Ascoltare i colori: Dialoghi fra musica e pittura
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Anteprima del libro
Ascoltare i colori - Rodolfo Papa, Aurelio Porfiri
II
Suono vs immagine
Aurelio Porfiri - Che mistero è quello del suono...siamo continuamente immersi nei suoni ma spesso poco ci pensiamo a cosa è veramente un suono. Gli anglosassoni studiano quello che loro chiamano il soundscape , ma qui da noi ancora poco si parla di questo. Allo stesso modo c'è il mistero del vedere, o del guardare, anche se non è la stessa cosa ma ne parleremo in seguito. Quale è il rapporto tra queste due funzioni fondamentali di quello che siamo? Ho sempre pensato che esse siano due forme di conoscenza, forse separate, forse intimamente unite. Sono percorse dallo stesso fremito verso l'assoluto ma in due modi e forme diverse. Il suono evoca, perché passa rapidamente, l'immagine è lì (nel caso della pittura o della scultura). Sono due modi diversi di dire la stessa cosa o due modi simili per dire cose però diverse? Già dall'inizio ci immergiamo in un mistero.
Rodolfo Papa - Molti autori rinascimentali, nel contesto del paragone delle arti, offrono riflessioni interessanti in cui mostrano differenze e similitudini tra pittura, scultura, poesia e musica. Potremmo dire che sono percorsi di conoscenza paralleli, che nell’esistenza si intersecano per permetterci d’incontrare il mondo. Di fatto nella musica il silenzio si interrompe per aprirci al suono, nella pittura il buio viene squarciato dalla luce nei colori. La pittura si occupa di ciò che accade nell’ombra, come avrebbe detto Leonardo. L’ombra è quel luogo sospeso tra luce e buio che è la nostra esistenza sia fisica che spirituale. L’ombra è la condizione della pittura, infatti la pittura non potrebbe esistere nella pura luce, perché tutto sarebbe inconoscibile in quanto inguardabile, ma non potrebbe esistere neanche nella tenebra oscura, perché tutto sarebbe inconoscibile in quanto indistinguibile. Musica e pittura intrattengono un diverso rapporto con il tempo. La musica si ascolta e fugge, ma rimane contemplabile nello spartito, nella sua scrittura, mentre la pittura permane contemplabile proprio in quanto eseguita: ha avuto un tempo di esecuzione che precede la contemplazione. Potremmo dire che contemplazione e conoscenza sono la dimensione della fruizione in entrambe le arti, ma con una diacronia tra esecuzione e godimento. Un tempo dinamico è presente in entrambe, ma in momenti diversi e con funzioni diverse. L’esecuzione musicale implica una ripetibilità che non può per sua natura essere la stessa sia nel tempo della fruizione, che è evidentemente diverso, sia nell’esattezza del gesto, proprio perché soggetto a tutte le variabili accidentali dell’eseguire. Nella pittura le variabili del gesto precedono la fruizione, proprio perché sono nel tempo della esecuzione che è nascosto all’occhio del riguardante; il risultato finale è fisso e immobile, e tuttavia esso stesso cambia, giacché un dipinto è comunque soggetto a tutti gli agenti atmosferici ed alla usura del tempo. Infatti, seppur eseguito una volta a e per sempre un dipinto non è costantemente uguale a se stesso nel corso del tempo. Pensiamo, ad esempio, al Cenacolo di Leonardo, mutilato in alcune parti già nel Seicento, sottoposto ad un bombardamento aereo nella Seconda Guerra Mondiale, quasi cancellato dai tanti interventi nel corso dei secoli, ed ora ombra di se stesso dopo la ripulitura dell’ultimo restauro, che ha rintracciato le originarie parti leonardesche ma con un risultato quasi del tutto illeggibile. Ne deduciamo che anche la pittura è soggetta al tempo, produce fruizioni diverse in diversi momenti della vita dell’opera, che seppur fissa, cioè eseguita una volta e per sempre, in realtà, come tutto ciò che esiste, è sottoposta a movimento
e quindi alla deperibilità, che può alterare in vario modo la forma originaria.
AP - Certo, ma anche la musica nasce dal silenzio, come la pittura viene dall'ombra. E scopo della musica è tornare in quel silenzio originario e originante. Almeno della grande musica. Io credo hai ragione quando riferisci che queste due arti sono in fondo due vie per la stessa meta. La parola cantata, come diceva la musicologa Solange Corbin, è parola mistica
, parola che cerca di penetrare il cielo per toccare i piedi di Dio (con una bella immagine presa dal grande poeta indiano Rabindranath Tagore). Eppure in che modo queste arti comunicano a noi? In che modo una ultima cena
è diversa da un oratorio sullo stesso tema? In che senso esse producono significato? Perché il loro scopo può essere lo stesso, ma sono due vie completamente diverse.
RP - Il senso profondo delle arti, (l’Arte è un’astrazione, va infatti sempre declinata al plurale, altrimenti si cade in varii tipi di contraddizioni, come ho mostrato ampiamente nel mio Discorsi sull’arte sacra), è quello di cantare lode a Dio, di entrare in contatto o almeno provare a contemplare le sue profondità. In questo senso tutte le arti sono sorelle. Ma ognuna ha la propria strada, potremmo dire il proprio statuto, fatto di principî, di regole e di canoni, che non sono ostacoli né alla produzione né alla fruizione, ma al contrario sono strumenti efficacissimi per entrare nel mistero
dell’arte. Un segno, sia sonoro che visivo, acquisisce nel tempo un valore, una connotazione che lo relaziona ad una porzione di significato. Il segno significante conduce al significato, ed il significato viene percepito, sia in forma istintiva che in maniera colta e ragionata. Potremmo dire che c’è una via emotiva
, e che da questa si diparte una ulteriore via che è intellettiva
. Ad esempio, nella pittura