di più caro può avere un uomo e soffro il massimo dolore di vedere, per cagione mia, infelice una moglie amatissima; ma l’unico bene che mi resta è la mia dignità in rapporto a tutti». Dichiarando, così, che un vero patriota non solo combatte per determinati ideali, ma vive sulla propria pelle la conseguente dolorosa esperienza.
Nel ripercorrere l’itinerario spirituale, culturale e politico di Niccola Nisco, illustrato in modo ampio, originale e approfondito dal prof. De Spirito, sento di doverlo cordialmente ringraziare a nome dell’Amministrazione Comunale. Ma non posso non essergli altrettanto grato per aver voluto dedicare gran parte della sua attività scientifica alle laboriose ricerche di storia locale, e per il tenace impegno profuso nella loro divulgazione. Esse trovano suggello e compiutezza proprio in quest’opera. Per cui, si può dire che la comunità sangiorgese riscopre il suo underground storico
in una visione del passato, dove primeggia la figura di Nisco, sposo e padre affettuoso, ma anche fervente e indefesso patriota risorgimentale.
Il Sindaco
Prof. Mario Pepe
L’odierno San Giorgio del Sannio in una cartina del Settecento (da G. B. Pacichelli).
Napoleone alla battaglia di Waterloo.
La patente di un maestro carbonaro.
I. IL PAESE NATALE TRA RESTAURAZIONE E SOCIETÀ SEGRETE
1. Lo stato del nuovo Regno da Waterloo a Gaeta
Quando il 29 settembre 1816 a San Giorgio la Montagna – dal 1860 in provincia di Benevento e dal 1929 denominato San Giorgio del Sannio – nasceva Niccola Nisco, da Giacomo e Onorata Corona, nel Sud d’Italia sorgeva una nuova entità statale: il Regno delle Due Sicilie; il cui re, Ferdinando IV di Borbone, prese il nome di Ferdinando I. L’anno innanzi era terminato il Congresso di Vienna, che, segnando la fine dell’impero napoleonico in Europa, dopo la battaglia di Waterloo, aveva sancito il consolidamento della Restaurazione e dei sovrani assoluti anche in Italia. Il nuovo assetto politico, deciso dalle potenze vincitrici: Austria, Russia, Prussia e Inghilterra, si articolava in dieci Stati, il più antico e il più popoloso dei quali era il Regno di Napoli e di Sicilia con 6 milioni e 700 mila abitanti su di un totale di 20 milioni; e comprendeva tutto il Meridione, ad eccezione di Benevento, che fin dal 1077 apparteneva allo Stato pontificio.
In quello stesso anno 1815, erano falliti anche i tentativi di Gioacchino Murat – dal 1808 re di Napoli per volere del cognato Napoleone –, di sollevare le popolazioni italiane contro la dominazione austriaca e creare una nazione unita e indipendente. Per questo, nel Proclama di Rimini, del 30 marzo, egli aveva spronato gli italiani affermando: «L’ora è venuta in cui debbono compiersi gli alti destini d’Italia. La Provvidenza vi chiama ad essere una nazione indipendente [...]. Stringetevi saldamente ad un governo di vostra scelta». Certamente, quel proclama, ritenuto in seguito il punto di partenza del Risorgimento italiano, era l’espressione dei sentimenti di uomini appartenenti ad una aristocrazia colta e geniale, come Pellegrino Rossi, che lo aveva scritto, o come Silvio Pellico, Cesare Balbo e Alessandro Manzoni, che lo evocava nei versi:
O delle imprese alla più degna accinto,
Signor che la parola hai proferita,
che tante etadi indarno Italia attese…
Ma, altrettanto certamente, quel pressante invito non rispecchiava i sentimenti e le idee di tutto un popolo. Il quale, al di là della mala volontà
dei suoi governanti, si trovava a subire proprio in quei due anni e in tutta Europa anche la carestia, il cui impatto sulla situazione economica suscitava, in diverse parti d’Italia, manifestazioni di malcontento, e perfino tumulti, prontamente repressi. Né mancavano diffuse epidemie, come i molti casi di peste verificatisi soprattutto in Puglia.
Va però ricordato che dalla Restaurazione del 1815 fino all’assedio di Gaeta del 1860 – in quasi mezzo secolo di governo borbonico –, nel regno non si ebbero aumenti di tributi; che anzi spesso diminuirono. C’erano: una sola tassa diretta, la fondiaria, che in gran parte fu messa durante il decennio francese, e quattro indirette: una sulla dogana dei tabacchi, sali, polveri da sparo e carte da gioco, e tre sul registro, la lotteria e le poste. «Provammo co’ fatti – scrive lo storico Giacinto de’ Sivo (1814-1867) – il miglior governare esser quello che costa meno. Calcolate le imposte sulle popolazioni, ogni Napolitano pagava lire 14 di tasse all’anno, dove ogni Piemontese ne pagava 28». Sulla buona tenuta delle finanze napoletane, che al momento dell’unificazione contribuirono più d’ogni altro Stato ad arricchire l’Italia, dà conto anche Francesco Saverio Nitti (1868-1953), notando i 443 milioni di lire oro corrisposti dal Regno delle Due Sicilie a fronte di neppure la metà del resto della Penisola. Il Mezzogiorno, poteva egli dire, «nel 1860, era un paese povero, ma aveva accumulato molti risparmi, avea grandi beni collettivi, possedeva, tranne la educazione pubblica, tutti gli elementi per una trasformazione». E questa non avvenne; anzi fu ostacolata dai nuovi governanti unitari
.
È vero che c’era il «protezionismo borbonico», di cui parla anche Niccola Nisco, ma quella politica protettiva – scadente talvolta nel paternalismo
–, almeno inizialmente era l’unica possibile, data la scarsità di materie prime essenziali, per avviare il regno a dotarsi di proprie industrie, formare manodopera specializzata, acquisire tecnologie e rafforzare l’indipendenza e la neutralità. Tuttavia, che si possa parlare di una tradizione industriale
del Mezzogiorno, lo dimostrano non pochi studi, iniziati a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, i quali evidenziano come il settore più avanzato fosse quello siderurgico e metalmeccanico. L’opificio di Pietrarsa, tra Portici e San Giovanni a Teduccio, dava lavoro a più di 1.000 operai, disponeva di una fonderia, produceva artiglierie navali e terrestri, macchine a vapore, locomotive ecc.; e servì da modello – sei anni dopo – a quello di Sampierdarena, vicino a Genova, ma con soli 480 operai. Lo stesso dicasi per le dimenticate ferriere e fonderie di Mongiana in Calabria; o dei primi pozzi artesiani introdotti in Italia, come riferisce Giuseppe Buttà. All’indomani dell’unificazione, il primo censimento del Regno d’Italia registrava nell’ex territorio borbonico un numero complessivo di occupati nell’industria pari a 1.189.000, a fronte degli operai di Lombardia, Piemonte e Liguria, che raggiungevano appena gli 810.000.
La marina mercantile siculo-napoletana, che nel 1856 contava 11.500 legni, era per tonnellaggio la terza in Europa, e tra le 25 Compagnie di navigazione primeggiava la «Società delle Due Sicilie», anche a detta di Nisco «la più poderosa in Italia». I Cantieri Reali di Castellammare costituivano l’eccellenza mondiale per la fabbricazione di navi da guerra. L’industria molitoria, con oltre 300 impianti e le più grandi fabbriche di paste alimentari; la lavorazione di pelli e cuoio, tanto diffusa da poter fare a meno della importazione; il settore tessile, con l’industria della seta, facevano concorrenza a quelle estere; mentre lo stabilimento di San Leucio, vicino a Caserta, voluto nel 1789 da Ferdinando IV, e in origine direttamente comunicante col parco della reggia, era divenuto famoso anche per l’organizzazione del lavoro e il buon governo di quella comunità.
Last but not least, ancora dal suddetto censimento si apprende che, se al Nord c’erano 7.087 medici per 13 milioni di cittadini, al Sud ce n’erano 9.390 per 9 milioni. E in tempi e luoghi di economia essenzialmente agricola – non solo nel Sud –, di pauperismo globalizzato
e di situazioni igienico-sanitarie oggi inimmaginabili, accadeva che a