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Viganò e il Papa: Un testimone racconta
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Viganò e il Papa: Un testimone racconta

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La storia del dossier Viganò, e di tutto quello che ne è seguito, per me è cominciata un mattino di fine luglio. Un amico mi telefonò, chiedendomi se avessi letto un articolo, su un sito paravaticano, legatissimo alla Segreteria di Stato, sulla vicenda d McCarrick, il cardinale accusato dalla giustizia laica di abusi su un minore, molti anni fa; e di conseguenza punito dal Vaticano, che gli ha tolto la berretta cardinalizia, e lo ha mandato a fare vita ritirata, preghiera e penitenza. Dopo anni in cui aveva viaggiato, a destra e sinistra a fare l’ambasciatore non ufficiale. Non l’avevo letto; l’amico mi anticipò: ti chiamerà mons. Viganò, è indignato per le allusioni che si fanno ai due nunzi che l’hanno preceduto, e che sono morti, e non possono più parlare; e per quelle verso Benedetto XVI, che McCarrick l’aveva punito. Carlo Maria Viganò l’avevo incontrato qualche volta, in eventi sociali; una conoscenza, niente di più. L’amico mi disse che mons. Viganò seguiva Stilum Curiae, e gli sembrava che potessi essere la persona adatta, per la libertà con cui tratto le cose di Chiesa, per fare un’intervista. Perché no? Risposi. E in effetti un paio di giorni più tardi mi chiamò l’ex Nunzio negli Usa....
LanguageItaliano
PublisherChorabooks
Release dateFeb 17, 2019
ISBN9789887961505
Viganò e il Papa: Un testimone racconta

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    Viganò e il Papa - Marco Tosatti

    provvisoria

    Prefazione

    RVC (Romana Vulneratus Curia)

    Quello che RVC, pensa della persona di mons. CM Viganò lo troverete ripreso da Tosatti in questo suo breve testo, essendo stato già pubblicato su Stilum Curiae. E come vedrete, quello che RVC ha scritto su Viganò spiega esattamente il contrario di quello che invece insinua Andrea Tornielli, chissà perché. Poiché però quello che conta in questo momento per RVC è soprattutto difendere le rette intenzioni di Viganò, in questa prefazione verrà tralasciata l’analisi della vicenda e verrà invece proposta una visione d’insieme per interpretare meglio il messaggio di Viganò. Questo messaggio va ben oltre le testimonianze da lui sostenute nel memorandum; esso è il grido di allarme di una persona responsabile, conscia dell’immane tragedia conseguente alla confusione nella fede, che la Chiesa tutta ed il mondo intero stanno rischiando se non si fa luce su ogni verità riferita alla Chiesa ed ai suoi ministri. Perché la verità non si può deformare, occultare, confondere e adattare. Se ciò accade, unitamente a un magistero di equivoca interpretazione, cresce il rischio di confusione e divisione nella chiesa. Potrebbe arrivare ad esser paragonabile a quello provocato dall’eresia gnostica dei primi secoli, che cercò di fondere il cristianesimo con la conoscenza per elevare l’uomo fino a Dio senza bisogno della salvezza e della Chiesa (per salvarsi). Questa dottrina gnostica generò quella coscienza erronea che cercò di svilire già allora la tradizione. I rischi dell’attuale confusione potrebbero esser assimilabili, nei loro effetti, anche a quelli corsi con l’eresia pelagiana, orientata a liberare l’uomo dal peccato originale, o persino a quelli dovuti al naturalismo, dove di fatto il cosiddetto reale negava il soprannaturale. Molti ancora oggi non hanno capito i rischi di questa rivoluzione confondente - che sta cambiando il mondo molto più di altre rivoluzioni - perché rischia di togliere all’uomo il senso della vita. Viganò però nei messaggi che implicitamente dà nel suo memorandum, vuole svegliare la coscienza dei cattolici sul rischio di perdita di credibilità del papato legata a due fatti ben precisi. Primo: se il papato non vuole cercare la verità sulle cause dei disordini all’interno della Chiesa. Secondo: se nell’intento di rendere credibile il Credo il papato ridimensiona sempre più le ragioni per cui credere. Perciò il memoriale Viganò è rivolto al Santo Padre, ed è scritto in piena coscienza e senso di responsabilità, nell’intento proprio di difendere la figura stessa del Papa, oltreché la Chiesa e la fede. Lo ripeto, l’intento di Viganò è difendere la figura del Pontefice.

    Pensando alla posizione decisa da Viganò mi sono convinto che il coraggio o la paura sono due falsi problemi quando si riferiscono alla difesa della Verità. In questo caso non si tratta più di paura o coraggio di farlo, bensì di coscienza o incoscienza, soprattutto se il soggetto è un uomo di chiesa. E Viganò ha dato una lezione di coscienza retta. Speriamo che un giorno lo si voglia riconoscere.

    La nascita del dramma

    La storia del dossier Viganò, e di tutto quello che ne è seguito, per me è cominciata un mattino di fine luglio. Un amico mi telefonò, chiedendomi se avessi letto un articolo, su un sito paravaticano, legatissimo alla Segreteria di Stato, sulla vicenda d McCarrick, il cardinale accusato dalla giustizia laica di abusi su un minore, molti anni fa; e di conseguenza punito dal Vaticano, che gli ha tolto la berretta cardinalizia, e lo ha mandato a fare vita ritirata, preghiera e penitenza. Dopo anni in cui aveva viaggiato, a destra e sinistra a fare l’ambasciatore non ufficiale. Non l’avevo letto; l’amico mi anticipò: ti chiamerà mons. Viganò, è indignato per le allusioni che si fanno ai due nunzi che l’hanno preceduto, e che sono morti, e non possono più parlare; e per quelle verso Benedetto XVI, che McCarrick l’aveva punito. Carlo Maria Viganò l’avevo incontrato qualche volta, in eventi sociali; una conoscenza, niente di più. L’amico mi disse che mons. Viganò seguiva Stilum Curiae, e gli sembrava che potessi essere la persona adatta, per la libertà con cui tratto le cose di Chiesa, per fare un’intervista. Perché no? Risposi. E in effetti un paio di giorni più tardi mi chiamò l’ex Nunzio negli Usa. Lo conoscevo solo di vista, ci eravamo incontrati un paio di volte in eventi sociali. Concordammo di vederci a casa mia, a Roma. Si presentò una mattina, e gli dissi che era tutto pronto, mostrandogli il registratore. No, ancora no, prima voglio raccontarle una storia, replicò. Ci sedemmo e mi raccontò tutto quello che poi avete letto nella prima testimonianza. Alla fine chiesi: allora facciamo l’intervista? Non ancora, rispose, devo prima sistemare alcune faccende personali. Ci risentiamo nei prossimi giorni. Passò un po’ di tempo, e come uscì il Rapporto del Grand Jury di Pennsylvania, in cui si parla anche estesamente del cardinale Wuerl, uno dei factotum del Pontefice regnante negli USA, presi l’iniziativa di telefonargli. Ha visto che è uscito il Rapporto del Grand Jury? Se ha ancora l’intenzione di fare quell’intervista, forse questo è il momento adatto. Rispose: Ci vediamo la prossima settimana. Capitò di nuovo a casa mia; e disse subito: Ho pensato di scrivere qualche cosa, invece dell’intervista. Vuole leggerlo?. Leggemmo insieme il testo, un paio di volte, facendo un editing essenziale, per chiarire ai non specialisti termini e concetti, e per tagliare qualche brano superfluo. Poi bisognava scegliere il giornale italiano su cui farlo uscire; pensai a La Verità, avevo stima di Maurizio Belpietro e mi sembrava che fosse uno dei pochi giornali che non avrebbero messo in allarme il Vaticano in maniera preventiva. Fu d’accordo; chiamai Belpietro, che non conoscevo, gli spiegai la situazione e si disse

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