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7 racconti per un pomeriggio d'estate
7 racconti per un pomeriggio d'estate
7 racconti per un pomeriggio d'estate
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7 racconti per un pomeriggio d'estate

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About this ebook

I pomeriggi estivi sono piuttosto lunghi e credo che tutti siate d'accordo con me. Nessuno di noi disgegna un riposino pomeridiano al sole, sperando di abbronzarsi per poter essere perfetti per le prime pagine dei giornali di moda... D'accordo, forse ho un po' esagerato! Quello che però è sicuro, è che in quei pomeriggi ci piace trascorrere del tempo con gli amici, divertirci e rilassarci. In estate cambiamo completamente, ridiamo, andiamo a ballare, viaggiamo alla scoperta di posti meravigliosi e, a volte, incontriamo quella persona che sconvolge le nostre vite. E' proprio questo il bello della stagione più calda dell'anno. In altre epoche, invece, erano i balli di corte i momenti più adeguati per lasciarsi andare e seguire il proprio cuore. 
L'estate è la stagione dei tramonti da vedere con quel primo amore che fa uscire tutti di senno o delle serate tanto desiderate che ci vede protagonisti di cene a lume di candela accarezzati da una brezza leggera che ci anticipa cosa succederà nelle seguenti ore. E' la stagione adatta per scoprire la passione che arde due corpi che si uniscono per vivere una storia indimenticabile...

Sì, l'estate è la stagione perfetta. Perfetta anche per scoprire questi sette racconti che allieteranno sicuramente i nostri pomeriggi. 

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateNov 10, 2018
ISBN9781386002192
7 racconti per un pomeriggio d'estate
Author

Jossy Loes

Jossy loes nació en Venezuela un caluroso julio. Proviene de una familia que al parecer cada generación necesitaba experimentar nuevos horizontes y de su infancia recuerda siempre a sus abuelos leer, pero lo que le marcó esas ganas de escribir fue el instituto. Su profesor de Literatura le abrió las puestas de la imaginación inculcándole el amor a la lectura y recreando ensayos. Estudió ingeniería en Venezuela momento que se atrevió comenzar escribir pequeños relatos que solía pasar a sus amigos por correo electrónico sin decir de donde provenían. Grandes cambios en su vida, hicieron que dejase a un lado esa parte que la llenaba y un buen día el amor logró que cruzara el océano donde asentó sus raíces, estudió administración y comprendió que había llegado la oportunidad para poder lograr su sueño, escribir. Su primera novela fue una distopía juvenil que no está disponible de momento, llamada Antarlia un nuevo mundo, seguidas de historias de género románticos (comedia) ¿Te llamas Julieta?, Las pelirrojas también se enamoran, Y te cruzaste en mi camino, así como también ha escrito relatos para antologías solidarias desde el 2015. En junio del 2017 salió a la venta Trigésimo cumpleaños reeditada y la novedad es su traducción al italiano y próximas traducciones.

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    7 racconti per un pomeriggio d'estate - Jossy Loes

    7 RACCONTI PER UN POMERIGGIO D’ESTATE

    Jossy Loes

    7 Racconti per un Pomeriggio d’Estate

    © 2018 Jossy Loes

    1ª Edizione: Luglio 2018

    SafeCreative: 1806127368981

    Correzione: Bárbara Padrón Santana

    Impaginazione: A.G. Keller

    Traductore  Ruggero -Babelcube

    Foto di copertina: Leticia Blanco

    Questa è un’opera di finzione, i nomi, i personaggi e gli avvenimenti descritti, sono prodotti di immaginazione dell’autore. Ogni riferimento alla realtà è pura coincidenza. È vietata la riproduzione totale o parziale del libro, sia in formato elettronico che in altri formati, senza il consenso degli autori. Tutti i diritti riservati.

    Altre opere di Jossy Loes

    Ti chiami Giulietta?

    E incrociasti il mio cammino

    Dodici opportunità di vivere

    Le ultime estati mi hanno fatto ricordare avvenimenti che saranno difficili

    da dimenticare, alcuni tristi, altri felici, e mi hanno anche dato l’opportunità

    di scrivere queste storie

    .

    Questi racconti sono dedicati a tutte quelle persone

    che vivranno esperienze simili a quelle descritte in questa raccolta.

    Gli accordi del cuore

    Non pensarci, signor conquistatore!

    1

    «Ciao, è occupato?», chiesi alla ragazza con la valigia seduta nella sala d'attesa dell’aeroporto.

    Mi guardò sorpresa, indicandomi. Visto che non rispondeva, mi sedetti con il mio trolley e la mia chitarra aspettando il prossimo volo che mi avrebbe portato a Dublino.

    «Allora? Vai a Dublino o a Belfast?».

    La ragazza non parlava e l'unica cosa che faceva era sbattere le palpebre. Io, invece, avevo bisogno di parlare, di liberare tutto quello che avevo dentro di me.

    «Sì, sono io», le dissi per farla reagire. «Pensavo che il taglio di capelli, il cappello da baseball e questi occhiali enormi mi avrebbero aiutato, ma vedo che mi sbagliavo». 

    La fissai e continuai a parlare. «Ti spiace se mi sfogo un po'? Ne ho davvero bisogno e poi ti prometto che potrai fare tutti i selfie che vuoi».

    La ragazza sbatté di nuovo le palpebre molto velocemente e immaginai di non essermi spiegato bene.

    «Merda! Credo di essermi espresso male».

    Provai a trasmetterle sicurezza con un sorriso e questa volta fece segno di sì con la testa. Mi sentii sollevato. So che non avrei dovuto farlo, ma ero così abituato a rubare sospiri con questo gesto, che ormai mi usciva in automatico. Decisi di dimenticarmi del chitarrista e della stella del pop che ero e di essere l'uomo ansioso che era seduto lì accanto a lei.

    «Sai?», le dissi di nuovo. «È il terzo anno che ci ritorno e anche questa volta ho la valigia piena di adesivi che ho comprato in tutte le città in cui siamo stati da quando la mia canzone è diventata una delle più vendute. Il terzo anno che camminerò di nuovo per le antiche strade di Dublino, l’Isola di Smeraldo, l’isola che mi ha fatto tornare con i piedi per terra, quella che mi invita a rivedere la mia fata irlandese che ho incontrato un giorno per caso in questo stesso aeroporto».

    La ragazza s’imbronciò leggermente e sorrisi pensando che per una fan non era bello ascoltare le mie confessioni; ma era la pura verità.

    «La mia fata irlandese mi ha insegnato ad amare il suo paese. Sì, è il terzo anno che le mie mani mi chiedono di toccare di nuovo ogni centimetro di quel corpo pallido, dai folti capelli biondi e che mi invita a scoprirlo e a giocare con lui».

    La ragazza si accigliò e risi difronte alla mia sincerità. Avrei voluto rimangiarmi tutto, ma poi pensai che non ce n’era bisogno. Ero un artista, le mie canzoni parlavano di sentimenti, di ostacoli della vita ed era quello che sentivo. Da tre anni sparivo per una settimana e mi nascondevo in ogni stradina di quel paesino che mi aiutò a conoscerla.

    Perché mai avrei dovuto mentire? Era come se quel solstizio d’estate, quelle feste pagane le cui leggende erano ricche di fantasia, si fossero risvegliate per me quell’anno.

    «Nel gennaio del 2013 ci fu offerto di partecipare insieme alle migliori band pop del momento, a un tour che avrebbe fatto il giro di tutta l’Irlanda. Decidemmo di sfidare la sorte e accettammo quella proposta.

    Provavamo tutta la notte ma, anche se all’alba i polsi mi facevamo molto male e dovevo metterci del ghiaccio per alleviare il dolore alla mano, tutti i nostri sforzi furono ricompensati grazie alla firma di quel contratto.

    Credevo che mi piacesse la musica, credevo anche che mi piacesse suonare la chitarra. Fino a quando non la conobbi. In quel periodo avevamo un solo scopo, diventare famosi. Non avrei mai pensato che a partire da quell’anno la mia unica ossessione sarebbe stata quella di ritornare nel paese verde.

    Firmammo il contratto e mesi dopo partimmo per il nostro tour. Giravano pettegolezzi stupidi e volevamo quindi assicurarci che alle nostre fan avrebbe fatto effettivamente piacere vederci da così vicino», dissi tutto d’un fiato.

    «I miei amici, gli altri componenti del gruppo», indicai la giovane e continuai a parlare, «decisero di giocare un po’ con alcune ragazze. Erano così contente di aver avuto la fortuna di incontrarci qui, in questo stesso aeroporto.

    Aspettavamo che annunciassero la porta di imbarco del nostro volo e, quando una ragazza ci riconobbe, la confusione fu inevitabile. Non ti nego che mi piaceva ascoltale mentre gridavano il mio nome e, quando decisi di suonare la chitarra, iniziarono a urlare sempre più forte».

    La ragazza sbuffò e si mise sulla difensiva.

    Non volevo essere presuntuoso, stavo dicendo la verità e, prima che si alzasse e mi dicesse qualcosa, misi le cose in chiaro.

    «So che posso sembrare uno stronzo, ma questa è la mia vita quotidiana».

    La ragazza mise di nuovo il broncio e incrociò le braccia. Pensai quindi che mi avrebbe prestato attenzione per almeno altri cinque minuti e decisi di continuare la mia storia.

    «Ci chiesero un’altra canzone e iniziai a suonare le prime note di un remix che avremmo suonato durante i concerti; fu allora che la vidi passare, estranea a tutto quel tumulto che ci circondava. Si fermò e pensai fosse per la confusione dei fan, ma mi sbagliavo. Si aggiustò le cuffiette dell’iPod e iniziò a muovere le mani al ritmo della canzone che stava ascoltando, senza importarsene degli sguardi delle persone. Attirò la mia attenzione. Fino a quel momento avrei giurato che mi stesse guardato male e che mi stesse ignorando. Quasi senza badarci, smisi di suonare, lasciai la chitarra al mio amico Niall e mi alzai per seguirla. Non saprei spiegarlo, ma volevo sapere che canzone stesse ascoltando e perché non si fosse avvicinata a noi. Ero curioso e ben presto avrei dato una risposta a tutte le mie domande. In quel preciso momento, però, alcune ragazze mi fermarono per farsi dei selfie con me. Fu così che la persi di vista. Non potevo ignorare le mie fan; da pochi giorni la nostra canzone si era classificata prima e questo era uno dei nostri migliori momenti.

    Mi allontanai come potei dalle ragazze e iniziai a cercarla, finché non la trovai seduta poco lontana dal gruppo. Leggeva un libro d’avventura e muoveva il dito incessantemente. Quei capelli biondi e quella camicia azzurra le conferivano un aspetto molto dolce. Non ci pensai due volte e decisi di sedermi vicino a lei.

    Ciao, le dissi, sono Logan. Mi guardò con curiosità dal basso verso l’alto. Il suo sguardo mi metteva a disagio. Invece di rispondere al mio saluto, continuò a leggere il suo libro e mi ignorò completamente. Se devo essere sincero, ferì il mio orgoglio».

    A questo punto la ragazza che era seduta al mio fianco, iniziò a ridere a crepapelle. Era del tutto comprensibile. Una stella del pop che era stata ignorata da un essere mortale. Aspettai che smettesse di ridere e proseguii.

    «Scusa», disse la giovane. «Te lo meriti», rispose in tutta sincerità.

    «Non sopportavo che mi facesse sentire un signor nessuno».

    Indicai la ragazza e mi resi conto che non sapevo ancora il suo nome. Non glielo avevo chiesto.

    «Scusa, sono stato maleducato. Come ti chiami?».

    Sorrise.

    «Nicole».

    «Nicole. Che bel nome. Sei irlandese per caso?». La giovane fece di sì con la testa. «Quindi, probabilmente, avrai visto la mia fata».

    Sorrise di nuovo.

    «Se non finisci di raccontare la storia, non posso dirti se la conosco».

    «Davvero vuoi ascoltarla?».

    Nicole guardò prima l’orologio e poi lo schermo della sala d’attesa per controllare a che ora partisse il suo aereo.

    «Sì, ho ancora tempo a disposizione».

    Le feci l’occhiolino e le sorrisi ma lei, invece, alzò gli occhi al cielo.

    «Va bene», le dissi per non perdere il suo interesse. «Non potevo sopportare il fatto che non mi conoscesse e così iniziai a fischiettare una delle mie canzoni e a schioccare le dita a ritmo, in attesa di una sua reazione. Rimase immobile e mi guardò in malo modo. Mi ammutolii pensando di aver fatto centro, ma continuò a leggere.

    Evitai di sorridere. Faceva la difficile e mi piaceva. Decisi allora di usare un altro metodo e, battendo le mani sulle gambe, iniziai a cantare un’altra canzone della mia band. Era attenta al ritmo delle mie mani ma mi guardò di nuovo storto e, quando la canzone finì, continuò alla sua lettura e prese a ignorarmi di nuovo.

    Odiavo il fatto che si facesse pregare, non ci ero abituato e così, mentre pensavo a come poter attirare la sua attenzione, chiuse il libro, si alzò, prese la valigia e iniziò a camminare. Decisi di seguirla. Mi ero innervosito per la sua totale mancanza di attenzione e, quando la raggiunsi, la fermai:

    Ma davvero non mi riconosci?.

    Mi guardò con attenzione, di nuovo.

    No, rispose provando a liberarsi dalla mia presa, ma non la lasciai andare.

    Sei seria?, chiesi sorpreso allontanandomi e indicandomi. Mi guardò di nuovo e incrociò le braccia.

    Certo che ti conosco. Sei Logan Cooper. Ti ho visto appena sei sceso dalla limousine con il tuo gruppo e avete iniziato a firmare autografi credendovi uno di quei gruppi famosi che tanto piacciono ai giovani come i Maroon 5, i Coldplay o i One Direction. Ma, visto che non fai parte di nessuna di queste band, non mi va di sprecare il mio tempo. Posso andarmene ora?».

    Nicole Iniziò a ridere, io mi guardai attorno sperando che nessuno avesse assistito a quella scena e mi aggiustai il cappello per non dare troppo nell’occhio.

    «So perfettamente di essere stato un imbecille», dissi a Nicole.

    «Puoi dirlo forte. Ma adesso continua a raccontarmi perché sbavavi per lei!».

    «Wow, non mi aspettavo fossi così diretta!».

    Avrei voluto chiarire questo punto, ma in effetti aveva ragione.

    «Così come una donna irlandese che si rispetti, mi aveva messo al tappeto senza nemmeno toccarmi. Mi voltai e mi rifugiai tra le mie fan e i loro complimenti.

    Salimmo sull’aereo e anche lì Niall e Brett fecero un piccolo spettacolo per intrattenere i passeggeri. Io non ne avevo voglia e non riuscivo a capire perché avessi preso così male il rifiuto della mia fata. Mi alzai per rinfrescarmi un po’ il viso e per provare a tirarmi su di morale. Percorrendo il corridoio dell’aereo, la vidi. Si accorse che la stavo fissando e ricambiò il mio sguardo, ma i suoi occhi erano pieni di odio. Non riuscivo a capire perché fosse così tanto arrabbiata con me.

    Quando uscii dal bagno, Brett stava parlando con lei. Mi avvicinai a loro e successe la cosa peggiore che sarebbe mai potuta accadere.

    Ci fai una foto?, mi disse lei con tono ironico e con un sorriso cinico.

    Mi stava prendendo in giro e non glielo avrei permesso.

    Non faccio foto; di solito le fanno a me. Non è la stessa cosa se vai in giro a dire cha ti sei fatta un foto con questo stupido di Brett e non con..., mi indicai. Logan Cooper.

    Vaffanculo! mi disse Brett chiedendolo a un altro passeggero.

    L’uomo si alzò e gliela scattò, ma gli occhi della mia fata erano pieni di rabbia. Le sorrisi e ritornai al mio posto con il morale a terra.

    Dopo pochi giorni dal nostro arrivo a Dublino, suonammo a un festival. Arrivammo alla stazione di Connolly pensando che nessuno ci avrebbe riconosciuto, ma ci sbagliammo. Delle ragazzine, infatti, ci videro e iniziarono a fare una confusione pazzesca.

    Per far allontanare quella folla, Niall fu costretto a chiamare il nostro agente che, innervosito dal nostro voler rompere gli schemi, ci fece accompagnare in hotel scortati dalla polizia. Come per magia, vidi la mia giovane fata nella stazione. Il mio amico la salutò e lei sorrise. Lo ricordo ancora perfettamente anche se sono passati tre anni. Avrei voluto ucciderlo. Nonostante ciò, decisi di ignorarla e quel cretino di Brett, rendendosi conto della mia freddezza, se ne approfittò.

    Hey Logan!, gridò quell’imbecille. Adesso ce la puoi fare una foto?. Di tutta risposta, alzai il dito medio».

    Nicole rise per la mia espressione. Era passato tanto tempo da allora, ma Brett mi prende ancora in giro. Per farla smettere di ridere, decisi di continuare a raccontare la mia storia.

    «Un’ora e mezza dopo andammo a Howth, dove si sarebbe tenuto il concerto. Alloggiammo nell’hotel di uno dei promotori del festival e decidemmo di fare quattro passi per visitare il paese. Secondo una brochure che prendemmo in hotel, si trattava di un piccolo sobborgo pittoresco e con un panorama unico.

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