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Il pensiero di Jean Guitton: lʼuomo, il tempo, Dio
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Il pensiero di Jean Guitton: lʼuomo, il tempo, Dio

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Il libro ricostruisce la vita e il pensiero di Jean Guitton (1901-1999), il grande amico di Paolo VI, a quasi vent'anni dalla sua morte. La vicenda umana di questo scrittore e filosofo cristiano ha attraversato quasi integralmente il XX secolo quale testimone diretto di eventi epocali: i primi tentativi ecumenici, le due guerre mondiali, le radicalizzazioni ideologiche del secondo dopoguerra, lʼera atomica e il Concilio Vaticano II. Il primo capitolo del volume è dedicato alla ricostruzione della vita di Guitton e alle sue prime sintesi accademiche; ed esso fanno seguito seguono altri due capitoli che trattano della sua antropologia (il tempo, il pudore, l'amore umano) e della sua cristologia filosofica (le condizioni di possibilità della rivelazione, la filosofia della risurrezione, la sua innovativa mariologia). Ne viene il ritratto di un pensiero di impronta umanista e ben radicato nella tradizione francese che forse, come già lamentava Yves Congar nel 1963, «non ha avuto, fino ad oggi, quell'attenzione e quell'accoglienza che sembra meritare».
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateFeb 20, 2019
ISBN9788831602365
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    Book preview

    Il pensiero di Jean Guitton - Paolo Poli

    Indice

    INTRODUZIONE

    CAPITOLO PRIMO: Vita e pensiero di Jean Guitton

    1. Gli esordi di un intellettuale

    2. A Parigi per il liceo e l'università: gli incontri degli anni di formazione

    2.1. Henri Bergson

    2.2. Pierre Teilhard de Chardin

    2.3. Maurice Blondel

    2.4. François Mauriac

    2.5. Emmanuel Mounier

    2.6. Guillaume Pouget

    2.7. Il cardinale Mercier

    2.8. Padre Marie-Joseph Lagrange

    3. Le sintesi universitarie prebelliche: Plotino, Agostino e Newman

    3.1. Tema e struttura della grande tesi: Plotino e Agostino

    3.2. Il tempo secondo Plotino

    3.3. Il tempo secondo Agostino

    3.4. Le dimensioni dell'esistenza temporale, la persona e la storia

    3.5. Tema e struttura della piccola tesi: Newman

    3.6. Il problema dello sviluppo del dogma

    4. La crisi del 1940 e gli scritti della maturità

    4.1. Prigionia, liberazione, epurazione

    4.2. La Sorbona, l'Accademia, il concilio

    4.3. Gli ultimi trent'anni

    CAPITOLO SECONDO: Elementi di antropologia

    1. Alla ricerca di un'ontologia concreta

    1.1. Privazione, ambiguità e stratificazione

    1.2. Il cambiamento e lo sviluppo

    1.3. Ciò che ci è dato

    2. L'amore, il corpo e lo spirito

    2.1. Il Cantico dei Cantici

    2.2. L'amore umano e l'amore divino

    2.3. Il puro e l'impuro

    3. Verso una possibile sintesi sulla condizione umana: la Monadologia

    CAPITOLO TERZO: La riflessione cristologica

    1. Il Gesù di Pouget e di La Vierge Marie

    1.1. La cristologia nel Ritratto di Pouget

    1.2. La cristologia ne La Vierge Marie

    2. Il Gesù delle sintesi degli anni Cinquanta

    2.1. Il Problema di Gesù e la testimonianza

    2.2. Messianicità e divinità

    2.3. Un primo sguardo sulla risurrezione

    3. Gli scritti posteriori e la Filosofia della Risurrezione

    4. Sulla cristologia di Guitton

    CONCLUSIONI

    BIBILIOGRAFIA

    Paolo Poli

    Il pensiero di Jean Guitton:

    l'uomo, il tempo, Dio

    Youcanprint Self-Publishing

    Titolo | Il pensiero di Jean Guitton: l'uomo, il tempo, Dio

    Autore | Paolo Poli

    ISBN | 9788831602365

    Prima edizione digitale: 2019

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    Jean Guitton e la moglie Marie-Louise

    davanti al Duomo di Milano - settembre 1956

    INTRODUZIONE

    Può essere che il Vangelo mi proponga certi fatti diventati per me, uomo d'oggi, molto incerti. Ma la sua atmosfera è la mia atmosfera: è la mia sorgente nascosta. Ed è appunto questo scarto (écart) tra la difficoltà di credervi e la necessità di viverne, che mi irrita e mi spinge alla ricerca¹.

    L'opera di Jean Guitton, filosofo, pensatore cristiano, poligrafo, giornalista, pittore², si è sviluppata lungo tutto il trascorrere del secolo scorso (1901-1999), nel contesto di una vicenda personale e intellettuale con caratteristiche di eccezione.

    Egli fu infatti in contatto, e in qualche caso anche discepolo diretto, di importanti filosofi e intellettuali: Bergson, di cui fu anche tra gli esecutori testamentari, Blondel, Mounier, Mauriac, Teilhard de Chardin, Althusser, Heidegger, Camus, Claudel³... Spesso si trattò di conoscenze che risalivano alla sua giovinezza e che si consolidarono parallelamente allo svolgersi del suo curriculum studiorum di eccellenza, culminato nella docenza alla Sorbona e nell'elezione a Accademico di Francia.

    Guitton fu anche testimone diretto e protagonista degli eventi bellici europei e mondiali: nella Grande guerra, egli era già sufficientemente consapevole per avere dei ricordi personali, benché troppo giovane per essere richiamato alle armi; cosa che avvenne invece nel secondo conflitto mondiale, trascorso quasi interamente, dal 1940 al 1945, nei lager tedeschi, come prigioniero di guerra in seguito alla campagna di Francia della primavera del '40.

    Egli fu infine una figura ecclesiale di primo piano, particolarmente impegnato nel campo dell'ecumenismo e alfiere della riscoperta del laicato intrapresa dal concilio: fu infatti il primo laico a prender parte e parola nell'aula del Vaticano II, grazie alla stima e all'amicizia di papi e teologi, Paolo VI su tutti.

    A vent'anni dalla sua morte tuttavia, i temi più propriamente teoretici della sua riflessione non hanno trovato un significativo sviluppo, e forse neppure una sufficiente discussione valutativa: segno eloquente di tale situazione è la sproporzione tra la bibliografia degli scritti di Guitton⁴, che in vita godette, anche a livello internazionale, di un buon successo editoriale (tendenza che perdura tuttora) e quelle della bibliografia che lo ha, invece, come soggetto⁵. Già nel 1963, al momento dell'elezione del filosofo tra gli Immortali di Francia, Yves Congar, lamentava che «l'opera apologetico-filosofica di Jean Guitton non ha avuto, fino ad oggi, né nell'ambito esegetico, né in quello filosofico e neppure in quello teologico quell'attenzione e quell'accoglienza che essa sembra meritare»⁶.

    A questo disorientamento, tendente al disinteresse, può aver contribuito lo stile del pensiero guittoniano⁷, che non mancò di cimentarsi in ambiti molto eterogenei⁸ quali, a modo di esempio e senza volerne completare lo spettro, la filosofia, l'esegesi, la teologia, la letteratura, le scienze naturali, la storia, l'estetica, l'antropologia, le scienze umane e le scienze militari; inoltre, fatte salve alcune grandi sintesi realizzate nel suo cursus accademico, spesso queste regioni della ricerca intellettuale furono esplorate attraverso brevi saggi, caratterizzati da un linguaggio evocativo e da uno stile intuitivo e sintetico. Infine, Guitton, nei suoi scritti, teorizzò e praticò uno stile dialogico, sul modello platonico, favorendo la complicazione generata da una non facile attribuzione della paternità delle idee al filosofo o al deuteragonista di turno, come egli stesso, in tarda età, ebbe a riconoscere⁹.

    Tornando al pensiero di Guitton, il tema portante del suo percorso è quello del tempo e dell'eternità: a questo nucleo concettuale furono dedicate le prime sintesi accademiche su Plotino, Agostino e Newman. Gli affluenti e i defluenti di questo corso principale furono tuttavia, come già ricordato, molteplici: basti menzionare il tema dell'ecumenismo, gli studi biblici sui vangeli e sul Cantico dei Cantici, l'analisi delle figure del modernismo quali quelle di Loisy e Renan, i libri sull'arte del pensare e dello scrivere, la divulgazione dell'evento conciliare, la memorialistica relativa a Paolo VI.

    In una teoresi così spiccatamente umanistica e continentale, saldamente ancorata alla tradizione francese, si evidenziano alcune linee di pensiero che non mancano di una loro specificità teologica: la discussione cristologica, con il prodromo mariologico del libro su La Vierge Marie, la proposta sulla filosofia della risurrezione con i suoi correlati antropologici ed escatologici, la fenomenologia dell'esperienza mistica, la lettura culturale della modernità alla luce del rapporto fede-ragione.

    Emerge, in prospettiva, un luogo teologico che, a partire da un'acuta descrizione della condizione umana, a cui Guitton dedicò la prima parte della sua ricerca, riscrive o quanto meno rilegge il dato cristologico, anche nei suoi aspetti più centrali, come quello della risurrezione. É da notare che, nelle opere del filosofo, il rapporto tra antropologia e cristologia si può indagare seguendo entrambi i possibili versanti: sia quello che, con assonanze blondeliane, parte da una lettura degli elementi fondanti del dato antropologico per giungere una convenienza della rivelazione, sia quello che, con assonanze teilhardiane, privilegia una prospettiva cosmologico-teologica che guardi a Cristo come il senso ultimo della realtà, centro fisico della creazione e radice di una comprensione adeguata dell'esistenza umana.

    Invero, la specificità teologica del suo percorso intellettuale non fu mai rivendicata con forza da Guitton, che si riteneva anzitutto un filosofo; ciononostante, ci sembra possa risultare interessante verificarne la consistenza e l'ampiezza, ricercando confronti e alleanze con altri percorsi del Novecento teologico. A tal proposito, taluni accostamenti furono esplicitamente tematizzati da Guitton stesso, in particolare quello con Newman e Teilhard de Chardin; altri forse si potrebbero proporre con qualche pertinenza.

    Il nostro percorso ci porterà innanzitutto a studiare il contesto vitale nel quale si è prodotta la teoresi di Guitton, cosa che riteniamo necessaria e che per altro il filosofo applicava spesso nelle sue analisi, non limitandosi mai al mondo delle Idee ma cercando sempre la verità nei meandri e nelle dinamiche della storia¹⁰; in seguito ci si concentrerà su alcuni pilastri fondamentali del suo pensiero, partendo dalle tesi sviluppate intorno al tema del tempo e dell'eternità per arrivare allo sviluppo di un'antropologia intesa come domanda sull'essere e sull'amore umano; ci occuperemo infine della sua cristologia. Non si potranno invece affrontare, se non in maniera episodica e tangenziale, altri ambiti della sua riflessione quali, ad esempio, la pedagogia e la mistagogia della conoscenza, lo studio del fenomeno mistico, l'agiografia nonché le sue incursioni nel mondo della creatività, della pittura e della letteratura.

    Volendo infine dare qualche indicazione formale su ciò che si potrà leggere oltre, iniziamo col dire che, per quanto riguarda i testi di Guitton che verranno citati, occorrerà tener conto di due aspetti. Il primo concerne la stratificazione di alcune sue opere, che non di rado ebbero un processo di elaborazione a più livelli: talvolta un testo originario venne ripreso in un testo successivo, il quale a sua volta fu poi ripubblicato nelle Oeuvres complètes¹¹. Secondariamente, lo studio del filosofo francese è certamente facilitato dal fatto che molte sue opere, non senza qualche significativa eccezione¹², sono state tradotte in italiano (e in molte altre lingue): chi scrive di lui ha dunque la possibilità di citarlo in originale o nella lingua di destinazione. Per ragione di omogeneità e per facilitare la lettura¹³, in questo lavoro si è deciso di preferire i testi già tradotti e di tradurre, con traduzione nostra, anche le citazioni di opere non ancora disponibili in versione italiana, sia per quanto riguarda la letteratura primaria che per quella secondaria. In sintesi, i criteri che regolano la riproduzione delle citazioni di Guitton sono quelli di dare precedenza alle opere tradotte in italiano su quelle originali e, laddove possibile, a quelle raccolte nelle Oeuvres su quelle singole: in nota si troverà comunque sempre l'edizione di riferimento¹⁴.

    Segnaliamo infine che Guitton, nella sua prosa, ricorre abbondantemente al corsivo e ad altri espedienti compositivi per enfatizzare parole chiave o termini tecnici: nelle citazioni riportate dunque, di norma, le modalità grafiche che si incontreranno sono da riferirsi alle scelte proprie di Guitton; in caso contrario, l'origine nostra sarà sempre indicata in nota¹⁵.

    Nel licenziare questo lavoro, desidero ringraziare il professor Alberto Cozzi, che mi ha seguito in questa tesi e la dottoressa Giulia Maniezzi, la cui ricerca sul pensiero di Jankélévitch ho potuto consultare per gentile concessione. Un grande ringraziamento va a Jean-Paul Guitton, nipote del filosofo, che mi ha accolto nella chaumière di Deveix e ha confermato con i suoi ricordi alcune mie ricostruzioni, suggellando il nostro incontro con l'invito a celebrare una santa Messa nella cappellina edificata dallo zio e da lui stesso scelta come luogo della sepoltura propria e della moglie Marie-Louise.

    Ringrazio infine di cuore i miei famigliari e i sacerdoti delle mie comunità per il beneficio della loro presenza e vicinanza.


    ¹ J. GUITTON, Gesù, Marietti, Casale Monferrato 1963, 49.

    ² Luis Rosón Galache lo definisce, con una certa efficacia, «un plural singular». L. ROSÓN GALACHE, Hombre, tiempo y eternidad: la filosofía de Jean Guitton, Publicaciones Universidad Pontificia, Salamanca 2009, 19.

    ³ «La sua opera di intellettuale e di credente è inseparabile dagli incontri della sua vita». Così si esprimeva il cardinale Lustiger in un ricordo sulla stampa nei giorni immediatamente seguenti ai funerali di Guitton, celebrati dallo stesso arcivescovo di Parigi. J. J., ANTIER, Jean Guitton. Pensatore e testimone, Edizioni Paoline, Milano 1999, 398. In modo simile scriveva anche Gérard Leclerc: «Questo filosofo è il meno impersonale di tutti i pensatori». G. LECLERC, Portrait de Monsieur Guitton, Bartillat, Paris 1998, 20.

    ⁴ Si tratta di circa 160 opere in volume e quasi altrettanti articoli o contributi vari. Oltre alle bibliografie già disponibili, quali quelle indicate in appendice, interessanti dati sulla diffusione delle opere di Guitton si possono ricavare dagli strumenti online, quali ad esempio WorldCat; esso ci informa che i libri del filosofo francese furono pubblicati in almeno otto lingue e che il testo di Guitton più diffuso nelle biblioteche monitorate risulta essere Le Christ écartelé. Crises et conciles dans l'Église, con oltre mille esemplari; al secondo posto, con settecento copie, si piazza il ben noto libro su papa Montini, Dialogues avec Paul VI. http://worldcat.org/identities/lccn-n50018816 Pensando in particolare all'ultima fase della sua produzione, ricca di libri intervista e di opere in collaborazione, viene da applicare a Guitton la battuta che il cardinal Martini applicava a sé stesso, cioè che pare difficile credere che egli abbia potuto leggere tutti i libri che ha scritto.

    ⁵ Ad oggi, stando a quanto abbiamo potuto ricostruire, le monografie scientifiche pubblicate sul pensiero di Guitton sono due, tre al massimo: E. NEIRA, Una lógica del problema de Jesús, Editorial Razón y fe, Madrid 1963; L. ROSÓN GALACHE, Hombre, tiempo y eternidad: la filosofía de Jean Guitton; J.-J. MONTOYA CASTAÑO, El amor, clave interpretativa de la historia. Una lectura del tiempo en el pensamiento de Jean Guitton, Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, Roma 2014.

    ⁶ Y. CONGAR, Pour une apologétique, in Jean Guitton vu par..., «Revue Montalembert», Numero speciale 4 e 5, Desclée de Brouwer, Bruges 1963, 273. Sulla situazione italiana, così si esprime Ernesto Riva: «Non credo che il pensiero di Jean Guitton sia molto conosciuto in Italia, specie in ambito strettamente filosofico e ancor meno tra i filosofi 'laici'». E. RIVA, La filosofia di Jean Guitton, «Salesianum», 1992, 479.

    ⁷ Qui e di seguito nel senso di 'relativo a Jean Guitton'. In un testo come il nostro, l'uso di tale aggettivo si rende necessario nonostante i problemi di pronuncia originati dall'ibridazione italo-francese e il fatto che, in lingua italiana, tale lemma si riferisca primariamente al poeta duecentesco Guittone d'Arezzo.

    ⁸ Riferendosi alla sua grande thèse e all'unica opera narrativa di Guitton, la raccolta di novelle Césarine, lo scrittore e romanziere Jacques Chardonne si rivolse in questo modo al filosofo: «Lei deve avere un omonimo, perché non è possibile che la stessa persona abbia scritto Césarine e Le Temps et l'Éternité?». E di fronte alla risposta negativa di Guitton (anche se in verità, come vedremo, un omonimo esisteva), proseguì: «In questo caso, occorre pregare gli dei che lei possa vivere sufficientemente a lungo affinché i diversi aspetti della sua persona si possano ricomporre agli occhi del pubblico». Jean Guitton vu par..., 13

    ⁹ Nel suo Testamento filosofico Guitton, immaginandosi di incontrare Pascal dopo la morte, mette in bocca al filosofo seicentesco, suo conterraneo per parte materna, il seguente rimprovero: «Troppa inventiva. Lei non riuscirà mai a soffermarsi su un pensiero così com'è. Deve ripensarlo. Lei 'guittonizza' tutto». J. GUITTON, Il mio testamento filosofico, Lateran University Press, Città del Vaticano 2012, 40. Un analogo, bonario rimprovero, questa volta reale, fu formulato da papa Montini in un telegramma in occasione dell'uscita dei Dialoghi con Paolo VI: «Nimis bene scripsisti de nobis. Voi avete messo nel libro il mio personaggio, ma anche molto del vostro pensiero». G. LECLERC, Portrait de Monsieur Guitton, Bartillat, Paris 1998, 299.

    ¹⁰ Scrive Guitton nella Retractation dell'edizione del 1989 di Existence temporelle: «Esistono due tipi di filosofi. I più numerosi (eccettuando Platone o, più recentemente, Maine de Biran) dissimulano con cura le circostanze della loro esistenza. Essi ritengono che la filosofia, come lei afferma, deve essere simile ad un trattato scientifico. Nessuno ha bisogno di sapere come il filosofo abbia composto la sua opera. Il pensiero deve separarsi dalla vita. Io appartengo ad un altro tipo. Non posso parlare di una filosofia senza tentare di sapere la sua storia, non riesco ad amare una pianta senza conoscere la sua zolla. È questo senza dubbio il motivo che mi aveva fatto scegliere sant'Agostino come argomento di una tesi, poiché egli è il più notevole esempio di un pensiero che non è separato da una confessione». L'existence temporelle, Editions universitaires, Bégédis 1989, 5.

    ¹¹ È questo è il caso, ad esempio, di Justification di temps, che fu ripreso in parte ne L'Existence temporelle, la quale a sua volta fu ripubblicata in Oeuvres complètes V: Philosophie.

    ¹² Nessuna delle due tesi su Agostino, Plotino e Newman è stata tradotta, così come neppure il libro forse più centrale nel suo panorama filosofico, L'existence temporelle.

    ¹³ Ovviamente al lettore italiano, a cui è destinato primariamente questo lavoro di ricerca.

    ¹⁴ Concretamente, se il titolo è in italiano, la citazione sarà dall'opera tradotta; rispetto invece alle opere raccolte, occorre tener presente che non tutte le opere precedenti furono inserite nei volumi collettivi, che esistono molti testi successivi alla pubblicazione delle Oeuvres e che non sempre le opere raccolte corrispondono esattamente alle originali. In caso di difformità e quando sia necessario citare l'edizione più antica, lo segnaleremo in nota.

    ¹⁵ Come chiaramente in questo caso: corsivo nostro.

    CAPITOLO PRIMO

    VITA E PENSIERO DI JEAN GUITTON

    1. Gli esordi di un intellettuale

    Ho cercato per tutta la mia esistenza, sin dall'età di dieci anni, per tante ore al giorno, di pensare il Cristianesimo. Non dico pensare al Cristianesimo come fanno tutti, a prendere sul proprio cranio il peso totale della religione, no! Ho cercato, seguendo l'esempio di san Tommaso, di sant'Agostino, di pensarlo in uno spirito e una mente formata dalla critica moderna. [...] È sempre molto difficile riassumere un pensiero di tanti anni e, come diceva uno dei nostri scrittori, ci vuole tanto e tanto tempo per essere brevi¹.

    È mai esistito, almeno nell'infanzia, un Jean Guitton che non fosse anche un pensatore, un filosofo, un uomo totalmente votato alle domande esistenziali più radicali e cogenti? Stando alle numerose ricostruzioni e dichiarazioni circa la propria formazione², parrebbe di no, in quanto già a partire dall'infanzia, il pensiero del cristianesimo fu un tema costante delle sue riflessioni.

    Il suo biografo principale, Jean-Jacques Antier³, fa risalire all'età di sei anni, dunque nel 1907, l'insorgere di una prima intuizione filosofica; essa fu originata da un'esperienza concreta e carica di stupore: la visione del passaggio di un treno. Il fatto avvenne nella casa di campagna di Montravel, un borgo poco distante dalla cittadina alverniate di Saint-Étienne dove Guitton nacque nel 1901⁴ e visse fino all'età di sedici anni; Montravel era la residenza dei nonni paterni di Jean ed era situata nelle vicinanze di un passaggio a livello delle linee dirette verso Parigi. Jean e il fratellino minore Henri spesso si ponevano in posizione adatta per poter vedere sfrecciare il treno, questa macchina nuova, simbolo della modernità, che in realtà viaggiava in quegli anni a una velocità non superiore ai 40 km all'ora. Un giorno, commentando questa abitudine, la madre di Jean, Gabrielle, gli disse: «Il passaggio del rapido è il simbolo della vita che vivrai; vita che è già finita, perché furtiva e passa veloce come un treno». Il piccolo Jean ritornò spesso a questo pensiero, meditandolo assorto: come afferrare il rapido? Come afferrare il tempo? Come afferrare la vita?⁵

    Qualche mese più tardi, all'età di sette anni, ecco un'altra esperienza destinata a fissarsi nella sua memoria:

    Guardando un muro bianco che assorbiva il sole, ebbi l'impressione strana, sconcertante, dolce, dolorosa (le parole non aiutano) di... esistere. Sapevo di essere. Era qualcosa di più: esistevo. Non era un'impressione che avesse una qualche relazione con l'esistenza di Colui che io ogni giorno prego. Era una sensazione dell'esistenza allo stato puro⁶.

    La prima istruzione del fanciullo Jean non avvenne presso una scuola: egli fu affidato a un'istitutrice, Paulette Théolier, che affiancò in questo compito la madre Gabrielle; essa, pur possedendo una cultura profonda, non era mai andata a scuola e non si sentiva del tutto adatta per il ruolo di insegnante. Il rapporto con l'istitutrice fu occasione per il bambino di entrare maggiormente in contatto con il mondo femminile, fino allora rappresentato principalmente dalla madre, la quale tuttavia aveva modi austeri e poco espansivi⁷; riandando con la memoria a quelle lezioni, il filosofo testimoniò con queste parole le sue impressioni su quell'antica insegnante: «Era giovane e mi sembrava molto bella. Mi ha dato l'idea che il sapere può derivare solo da una grazia, da una mano femminile, da una certa dolcezza dell'essere»⁸.

    Un avvenimento che sicuramente segnò in modo decisivo la formazione del futuro intellettuale fu la scelta della scuola alla quale Guitton fu iscritto dopo i primi anni di istruzione in famiglia, nel 1908; la possibilità di orientarsi verso la scuola laica o quella religiosa diede origine a una vera e propria crisi familiare tra il ramo paterno, i Guitton, e i nonni materni, i Bertrand: i primi erano borghesi e industriali, di una tradizione cattolica molto osservante, sulla quale era evidente l'influsso dei due zii gesuiti (fratelli del nonno di Jean) che sovente frequentavano la famiglia; i Bertrand erano ugualmente borghesi e cattolici e tuttavia erano portatori di una maggior apertura verso gli stimoli provenienti dalla modernità, forse anche in virtù della scelta di una leale partecipazione alle istituzioni repubblicane (il nonno materno era magistrato a Riom). La decisione di mandare Jean in una scuola laica, la «Claude Fauriel» di Saint-Étienne, e non invece in una scuola religiosa, fu percepita dai nonni paterni come un vero e proprio tradimento e furono necessarie lettere di chiarificazione tra i consuoceri per tranquillizzare gli animi. Questa opzione fu poi confermata per tutta la vita del filosofo, che abitò sempre le istituzioni della cultura laica senza rinunciare alla sua esplicita identità cristiana, facendo di questo uno dei tratti più caratteristici del suo percorso intellettuale⁹.

    Gli anni immediatamente successivi all'inizio della frequenza della scuola media furono caratterizzati da due accadimenti importanti: la preparazione alla prima comunione e l'incontro con il reverendo Voisin.

    Il reverendo Voisin era il cappellano della «Claude Fauriel» e fu a lui che il giovane Jean, all'età di undici anni, fu affidato per gli incontri di catechismo in preparazione alla prima comunione. Anche quel giorno viene ricordato dal filosofo, nelle sue memorie, come un vero e proprio evento:

    Primo ricordo mistico della mia vita, punto profetico, prima immersione nel mistero dell'Essere che fu per me la radice, primo momento di questa attività costante del pensiero a cui ho dedicato la vita, che con la sua sfumatura caratterizzò le mie amicizie, i miei amori, la mia comunicazione con gli altri. [...] Impressione di candore, sospensione del tempo, di purezza infusa, di intimità legata a questa purezza¹⁰.

    Come regalo per questa festa, egli aveva chiesto due cose: una bicicletta e un vero amico. Entrambi i suoi desideri furono esauditi: ebbe la sua bicicletta e finalmente un amico, Rumeau, un protestante.

    Anche dopo gli incontri per la preparazione al sacramento, la frequentazione col reverendo Voisin proseguì, fino ai primi anni del liceo; lo stile di questo prete di provincia affascinava il giovane ragazzo per il suo modo di trattare i bambini come «principi in spirito», vedendo in loro gli adulti che sarebbero diventati:

    Ci spiegava storicamente i riti eucaristici, teneva lezioni sull'evoluzione, ci proponeva le idee più lungimiranti sui rapporti tra la Bibbia e la Fede, affermava che la Chiesa non impediva di pensare e che lasciava via libera intorno all'essenziale. Ci invitava a un impegno personale, celebrava l'Eucaristia in francese, voleva che le preghiere latine e tutta la liturgia fossero capite. Organizzava riunioni con un pastore protestante, un israelita, un ortodosso, un non credente. Era all'avanguardia rispetto a quell'epoca¹¹.

    Purtroppo Guitton non poté godere a lungo del dialogo con questo giovane e valido sacerdote: allo scoppio della Prima guerra mondiale, Voisin fu arruolato come cappellano militare e morì al fronte nel 1915.

    2. A Parigi per il liceo e l'università: gli incontri degli anni di formazione

    «Quando raggiunsi l'età, i genitori mi permisero di salire a Parigi dal fondo della mia provincia»¹². Compiuti infatti i sedici anni, nell'ottobre del 1917 Auguste Guitton iscrisse il figlio Jean al liceo Louis-le-Grand, nella classe di prima superiore; si trattava di un duro biennio propedeutico all'ingresso nell'École Normale Supérieure, per il quale erano transitati, in anni non lontani, il premio Nobel Romain Rolland e il futuro accademico Paul Claudel. Il giovane Jean tuttavia non risiedette come interno presso il liceo: questa decisione fu presa dal padre che nella sua adolescenza aveva sperimentato l'ospitalità della scuola, serbandone un ricordo molto spiacevole; in alternativa, come alloggio fu scelto lo studentato dei padri maristi, una sistemazione non meno prestigiosa dell'internato al liceo. La casa era stata aperta sul finire del secolo precedente e accoglieva una dozzina di studenti provenienti da buone famiglie di provincia; qui era stato ospitato, una decina d'anni prima di Guitton, François Mauriac e qui alloggeranno, in anni successivi a quelli del filosofo, il presidente François Mitterrand e il futuro primo ministro Éduard Balladur¹³.

    Nel marzo 1918, Parigi fu minacciata dall'occupazione tedesca e spesso i cannoni e gli aerei nemici costringevano gli abitanti del collegio dei maristi a rifugiarsi nelle cantine, per proteggersi dalle esplosioni. Fu in una di queste veglie che Guitton incontrò un illustre prelato, allora di passaggio a Parigi e ospite dei maristi: si trattava di monsignor Dubois, arcivescovo di Rouen. Fattosi coraggio in virtù di quella forzata intimità, il giovane studente approfittò della situazione per chiedere al presule il necessario permesso per leggere, senza commettere peccato, alcuni autori che erano stati messi all'Indice. Si trattava in particolare di Balzac, di Baudelaire, di Malebranche e soprattutto di Bergson: L'Evoluzione creatrice, forse anche per la matrice ebraica dell'autore, aveva infatti subito tale trattamento e dunque serviva una formale dispensa per poterne affrontare la lettura senza scrupoli di coscienza.

    2.1. Henri Bergson

    Per Guitton, L'Evoluzione creatrice fu una vera e propria rivelazione, tanto che terminata la scuola e il soggiorno parigino, egli portò con sé il libro nella residenza estiva di Fournoux, e continuò ad approfondirlo:

    Preso dal desiderio di comprendere la natura delle cose, di non separare le scienze, [...] intravedevo il segreto della vita. [...] Bergson mi offriva una sintesi che mi permetteva di unire sotto uno sguardo di intelligenza tutto quello che amavo. [...] Percepivo quella che poteva essere la genesi delle cose create e quello che i miei contemporanei chiamavano il divenire¹⁴.

    La scoperta del filosofo che forse avrebbe maggiormente ispirato il suo pensiero¹⁵, soprattutto in merito alla scelta del tema del tempo e dell'eternità quale punto centrale della sua ricerca, favorì un graduale mutamento nelle sue inclinazioni intellettuali; fino a quel momento, infatti, Guitton propendeva principalmente per lo studio delle lettere ma la lettura delle pagine bergsoniane gli permise di assaporare, forse per la prima volta, il fascino della filosofia: «Capivo che il filosofo aveva una vocazione più elevata delle altre, quella della sintesi suprema»¹⁶.

    Ben presto, grazie alla permanenza presso lo studentato dei maristi e all'avvenuta ammissione all'École Normale nella sezione di Filosofia¹⁷, diretta allora da Léon Brunschvicg, Guitton ebbe l'occasione di conoscere di persona l'autore che tanto lo affascinava.

    Un primo incontro avvenne già nel 1921, quando Guitton e altri due compagni normaliens si recarono nell'abitazione del filosofo israelita, allora sessantaduenne e già accademico di Francia, per invitarlo ad un ballo ufficiale dell'École: Bergson declinò l'invito, a causa di incipienti reumatismi, e concesse ai tre giovani giusto il tempo di un saluto cordialmente formale. Qualche mese più tardi, Guitton si ripresentava alla porta dell'anziano professore, questa volta accompagnato da Jacques Chevalier, già discepolo di Bergson e allora ordinario di filosofia all'università di Grenoble. Bergson, in questa seconda occasione, si rivelò un po' più loquace e si interessò ai pensieri e ai progetti del giovane studente che già si orientava, per la propria tesi, verso Plotino e Agostino. Proprio quest'ultimo destò l'interesse di Bergson, che in quegl'anni iniziava a occuparsi della mistica cristiana e a pensare a una conversione al cristianesimo; in realtà, il passo ufficiale del battesimo non avvenne mai, giacché il filosofo, che morì nel 1941, non voleva abbandonare i fratelli ebrei di fronte all'incipiente minaccia nazista¹⁸. Il colloquio durò a lungo e segnò l'inizio di una frequentazione che divenne stima, amicizia e fiducia; Bergson, che nel 1927 fu insignito del premio Nobel per la letteratura, nel 1937 scelse nel suo testamento Guitton tra i quattro filosofi incaricati di difendere la sua memoria e di proseguire la sua eredità¹⁹. Anche dopo la morte del filosofo ebreo, Guitton si incontrò più volte con l'unica figlia di Bergson, Jeanne, con la quale per altro sussistevano seri problemi di comunicazione: essa era infatti sordomuta dalla nascita.

    2.2. Pierre Teilhard de Chardin

    Un vero catalizzatore di incontri fu, per il giovane Jean, padre Fernand Portal, lazzarista e cappellano ufficioso dell'École Normale: costui seguiva in particolare gli studenti cattolici dell'università, che erano una minoranza ed erano indicati con lo sbrigativo nomignolo di 'Tala', abbreviazione di 'Qui vont à la messe'. Padre Portal organizzava per loro conferenze e incontri sia in sede che presso il sobborgo di Gentilly, dove i lazzaristi possedevano una casa immersa nel verde, appena fuori della città di Parigi. Fu proprio durante un ritiro tenutosi a Gentilly, nel 1922, che per la prima volta Guitton ebbe l'occasione di incontrare il gesuita Pierre Teilhard de Chardin; di questo religioso, egli aveva già sentito parlare presso la casa paterna dai suoi due zii gesuiti, i quali avevano condiviso con lui alcuni anni di studentato ad Hastings. Teilhard era stato invitato a predicare nonostante le sue idee fossero già sotto esame, per la loro originalità, da parte dei superiori. Gli studenti e i novizi lo ascoltavano soggiogati. Jean rimase impressionato in particolare dall'eleganza dei suoi modi da uomo di mondo e da un'originale esegesi che egli fece dei tre voti di perfezione evangelica, povertà, castità e obbedienza²⁰.

    I contatti tra lo scienziato gesuita, spesso in viaggio per il mondo, e il giovane filosofo si intensificarono sul finire degli anni '20, attraverso incontri e colloqui dei quali Guitton, com'era suo uso, conservò gli appunti; dalle ricostruzioni successive si evince che Guitton subiva il fascino del complesso pensiero teilhardiano, pur senza sposarne appieno le tesi. Un punto di chiaro disaccordo era il valore del tempo: per Teilhard esso era quasi totalmente

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