Monologhi
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Canterò per il re – Laltra – La parrucchiera dell’imperatrice.
Tre imprescindibili monologhi al femminile della bravissima Franca De Angelis
Tripoli, 1967. Ultimi giorni del pogrom. Una matura donna ebrea, serrata nella sua casa, si ostina a preparare le pietanze per lo shabbat e intanto si esercita a provare i canti in cui – ne è certa – dovrà esibirsi in un gran concerto per il re appena i disordini saranno finiti. Perché finiranno, la donna ne è sicura, come tutte le altre volte; e la vita continuerà a scorrere tranquilla, come prima, come sempre, in quello che da sempre è il suo paese. Ma Lisa – questo il nome della donna – ha una sorella, Rosa, solo evocata, che sta preparando i bagagli in una stanza attigua per fuggire appena sarà possibile. A lei Lisa si rivolge nel tentativo di convincerla a non partire, rievocando, con memoria a tratti labile, a tratti infallibile, la propria vita, parallelamente a venticinque anni di storia della comunità ebrea tripolina. C’è però un pogrom di tanti anni prima, quando Lisa era ancora giovane, che la donna non riesce davvero a ricordare. Cosa le è accaduto in quella circostanza? E davvero sua sorella è nella stanza vicina, o è soltanto una voce nella sua mente, un’altra parte di sé?
Solo quando Lisa riuscirà a rievocare i fatti drammatici di quel pogrom lontano nel tempo, il suo castello di illusioni cadrà e la donna si deciderà a fuggire.
“Canterò per il re” è una riflessione tragicomica sulla necessità e la drammaticità della memoria, su quanto sia necessario ricordare e allo stesso tempo, per sopravvivere, occorra, a volte, riuscire a dimenticare.
Maria Giovanna è una donna dalla vita apparentemente realizzata e felice. La mattina di un giorno che sembra felice come tanti altri, sente alla radio una notizia che la turba inspiegabilmente. Una donna di nome Maria, della sua stessa età e dalla vita, anche lei, apparentemente felice, è stata uccisa dal marito.
La giornata di Maria Giovanna procede come una qualsiasi giornata felice. Ma l’angoscia che quella notizia le ha procurato non si dilegua.
LALTRA è “l’altra donna”, quella che Maria Giovanna pensa di non essere, quella così fragile o ingenua o sfortunata da soccombere per mano di un uomo che ama. LALTRA è Maria, la donna sottomessa che lei rifiuta di sentirsi, tanto che quel primo nome lo ha cancellato per farsi chiamare soltanto Giovanna: un nome battagliero, da vincente. LALTRA è la sorella gemella che non è mai nata, che non si è nemmeno mai sviluppata e che vive solo come un abbozzo sulla schiena di Maria Giovanna, una sorta di terza scapola.
Ma è davvero altro da lei? E la sua vita è davvero felice?
Maria Giovanna si racconta – e ci racconta – la sua vita, che felice non è, ma che lei vuole vedere così, a tutti i costi, appigliandosi, in un tormentone comico, alla saggezza popolare dei proverbi che invitano alla pazienza e alla sopportazione. Dall’infanzia dominata da un raffinato padre-padrone, al quale è sufficiente mostrare una bocca imbronciata per ottenere ciò che vuole, al fratello maggiore che la tratta da cretina. Dai sogni messi da parte per ottenere l’approvazione degli altri, alla lenta assuefazione a farsi da parte, piccola e invisibile, ma sempre facendo buon viso a cattivo gioco, sempre cercando di convincersi di essere realizzata.
Ci racconta del lavoro in cui è l’ultima ruota del carro, nonostante sia più efficiente dei colleghi maschi, dell’amante che per un attimo la fa sognare e poi la tradisce e abbandona, rivelandole le proprie meschine menzogne. Ci racconta del suo parlare da sola – o forse a quella sorella gemella mai conosciuta, che non ce l’ha fatta – perché nessun altro l’ascolta. Ci racconta dei figli maschi cresciuti come principi e privi di riconoscenza. E ci racconta del marito, in un crescendo di piccole rivelazioni, come se solo poco a poco prendesse finalmente consapevolezza del mostro che ha sposato. Fino a capire che “l’altra” è
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Monologhi - Franca De Angelis
Cover
Canterò per il re
Nel buio, una voce femminile esegue un antico canto tradizionale ebraico. Solo alla fine del canto, lentamente, la luce rivela una donna seduta al centro della scena, su una pila di cuscini. È circondata da pentole, arnesi e contenitori da cucina. Davanti a lei un largo vassoio vuoto. Come si rivolgesse a qualcuno in una stanza attigua:
LISA: Rosa? E dài, Rosa! E va bene. Cucino io. Si fa da solo, il cous-cous? Da quando? Eh? Da quando si fa da solo? (Versa della semola nel vassoio che ha davanti a sé) Hai dimenticato che giorno è? Che domani è shabbat? Poi sono io quella che dimentica le cose. Lisa non ha memoria. Lisa la smemorata. Lisa poveretta. Cosa vuoi mangiare domani? Avanzi? Di shabbat? Sai che ti dico? Fai come ti pare. Io preparo il cous-cous e domani lo mangerò. E voglio proprio vederti, ah sì, quando sentirai i profumi e ti verrà l’acquolina. Sì, lo so, lo so. Che non verrà nessuno a trovarci. E allora? Perché siamo solo noi, non dobbiamo mangiar bene? Non ci pensi ai bambini, eh? Cosa gli dici domani a Nello? Lo sai che ci va pazzo. Quel bambino non mangia abbastanza. L’unica cosa che gli piace è il cous-cous! Il cous-cous del sabato. E tu non vuoi farglielo! Lisetta no, Lisetta mangia. È una buongustaia. Come sua zia. Guarda che sei tu, che ti dovresti preoccupare. Che Nello mangia poco. E se continua così rimarrà piccolo, piccolo e gracilino, e allora sì che ci sarà da preoccuparsi, quando crescerà, e magari ci saranno altri disordini e lui non saprà difendersi! Tu ti dovresti preoccupare, e preparargli le cose che gli piacciono, perché la nonna sei tu! Ma è proprio vero. Le zie sono una benedizione del cielo. Più delle nonne, più delle mamme. Le zie ti viziano. Ed è così bello essere viziati un po’, eh, Rosa? Rosa? E va bene, fa’ come vuoi, non rispondermi, non venire, lasciami qua sola come un cane a cucinare per tutti.
Versa acqua e olio sulla semola, comincia a lavorarla con le mani.
Tanto devo esercitarmi. Devo provare. Per il concerto! Ah, ah, ah. C’è poco da ridere. Lo sai benissimo che devo cantare. E non è un concerto qualunque! E tu lo sai! E potresti star qui a sentirmi, a darmi consigli. Ma è proprio per questo che ridi. Come se non lo sapessi. Sei sempre stata un po’ invidiosetta. E va bene, non c’è nulla di male, fra sorelle succede. Non è una cosa imperdonabile. Io ti ho sempre perdonata. Sei tu che non ci riesci! Ma non è colpa mia, no? Se ho la voce più bella della tua. E se vuole ascoltarmi il re.
(Imita la sorella) Con questi disordini il re ha ben altro a cui pensare.
Ma una volta finiti, no? Finiranno anche stavolta, lo sanno tutti, finiscono e si ricomincia a vivere come sempre. Da un momento all’altro. Da un momento all’altro il telefono squillerà e qualcuno… il cugino… come si chiama, Rosa, aiutami… Huatu! Sì, è sempre lui, eh Rosa?… Huatu ci dirà: il coprifuoco è finito! E riapriremo le persiane e le finestre, e di nuovo sentiremo sulla pelle tutto il calore del sole di giugno. E andremo di nuovo noi due a fare la spesa, eh? A scegliere le verdure da Mostfà… senza dover aspettare che ce le porti la signora Annetta. Che non le sa scegliere tanto bene, le verdure, la signora Annetta. Sì, lo so che le dobbiamo essere grate. E che se non fosse per lei non sapremmo cosa mangiare da… da quanti giorni siamo chiuse in casa? Eh, Rosa? Aiutami, lo sai che a volte la mia memoria… Saranno venti giorni? Sì, venti giorni. Più o meno. A volte la mia memoria fa degli scherzi, e le cose vicine mi sembrano lontane e quelle lontane vicine… a volte mi nasconde le cose per un po’ anche, sì, la mia memoria. Guarda che le voglio molto bene, alla signora Annetta! Ma non è un’offesa dire che non sa scegliere le verdure. È la verità. E poi andremo da Fagiu, eh, Rosa? A comprare gli amaretti! E anche un po’ di pistacchi. Ché là non ci può andare, la signora Annetta. Sì, lo so, lo so che il suo negozio ora è chiuso, come tutti! Ma appena finirà il coprifuoco riaprirà, no? Non gli può essere successo nulla di male, al vecchio Fagiu. No, no, alla sua bottega non possono aver dato fuoco, non dobbiamo nemmeno pensarci! Non può succedere niente di brutto a un pasticcere che fa degli amaretti così buoni. Piacciono a tutti. Anche agli arabi, ah, se gli piacciono. Eh, Rosa? Non gli avranno fatto niente di male, vero? Ma cosa vado a pensare! Presto sarà tutto finito. Prestissimo. Cosa possiamo saperne, che domani saremo da soli a mangiare il cous-cous? Magari già domani il coprifuoco sarà cessato. E verranno i cugini, e qualche amico… Sì, è così. (improvvisamente preoccupata) E io sto preparando poca semola, se è così. Ecco. Non si dica mai che qua da noi non c’è da mangiare per gli ospiti! Sì, ne faccio ancora un poco… Poi se il coprifuoco non cessa, tanto lo mangiamo noi durante la settimana, no? Ma dov’è la semola, non può essere già finita…
Fruga in tutti i recipienti intorno a sé.
Rosa? Ti pare normale che non ci sia più semola? Quando ce l’ha portata l’ultima volta la signora Annetta? È già una settimana? E dài Rosa, rispondimi! Sì, deve essere così… una settimana fa… Ma allora verrà oggi, eh Rosa? Ci porterà la spesa. Certo, è così, la spesa per lo shabbat. Non è il tipo che se ne dimentica, no. Lei non ha problemi di memoria. Ma… mi sembra come se mi avessi detto qualcosa… sulla signora Annetta… Ma non me lo ricordo. Non doveva essere nulla di importante. E va bene, speriamo che non arrivi troppo tardi… ché ci deve portare le verdure… per le polpette, eh Rosa? Ché quelle a Nello gli piacciono più di tutto… Come le faccio le polpette senza la carne? Con i ceci. Sì. Verranno buone lo stesso. Intanto metto su i ceci, e poi la signora Annetta verrà con tutto il resto! Ah, sì. Quello che succede fuori non può essere una scusa per mangiare male.
Prende dei ceci, li monda, li condisce.
Quello che succede fuori… ogni tanto succede, lo sai. Succede e poi tutto torna come prima. Cacciamo gli ebrei! A morte gli ebrei! Getteremo tutti gli ebrei a mare! Ma questo è il nostro Paese e lo sanno anche loro. È come l’influenza. Ogni tanto si prende. E poi, dopo che la si è presa, per un po’ non ci si ammala. E non capisco perché dici che questa volta sarà diverso. Non è mai diverso! L’unica cosa diversa, stavolta, sarà che quando tutto sarà finito, qualcuno chiamerà dalla reggia. Sì, qualcuno chiamerà e ci dirà che il re vuole sentirmi cantare. Perché lui è un nostro amico, lo sanno tutti. Re Idris è un amico degli ebrei. E sarà così dispiaciuto per quello che è successo, per tutti questi giorni di violenza. E si ricorderà della promessa fatta a zio Climo. Che ha una nipote che canta come un usignolo.
Il re non ha mai promesso nulla, a zio Climo.
Sì, invece! Rosa invidiosa, Rosa invidiosa… Me lo disse lui, prima di morire. Il re vuole bene a noi ebrei e voleva molto bene a zio Climo. Lo stimava moltissimo, lo sai anche tu, era il suo orefice preferito. Allora i suoi consiglieri… "Eh, re