Impero degli Incas: Il sacro Condor delle Ande
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Impero degli Incas - Learco Learchi d'Auria
Racconti:
Learco Learchi d’Auria
Impero degli Incas e il Sacro Condor delle Ande
WEST PRESS
Copertina:
Machu Picchu
la città perduta degli Incas posta a circa 2400 metri di altitudine nella valle del Rio Urubamba (Perù), foto realizzata da Martin St-Amant (S23678) - Opera propria, CC BY-SA 3.0 (https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8124183)
ISBN 978-88-99001-69-8
© 2018 Copyright West Press – Editrice Virtuale Avalon
Tutti i diritti riservati
West Press -Via A. Volta 4 - 37029 San Pietro in Cariano
Tel/Fax 045 2224293
Editrice Virtuale Avalon - Via Solaro 12 - 80053 Castellammare di Stabia
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www.uniavalon.com – e-mail: info@uniavalon.com
Contatto con l’autore – e-mail: el.dorado.44@hotmail.com
Prefazione
Con questo 31° libro, Learco ci conduce tra un popolo antico, gli Incas. Gli Incas, talvolta anche indicati come Inca, furono gli artefici di una delle maggiori civiltà precolombiane che si sviluppò nell’altopiano andino, tra il XIII e il XVI secolo, giungendo a costituirvi un vasto impero.
Gli Incas furono una società conquistatrice e la loro politica di assimilare le culture dei popoli conquistati è evidente nel loro stile artistico, simile a quello gotico, che utilizza modi e forme delle culture assoggettate, fondendoli insieme per creare uno stile standard facilmente riproducibile e di rapida diffusione attraverso tutto l’Impero. Le semplici e astratte forme geometriche e le rappresentazioni fortemente stilizzate di animali nelle ceramiche, nelle sculture di legno, erano tutte proprie della cultura degli Incas. I motivi non erano così legati al passato come nelle civiltà precedenti. Gli Incas furono diffusori della tecnica del rame dell’oro e dell’argento e di questi metalli erano gli oggetti decorativi e di cerimonia. Conoscevano l’arte della fusione del bronzo ma non si sa perché preferissero armi di legno duro e di ossidiana. Fabbricavano anche molti vasi di argilla: la forma di vaso più comune era quella dell’anfora terminante a punta e con due piccole anse sulla pancia. Per le decorazioni si usavano motivi geometrici o motivi tratti dalla natura come nel caso di vasi decorati con steli di mais.
Il contenuto di questo libro che l’autore definisce un fantasioso racconto
ma anche ricerca storica e turistica
è indirizzato ai cultori della preistoria dell’attuale Perù. Nelle sue pagine vengono descritte due realtà parallele: una storica, ambientata nel tempo antico degli Incas, e l’altra turistica, che si svolgerà nei tempi odierni in quelle stesse regioni che furono testimoni delle gesta dei condottieri delle dinastie Hurin
e Hanan
, che hanno dato origine all’Impero Tahuantinsuyo.
La fervida fantasia di Learco fa apparire nel romanzo un talismano antichissimo legato alla fortuna, alla salute o alla cattiva sorte: Il Sacro Condor delle Ande
, che diventa il fulcro intorno al quale i suoi personaggi vivono momenti di forti emozioni. Certamente il lettore si troverà sbalzato, a più riprese, nel tempo e nello spazio, tra le due differenti realtà. Verrà catturato dalla curiosità di scoprire ciò che accade e resterà stupito per i colpi di scena esistiti realmente ma, talvolta, anche, appositamente creati. Potrà apprezzare le puntuali descrizioni dei luoghi e dei fatti storici fatti da Cisco Sánchez, la guida poliglotta, appositamente assunta quale accompagnatore. Con dovizia di particolari vengono descritte dalla simpatica guida le varie mete del viaggio che è una vera escursione turistica e non dispiace affatto immergersi in luoghi di cui, normalmente non si conoscono i particolari e le minuzie.
Elisa Savarese
Presidente dell’Università Avalon
Viaggiando tra il Sud-America ed il
Centro-America viene quasi inevitabile
la curiosità di visitare le vestigia delle
antiche civiltà stanziate in quei territori.
La fantasia viene subito trasportata in
un mondo di mitiche leggende popolate
da Aztecas, da Mayas e da Incas.
Dedico questo fantasioso racconto, e di
ricerca storica e turistica, a tutti i cultori
di un certo tipo di archeologia.
Learco Learchi d’Auria
I protagonisti del presente romanzo così come alcuni personaggi, ed anche l’autore tal quale si descrive, sono stati ideati dalla fantasia. Ogni riferimento a persone o fatti, anche storici, realmente accaduti sono puramente casuali.
Prologo
Tutto era iniziato con la domanda posta nel precedente libro intitolato Gli Antichi Dei Torneranno
:
...per quale ragione quella pietra, un oggetto originario di un luogo lontano, potesse trovarsi lì, all’interno della
Verde Piramide, dove Hans l’aveva raccolta vicino ad un’altra identica?
La risposta data, non fornendo notizie esaustive, aveva incuriosito, ancora di più, tutti i lettori:
...molti potrebbero essere i motivi di questo fatto insolito ma, d’altra parte, neppure l’autore di questo romanzo irreale può sciogliere questo dubbio che lascia irrisolto alla fantasia dei propri lettori così come l’improvvisa sparizione del talismano che diventa rovente nel momento in cui lo si vuole asportare, nuovamente, dal Tempio.
A peggiorare, ecco la frase che ha dato lo spunto all’editore di chiedere la stesura di un nuovo libro:
...chissà, forse, in un prossimo romanzo, se e quando, commissionato dalla Presidente della
Uniavalon verrà ripreso l’argomento.
Quando si vuole evitare qualche cosa, il più delle volte, ciò che si paventa è proprio quello che accade. La responsabile della Editrice Virtuale Avalon
era stata subissata di richieste da parte dei lettori. Taluni volevano un semplice chiarimento mentre altri pretendevano, addirittura, un nuovo romanzo in linea con quello precedente, dove l’argomento delle due piccole pietre poteva essere ripreso.
Poiché si imponeva il coinvolgimento dell’autore, la Presidente della Uniavalon
, nel mese di aprile di quell’anno 2019, decise di telefonargli, in Brasile.
«Learco, amico mio, non sono io ma i lettori dei vostri libri che mi chiedono di intercedere presso di voi. Essi desiderano, anzi pretendono, che diate seguito alla precedente con una nuova avventura in Sudamerica. Il romanzo, da voi scritto e pubblicato di recente, è andato letteralmente a ruba facendo suscitare molta curiosità a proposito di quelle due piccole pietre gemelle trovate nella Verde Piramide.»
«Ciò che lei mi sta dicendo non può che farmi piacere» aveva risposto lo scrittore.
«Sì, ma devo confessare che non ho saputo dare risposta alcuna a chi mi ha fatto la domanda direttamente...» aveva confermato la Presidente e poi: «...ma anche io sono curiosa di sapere. Già che siamo in linea, mi volete dire qualche cosa in merito?»
«Pensavo che lei ci sarebbe arrivata da sola. La cosa, del resto, era già anticipata dall’immagine della Piedra del Sol
, quella grande e riprodotta sulla copertina del libro.»
«Sì, ma le due piccole pietre a cosa si riferiscono?» aveva insistito la Presidente che ancora non riusciva a legare tra loro le tre pietre.
«Al Culto del Sole così come viene evidenziato nell’articolo di Il mondo del mandala tra arte e simboli
da me riprodotto...» aveva risposto Learco chiarendo, poi: «...quelle trovate nella Verde Piramide altro non erano che due piccole riproduzioni, in materiale extraterrestre, poste, come sigilli, ai due contenitori dove stavano immersi, nel liquido conservante, i corpi di due Antichi Dei
venuti dallo spazio e rinvenuti, molti secoli dopo, nella Città Sotterranea
. Gli involucri, come lei ricorderà, erano stati spostati nella Piramide degli "Antichi Padri, per motivi di segretezza. In epoca successiva all’anno 1498 e.v. gli involucri si ruppero, accidentalmente o per cause non conosciute, facendo cadere a terra le due pietre gemelle.»
«Chi ha affermato questo?»
«La prima parte di quello che ho testé rammentato è stata riferita da chi era Gran Sacerdote della Verde Piramide nell’anno 1498. La parte relativa alla rottura dei contenitori, all’avvelenamento dell’aria e al decesso di quasi tutti gli Indios Yanomamos, custodi della Città Sotterranea, è stata riferita, in via postuma, dall’ultimissimo Gran Sacerdote utilizzando, quale medium, Geraldo Pianezza caduto in transfert dopo essere penetrato all’interno della piramide scoperta l’anno passato dalla piccola spedizione di quattro italiani accompagnati da due guide manauaras.»
«Manauaras?»
«Sì, così si chiamano gli abitanti di Manaus» aveva spiegato Learco.
«Ho capito. Ritornando alle pietre del sole, si potrebbe pubblicizzare che nel nuovo romanzo darete altre precisazioni in aggiunta a tutti i particolari sfuggiti ai lettori del libro precedente. Ciò farebbe aumentare le prenotazioni di acquisto oltre che accontentare i lettori di Gli Antichi Dei Torneranno
. Sarebbe un vero peccato non prendere la palla al balzo approfittando del momento favorevole» aveva detto la Presidente pensando di vendere ciò che, ancora, non era stato scritto.
«In questo momento mi sento spiazzato e non saprei che cosa inventare, come seguito, in un nuovo romanzo avventuroso» aveva confessato lo scrittore.
«Ci sono altri popoli sui quali scrivere. Ad esempio quelli pre-colombiani. Non credete?»
«Certamente sì. Con i Popoli Azteca, Inca e Maya, c’è da sbizzarrirsi scrivendo finanche tre libri» aveva risposto Learco, dandole corda ma senza rendersi conto che stava cadendo, ancora una volta, nella trappola tesa dalla Presidente.
«Adesso non esageriamo! A me basta che voi prendiate l’impegno di iniziare, subito, a scriverne uno. Per gli altri vedremo in seguito. Coraggio, scegliete voi in compagnia di quale Popolo, pre-colombiano, trascorrerete i prossimi mesi. Per inventare una trama, la fantasia non vi manca di certo ma, se del caso, potreste recarvi sui luoghi, come già avete fatto in altri racconti, nei quali vivranno i personaggi del vostro nuovo romanzo, oppure inviare qualcuno di fiducia che, poi, vi riferisca.»
Con questo invito si era chiuso il collegamento avvenuto tra l’Italia e il Brasile lontani, tra loro, dodicimila chilometri.
Brasile – Stato di São Paulo Città di São Paulo – Mercoledì 24 aprile 2019 Casa/Studio di Learco Learchi
Il profumo di feijoada cucinata dai vicini di casa, entrando nella sua, stava eccitando le papille olfattive di Learco in quel freddo mercoledì di fine autunno del Brasile.
Da qualche anno la temperatura era divenuta rigida. Era quasi gelida come lo è la stagione invernale nell’Italia del Nord. I nomi dei mesi sono invariati ma i differenti emisferi li pongono in stagioni totalmente opposte: quando in Italia si è in primavera, in Brasile c’è il clima dell’autunno e così via.
«Sì, è tempo di polenta concia
ma qui a São Paulo, nei ristoranti locali, non la si trova facilmente. Mettermi a cucinarla oggi, in casa, non mi va. Un buon sostituto è una feijoada calda che troverò nel menù del ristorante e potrà andare bene ugualmente» si era detto lo scrittore.
Poco dopo, mentre si trovava seduto ad un tavolo del suo ristorante preferito, stava già occupato ad assaporare la comida dos escravos
, il piatto nazionale brasiliano del mercoledì e del sabato. Si stava ingozzando, ingordamente, con grandi cucchiaiate di riso, fagioli neri, linguiça, carne di maiale ed anche di manzo, accompagnate da listerelle di cavolo nero saltato con aglio e peperoncino, oltre l’immancabile farofa. Era una buona zuppa di origini antiche e Learco stava scaldandosi con quel piatto grasso, saporito e ancora fumante.
Mentre pranzava, i suoi pensieri stavano viaggiando verso un’altra direzione. Sì, era ossessionato dall’incarico ricevuto da poco: quello di scrivere un nuovo romanzo. Si stava chiedendo se ambientarlo in un lontanissimo passato abitato dai Popoli degli Aztecas o Incas oppure da Mayas.
Non aveva ancora deciso... i tre popoli erano ugualmente interessanti e ben si adattavano alla trama del romanzo storico che intendeva scrivere.
Sugli Aztecas gli vennero in mente delle informazioni lette, non ricordava dove, ma che si trovavano immagazzinate in una parte recondita della propria memoria.
Quella degli Aztecas fu una delle grandi civiltà precolombiane, la più florida e viva al momento del contatto con gli Spagnoli. Si sviluppò nella regione mesoamericana dell’attuale Messico. In nahuatl
, il linguaggio nativo degli Aztecas, Azteca
significa colui che viene da Aztlan
.
Gli Aztecas si riferivano a loro stessi come Mexicas. Essi dicevano di provenire da Azlan
, un luogo posto ad Oriente nell’Oceano Atlantico. Quando gli invasori spagnoli del Messico seppero che gli Aztecas provenivano da una terra chiamata Aztlan
, si convinsero che gli indigeni fossero i discendenti degli Atlantidei.
Learco ricordava che l’uso del termine azteca
, come termine generico per designare tutte le genti accomunate da tradizioni, abitudini, religione e lingua ai Mexicas, era stato introdotto dal geografo tedesco Alexander von Humboldt per distinguerle dagli attuali messicani.
«Se venivano da Aztlan, l’assonanza del nome richiama effettivamente Atlantide
e potrei costruirci sopra una trama» si era detto ma poi aveva scartato quest’idea avendola già sfruttata in una precedente trilogia di avventure.
Ricordò che due anni prima, a seguito di un violento terremoto, che aveva devastato il centro del Messico, era crollata parte della piramide di Teopanzolco, portando alla luce le vestigia di un tempio, posto all’interno, dedicato a Tlaloc, dio della pioggia all’epoca della civiltà azteca.
«Ecco, su quel tempio potrei costruire