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Cuori delle Highlands. Il Lupo
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Cuori delle Highlands. Il Lupo
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Cuori delle Highlands. Il Lupo

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About this ebook

Rylan ha trascorso la maggior parte della vita mantenendo segreta la sua identità, anche a coloro che ama. Ma al fine di rendere sicuro il proprio futuro, deve affrontare il passato. In fuga come un fuorilegge, cercando di restituire onore al suo nome, Rylan si imbatte in una donna che sembra avere segreti altrettanto oscuri.

La vita di Fallon e di suo figlio scorre tranquilla finchè un Highlander non compare sulla porta di casa, gettando il suo mondo nel caos e nell'inganno. E allora, si ritrova davanti ad un bivio che può influenzare entrambe le loro vite. Quando i segreti verranno rivelati, riuscirà Fallon a scegliere la strada giusta, e, soprattutto, a salvare Rylan dal patibolo?

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateNov 8, 2018
ISBN9781386080268
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    Cuori delle Highlands. Il Lupo - April Holthaus

    PREFAZIONE

    Per centinaia di anni, la Scozia ha lottato contro gli Inglesi per conservare l'indipendenza. Adesso è costretta ad affrontare un nuovo nemico. In un mondo diviso tra politica e religione, il giovane re Giacomo V è minacciato dalla sua stessa gente. Quando tra i clan delle Highlands scoppia la guerra civile, Giacomo recluta un gruppo segreto di guerrieri, affinché lo proteggano dai ribelli.

    Li chiama i Protettori della Corona.

    CAPITOLO UNO

    Scozia, 1537

    ...Dovrei essere morto...

    Rylan si inginocchiò lungo la riva, immerse le mani nell'acqua gelida e si sciacquò il viso sporco di sangue. La spalla gli doleva, dopo la battaglia, e lo squarcio lungo il braccio doveva essere ricucito. Aveva perso parecchio sangue, ma era ancora vivo.

    La superficie del lago era calma e trasparente come una lastra di vetro, e rifletteva il paesaggio circostante: un mondo alla rovescia, dove tutto era lo stesso, ma completamente diverso, proprio come l'esistenza di Rylan.

    Allentò le bende che aveva avvolto intorno al braccio per controllare la ferita. Lo squarcio era profondo e spillava ancora sangue. Estrasse il pugnale dalla guaina, tagliò il tessuto del suo kilt, e ne ricavò una benda pulita con la quale coprì la ferita.

    Dopo la feroce battaglia con i Sutherland, nemici giurati del suo clan, poteva dirsi fortunato ad essersela cavata abbastanza a buon mercato, a differenza di molti suoi compagni e del suo stesso laird, Ian MacKay, rimasti gravemente feriti.

    Una nuova cicatrice si sarebbe aggiunta a quelle che segnavano tutto il suo corpo, ognuna delle quali raccontava una storia d'onore e di coraggio. Aveva imparato a ricucirsi da solo e, anche se non possedeva la pazienza e l'abilità di un guaritore, i suoi punti grezzi servivano al loro scopo. E questo solo contava.

    Rylan sollevò lo sguardo, attratto da un lampo d'acciaio al di là degli alberi. Scrutò con attenzione la zona, in attesa di un qualche movimento. Poi, uno stormo di uccelli si levò in volo, evidentemente disturbato da qualcosa. Doveva andarsene di lì.

    Balzò in sella e, rasentando le rive sinuose del fiume, si spinse fino alle pendici delle rupi che costituivano il crinale settentrionale della catena delle Southern Uplands. La notte stava arrivando, e voleva cercare un rifugio nei boschi sparsi nelle vallate. Si inoltrò in una stretta gola, sbucando in una sorta di giardino dell'Eden, con un piccolo lago circondato di salici e betulle.

    Smontò da cavallo e lo legò ad un albero. Poi raccolse della legna secca per accendere un fuoco e la accatastò sul terreno. Quando sollevò lo sguardo, notò diversi cespugli di bacche rosse e nere. Il suo stomaco ringhiò alla vista di quei succosi bocconcini, anche perchè erano passate ore dall'ultimo pasto.

    Finì di sistemare la legna e si diresse verso i cespugli. Raccolse una manciata di bacche e le gustò una ad una, macchiandosi le dita con il loro succo. Soddisfatto, accese il fuoco e si sedette con la schiena contro un tronco. Poi, tirò fuori dalla cintura un coltellino e un pezzetto di legno che aveva conservato, e cominciò a scheggiarlo.

    Quando scese la notte, il bosco prese vita. Il canto delle rane e dei grilli riempì il silenzio, e il richiamo di un gufo risuonò tra gli alberi alti.

    Rylan fissò le fiamme, mentre le immagini della battaglia si susseguivano nella sua mente. Avevano perso molti uomini, e, se la faida tra i clan fosse continuata, molti altri ancora ne sarebbero morti. Cercò di scacciare quei pensieri angoscianti concentrandosi sul pezzetto di legno, un passatempo che tante volte lo aveva aiutato a superare momenti difficili. Le sue palpebre cominciarono ad abbassarsi, finchè non riuscì più a tenerle aperte e si addormentò.

    Il rumore di un tuono lo fece destare di scatto. No, non era un tuono. Erano zoccoli.

    ...Dannazione...

    Si mise a sedere. Stavano cercando qualcosa, o qualcuno. Non riusciva ancora a vederli, ma sapeva che erano vicini. Lentamente, mise da parte il coltellino ed estrasse il pugnale che teneva nello stivale. Poi spense il fuoco, maledicendo se stesso per non aver pensato che il fumo avrebbe attirato l'attenzione. Ripiegò il plaid, lo ripose nella sacca da sella e balzò a cavallo.

    Il rumore degli zoccoli e di voci umane si fece più forte. La sua unica possibilità era che l'oscurità lo celasse agli sconosciuti il più a lungo possibile. Lasciò la valle, tenendosi nell'ombra, ai piedi della montagna. Ma ormai erano dietro di lui. Lanciandosi un'occhiata alle spalle, contò cinque o sei uomini. Gli gridarono di fermarsi, ma Rylan spronò il cavallo. Dai loro accenti, non sembravano essere Sutherlands venuti a vendicarsi, ma Inglesi.

    Il cuore cominciò a martellargli forte nel petto, e i palmi sudati non riuscivano a tenere ben salde le redini. Non era pronto a confrontarsi con gli Inglesi, e non solo perchè era ferito. Il braccio gli faceva un male d'inferno e aveva difficoltà a seminarli. Di questo passo, lo avrebbero raggiunto in un batter d'occhio.

    Deviò verso gli alberi. Aveva un'unica scelta. Sciolse la sacca legata alla sella e se la gettò su una spalla. Poi saltò giù dal cavallo e si schiantò a terra, atterrando sul braccio ferito. Una decisione che rimpianse subito, quando il dolore gli trapassò la ferita come un pugnale. Stringendo i denti per non gridare, giacque sul terreno, nascosto dietro un cespuglio, mentre il cavallo continuava la corsa, seguito dalle ignare truppe inglesi. Quando sentì gli zoccoli allontanarsi, si mise seduto, tenendosi il braccio. La benda era di nuovo impregnata di sangue e il dolore si irradiava per tutto il corpo. Si passò una mano tra i capelli e si guardò intorno. Doveva percorrere ancora parecchie miglia per arrivare alla sua destinazione: l'incontro con Charles de Walt, il duca di Annandale. Con un mandato d'arresto che gli pendeva sulla testa, aveva intenzione di chiedergli di intercedere a suo favore. Dannazione, glielo doveva, dopo tutto quello che Rylan aveva fatto per lui.

    Stringendo i denti, si rimise in piedi. Gli doleva l'anca e a malapena riusciva a respirare, tuttavia non avrebbe permesso al suo corpo straziato di rallentarlo. Non c'era niente che un po' di riposo e un bel bicchiere di whisky non potessero curare. Il pensiero della bevanda gli provocò l'acquolina in bocca. Gli sembrò quasi di sentirne il sapore: il bruciore del fuoco liquido che scivolava lungo la gola, la sensazione di calore nello stomaco. Il solo pensiero lo aiutò a dimenticare il dolore e a concentrarsi sulla richiesta di perdono.

    Calcolò che mancavano almeno cinque miglia alla città o al villaggio più vicini. Una volta arrivato, si sarebbe procurato un cavallo e delle provviste per continuare il viaggio.

    La giornata era molto calda, e il sudore gli imperlava la fronte e la nuca. Attraversò campi, prati erbosi e colline, che si susseguivano come onde nell'oceano. Dopo quasi un'ora di camminata sotto un sole ardente, Rylan avvistò la salvezza sotto forma di una costruzione di pietra in lontananza. Accanto a quella che sembrava una fattoria, c'erano una serie di piccoli edifici e un grande fienile di legno, davanti al quale almeno due cavalli pascolavano tranquillamente.

    Attraversò un campo di frumento, orzo e avena, e sbucò sul sentiero di ciottoli che portava all'edificio principale, senza incontrare nessuno, a parte qualche pollo che beccava il mais da terra. Bussò alla porta, che però si aprì sotto la sua mano, e, allarmato, estrasse il pugnale dal fodero.

    C'è nessuno? chiese, facendo un passo all'interno.

    Il locale era abbastanza piccolo, con pochi pezzi d'arredamento. Un tavolino con due sedie, uno scaffale con una fila di libri e un piccolo focolare sulla parete in fondo. Ad un'estremità della stanza, c'erano due porte chiuse, ad un'altra c'era la cucina, con quattro credenze e un tavolo di legno, sul quale erano posati una brocca e un piatto che conteneva una pagnotta di pane.

    Certo di essere solo, Rylan afferrò la brocca e bevve avidamente. L'acqua era calda e stantia, ma placò la sua sete. Poi strappò un pezzo di pane dalla pagnotta e lo portò alla bocca. Gustandolo come se fosse la più prelibata delle leccornie, si guardò intorno. C'era un cesto di cipolle ammuffite, un arazzo incompiuto appoggiato ad una piccola sedia di legno, e una libreria coperta di polvere. A quanto pareva, in questa casa doveva vivere almeno una donna.

    Uscì all'esterno e si diresse verso il fienile, nella speranza di trovare qualcuno. Ma anche il fienile era vuoto, tranne che per una mucca solitaria, che ruminava in un angolo.

    Sollevando lo sguardo, notò delle redini appese ad un chiodo arrugginito. Se voleva arrivare a destinazione, doveva procurarsi un cavallo. E guarda caso, ne aveva appena visti due.

    Rylan non si faceva scrupoli a rubare, quando la necessità lo richiedeva, ma, se avesse potuto restituire il cavallo quando non ne avrebbe più avuto bisogno, si sarebbe sentito molto meglio. Nel sollevare il braccio per prendere le redini, gli sfuggì un gemito. Il dolore era insopportabile, e sapeva di non essere nella condizione di cavalcare. Non senza aver adeguatamente bendato la ferita.

    Si sedette su uno sgabello. Era stanco, nel corpo e nella mente, tanto che spesso si chiedeva perchè mai il Signore avesse pietà di lui e continuasse a tenerlo in vita. Strofinandosi gli occhi stanchi, si rialzò e tirò via le redini dal chiodo. Poi, zoppicando, uscì dal fienile e si diresse verso i cavalli.

    Gli tornarono in mente le ultime parole che re Giacomo gli aveva detto, rispondendo alle sue proteste.

    ...Non posso intervenire nella disputa del vostro laird con i Sutherlands. Sarebbe troppo rischioso, e ho bisogno di mantenere buoni rapporti con i capi delle Highlands che mi sono rimasti fedeli. Tuttavia, c'è qualcosa che posso fare.

    Che cosa?

    Dirigetevi a sud, oltre le colline. A una mezza giornata di viaggio da Dumfries, c'è una piccola fattoria. Lì troverete un tesoro così perfetto, che possederlo significherà la rovina dei Sutherlands.

    Che cosa troverò?

    Non che cosa, ragazzo. Ma chi...

    CAPITOLO DUE

    Seduta sulla riva, Fallon immerse i piedi nell'acqua fredda del fiume, affondando le dita nei piccoli ciottoli e nella sabbia chiara. Gli occhi chiusi, offrì il viso al sole, godendo del suo calore. Stava attraversando un'estate lunga e difficile, e, appena poteva, approfittava dei pochi momenti di pace come questo, prima che arrivasse il periodo del raccolto.

    Tuttavia, con così tante faccende che la aspettavano, non indugiò a lungo. Tirò i piedi fuori dall'acqua, infilò le scarpe e sollevò il pesante cesto di vimini con il bucato appena lavato.

    Una volta a casa, stese ad asciugare gli indumenti sulla recinzione, e si dedicò alla pulizia dell'orto, estirpando le erbacce che minacciavano le verdure. Il giardinaggio non era una delle sue attività preferite, ma quella terra era molto fertile, oltre che la sua unica fonte di reddito. Tuttavia, quest'anno, la produzione era abbastanza scarsa a causa della siccità, che la costringeva ad attingere ogni giorno l'acqua al fiume per mantenere umido il terreno.

    Immersa nei suoi pensieri, afferrò distrattamente un'erbaccia e una piccola spina le punse il dito. Con un piccolo grido di dolore, ritirò la mano ed esaminò la ferita.

    ...Maledetta spina!...imprecò tra sè.

    Vi avvolse intorno un lembo della gonna, stringendo forte finchè non ne uscì più sangue. Poi, determinata a strappare l'erbaccia che l'aveva ferita, fece per afferrarla di nuovo, quando un forte tonfo attirò la sua attenzione.

    Fallon si voltò verso la porta del fienile. Probabilmente, era stato uno degli animali, pensò, e, dopo aver tirato via l'erba, si alzò in piedi. Spazzolandosi la gonna, si diresse verso il fienile e, una volta dentro, si guardò intorno. Non c'era niente fuori posto. Forse suo figlio e il suo unico servo erano già tornati dal mercato di Dumfries?

    Braeden? Leoric? Siete voi? chiamò.

    Sentì un rumore alle sue spalle, come di qualcosa che strisciava nell'ombra. Cautamente, si avvicinò alla porta e guardò fuori, verso sinistra, da dove le era sembrato provenisse il rumore, ma non vide nessuno. Sospirando, diede la colpa al vento. Ma, quando si voltò verso destra, un brivido di terrore le attraversò la spina dorsale, nel ritrovarsi occhi negli occhi con un uomo anziano.

    Il suo cuore perse un battito.

    Gesù, Leoric! State cercando di uccidermi? chiese, portandosi la mano al petto.

    Mi dispiace, milady. Sono appena ritornato dal mercato e vi ho portato le candele che avevate chiesto.

    Fallon rilasciò un respiro.

    Non vi aspettavo così presto. Grazie, comunque disse, prendendo le due candele di cera d'api che l'uomo teneva tra le mani avvizzite.

    Non intendevo spaventarvi, padrona.

    Lo so, Leoric. Il fatto è che sono molto stanca. Dov'è Braeden?

    Ha detto che andava a pescare al fiume.

    Quante volte aveva raccomandato a quel ragazzo di

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