Come un equilibrista
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Anteprima del libro
Come un equilibrista - Manuel Cinque
sorriso.
1. Password
Seduto ad un tavolo in un piccolo appartamento con soppalco, situato al primo piano ma già sottotetto, c’era un ragazzo di 29 anni. Alle spalle due finestre che davano su una via traversa rispetto al centro storico cittadino e sotto di lui una vecchia trattoria che a quell’ora stava ancora finendo di sistemare il locale dopo la chiusura.
Davanti ad un computer, collegato perennemente ad internet come sguardo attento sul mondo, Francesco faticava a prendere sonno.
Gli succedeva a grandi linee da un annetto di trovarsi disarmato e perso nel silenzio della notte e, solo la musica, ogni tanto, riusciva a fargli un po’ di compagnia mentre s’interrogava sul futuro, sul passato, su sogni e delusioni.
Quella notte in particolar modo non riusciva a mandar giù il fatto che, alla vista di tutti, era un ragazzo d’oro, quello che le mamme vorrebbero accanto alle loro figlie, quello che ogni datore di lavoro vorrebbe avere nella sua squadra, quello che con gli amici si diverte sempre ed è capace di ascoltare e darti un consiglio nel momento giusto. A dir la verità tutti questi apprezzamenti non potevano che fargli piacere ed era onorato di riceverli, convinto di voler essere a pieno la persona che era, senza alcun dubbio.
Ma la realtà sembrava facesse fatica a collimare con sé stessa.
Francesco lavorava saltuariamente in un bar come cameriere, da qualche mese era single e anche di amici con la A
maiuscola ne aveva ben pochi. Insomma, come spesso accade, sembrava che l’abito non facesse il monaco.
Marco, forse unico vero amico, lo prendeva in giro sul fatto di essere un eterno indeciso, che rifletteva troppo e concludeva poco. Secondo lui era per questo che non era mai riuscito a prendere una direzione vera e propria nella vita.
Specialmente ora, senza Giada, tutto sembrava che gli crollasse addosso.
L’appartamento stesso, dove abitava da qualche mese, non l’aveva scelto fino in fondo. Trovandosi più o meno da un giorno all’altro a dover rientrare nel suo paese nativo, si era affrettato a sistemarsi in un qualche modo, per evitare di tornare a casa con la mamma. Ormai aveva ottenuto una certa indipendenza e non avrebbe sopportato orari di pranzi e cene imposti dalla tradizione casalinga di un tempo. Lui ora poteva e voleva fare le cose quando gli andava di farle, essere libero anche di girare nudo per casa se gli andava, o ancora, star sveglio fino a tardi senza che nessuno gli chiedesse il motivo per cui non riusciva, o non voleva, prendere sonno.
Si era trasferito per amore in una città decisamente più grande rispetto alla realtà dov’era cresciuto, e vi era rimasto per due anni.
In questo lasso di tempo aveva potuto constatare molte cose, i famosi pro e contro, per esempio, di vivere in uno stile di urbanizzazione rispetto ad un’altra.
Rifletteva spesso sul fatto che sicuramente i servizi erano maggiori lì dove l’estensione territoriale era più ampia, ma, proprio per quest’ultimo motivo, doveva prendere spesso e mal volentieri l’auto per raggiungere le varie destinazioni. A Francesco piaceva andare a piedi, scoprendo casualmente gli scorci caratteristici che con le quattro ruote non potevi notare. Spesso si fermava a fotografare anziani sulle panchine che riposavano all’ombra di un albero in piena estate, oppure i pensionati che discutevano animatamente alle falde di un cantiere edilizio, o ancora i bambini che giocavano a palla in una piazza o in un cortile, scena ormai rara ai nostri tempi. Gli piaceva insomma passeggiare ed osservare quello che gli girava attorno soffermandosi sui particolari, per cogliere, a suo parere, il vero succo delle cose.
Adorava specialmente i parchi, forse perché erano i posti dove potevi trovarci di tutto e di più, o perché gli ricordavano il verde della sua casa materna, fatto sta che lì, trovava ogni tipo di ispirazione per rilassarsi e sorridere un po’.
Studiava anche le diverse camminate delle persone.
C’era l’uomo d’affari, magari in pausa pranzo, che comunque andava velocemente col panino tra le mani, la signora che faceva finta di correre convinta di perdere qualche chilo, il padrone con il proprio cane che, a passo titubante, tentava di nasconderne gli escrementi senza farsi notare, il bambino capriccioso che sbattendo i piedi in cerca di un gelato alzava la polvere del vialetto centrale, o ancora, anche lì, l’anziano pensionato a passo lento ed incerto intento a commentare il tutto.
Sicuramente la cosa che aveva scoperto ed apprezzato vivendo lontano era stata il piacere del ritorno.
Ogni volta che partiva per andare e venire da un posto ad un altro ormai non gli pesava più. Questo perché riscopriva le bellezze dei paesaggi e l’affetto per le persone che si trovavano in entrambe le città. Il desiderio di rivederle poi faceva il resto.
La fine della storia con Giada avvenuta cinque mesi prima pesava ancora come un macigno. Non riusciva a farsi passare quel mal d’amore nei suoi confronti. E anche quella notte il sonno titubava nel venirlo a trovare.
Nome utente: Francesco Mondano
Password: megliosolichemaleaccompagnati
Stituazione sentimentale: single
INVIO.
2. Il piacere è tutto mio
All’età di 21 anni aveva deciso di partire per la Sicilia per