La Lingua del Vino: Studio sistematico e comparato sulla degustazione e sul suo linguaggio descrittivo
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Il presente studio affronta la complessa questione sottesa alla comunicazione delle percezioni sensoriali in degustazione, tenendo conto dell’esigenza avvertita da più parti, di uniformare il linguaggio descrittivo dell’analisi organolettica, con il proposito di adottare un sistema generale di nomenclature e descrittori, idoneo a costituire una “lingua del vino” universale.
Attingendo ad alcuni dei più illustri studi sino ad oggi compiuti nel campo della degustazione e dell’enologia, l'autore propone uno studio sistematico e comparato sulla degustazione e sul suo linguaggio descrittivo offrendo uno strumento fruibile da tutti, utile all’appassionato cultore che vuol diventare consumatore più consapevole ma anche al discente aspirante sommelier, che di queste nozioni ne farà la pietra d’angolo della propria professione.
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La Lingua del Vino - Costantino d'Aulisio Garigliota
Costantino d'Aulisio Garigliota
LA LINGUA DEL VINO
Studio sistematico e comparato sulla degustazione e sul suo linguaggio descrittivo
LA LINGUA DEL VINO
Studio sistematico e comparato sulla degustazione
e sul suo linguaggio descrittivo
Il contenuto di questo libro è frutto dell'ideazione e dell'opera di Costantino d'Aulisio Garigliota.
La riproduzione di tale proprietà letteraria riservata è vietata e perseguibile a norma di legge.
Prima edizione: novembre 2018
Versione Cartacea
ISBN 979-12-200-4098-3
UUID: 4edd5a71-4971-4500-a1fe-f67dbc15c97c
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
indice
Premessa
Prima sentire, poi raccontare
Sentire
Raccontare
Teoria della Degustazione
Prepararsi alla Degustazione
Lo strumento
Gli ambienti
Il degustatore
Le scuole e le schede di degustazione
Tecnica della Degustazione
Esame visivo
Come si esegue
La Limpidezza
La Tonalità
L'Intensità
La Fluidità
L'Effervescenza
Esame Olfattivo
Come si esegue
I Profumi del Vino
L'intensità Olfattiva
La Complessità
La Qualità Olfattiva
La Natura del profumo
Esame Gusto-Olfattivo
Come si esegue
Il Corpo
Elementi di Morbidezza
Gli Zuccheri
Gli Alcoli
I Polialcoli
Elementi di Durezza
L'Acidità
La Sapidità
L'Effervescenza e il gusto
I Tannini e l'Astringenza
L'Equilibrio Gustativo
L'equilibrio Gusto-Aromi
L'intensità Gusto-Olfattiva
La Persistenza
Qualità Gusto-Olfattiva
Il Vino e il Tempo
L'Invecchiamento
L'Affinamento
Lo Stato Evolutivo
Effetti della Temperatura sui profumi e sui sapori
Il Suolo e la sua influenza sui profumi e sui sapori
Alterazioni, difetti e malattie
Alterazioni della limpidezza e del colore
Difetti
Malattie
Altre alterazioni batteriche
Dinamica e Geometria del Sorso
Struttura e movimento
Note
La degustazione è l’arco di tempo più o meno lungo
che intercorre tra il momento in cui si prende in mano il bicchiere
e quello in cui il sapore, del vino bevuto,
si affievolisce in bocca.
Emile Peynaud
Premessa
Che sia compiuta da un professionista della degustazione o da un mero, sensibile cultore, la valutazione organolettica di un vino rappresenta, innanzitutto, il racconto di una individuale esperienza dei sensi, così soggettiva ed emozionale, da renderla difficilmente contenibile in limiti oggettivi.
Ogni esperienza, può regalare a ciascuno di noi, suggestioni diverse e talvolta contrapposte da permetterci di tracciare, nella nostra memoria, dei ricordi in grado di rievocarla, di condizionarla ed anche solo con il pensiero, di farcela rivivere.
Ma in che modo è possibile conservare in maniera ancor più durevole i ricordi di queste sensazioni?
Con certezza possiamo affermare che chiunque si occupi di questa appassionante materia, almeno una volta, si sia posto tale interrogativo; la risposta non può essere che una: attraverso l’analisi ed il racconto di quelle sensazioni.
Eppure, comunicare le sensazioni è l’aspetto più complicato e controverso della degustazione!
Poniamoci un problema alla volta e parliamo, innanzitutto di analisi.
Da un po’ di tempo ormai, in concomitanza con l’esplosione d’interesse per la pervasiva disciplina dell’enogastronomia, imparare a degustare il vino, a conoscere le sue molteplici sfumature, non solo è materia d’interesse per il sommelier professionista, ma rappresenta base fondamentale di sapere, per l’appassionato che ama ed apprezza il vino ma che ancora si perde dinanzi allo scaffale dell’enoteca perché non sa bene come scegliere la bottiglia da acquistare e che, una volta compiuta la scelta, rimarrà nel dubbio sul come abbinarla al cibo.
Quello stesso curioso che, brama di interesse dinanzi ad un vino blasonato, ma poi, quando lo ha nel calice, finisce per perdersi il meglio.
Aumentano sempre più gli studiosi del vino
che scelgono di approfondire il tema, partecipando ad incontri conviviali, dove la degustazione in sé finisce per essere sommersa da affascinanti storie di uomini, applicazioni di tecniche enologiche, racconti di territori, ecc.
L’interesse stimola l’approfondimento, la conoscenza ci rende più esigenti e per questa ragione oggi non è più possibile fare enogastronomia alla buona
.
Proprio in linea con quanto affermato, si pone la constatazione secondo cui il miglioramento di qualsiasi prodotto passa per il miglioramento delle facoltà valutative del consumatore,per cui la specializzazione del fruitore rende, in sostanza, inevitabile al produttore l’ottimizzazione analitica e tecnica del prodotto [1].
Questo concetto è alla base del pensiero, più volte espresso anche da monsieur Peynaud che definì il cultore enoico l’anello più importante della catena, colui che paga il vino, il bevitore preziosissimo, artefice della vita della popolazione vinicola, giungendo alla conclusione che: " se ci sono dei vini mediocri, vuol dire che ci sono dei cattivi bevitori" [2].
L’approccio sensoriale, dunque, ha una importanza fondamentale perché è ciò che più ci regala piacere ma, coltivare un rapporto soprattutto intellettuale con il vino, di quel piacere è in grado di svelarci molti segreti.
Pierre Poupon sosteneva che non si possa valutare nulla senza il concorso di una cultura, ed affermava che, il saper analizzare decuplichi il piacere di degustare [3].
Lo studio dell’analisi organolettica, unitamente alle tecniche di abbinamento cibo-vino, costituisce argomento centrale dei corsi di formazione per sommelier, qualsiasi sia l’associazione o la scuola che li somministri.
Con il passare degli anni, tuttavia, la degustazione e, ancor più l’approccio alle tecniche di degustazione, è stata (ed è) oggetto di visioni, sovente, contrapposte tra loro.
Assurta a scienza fondamentale per la conoscenza del vino da un lato, dissacrata come espressione di una "rigida estetica enologica [4]" la cui educazione addirittura dovrebbe essere scardinata, dall’altro, anche per la valutazione sensoriale del vino, come per tutte le questioni d’interesse umano, si è discusso, dibattuto, soprattutto litigato.
La tecnica della degustazione, non ha altre pretese se non quella di fornire degli strumenti oggettivi e collaudati per valutare, seppur attraverso i sensi, un vino; avvalendosi di un procedimento analitico che, tuttavia, non sarà mai completamente immune dalla sensibilità del singolo degustatore.
Chiarita, in questi termini, a quale esigenza risponda l’analisi sensoriale, sotto l’aspetto didattico, essa si rivela di basilare importanza per lo studio dei caratteri di un vino, declinandosi nelle tre fasi analitiche (visiva, olfattiva e gustativa) ormai accolte da tutte le associazioni che si occupano della materia.
La seconda vexata questio, è quella di riuscire a raccontare, in maniera possibilmente comprensibile, le sensazioni percepite in degustazione.
Nella mia esperienza enoica, mi è accaduto spesso di assistere, durante i tasting, alla descrizione di un vino da parte di un relatore, ed al contemporaneo avvicendarsi di commenti in platea, di disaccordo a bassa voce o ad espressioni facciali evocativi di stupore e perplessità per quello che veniva detto.
La causa principale di questo gap, è rappresentata dall’esistenza di linguaggi differenti per esprimere, sovente, il medesimo concetto.
Tutti siamo, in buona sostanza, capaci di percepire, ma ciò che è estremamente arduo è imparare a raccontare.
Il maggiore disappunto, provato dinanzi a situazioni come quella appena descritta, scaturisce dalla considerazione che questa frequente incomprensione di linguaggio, sembra porre nel nulla tutto quanto sia stato elaborato, sino ad oggi, sul versante della teoria e tecnica di degustazione e sempre più, veste il degustatore dei panni del simulatore che, spettacolarizzando la sua figura, la svuota di professionalità.
Questa visione delle cose, non rende giustizia a tanti che, viceversa, hanno dedicato la propria vita all’approfondimento tecnico della fisiologia dei sensi, alla valorizzazione di un importante aspetto del patrimonio culturale di un territorio, ampliando il loro bagaglio di conoscenze, impiegando le proprie forze per fondere assieme in un’unica scienza, i concetti recepiti da molteplici discipline quali, l’agraria, la chimica, l’enologia, l’orografia e la storia.
Il degustatore o il sommelier, non sono artisti improvvisati, come è stato ormai stigmatizzato dalla popolare trovata umoristica di Antonio Albanese, ma studiosi appassionati che prima di acquistare esperienza pratica del vino, hanno deciso di accrescere la propria cultura e conoscenza in svariati settori.
Per quanto l’impostazione didattica possa essere differente tra le varie scuole di formazione professionale, è stata avvertita da più parti l’esigenza di uniformare il linguaggio descrittivo dell’analisi sensoriale, con il proposito di adottare un sistema generale di nomenclature e descrittori, idoneo a costituire una lingua del vino
universale, con significato univoco per tutti.
Tale ambizioso proposito, tuttavia, ancora oggi non ha trovato applicazione, permanendo ancora un caos di approssimazioni, termini inappropriati e suscettibili di differente interpretazione, ma soprattutto poco discriminanti.
Di fronte a questa babele terminologica
trionfante del mondo del vino, è sorto il proposito di elaborare questo studio sistematico, prendendo le mosse dal significato etimologico e soprattutto semantico di alcuni termini utilizzati nella degustazione tecnica, per identificare delle parole significanti e con esse definire in maniera oggettiva nozioni e concetti.
Per la scelta più appropriata dei termini del vino
si è tenuto conto, sulla base di un’analisi comparativa, delle schede di degustazione di diverse associazioni di sommellerie, nonché delle elaborazioni teoriche di ciascuna.
Si è avuto modo di rilevare come molte associazioni, ancora oggi, utilizzino termini di degustazione che ineriscono ad aspetti del vino, non più verificabili nella pratica, a seguito della progressiva evoluzione produttiva e dell’utilizzo delle nuove tecniche di vinificazione.
Un’ulteriore questione in cui ci si è imbattuti è quella riguardante il numero, talvolta, ingiustificato di descrittori previsti per il medesimo parametro che, lungi dall’ampliare il ventaglio in termini di casistica, delle condizioni in cui un vino può presentarsi all’analisi del degustatore, è spesso fonte di fraintendimenti o di superflue ripetizioni di concetti sussumibili in un unico o pochi descrittori.
Essa sembra confermare che, l’uso di parole troppo tecniche è spesso uno ostacolo alla diffusione delle conoscenze [5].
Nelle pagine che seguono, è esposta l’analisi dei termini utilizzati per i vari parametri di ciascuna delle tre fasi della degustazione, (colore, limpidezza, morbidezza, ecc.), descrittori di ciascun parametro (carente, sufficiente, fine, scarso), significato da attribuire a ciascun descrittore (carico: di grande ricchezza polifenolica).
Con particolare riguardo ai descrittori, l’esperienza concreta ha dimostrato che un numero eccessivamente vasto di termini atti a descrivere i vari giudizi formulabili in relazione a ciascun parametro, ha creato difficoltà di memorizzazione degli stessi. Il medesimo inconveniente si è verificato quando si è cercato di ridurre a soli tre descrittori la spiegazione di ciascun parametro (alto, medio, basso).
Sebbene quasi tutte le scuole di formazione professionale per sommelier, identifichino, in media cinque differenti descrittori per ciascun parametro della degustazione, in questa sede ne sono stati previsti, talvolta, soltanto quattro, per raccontare le differenti condizioni in cui il vino può presentarsi.
È stato intenzionalmente omesso il riferimento ad alcuni descrittori estremi che connotano, in genere, dei difetti del vino e che, pertanto, implicando la interruzione della degustazione, non servirebbero a descriverlo. Pur tuttavia di questi casi non ne è stata trascurata la trattazione.
Si è elaborato, in questi termini, un approfondimento metodico, senza alcuna pretesa di esaustività, sui principali argomenti della degustazione, tralasciando alcuni temi di grande interesse, che potranno formare oggetto di più approfondita analisi in altre sedi.
L’auspicio è di aver dato origine ad uno strumento fruibile da tutti, utile all’appassionato cultore che vuol diventare consumatore più consapevole o anche al discente aspirante sommelier, che di queste nozioni ne farà la pietra d’angolo della propria professione.
Prima sentire, poi raccontare
Tutto ciò che ci circonda nel mondo esterno, che si tratti di un romantico tramonto estivo, di un profumo evocativo di dolci ricordi, oppure del sapore del nostro cibo preferito, viene percepito attraverso i nostri organi di senso che trasmettono, mediante cellule recettrici, il segnale al cervello affinché lo elabori.
Per mezzo dei nostri sensi, ci è dato conoscere il mondo, apprezzare le sue ricchezze e, talvolta, anche difenderci dai suoi pericoli.
Ma l’aspetto più interessante è che, attribuendo un particolare significato a quello che captiamo dall’esterno, possiamo essere in grado di provare delle emozioni.
Questo, probabilmente, è l’effetto più elevato delle nostre percezioni sensoriali ma, per i nostri fini, anche il più grande limite.
La disciplina scientifica dell’analisi sensoriale deve, infatti, permettere di rendere una valutazione di un prodotto in maniera quanto più possibile oggettiva e svincolata dalle personali preferenze o approcci edonistici.
La macchina umana, non può abbandonarsi alle emozioni ma deve avere il controllo e la piena consapevolezza di ciò che i sensi trasmettono per poterli poi, in un momento successivo, esaminarli analiticamente, e giungere ad una valutazione sulla qualità di un prodotto.
Già da diversi anni, ormai, nelle industrie alimentari, l’analisi sensoriale ha assunto una grande importanza proprio perché essa, attraverso la valutazione oggettiva di un prodotto, costituisce ancora uno dei migliori sistemi per descriverne le caratteristiche organolettiche e definirne un profilo, in relazione alle sensazioni che esse suscitano sia qualitativamente, sia quantitativamente.
Nel nostro studio, il prodotto da analizzare sensorialmente è il vino, il nostro percorso è rappresentato dalla degustazione tecnica e gli strumenti sono, prima di tutto, i sensi.
Questa è la ragione per cui, la degustazione tecnica è definita analisi sensoriale o organolettica, in quanto per realizzarla ci occorrono i sensi.
In base a quanto appena affermato, possiamo dare una prima definizione della degustazione del vino, come quell'insieme di operazioni attraverso le quali l'assaggiatore analizza, per mezzo dei suoi sensi, il vino oggetto dell'esame [6].
E da ciò possiamo subito dedurre che ciascuno di noi, essendo dotato di organi di senso, già possiede gli strumenti per la degustazione.
Comprenderemo nelle pagine successive come, affinando questi strumenti, ed acquisendo alcune nozioni fondamentali in ordine agli elementi compositivo-strutturali del vino, chiunque vi abbia interesse, può diventare un abile degustatore.
Sentire
Affinché uno stimolo o un segnale esterno possa essere percepito dagli organi di senso, occorre che esso possieda una certa intensità chiamata valore soglia [7].
Si tratta di un parametro molto generico, con il quale si fa riferimento, in neurofisiologia e psicofisica, ad un livello di intensità del segnale esterno, percepibile da almeno il 50% di individui esposti a quello stimolo.
Lo stimolo è, dunque, un agente fisico o chimico che provoca un’eccitazione specifica di determinati recettori sensoriali [8].
Nel momento in cui queste cellule sensoriali captano lo stimolo esterno, creano in noi un dato, una sensazione che, tramite i sensi, è trasmessa ai neuroni.
Definiamo sensazione , pertanto, quel processo attraverso il quale uno stimolo esterno viene captato attraverso i recettori sensoriali.
La sensazione attiverà il cervello che, da quel momento, inizierà ad elaborare il dato sensoriale ricevuto e, ricorrendo alla memoria, provvederà ad attribuirgli un significato. Definiamo percezione, proprio questa fase successiva di codifica e riconoscimento da parte del cervello della sensazione. La percezione è pertanto intesa come presa di coscienza sensoriale, interpretazione della sensazione.
Con riferimento, dunque, alla captazione degli stimoli esterni mediante gli organi di senso, possiamo affermare che, quando il valore soglia è raggiunto, si potrà generare una percezione, ossia la netta distinzione dello stimolo recepito che, in futuro, potrà essere anche riconosciuto [9].
Scaturisce di conseguenza che, quanto più è intenso il segnale captato, tanto più facilmente potrà essere elaborato dal nostro cervello e custodito nella memoria.
Con l’allenamento, il valore soglia si abbassa e l’assaggiatore è maggiormente in grado di recepire sensazioni determinate da stimoli anche di bassa intensità.
Semplificando al massimo il concetto, quando maggiori saranno le percezioni che le nostre cellule nervose conserveranno in memoria dopo averle elaborate, tanto più saremo in grado di ricordare segnali e riconoscerli anche se percepiti a bassa intensità.
Sovente si afferma, che nel vino si possono percepire i profumi conosciuti per cui, mai sarà riconosciuto un profumo che non si conosce.
Con un po’ di immaginazione, se pensiamo ad una fragola matura, ci sembrerà di apprezzarne l’odore,