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Premiata Forneria Marconi - Gli Anni Settanta
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Ebook192 pages1 hour

Premiata Forneria Marconi - Gli Anni Settanta

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About this ebook

Da session band per artisti prestigiosi fino all’Olimpo del Rock italiano e non solo. Il percorso della PFM viene raccontato in questo libro attraverso analisi e sintesi musicale, brano per brano, dei nove album pubblicati tra il 1972 e il 1978 (da Storia di un Minuto fino a Passpartù), inseriti nel contesto musicale contemporaneo italiano ed estero. Uno sguardo nuovo, come da tradizione per Dischi da leggere, sull’opera del più grande gruppo italiano.
LanguageItaliano
PublisherCarlo Pasceri
Release dateOct 8, 2018
ISBN9788829522835
Premiata Forneria Marconi - Gli Anni Settanta

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    Book preview

    Premiata Forneria Marconi - Gli Anni Settanta - Carlo Pasceri

    cpasceri@libero.it

    Nella stessa collana

    Già pubblicati:

    1) Miles Davis - Kind of Blue

    2) John Coltrane - A Love Supreme

    3) Miles Davis - Bitches Brew

    4) Return To Forever - Hymn Of The Seventh Galaxy

    5) Pink Floyd - Wish You Were Here

    6) Led Zeppelin – Houses Of The Holy

    7) Deep Purple – In Rock

    8) King Crimson – Red

    9) Genesis 1970-1976

    10) Pink Floyd 1967-1972

    11) Soft Machine 1968-1981

    12) Jethro Tull – Stand Up, Benefit, Aqualung

    Prefazione

    Dopo dodici numeri trascorsi tra Stati Uniti e Inghilterra eccoci sbarcare finalmente in Italia. Per la prima volta, infatti, ci occupiamo di un gruppo di casa nostra, la PFM, forse il più grande, quasi certamente il più celebre al di là dei nostri confini. Per la prima volta, inoltre, l’argomento di un nostro libro è stato scelto dai lettori attraverso un sondaggio sulla pagina Facebook di questa collana. A gran voce, con un risultato pressoché plebiscitario, ci è stato indicato il nome del gruppo milanese (a scapito di Lucio Battisti – ma gli ammiratori del musicista di Poggio Bustone non disperino). Infine, anche la copertina del libro è stata selezionata con lo stesso metodo.

    Possiamo quindi considerare questo volume come un numero speciale, quasi un esperimento. Sì, perché le novità non sono finite. Come si renderanno conto coloro che hanno acquistato anche i numeri precedenti, abbiamo cambiato leggermente il format delle nostre analisi brano per brano. Con lo scopo di renderla ancora più chiara, la narrazione musicale di ogni pezzo è divisa in due parti: la prima con uno sguardo generale al brano e ai suoi macro-contenuti, la seconda, in forma tabellare, con l’ormai classica analisi alla Carlo Pasceri.

    A chiusura del libro, un’intervista a Franco Mussida apparsa anni fa su una rivista specializzata per chitarristi e che, visti gli argomenti trattati, riteniamo ancora valida e un profilo musicale di quello che, ad oggi, è l’unico membro originale a portare ancora in giro il nome PFM: il grande Franz Di Cioccio.

    Buona letturascolto!

    Antonio Lisi

    In questo libro viene analizzata in dettaglio la musica contenuta nei dischi. Soltanto la musica.

    Non sono presenti, quindi, riferimenti ai testi, agli aneddoti e alla storia delle registrazioni, né tantomeno commenti sulle copertine e sugli aspetti iconografici. Altri libri si sono soffermati su questi argomenti e non c’è bisogno di aggiungere altro.

    Per poter godere appieno delle analisi musicali di ogni brano, consigliamo di ascoltare i dischi oggetto dello studio di pari passo con la lettura.

    Introduzione

    La Premiata Forneria Marconi è il gruppo rock italiano più importante.

    Nello scenario artistico non sempre i più famosi sono i migliori, anzi, ma in quello musicale dell’Italia degli anni Settanta sì.

    Seppur abbiamo avuto una pletora di validi gruppi, alcuni validissimi, i migliori sono quelli di prima linea come Le Orme, New Trolls, Banco Del Mutuo Soccorso, e poi nel genere Jazz-rock, Perigeo, Area, Napoli Centrale, non altri.

    Alcuni componenti della PFM, appena prima di costituire ufficialmente il gruppo, sono stati dei musicisti al servizio di altri artisti, su tutti svetta il gigante Lucio Battisti.

    Ma facciamo un passo indietro.

    Dopo le giovanili formazioni di ognuno, come quella chiamata Black Devils di Franz Di Cioccio, il prodromo della Premiata Forneria Marconi fu il gruppo Quelli (metà anni Sessanta) e, appena prima di mutare in PFM, l’effimero Krel, con la pubblicazione nel 1970 di un singolo (Finché le braccia diventano ali/E il mondo cade giù).

    Nei Quelli alla fine (1969-’70), a parte Pagani, c’era in pratica tutta la PFM, anzi, di più: Alberto Radius (poi Formula Tre) sostituì per parecchio tempo fino al ‘69 Franco Mussida partito per il servizio militare. I Quelli pubblicarono numerosi 45 giri e nel 1969 l’omonimo LP; non erano nemmeno gli autori (eccezione Marilù di Mussida), almeno ufficialmente.

    In ogni caso ancor prima di nascere nel 1971 e chiamarsi PFM, i componenti, che nel frattempo avevano iniziato un’importante attività di session-man per artisti come Battisti e De André, si stavano evolvendo insieme col Rock, quindi andando ben oltre l’adolescenziale Beat con le sue canzoncine di meno di tre minuti: era iniziata in Inghilterra l’epopea del Progressive…

    E quindi, il chitarrista Franco Mussida, il tastierista Flavio Premoli, il violinista Mauro Pagani, il bassista Giorgio Piazza e il batterista Franz Di Cioccio, sono i musicisti che hanno iniziato il grande cammino della PFM. All’alba del 1972 (gennaio) è pubblicato il primo LP, si chiama Storia di un Minuto e contiene sette brani (tra cui due pubblicati nell’autunno precedente in forma di 45 giri: Impressioni di Settembre e La Carrozza di Hans). Sempre in quell’anno sarà pubblicato Per un Amico.

    La PFM, similarmente ai King Crimson, soprattutto con questo primo disco, ha il dono di assorbire molti e dissimili stimoli musicali, sovente semplici, e fonderli con naturalezza; altresì variare la semplicità, ristrutturandola, e metterla così al riparo dalla banalità. Che siano mutuate genericamente dal mondo della Classica o da questo o quel gruppo (e talvolta proprio dai King Crimson), le loro soluzioni non paiono plebee emulazioni o peggio… In tal senso è esemplare Mussida, che come strumentista convoglia in sé elementi alquanto differenti: Steve Howe, Ritchie Blackmore e Robert Fripp sono, almeno nei primi anni del gruppo, i principali riferimenti del chitarrista.

    La loro vicenda prosegue in modo particolare: nel ‘73, approcciando il mercato estero con Photos of Ghosts, la PFM è messa sotto contratto dalla Manticore, etichetta inglese fondata da Emerson Lake & Palmer. I testi e la produzione del disco sono di Pete Sinfield, già paroliere dei King Crimson. È la riproposizione di Per Un Amico cantato in inglese e missato in modo diverso (con l’eccezione del pezzo Il Banchetto mantenuto originale); vengono registrati in Inghilterra due nuovi brani: Celebration (riduzione di è Festa) e un breve inedito strumentale Old Rain.

    Il 1974 vede l’uscita di Giorgio Piazza, sostituito da Patrick Djivas proveniente dagli Area. Nello stesso anno arriva il terzo vero e proprio album, L’Isola di Niente, cui seguì subito la versione in inglese per il mercato estero The World Became the World; e sempre quell’anno a seguito di un’importante tournée negli USA, danno alle stampe Live In USA.

    Nel ‘75 la novità dell’inserimento di un cantante di ruolo, Bernardo Lanzetti (ex Acqua Fragile). Il debutto è Chocolate Kings, anche questo in inglese. Avvenimento concomitante con la fine della collaborazione della loro quinta colonna, Claudio Fabi, ovvero colui che ha co-prodotto e co-arrangiato i loro dischi, dando evidentemente un’impronta notevole.

    Nel 1977 altra novità: Mauro Pagani lascia il gruppo, al suo posto l’americano Gregory Bloch, l’album di quell’anno è Jet Lag, virato più sullo strumentale (ritorna il cantato in italiano) e sul Jazz-Rock.

    Esattamente il contrario nel ‘78 per Passpartù, disco di canzoni che conferma il definitivo ritorno alla lingua madre.

    Dunque già la loro prima fase, quella più feconda che abbiamo affrontato finora, è, per vari motivi, alquanto frastagliata; e vedremo che lo sarà un po’ anche a livello musicale, come è normale che sia quando si tratta di artisti di questo calibro.

    Per inquadrare meglio la PFM va rilevato che in quegli anni in Italia ha avuto molto seguito il Rock di matrice artistica più impegnata e impegnativa, quello che poi sarà chiamato Progressive; non a caso i Van Der Graaf Generator, Gentle Giant e addirittura i Genesis (e in parte anche gli Yes), ebbero, almeno all’inizio, molto più successo da noi che in patria.

    Ma la questione è che il nostro Rock più importante non è stato influenzato solo da quello Progressive di matrice britannica, ma anche dall’altro genere che all’alba dei Settanta era sorto e si stava imponendo con grande forza: il Jazz-Rock.

    Ciò anche perché i tre grandi soggetti musicali di quegli anni, Frank Zappa, Soft Machine e King Crimson, erano molto vicini se non addirittura direttamente partecipi come iniziatori (dal versante Rock) di questo nuovo genere musicale. Non ultima la grande influenza degli Emerson Lake & Palmer, il fascino della loro potente musica che, a fronte di alcuni stilemi e virtuosismi e della sua natura più strumentale più che vocale, si discostava alquanto dal Progressive più narrativo coi loro interludi e rapsodiche magniloquenze tastieristiche…

    Oltre a questo, infine, una rilevante dose di Hard Rock iniettata nel giovane rock italiano, soprattutto con il primo e il terzo album. Dunque la musica della PFM risalta nel panorama del Rock internazionale perché frutto di un’esperienza piuttosto totale, considerando la significativa inserzione nella loro opera di elementi musicali mediterranei.

    Loro caratteristica è la quasi continua connessione di fattori popolari con quelli eruditi, melodie e ritmi elementari con retaggi accademici comunque colti: cultura bassa e alta in una formidabile amalgama tanto ben operata sia a livello compositivo sia esecutivo quanto godibile. La grande musica di quegli anni era davvero molto policroma, tutta tesa al superamento della forma canzone e dell’espressione più convenzionale, quindi la stragrande maggioranza degli artisti realizzavano dei brani parecchio mutevoli o, al contrario, alquanto ridondanti e quasi ipnotici,

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