Mani
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Anteprima del libro
Mani - Roberta Conti
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1
Voglio raccontare di un incontro, di quando il suono ha trasmutato la materia e ha scelto di custodire l'invisibile e di come la voce umana riproduca quest'incontro nell'interiorità dell'anima.
Uno dei tanti strumenti che ci sono stati donati alla nascita – e anche tra i più intimi – è la voce che, come poche altre cose, porta tracce indelebili di chi siamo in ogni momento e pure ciò che non abbiamo detto, lasciando emergere la sua vibrazione.
Da qui la necessità di arrivare a una reale presa di coscienza di quanto che si ha dentro e di volerlo e saperlo esprimere, aprendo nuovi dialoghi con se stessi, gli altri e l'invisibile.
Canale e motore di tutto è il cuore, dal quale sgorga la necessità primaria di contatto e rievocazione, nonché il ricordo di sé.
Il respiro è la scintilla, è ciò che ci avvicina alla parte più mistica del suono, il silenzio.
"Che il canto ti sia di sollievo
più del respirare
e porti al cielo le tue volontà,
lasciando nel tuo cuore sentite certezze,
per divenire nuove consapevolezze,
del sé."
2
Voglio raccontare il mio incontro con la voce.
Sicuramente iniziò quando ero nel grembo di mia mamma. Il mio papà le regalò un vinile, il Pavarotti's Greatest Hits, che ci accompagnò durante tutta la gestazione. Non resta difficile capire perché, all'età di quattro anni, andassi in giro per casa canticchiando brani tratti dalla Turandot e amassi tanto Paperotti
.
Mia madre ha da sempre prediletto le voci tenorili: Carreras, Di Stefano, Domingo… Ma quando, all'età di undici anni, arrivò la prima cassetta della Callas a casa, ebbi subito chiaro che avevo bisogno di studiare canto. Non che prima non fosse chiaro, però, quando sono svenuta per carenza d'ossigeno in salone mentre cantavo Casta Diva
appresso alla musicassetta e sono caduta come corpo morto cade
inseguendo il si bemolle ribattuto, fu lampante che volevo sperimentare come e cosa ti porta lassù.
Da tale esperienza ho capito che il canto può essere uno sport pericoloso, se non indirizzato.
Uno dei fattori scatenanti che ha reso per me così magico il canto è stata la difficoltà nel parlare. Sin da piccola soffrivo di una forte balbuzie e, quando impattai con la scuola elementare, le insegnanti consigliarono ai miei genitori di mandarmi da uno psicologo, ma loro non seguirono questo consiglio per non farmi sentire troppo diversa dai miei compagni di classe.
Da qui una personalissima lotta, quasi ingegneristica, per trovare sinonimi, elisioni, tic e ritmi che riuscissero in qualche modo a farmi esprimere, però il risultato era sempre lo stesso: