Sradicati: Dialoghi sulla Chiesa liquida
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About this ebook
Un testo scorrevole ma denso e di grande importanza per il dibattito fra le diverse anime del cattolicesimo nel nostro tempo.
Sommario
Prefazione (Mons. Antonio Livi)
Siamo nati cattolici
La giovinezza nella Chiesa postconciliare.
Quando siamo cambiati
Tradizionalisti?.
Il nodo dell'ubbidienza.
La Chiesa della misericordia.
Divisioni nella Chiesa.
Cattolici ma...
Il nodo della famiglia.
Chiesa cattolica e omosessualità.
Sacerdoti in crisi
Povera liturgia.
Il ruolo dei social media.
Parlare... malgrado le nostre imperfezioni
Moriremo cattolici?
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Book preview
Sradicati - Aurelio Porfiri
cattolici?
Prefazione
Mons. Antonio Livi
Conosco Aurelio Porfiri e Aldo Maria Valli da molti anni, anche se per ragioni diverse. Sono lieto di poter dire alcune parole su questo testo, Sradicati
, in cui i due autori cercano di prendere di petto alcuni problemi di pressante attualità nella Chiesa, una Chiesa in grande crisi, quasi liquida
, come si dice nel sottotitolo del libro. Aurelio Porfiri e Aldo Maria Valli, gli autori, parlano da cattolici, sinceramente e profondamente credenti, e non temono che quanto scrivono possa attrarre nemici: la verità ha dei diritti che sono anche superiori al proprio tornaconto personale. Come dice il Vangelo, la verità ci farà liberi, non le convenienze dettate da esigenze di carriera.
Lo stile del dialogo, scelto dagli autori, assicura una lettura che scorre veloce, anche se gli argomenti non sono mai leggeri. Le considerazioni degli autori obbligano il lettore a riflettere. Il loro è un libro intenso, pieno di sincera sofferenza, una sofferenza per il bene delle anime (questo è l’unico motivo per cui Cristo ha istituito la sua Chiesa) che si percepisce da parte degli autori ad ogni pagina. Nel libro infatti si parla di liturgia, morale, matrimonio, sacerdozio, escatologia e tanti altri problemi attuali della vita della Chiesa cattolica. Gli autori denunciano, quando è necessario, gli errori dottrinali o pratici all’interno della Chiesa. Parlano con grande franchezza, ma anche con rispetto, il dovuto rispetto per le persone che però non fa perdere di vista il danno che l’adulterazione del Vangelo provoca alla salvezza delle anime (che, ripeto, è l’unico fine della Chiesa di Cristo).
Seguo da tempo con interesse e sostanziale condivisione le attività pubblicistiche di Aldo Maria Valli, giornalista, e di Aurelio Porfiri, musicista. Noto quanta passione e quanta sofferenza personale motivano le loro battaglie, e so bene come queste battaglie le paghino di persona con l'isolamento, a volte con offese personali da parte di coloro che hanno conquistato e conservano tenacemente il loro potere nelle strutture ecclesiastiche. Vorrei dire a questi due miei amici: non vi fate zittire o impaurire da quanti vi ostacolano pubblicamente o di nascosto. Piuttosto, nella consapevolezza certa di difendere la verità del Vangelo dalle eresie o dalle strumentalizzazioni politiche, rallegratevi ed esultate di fronte alla persecuzione! Soffrire per la verità di Cristo su questa terra è un titolo certo di merito per godere della pace e della gioia in paradiso quando nostro Signore Gesù ci dirà: Avanti, servo buono e fedele: sei stato fedele nel piccolo, e io adesso ti concedo un premio grande!
.
Siamo nati cattolici
Aurelio Porfiri - Fra me e te ci sono dieci anni di differenza, ma tutti e due siamo venuti su nell'epoca del post-concilio. Ce lo siamo preso in pieno, senza sconti e, forse, in alcuni dei suoi momenti più bui. Eppure il cattolicesimo per tutti e due è stato qualcosa in cui ci siamo ritrovati, siamo nati cattolici. Io non mi rendevo conto che in quegli anni fine Settanta e inizio Ottanta, in cui si svolgeva la mia adolescenza e in cui andavo in chiesa, all'oratorio, la Chiesa stava passando un periodo veramente difficile, che non è poi mai finito. I canti insulsi che allora cantavo alla Messa, e che oggi mi farebbero tremare le membra, mi sembravano una cosa normale, perché nessuno mi aveva mai detto che la musica che si deve cantare in chiesa è un'altra. Lo scoprii da solo, e dopo questa scoperta venivo scoraggiato dai sacerdoti, loro erano contro il fatto che io avessi riscoperto le mie radici liturgiche e musicali e non volessi continuare con quegli insulsi canti che ci propinavano in parrocchia. Ho capito, non so se hai la stessa impressione, che quel cattolicesimo in cui siamo cresciuti era già inquinato, malato, infiacchito dalle onde d'urto che si era trovato a sopportare in quegli anni grazie alle falle aperte dopo il Concilio Vaticano II.
Aldo Maria Valli – Dieci anni ci separano, è vero, ma in fondo le nostre generazioni si assomigliano. In una cosa, soprattutto: sia te, nato nel 1968, sia il sottoscritto, nato nel 1958, ci siamo beccati in pieno i frutti più deteriori del Sessantotto, della cosiddetta contestazione e di tutte le varie e false liberazioni
che la contestazione ha portato con sé. Ci siamo beccati il terrorismo, gli anni di piombo, l’Italia buia, le stragi di Stato. E senza neppure la soddisfazione di poter dire, comunque, formidabili quegli anni
. Perché noi in quegli anni o non eravamo ancora nati o eravamo troppo piccoli, e al massimo potevamo intuire qualcosa guardando i nostri fratelli più grandi. Di qui un certo senso di frustrazione e insieme di risentimento che ci portiamo appresso. Ma, da parte mia, anche un grande desiderio, coltivato fin da ragazzino, di andare controcorrente rispetto al pensiero dominante, alla cultura imposta dalle élites intellettuali figlie proprio del Sessantotto e della violenza, eppure così svergognate nel pretendere (con l’aiuto di tanti utili idioti) di poter fare la morale a tutti e di impancarsi a maîtres à penser. Ecco perché sono sempre stato un bastian contrario, come si dice dalle mie parti. O, per usare un’espressione cara a Prezzolini, un membro di diritto della Società degli Apoti, di quelli che non la bevono. Quanto alla Chiesa, la mia esperienza è stata diversa dalla tua. Figlio della Chiesa ambrosiana, che mi ha accolto fin da piccolo, specie coinvolgendomi nella vita oratoriana, io ho sempre visto nei preti, e soprattutto in don Filippo (il responsabile dell’oratorio San Carlo di Rho) persone di cui fidarmi completamente. E non sono mai stato deluso né tanto meno tradito. Il Signore mi ha fatto veramente questa grazia. Un tempo davo tutto un po’ per scontato. Oggi invece mi rendo conto di quanto il Signore è stato buono con me facendomi incontrare, conoscere e frequentare tanti sacerdoti santi. Così è stato necessario per me arrivare all’incirca ai quarant’anni per incominciare a notare che nella mia Chiesa c’era anche qualcosa che non andava, a intuire che non tutti i frutti del Concilio sono stati buoni e che un uomo, per il solo fatto di essere prete, non è automaticamente santo e onesto. Un processo via via sempre più doloroso, man mano che procedevo nella consapevolezza. E proprio la liturgia è stato, come spesso succede, l’aspetto che più mi ha creato problemi. Con l’andare del tempo mi sono aperti gli occhi. Liturgie sciatte, canti e musiche di stampo sentimentale, abusi, esagerazioni, protagonismo dei celebranti, maleducazione dei fedeli, mancanza di riguardo verso nostro Signore, assenza del senso del sacro, disprezzo del silenzio, nessuna reverenza. Con un peggioramento velocissimo nel corso degli ultimi anni. Non voglio accusare nessuno. Conosco tanti buoni cattolici che si impegnano nelle parrocchie e bravi preti che fanno tutto ciò che possono fare, ma il decadimento è stato comunque irreversibile. Sei solo un formalista, mi dice qualcuno quando esprimo le mie perplessità. Ma tu sai meglio di me che nella liturgia la forma è sostanza e che l’incapacità di rendere gloria a Dio è espressione di una fede quanto meno impoverita. Ma ovviamente non c’è solo la questione liturgica. Che dire della dottrina? Avremo modo di parlarne. Dico solo che con il pontificato di Francesco un velo mi è caduto definitivamente dagli occhi e finalmente ho visto la devastazione frutto del modernismo imperante. Quando parlo di questa mia esperienza, del velo che mi è caduto, qualcuno sorride e mi prende per matto. Qualcuno addirittura mi ha tolto la parola, come se io fossi un traditore. Mi dicono: Proprio tu, che eri amico del cardinale Martini!
. Ma che significa? Che ragionamenti sono? Dato che il cardinale Martini mi ha onorato della sua amicizia non devo vedere la devastazione che c’è nella Chiesa? Anzi, di alcuni aspetti problematici parlai anche con lui, durante le nostre chiacchierate. Sicché non mi curo troppo delle critiche che mi arrivano dai superficiali, che ragionano solo appiccicando etichette sopra le persone. E non mi vergogno di dire che ho vissuto qualcosa di molto simile a una conversione. Non da una Chiesa a un’altra, come è successo a tanti convertiti, ma da una Chiesa cattolica solo di nome, ma modernista di fatto, a una Chiesa davvero cattolica. Che è difficile da trovare, ma c’è.
AP - Non mi fraintendere, anch’io ho conosciuto sacerdoti santi, che si dibattevano nel clima imperante per cercare di testimoniare la loro vocazione e portare Cristo a tutti. Ma il fatto che noi ci ricordiamo di questi sacerdoti così vivamente forse avviene perché proprio sullo sfondo il clima era così deteriorato. Non pensare che io voglia fare l'elogio dei bei tempi andati
. Non era tutto bello e perfetto neanche prima del Concilio, c'erano liturgie sciatte, preti che si approfittavano della propria vocazione, laici cattolici solo di nome. Ma l'impressione è che dopo il Vaticano II - e voglio dire malgrado il Vaticano II - sia crollato un argine che bene o male teneva le cose al posto, dove dovevano stare. Hai ragione quando dici che ci siamo presi tutto il '68 come sistema di pensiero. Prima non me ne rendevo conto, perché nessuno mi aveva fatto capire che quella vita che facevo in parrocchia non esauriva in fondo le ricchezze dottrinali e liturgiche della Chiesa e,