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Attraverso il buio
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Attraverso il buio

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About this ebook

Un bistrot, un drink e quattro risate. Potrebbe sembrare una serata come tante. Eppure Emilia, senza saperlo, aveva appena stretto la mano al suo destino e da quel giorno niente sarebbe stato più lo stesso. Un intreccio di passioni e colpi di scena legherà a doppio filo la sua vita a quella di Elena, Edoardo e Federico e la condurrà verso un epilogo alquanto inatteso...
LanguageItaliano
Publishermaalf
Release dateOct 15, 2018
ISBN9788829528967
Attraverso il buio

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    Attraverso il buio - Labraca Maria Consiglia

    riconoscere.

    I CAPITOLO

    Il cielo inizia a schiarire per le prime timide luci dell’alba ed io sono qui, seduta sul marciapiede di una strada che non avevo mai percorso prima.

    In qualche altro momento avrei temuto a stare qui, così sola e indifesa. Ma questa non è una notte come le altre, stanotte sono troppo sconvolta per non andare ovunque i miei piedi vogliano portarmi. Macinare metro dopo metro e poi chilometri, solo per non pensare. Per ingannare il desiderio di scrivere la parola fine ad una storia troppo ingiusta per essere vera.

    Mi sono fermata a guardare il cielo con la speranza di trovarvi la risposta che cerco. I raggi del sole fanno lentamente capolino e spengono una ad una le ultime stelle della notte. Ho il cuore in frantumi e i piedi stanchi. Sto combattendo l’ultima battaglia, quella forse più importante, tra istinto e razionalità. Il dolore di una perdita è di per sé una cosa dilaniante e se poi quello che perdi rappresenta più di quello che ti rimane, beh, a quel punto sei completamente annientato. Stop. Game over. Fine della festa.

    Le mie responsabilità però sono troppo grandi per scegliere di andarmene così. Sarebbe un gesto semplice da fare, estremamente egoistico ma semplice. Ed io, purtroppo, non ho mai scelto la via più facile. Ho vissuto sempre a mille lasciandomi trasportare dal cuore e dalle sensazioni anche quando queste mi portavano a prendere decisioni sofferte. Ma stavolta non posso.

    Mi alzo di scatto e dalla tasca posteriore dei jeans tiro fuori la foto con lui. Una delle ultime fatte insieme, una tra le più belle che ho. Eravamo felici e sorridevamo innamorati con la Tour Eiffel alle nostre spalle. Quello a Parigi era un viaggio che avevamo sempre desiderato fare ma, ahimè, rimandato mille volte per via del lavoro e impegni vari. Poi un giorno, rientrando a casa, nella cassetta postale trovo una busta tutta bianca con su scritto in stampatello blu " PER TE . La apro all’ instante, senza neanche aspettare di salire a casa, e dentro ci sono due biglietti aerei e un post it Spero che in un paio di giorni tu riesca ad insegnarmi un po' di francese altrimenti mi toccherà fingere d’esser muto. A stasera !". Che folle che era, sempre in vena di prendermi in giro e sempre capace di stupirmi oltre ogni limite. Il resto poi è storia. Una storia che ora mi tormenta l’anima ma che mi ha resa quella che sono oggi. Una persona della quale vado fiera e che col tempo ho imparato ad apprezzare. E’ proprio per questo che non può finire così, non può cadere tutto nell’ oblio dei giorni che passano. Sento che è giusto parlare di ciò che è stato. Per me, per Federico. Per quello che siamo stati e che ancora saremo, nonostante tutto. M'incammino piano piano verso casa. Il sole è ormai quasi alto nel cielo e Gabriele sarà sicuramente sveglio.

    Arrivo sul pianerottolo di casa con le gambe che mi reggono a stento. Ho vagato tutta la notte senza toccare né acqua né cibo e mi appoggio al muro accanto alla porta perché non trovo la forza di aprire. Come si spiega tutto questo ad un bambino così piccolo? Che cosa potrei dirgli? Potrebbe mai comprendere una cosa che non comprendo neanche io? Non lo so…ma in ogni caso sarà difficile, questo è certo. Per un attimo, presa dallo sconforto, maledico me stessa e la vita che mi ha messa di fronte a questa situazione che non so affrontare. Poi, respiro profondamente per raccogliere quel briciolo di energia che ancora mi rimane e apro la porta d’un colpo solo, senza pensarci oltre.

    Un’ondata di calore mi pervade. Sento odore di latte e biscotti. Odore di intimità, di famiglia. Dei passi svelti rimbombano nel corridoio ancora semi buio. E’ mia madre che mi ha sentita arrivare e mi corre incontro. Ha un viso chiaramente stanco e preoccupato, non oso immaginare il mio.

    Santo cielo esclama vedendomi ma dove sei stata? Mi tira per un braccio e mi stringe forte. Fortissimo. Io trattengo il fiato per non scoppiare in lacrime. Dopo il funerale non ti ho più vista…sei sparita nel nulla. Ho provato a chiamarti milioni di volte ma…

    Ho il cellulare scarico la interrompo io …e poi avevo bisogno di stare un po' da sola.

    Lei rimane in silenzio per qualche istante. Fatti una doccia calda, vedrai che dopo ti sentirai meglio…io intanto vado a prepararti qualcosa da mangiare.

    Non ho fame! rispondo. Anche se in realtà lo stomaco inizia a protestare. Gabriele?

    Si è svegliato molto presto…è piuttosto agitato. Gli ho preparato la colazione ma non ha voluto mangiare granché. Ora è in camera sua che gioca... poi abbassa lo sguardo e tentenna un istante, è in evidente difficoltà. Ascolta...io non gli ho detto nulla ma penso che abbia avvertito che qualcosa non va. Stanotte ti cercava continuamente…credo che tu debba parlargli al più presto.

    Ma va? sbotto mentre le volto le spalle per andare. Non voglio che diventi il capro espiatorio di tutto il mio dolore. So bene quanto sia dura anche per lei e nonostante tutto continua a fare così tanto per noi e non si merita che le sputi in faccia la mia rabbia. Ma controllarmi adesso mi è impossibile. Vado di là a vedere, scusami. Mi giro per rivolgerle un’ultima e veloce occhiata, voglio assicurarmi che abbia capito che non ce l'ho con lei e per fortuna mi sorride, in un modo che solo una mamma sa fare.

    Mi avvicino piano alla cameretta di Gabriele, la porta è socchiusa e allora rimango per qualche minuto in silenzio a guardarlo giocare senza che mi veda. Se ne sta inginocchiato sul tappeto con sopra disegnate le macchinine tutte colorate che tanto gli piace. È lì, proprio al centro della stanza dalle pareti a righe bianche e blu. Le righe le abbiamo dipinte insieme, io e Federico, poco prima che Gabriele nascesse. Lui insisteva per il colore blu alle pareti "… ho letto che questo colore è simbolo di equilibrio e armonia. Vedrai, sarà utile per rilassare il bambino e trasmettergli calma e serenità" diceva convinto. Io invece ridevo perché a queste cose non ho mai dato troppo peso. Preferivo il bianco semplicemente perché dava più luce. Alla fine abbiamo deciso per le righe ma la verità è che qualunque cosa sarebbe andata bene. Eravamo felici e da lì a poco la nostra vita sarebbe cambiata, questo bastava. Ci sentivamo completi e pienamente soddisfatti di tutto quello che nel tempo, con sacrificio e dedizione, avevamo costruito insieme e quando Gabriele è nato, tutto si è colorato di meraviglia. A molte coppie capita di entrare in crisi. Probabilmente non si sentono all’altezza del ruolo o non riescono a trovare un nuovo equilibrio. Noi no. Noi ci sentivamo perfettamente a nostro agio in tre e abbiamo affrontato tutto insieme sin dal primo istante. Crescendo poi, Gabriele si è rivelato un bambino molto introverso ed ha avuto qualche piccola difficoltà a relazionarsi col mondo. Federico lo ha seguito passo dopo passo, insegnandogli a dare un nome ad ogni emozione e a non avere mai paura perché " la vita è un’avventura fantastica e il mondo pieno di tesori da scoprire" , così gli diceva. E Gabriele ha imparato a sorridere solo grazie a lui. Questo li ha uniti molto e spesso m’incantavo a guardarli giocare insieme come fossero il tesoro più prezioso dell’universo intero. E adesso? Adesso lui è lì da solo ed io mi nascondo dietro questa porta perché non so come affrontare tutto questo. Non so quali parole usare per dire a mio figlio che suo padre non c’è più e che stavolta non tornerà. Ho paura che si chiuda di nuovo in sé stesso e paura di non avere la forza e la capacità di salvarlo. Così come non ho saputo salvare mio marito, nonostante fosse la cosa che più avrei voluto.

    Busso alla porta con un tocco leggero ma lui è concentrato a giocare. Allora lo chiamo a bassa voce, per non spaventarlo. Gabriele?

    Nel vedermi gli s’illumina il volto e corre veloce tra le mie braccia Mammina! mi sussurra e con le sue braccine mi cinge le spalle.

    Amore come stai?

    Ehm, sto bene. Ho dormito nel lettone e la nonna mi ha raccontato la favola di cappuccetto rosso.

    Oh, che bello!

    Tu invece dove sei andata?

    Resto a guardarlo in silenzio. Il cuore dal petto mi è balzato in gola in un attimo togliendomi il respiro e la capacità di parlare. Sono stata in giro…avevo bisogno di fare alcune cose...

    Che cosa? insiste lui curioso.

    Ehm…cose come passeggiare, pensare... Sai, si riesce a riflettere meglio se si cammina un po' all’ aria aperta.

    Davvero?

    Si, amore… gli dico mentre cerco di tenere a bada le emozioni che mi tagliano il petto a metà.

    E papà? Anche papà è venuto a fare una passeggiata con te?

    Lo guardo dritto negli occhi per qualche istante. Come vorrei poter non rispondere a questa domanda. Ma devo, purtroppo. Gabriele…papà è andato a fare una passeggiata dalla quale non penso possa tornare. Sai…lui negli ultimi tempi non stava molto bene…

    La reazione non si fa attendere. Gabriele si allontana di scatto e mi osserva completamente smarrito. Mamma stai dicendo una bugia! Ora ti cresce il naso come Pinocchio mi ammonisce lui mentre le lacrime sgorgano dai suoi occhioni verdi e gli rigano le guance color pesca.

    Gabry, credimi, io vorrei che questa fosse una bugia ma purtroppo non lo è…

    Vattene via, vattene continua. Grida e piange disperato coprendosi le orecchie con le mani per non ascoltare altro. Poi, con lo sguardo atterrito, si lancia per terra e inizia a prendere a pugni il pavimento …sei bugiarda ed io non ti voglio. Voglio la nonna!

    Mia madre, allora, entra di corsa nella stanza tesoro, stai calmo…la nonna e qui con te gli dice. Poi lo prende dal pavimento e lo stringe al petto con dolcezza. Io invece resto impalata, gelida e completamente incapace di qualunque reazione. Io…io vado a fare quella doccia… balbetto poi a mezza voce mentre scappo via.

    Mi rifugio in bagno e tiro un sospiro che si blocca a metà del petto tanta è l’angoscia che sento. Non riesco a non pensare agli occhi disperati di mio figlio, quegli occhi così profondi che se sai guardare bene, dentro ci trovi il mondo. Proprio come quelli di suo padre. Mi tolgo le scarpe e le lancio via, poi mi tolgo anche i vestiti sgualciti e li butto per terra senza cura. Apro la manopola del rubinetto e aspetto che l’acqua diventi molto calda. Voglio che i vetri si appannino, così posso evitare di guardarmi allo specchio. Perché quella che riflette non sono io, non più ormai. Apro l’armadietto per prendere l’accappatoio e lì, appeso al gancio accanto al mio, c’è anche il suo. Sprofondo con la faccia nella spugna morbida e quasi mi sembra di sentire l’odore dei suoi capelli appena lavati. Credo che non avrò mai il coraggio di mettere via tutte le sue cose e finirò presto per odiare ogni angolo di questa casa. Perché ogni oggetto, ogni sedia, ogni quadro, è esattamente dov’è perché lo abbiamo deciso insieme e non c’è cosa qui dentro che non mi porti alla mente lui più di quanto non accada già. Scuoto la testa cercando di scacciare i pensieri e mi butto sotto il getto d’acqua. Sono stanca e tesa e questa carezza sulla pelle mi fa venire la pelle d’oca. Penso alle mani di Federico sulla mia schiena, ai suoi baci sul collo e un brivido caldo mi fa tremare. Quanto vorrei fosse qui. " Insieme io e te, fino alla fine " ci dicevamo. E invece adesso sono rimasta da sola. E sono così spaventata, smarrita, ubriaca di dolore.

    D’improvviso bussano alla porta e ripiombo bruscamente alla realtà. Sono sotto la doccia urlo. Ma dopo poco la porta si apre ugualmente. Chiudo allora l’acqua e afferro l’asciugamani per tamponarmi il viso. Che succede mamma? le chiedo mentre mi avvolgo nell’accappatoio ed esco dalla cabina. Mia madre mi guarda in modo strano ed esita a parlare. È chiaramente turbata. Ehi allora?

    Tu…tua sorella Elena balbetta. Mi si gela il sangue nelle vene a sentirla nominare e per un attimo temo il peggio. Mia sorella cosa? Mamma, parla ti prego!

    Elena ha appena chiamato. È in viaggio per tornare qui.

    Rimango pietrificata davanti allo specchio a fissare il vuoto non so per quanto tempo. Non vedo mia sorella da sette lunghi anni e sentir pronunciare il suo nome proprio adesso mi fa uno strano effetto.

    È stato grazie a lei se ho conosciuto Federico ma all’epoca, date le circostanze, non avrei mai potuto immaginare quello che sarebbe diventato per me. Non ho mai capito se lei lo amasse sul serio o se fosse soltanto un altro dei suoi capricci. D’altronde, da quando papà ci aveva lasciate, lei era stata l’unica a non farsene una ragione e così finiva spesso per cercare conforto e attenzioni tra le braccia di qualcuno. Prima Valerio, poi Matteo e dopo ancora Marco, col quale ha vissuto la storia più bella che avesse mai avuto. Sembrava finalmente appagata da quel rapporto, tanto da ipotizzare persino un futuro insieme. Ma poi d’improvviso è scappata via anche da lui, per continuare la spasmodica ricerca di quel qualcosa che ancora mancava, forse in ognuno di loro o forse, semplicemente in sé stessa.

    Un giorno entrò nella mia stanza come un fulmine e mi guardò con gli occhi vispi e il sorriso da furbetta ho conosciuto un tipo qualche giorno fa all’università…si chiama Federico disse

    Ah però! Federico, bel nome! Esclamai dandole una pacca affettuosa sulla spalla.

    Dai, scema rise stavolta è quello giusto…ne sono convinta.

    Se lo dici tu ci credo!

    Ok, allora stasera usciamo!

    Usciamo? Ma sei impazzita? Ma se lo conosci appena!

    Appunto! Andiamo fuori per un aperitivo, qualcosa di poco impegnativo. Giusto per rompere il ghiaccio...

    … e va bene. Ma che sia l’ultima volta. Ora chiamo Edoardo…ci vediamo alle 19 in piazza Diaz. C’è quel nuovo bistrot che prepara dei finger-food pazzeschi!

    Sei stupenda sorellina… disse stampandomi un bacio sulla guancia …ci vediamo più tardi!

    Presi il telefono e chiamai Edoardo. Stavamo insieme da un paio d’anni e la nostra era una storia serena. Ci conoscemmo in ospedale quando mi ruppi il piede cadendo dalla bicicletta. Lui, tirocinante nel reparto di ortopedia, era un raggio di sole in camice bianco. Alto, moro, sorriso contagioso, mani delicate. Riuscì presto a guarire il mio piede e a conquistare il mio cuore. Insieme a lui stavo bene e non pensavo ad altro.

    Edo, amore, ti disturbo?

    No amore, ho appena preso dieci minuti di pausa. Sono stanchissimo…oggi è stata una giornataccia, guarda…non ti dico!

    Oh, allora immagino che quello che sto per dirti sarà la ciliegina sulla torta!

    Amore, dai, non tenermi sulle spine. Che cosa hai combinato stavolta?

    Edo, che cosa avrei dovuto combinare! Mi rattrista pensare che hai questa opinione di me!

    Amore, sei goffa e pasticciona!

    Ok, lo ammetto, è vero! Ma stavolta ti sorprenderò perché non ho combinato nulla. È per mia sorella…mi ha incastrato di nuovo...

    Che vuoi dire? domandò ridendo

    Ha organizzato un’uscita a quattro con un suo nuovo amico…Federico mi pare si chiami!

    Ah, ecco! esclamò allora seccato.

    Dai, amore… continuai …solo un aperitivo, una cosa tranquilla. Stiamo un po' e poi scappiamo via, ok?

    Se me lo chiedi così…lo sai che non riesco a dirti di no!

    Grazie Edo, giuro che saprò ricompensarti!

    A dopo scimmietta disse lui ridendo prima di riattaccare.

    Con un sorriso smagliante, misi giù pensando a quanto fossi fortunata ad avere accanto un uomo come lui. Quella sera poi, quando arrivai al bistrot, Edoardo era già lì ad aspettarmi. Restai a guardarlo per qualche secondo prima di raggiungerlo. Era proprio bello con quei pantaloni blu. Aveva stile. Era elegante, paziente, cortese.

    Affrettai il passo smaniosa di abbracciarlo. Edoooo chiamai più volte ad alta voce affinché mi vedesse arrivare. Lui si voltò e mi sorrise con tenerezza. Il suo sguardo intenso traboccava d’amore e desiderio. Questo mi faceva sentire più forte e più sicura di me. Finalmente ero riuscita ad accantonare le mie paure per vivere la mia storia con lui appieno e senza riserve. Amore eccomi! gli dissi quando finalmente lo raggiunsi. Lui mi baciò con passione mentre con le mani mi cingeva i fianchi. Così mi aggrappai a lui più forte e un fremito m’attraversò la schiena come una scarica elettrica. Lui se ne accorse e iniziò a ridere …vuoi che andiamo via? chiese con fare malizioso.

    Mi piacerebbe tanto ma non possiamo dare buca così… proprio in quel momento, infatti, arrivarono anche Elena e il suo nuovo amico. Mia sorella era bellissima, come sempre. Affascinante e prorompente. Sagace, intelligente e disinibita quanto basta. Occhi grandi color nocciola e capelli castani sfumati dal sole. Corpo perfetto, voce armoniosa. Impossibile non notarla. Si avvicinarono a noi accompagnati da risatine e sguardi complici. C’era feeling tra loro, era evidente.

    Sorellina! Cognato! Lui è Federico! disse Elena con entusiasmo mentre si teneva stretta al suo braccio.

    Piacere di conoscerti Federico, io sono Emilia! esclamai. Lui mi strinse la mano con vigore e dopo qualche battuta di circostanza e qualche sorriso ci accomodammo dentro.

    Io comincio a sentire il brontolio dello stomaco… disse Edoardo cercando di spezzare quel leggero velo d’imbarazzo che s'era creato.

    Si, in effetti anche io… replicò subito Elena. Io intanto mi guardavo intorno nell’intento di individuare un posto più appartato dove sederci. L’ambiente era molto carino, c’ero stata un po' di tempo prima per una colazione con le amiche del liceo. Una sorta di rimpatriata che ci concedevamo ogni tanto per non perderci di vista tra impegni di studio, lavoro e famiglia. Mi ero ripromessa di ritornarci e quale occasione migliore di quella. La saletta che ci ospitava era molto accogliente, parati floreali alle pareti, divani di velluto, grandi cuscini colorati, piccoli scaffali in legno chiaro con sopra esposti i titoli di grandi autori…insomma, il posto ideale per trascorrere una serata all’insegna dell’intimità e del relax.

    Vedo che c’è l’imbarazzo della scelta. Sta venendo fame anche a me… disse Federico ammirando la grande esposizione di torte e muffin in vetrina.

    Ci sediamo lì? continuò Elena indicando un angolino in fondo alla stanza

    Certo, per me va bene… le risposi e poi mi voltai un secondo per accertarmi che Edoardo fosse dietro di me. Lui allora mi lanciò uno sguardo d’intesa e mi prese per mano. Ci sedemmo intorno ad un piccolo tavolo quadrato, io ed Edo vicini e mia sorella e Federico di fronte a noi. Da quella posizione tentai di osservare Federico con più attenzione, badando però a non sembrare molesta. Carino era carino, impossibile negarlo. Capelli scuri e mossi incorniciavano grandi occhi verdi e labbra carnose. A prima vista sembrava un tipo brillante ma era quell’aria un po' misteriosa a renderlo davvero interessante.

    I signori vogliono ordinare? sentii dire di colpo da una voce alle mie spalle. Mi resi conto allora di essere rimasta a fissare Federico più del dovuto. Così deviai lo sguardo altrove sperando che nessuno ci avesse fatto caso e ostentai disinvoltura.

    Si, prendiamo un aperitivo alla frutta…grazie! Sorrisi al cameriere cercando di sembrare convincente il più possibile. Poi mi voltai a guardare mia sorella che se ne stava stranamente in silenzio. Così, imbarazzata, sospirai profondamente con la speranza che qualcuno si decidesse finalmente a dire qualcosa.

    Allora Federico, raccontaci un po' di te. Cosa fai nella vita? chiese per fortuna Edoardo.

    Studio psicologia…

    Bene! Interessante, no? domandai io

    Si, direi di si… ma questa è una scelta che ho fatto da poco. In realtà ho sempre lavorato nell’azienda di mio padre e mi occupavo di tutt’altro. Lui ha dedicato la vita alla sua attività col desiderio di costruire per me e mio fratello un futuro solido…

    E poi cos’è successo? chiesi io curiosa

    Beh… ho capito che i sogni di mio padre non coincidevano coi miei. Così mi sono preso una pausa per pensare…ed ora eccomi qua. Sorrise abbassando lo sguardo per un attimo, pareva quasi amareggiato.

    Scelta coraggiosa! esclamò Edoardo

    E’ vero…non sarà stato facile lasciare tutto…rischiare il certo per l’incerto... continuò Elena avvicinando la sua sedia a quella di Federico.

    La mia preoccupazione più grande era quella di deludere mio padre che aveva puntato tutto su di me... Si strinse nelle spalle mentre cercava di nascondere i pugni serrati sulle ginocchia. Era evidente che l’argomento lo metteva a disagio e quella specie di quarto grado non l'aiutava di certo.

    Ti avrà sicuramente compreso aggiunsi io sperando di chiudere la conversazione e distogliere l'attenzione da lui.

    Lo spero…ma la situazione è un po' complicata… terminò poi Federico accennando un sorriso.

    Il cameriere, per fortuna, fece quasi subito ritorno e poggiò sul tavolino quattro bicchieri di fruit punch decorati con spiedini di frutta fresca e una sfilza di piattini colorati colmi di deliziose leccornie.

    Uhm buono! Esclamò Elena con l’acquolina in bocca afferrando al volo un rustico al prosciutto. Io risi divertita. Era incredibile e quasi invidiabile la naturalezza con la quale mia sorella gestiva ogni situazione. Sembrava a suo agio sempre e con tutti e trascorrere del tempo con lei risultava sempre un'esperienza esilarante.

    Restammo a chiacchierare per molto tempo, senza badare alle lancette dell’orologio. Era piacevole condividere episodi del passato, progetti e sogni. Eravamo molto diversi tra noi ma una cosa ci accomunava tutti: il desiderio di rivalsa. Ognuno, a suo modo, stava pagando il conto di qualcun altro e la voglia di cambiare il corso delle nostre vite era grande.

    Ora dobbiamo proprio andare… disse però improvvisamente Edoardo facendomi un cenno discreto con gli occhi. Capii allora che era arrivato il momento di svignarsela e mi alzai in piedi per salutare.

    Già...dobbiamo proprio… aggiunsi mentre raccoglievo le mie cose dal tavolo.

    Noi rimaniamo ancora un po'… esclamò allora Elena visibilmente elettrizzata dall'idea di rimanere da sola con Federico. Io sorrisi e mi rivolsi a lui in modo cortese …è stato un piacere conoscerti!

    Lui si alzò dalla sedia e, senza staccarmi gli occhi di dosso, mi raggiunse per stringermi di nuovo la mano …è stato un piacere anche per me… aggiunse poi qualche interminabile istante dopo. Imbarazzata e arrossita, distolsi velocemente il mio sguardo dal suo. Una strana sensazione mi aveva pervasa ma mi rifiutai di pensarci oltre e continuai come se nulla fosse.

    Una volta fuori, io ed Edoardo passeggiammo lentamente mano nella mano fino alla macchina. Che facciamo? domandò col tono un po' ironico

    Non so…magari potremmo riprendere il discorso che abbiamo interrotto prima… risposi io alludendo al bacio che c'eravamo dati al nostro incontro. Lui mi guardò stupito. Non ero mai stata così esplicita e maliziosa ma avevo davvero voglia di stare con lui, accarezzare la sua pelle e

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