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Mi ritorni in mente. Lucchese tra storia e leggenda
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Mi ritorni in mente. Lucchese tra storia e leggenda

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«Non lasciatevi ingannare dalle apparenze - scrive Alberto Cerruti nella sua prefazione -, questo non è un libro che racconta le storie di 65 protagonisti, più o meno famosi, che hanno partecipato alla vita della Lucchese, anzi della “Pantera”, dall’inizio del ’900 fin quasi ai giorni nostri.
Questo è un atto d’amore per tutti, con un perfetto mix di nostalgia e gratitudine e un implicito ringraziamento a chi ha vinto, o a chi ha fatto di tutto per vincere, in campo e fuori».
Storie di sport intrecciate a storie di vita. Storie di bandiere e di comprimari, di personaggi che hanno lasciato il segno e di meteore transitate senza lasciare tracce. Storie di calciatori, allenatori, preparatori, dirigenti uniti da un minimo comun denominatore: la Lucchese. Una passione che non ha età e che unisce le generazioni.
Sessantacinque racconti che attraversano un secolo, ricchi di umanità e zeppi di aneddoti. Pagine scelte non tanto e non solo sulla base di presenze e di gol fatti o subiti, di rigori decisivi, di trionfi memorabili, ma per l’umanità, la genuinità, la leggerezza che trasuda dalle gesta dei protagonisti. Eroi della domenica senza tempo e senza età che hanno accompagnato le nostre vite e tutti meritevoli di essere ricordati.

 
LanguageItaliano
Release dateDec 13, 2018
ISBN9788899735807
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    Mi ritorni in mente. Lucchese tra storia e leggenda - Duccio Casini

    9788899735807

    Prefazione di Alberto Cerruti

    Non lasciatevi ingannare dalle apparenze. Questo non è un libro che racconta le storie di 65 protagonisti, più o meno famosi, che hanno partecipato alla vita della Lucchese, anzi della Pantera, dall’inizio del ’900 fin quasi ai giorni nostri. Questo è un atto d’amore per tutti, con un perfetto mix di nostalgia e gratitudine e un implicito ringraziamento a chi ha vinto, o a chi ha fatto di tutto per vincere, in campo e fuori.

    Una carezza al passato rossonero che Luca Tronchetti e Duccio Casini, con le loro rigorose ricostruzioni ricche di aneddoti, non negano a nessuno, a cavallo tra realtà e ironia. E così le pagine scorrono fin troppo velocemente in un viaggio nel tempo che sembra la trama di un film senza comparse, perché tutti hanno un ruolo importante.

    Certo, Aldo Olivieri, che per tutti era il Gatto Magico, ha un record particolare perché è stato l’unico a debuttare in Nazionale quando la Lucchese era in serie B. Un portiere entrato nella storia con la s maiuscola, perché diventato campione del mondo nel 1938 con l’Italia di Pozzo. Unico anche ad arrivare in serie A come giocatore e come allenatore. Unico, infine, capace di vincere la scommessa che sarebbe riuscito, saltando da fermo, a toccare la traversa con una spalla. E il primo, da buon portiere, a pronosticare un futuro in Nazionale a un giovanissimo Buffon scoperto al torneo di Viareggio.

    Lo slalom tra tanti ritratti non può ignorare un numero uno fuori dal campo, il presidente Egiziano Maestrelli, capace di rilanciare la Lucchese, portandola dalla C2 fino alla serie B, con la promozione in serie A sfiorata in due occasioni e il successo della coppa Italia di C nel 1990. Il tutto con una rara e perfetta gestione societaria, grazie alla quale arrivano puntualmente stipendi e premi.

    E poi non può mancare la figura dell’allenatore, anzi degli allenatori.

    Da Corrado Orrico, che riporta la Lucchese in B dopo 27 anni controllando con ossessione maniacale il peso di tutti i giocatori, a Eugenio Fascetti con il suo carattere aspro che divide la stampa e se ne va giurando di non mettere mai più piede al Porta Elisa.

    Giocatori, presidenti, allenatori e anche un medico, il dottor Costantino Carli che un giorno dimentica sul tetto dell’auto il titolo di credito di 100 milioni di lire per un contratto, poi recuperato dai carabinieri. Divertenti racconti sul calcio mercato, l’ultima area di rigore calpestata con straordinaria autoironia dal grande Franco Janich, che ricorda di avere partecipato a due mondiali giocando soltanto le partite che rispedirono l’Italia a casa, contro il Cile nel 1962 e la Corea del Nord nel 1966. Giocatore, allenatore e dirigente di gran classe, esperto di calcio e d’arte come nessun altro.

    Tra tanti italiani c’è anche un grandissimo straniero: l’allenatore ungherese Egro Ernest Erbstein che rimane a Lucca cinque anni, dimostrandosi un incredibile innovatore, primo a insegnare il pressing e il riscaldamento pre-partita. Grazie ai suoi metodi rivoluzionari porta la squadra dalla Prima Divisione alla serie A ottenendo il settimo posto alla pari con l’Ambrosiana Inter, miglior piazzamento assoluto per la Lucchese. Poi viene chiamato a guidare il Torino, ma dopo essere scampato all’Olocausto per le sue origini non scampa alla morte con i suoi ragazzi, quando l’aereo con quello squadrone si schianta a Superga. Lì finisce il Grande Torino, ma non il magico ricordo di Erbstein, che promuoviamo simbolico leader della vecchia Pantera, capace di regalarci nuove emozioni in ogni pagina di questo autentico atto d’amore.

    Alberto Cerruti

    Nota degli autori

    Storie di sport intrecciate a storie di vita. Storie di bandiere e di comprimari, di personaggi che hanno lasciato il segno e di meteore transitate senza lasciare tracce. Storie di calciatori, allenatori, preparatori, dirigenti uniti da un minimo comun denominatore: la Lucchese. Una passione che non ha età e che unisce le generazioni.

    Sessantacinque racconti che attraversano un secolo, ricchi di umanità e zeppi di aneddoti. Pagine scelte non tanto e non solo sulla base di presenze e di gol fatti o subiti, di rigori decisivi, di trionfi memorabili, ma per l’umanità, la genuinità, la leggerezza che trasuda dalle gesta dei protagonisti. Eroi della domenica senza tempo e senza età che hanno accompagnato le nostre vite e tutti meritevoli di essere ricordati.

    In questa raccolta mancano tanti degli idoli in maglia rossonera.

    Ma il nostro obiettivo non era scrivere un’enciclopedia del calcio a Lucca o un almanacco della Pantera, ma rendere omaggio e ringraziare chi ha contribuito a scrivere la storia di questo club ultracentenario.

    Un riconoscimento a chi ci ha fatto gioire, urlare, soffrire e piangere al Porta Elisa o lontano dal nostro stadio.

    A tutti va il nostro ringraziamento con la speranza di strappare in chi legge un sorriso, un ricordo, un rimpianto.

    Gli autori

    PAOLO ALESSANDRONI (1950)

    Tra i fondatori nel 1975 dell'Atletica Virtus, gloriosa e plurimedagliata società di atletica leggera, il professor Paolo Alessandroni lega il suo nome a pagine importanti della storia rossonera. A ingaggiarlo nel 1976 sono il professor Alessandro Bianchi e il segretario del settore giovanile, Alessandro Nardinelli. Bianchi è l'allenatore in seconda della prima squadra e deve occuparsi anche della preparazione dei calciatori del settore giovanile. Difficile conciliare i due compiti, così salta fuori il nome di Alessandroni: insegnante di educazione fisica, ha fama di essere un ottimo preparatore atletico.

    Il campo di allenamento era il Colombo, a S. Anna, dove si sono formati tanti ragazzi. Alcuni hanno fatto carriera, come Francesco D'Arrigo e Paolo Benedetti che ha militato anche nel Napoli. Alessandroni resta fino al 1979-80 quando, complici i tagli societari causati da mancanza di fondi, preferisce spontaneamente farsi da parte e dedicarsi nel tempo libero solo alla Virtus.

    Il ritorno avviene pochi anni dopo. É la stagione 1984-85. Il direttore sportivo Domenico Gambetti non è per nulla convinto della preparazione impostata dall'allenatore Giorgio Rumignani. In avvio la Lucchese vola, in amichevole al Porta Elisa batte 1-0 il Milan di Liedholm con un gran gol del centravanti Folli e in campionato parte bene. Poi la squadra rallenta e allora Gambetti sotto Natale richiama Alessandroni e spedisce tutti in ritiro per 10 giorni in Versilia. Obiettivo, cambiare sistema di allenamento fisico e rigenerare i giocatori. Rumignani la prende male. Anzi, malissimo. I rapporti tra il tecnico e la società si fanno tesi e a marzo si giunge all'esonero e all'arrivo in panchina del secondo Sergio Orlandi. Nella stagione successiva il ds è Pino Vitale e il tecnico Renzo Melani, la volpe di Fucecchio. L'aria è cambiata, nello spogliatoio c'è serenità, la compagine societaria è solida, seria, affidabile. E ha piena fiducia nell'operato di Alessandroni, che infatti lavora sodo e con risultati decisamente validi.

    Da Melani si passa poi a Corrado Orrico e il professor Alessandroni è sempre lì, sul campo a far sudare i giovanotti dell'Omone di Volpara. I carichi di lavoro sono pesanti, si arriva a dieci sedute settimanali, compresa quella svolta la mattina del giorno stesso della partita. Ma i risultati ci sono, la metodologia studiata da Orrico e Alessandroni dà i frutti attesi da tutti.

    La stagione 1999-2000 è l'ultima in rossonero per Alessandroni. Orrico è di nuovo al Porta Elisa dopo la fugace esperienza all'Inter. Non è più quello di prima e anche i rapporti con il preparatore atletico – accusato di essere troppo dalla parte dei giocatori – si guastano. Al professore a fine campionato viene dato il benservito. Ma non abbandona il calcio: continua a lavorare a Viareggio, Arezzo, Pisa e Fiorentina con Dino Zoff. Poi decide che è l'ora di farla finita con un ambiente dove ritiene di non poter lavorare come vorrebbe.

    ROMEO ANCONETANI (1922-1999)

    Due stagioni alla Lucchese, una promozione sfiorata (in B salì la Spal di Mario Caciagli), la scoperta e la valorizzazione di tanti giocatori. Ma resta un rimpianto grosso come una casa: in rossonero Romeo Anconetani avrebbe potuto fare miracoli, come poi avvenne nella vicina Pisa, se non si fossero rotti gli equilibri che lo convinsero a cambiare società.

    Anconetani si affaccia in sede nell'estate del 1976. Presidente è Vasco Vannucchi, uomo ambizioso che chiede al focoso dirigente di riorganizzare il club e tentare la scalata nella serie cadetta. La prima mossa è scegliere un allenatore giovane, ma già navigato, come il lombardo Giovanni Meregalli. Poi si fa la squadra. Vestono il rossonero elementi di valore come il difensore Dariol, la punta Belloli, lo stopper Morgia, il centrocampista Scheda che completano una rosa già valida. Viene raggiunto il quarto posto e gettate le basi per il campionato successivo, quello del sogno (infranto) della serie B.

    Anconetani con un'opera paziente e meticolosa riesce a ridare entusiasmo a tutto l'ambiente. É un uomo pieno di idee, con un carattere difficile e aspro, ha un'intelligenza vivida e sa coinvolgere la gente. Cominciano così a nascere nuovi club, il pubblico torna al Porta Elisa, la Lucchese conosce una nuova era. Più professionismo, ma sempre con un occhio di riguardo alla tifoseria considerata elemento fondamentale per le buone sorti della stagione.

    Anconetani è una persona molto superstiziosa. Prima del fischio di inizio fa il giro del campo e getta il sale davanti alle due porte e davanti alla panchina della Lucchese. Porta bene, dice lui. Un rito che ripeterà spesso anche a Pisa, dove i risultati saranno decisamente migliori. É molto esigente con i giocatori, ma sa ricompensarli se i risultati sono soddisfacenti. Per esempio, spesso porta tutta la squadra a cena al ristorante da Beppino (oggi Skypper) a Santa Maria del Giudice: i titolari Giuseppe Di Grazia e Giovanni Crespin offrono alla clientela una cucina di livello e si coccolano i rossoneri, che si sentono come a casa. Anconetani, poi, è riconoscente con chi gli dà una mano. E allora fioccano i regali acquistati nei migliori negozi della città. Una manna per i commercianti.

    L'apoteosi dell'era Anconetani è il 12 marzo 1978, quando seimila lucchesi si mettono in viaggio in treno, pullman e auto e raggiungono lo stadio di Ferrara per seguire Spal-Lucchese, gara fondamentale nella corsa per la promozione. Finisce 2-2 tra le polemiche - furiose e giustificate - per l'arbitraggio di D'Elia di Salerno.

    Anconetani conosce il calcio in ogni dettaglio, sa che il momento è difficile ma spera ancora di riprendere gli emiliani e di conseguenza fa il possibile per tenere unito l'ambiente.

    Ma nella serie cadetta finiscono gli estensi che chiudono la stagione con un distacco di 11 punti (58 a 47) sulla Lucchese.

    Qualcosa a quel punto si rompe e l'avventura di Romeo Anconetani - che ufficialmente non era il ds, carica federalmente ricoperta dal figlio Adolfo - finisce qui. Inizia per lui quella di Pisa, portato dalla C alla A e anche trionfalmente in Europa.

    A Lucca rimane un interrogativo: che calcio sarebbe stato se Anconetani fosse rimasto?

    PAOLO BALDI (1947)

    Quando si dice che una telefonata ti cambia la vita. Oppure no.

    Lo deve aver pensato spesso, ma senza rimpianti per la verità, Paolo Baldi. Che dopo un quarto posto conquistato con la Lucchese nella stagione 1983-84 in C2 alla guida di una squadra messa su con pochi soldi e con i buoni uffici del ds Guglielmo Magrini, una sera sta per uscire di casa con la moglie Nada. Destinazione, un ristorante per una seratina a lume di candela. Squilla l'apparecchio, Baldi ha già le chiavi di casa in mano ed è sul punto di chiudere la porta. Torna indietro, pensa chi sarà che scoccia a quest'ora? e risponde.

    É il presidente dell'Olbia che senza tanti giri di parole gli chiede di andare in Sardegna. Al più presto. Un aereo da Pisa e via. Vinciamo il campionato mister, si fidi. Baldi però ha fretta, il tavolo è prenotato e non vuole fare tardi. Prima la famiglia, poi il calcio. E così declina l'offerta. Resta in Toscana, quell'anno l'Olbia stravince il suo girone e sale in C2 con in panchina mister Valentino Persenda. Un'occasione persa.

    Baldi non se ne fa un cruccio. Abituato a lavorare con impegno e a forgiare i giovani, si toglie delle belle soddisfazioni nel suo palmares spiccano i successi nel campionato nazionale juniores nel 1975 e lo scudetto con la Berretti nel 1990 - tutti trofei marcati Lucchese -, una buona annata alla Massese, un altro torneo con i rossoneri nell'81-82 da subentrato a De Petrillo e poi tanti anni passati a insegnare calcio ai ragazzi, con i risultati migliori ottenuti al Tau Calcio. Alla guida delle promesse della società altopascese Baldi ha conquistato due titoli regionali e nella stagione 2001-2002 il titolo nazionale con gli Allievi Elite.

    Quando Magrini nell'81-82 esonera De Petrillo, a Baldi arriva la chiamata per la prima squadra. "Paolo era al settore giovanile, si divertiva, faceva crescere il vivaio. Capii subito che non solo era bravo, ma anche che era l'uomo giusto per prendere in mano la prima squadra - ricorda Magrini -. Lui però non voleva lasciare l'incarico alla Juniores perché voleva portare in fondo il suo progetto. E così ogni lunedì gli chiedevo di rimanere un'altra settimana, di farmi il favore in attesa di trovare un nuovo mister. In realtà avevo deciso di puntare tutto su Baldi e prendevo solo tempo. Alla fine

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