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La stirpe del sentiero luminoso
La stirpe del sentiero luminoso
La stirpe del sentiero luminoso
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La stirpe del sentiero luminoso

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About this ebook

Quando si pensa a un drago, la mente vola a una creatura imponente, feroce e quasi invincibile. Ma cosa può succedere a un drago che viene strappato alla sua famiglia quando è poco più di un cucciolo? Lor, il giovanissimo drago, diventa l'attrazione principale di un circo, vessato dal crudele Pelham, sottoposto a costrizioni di ogni genere e privato del bene più prezioso: la libertà. Tutto cambierà quando la sua strada incrocerà quella di Findo Rigginz, che, con l'insaziabile amico Sanyam, intraprenderà un viaggio al limite delle sue possibilità per ridonare a Lor il calore della sua famiglia. Un inseguimento mozzafiato, tra insidiose gallerie e imponenti montagne, seguendo le indicazioni del vecchio Stendar, ormai malato. Riuscirà Lor a raggiungere il sentiero luminoso al momento della sua apertura? O resterà per sempre imprigionato in una realtà solitaria che non gli appartiene?
LanguageItaliano
PublisherLa Penna Blu
Release dateOct 3, 2018
ISBN9788895974262
La stirpe del sentiero luminoso

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    La stirpe del sentiero luminoso - Luigi Brasili

    Luigi Brasili

    La stirpe del sentiero luminoso

    La stirpe del sentiero luminoso di Luigi Brasili ©2018 La Penna Blu associazione culturale

    Collana: Il calamaio azzurro (07)

    Prima edizione ebook: agosto 2018

    Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione anche parziale a norma di legge.

    ISBN: 9788895974262

    ISBN versione cartacea: 9788895974194

    Artwork di copertina: Marta C. Flocco ( www.rehlandea.it)

    Questa è una storia di fantasia. Personaggi, nomi e situazioni sono frutto dell’immaginazione dell’autore. Ogni riferimento a fatti o persone esistenti è puramente casuale.

    www.lapennablu.it

    ISBN: 9788895974262

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice

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    A mio padre e a mia madre,

    per avermi concesso tutte le possibilità del mondo.

    A Luca, Lara, Anna, perché spesso certi sentieri sembrano meno ripidi. E più luminosi.

    1

    Findo Rigginz attraversò le mura esterne di Fillmore camminando a due palmi da terra.

    Da quando, anni prima, suo padre lo aveva condotto in paese per la prima volta, per lui la fiera annuale di Fillmore era sempre stata un evento senza paragoni. Ma quel giorno, la festa aveva un sapore speciale.

    «Aspetta!» gli urlò dietro Sanyam. «Abbiamo tutta la giornata!»

    Findo si fermò voltandosi a guardare l’amico, che sbuffava per cercare di tenere il passo.

    «Maledizione, Findo!» ansimò l’altro dopo averlo raggiunto. «Hai paura che vadano via tutti?» concluse, asciugandosi il sudore, le guance infiammate dal caldo.

    Findo gli rivolse un sorriso, porgendogli la borraccia. «Forza, bevi, e smettila di sbuffare.»

    Attese che Sanyam si fosse dissetato, poi bevve un sorso a sua volta e gli poggiò una mano sulla spalla.

    «Cos’è, ti preoccupi che i venditori di dolci se ne vadano prima del nostro ritorno?»

    Sanyam lo studiò torvo, ma subito i suoi occhi scuri si accesero di nuova luce.

    «E tu, invece, che fretta hai? Pensi sul serio che nel tendone del circo ci sia un vero drago?» disse, poi s’impettì in attesa di una risposta piccata di Findo, che invece si limitò a guardarlo con aria di sfida e riprese a camminare.

    «E va bene» sospirò Sanyam caracollandogli dietro, «ma almeno, puoi andare un po’ più piano?»

    Findo rallentò il passo, guardando di sfuggita la moltitudine di curiosi accalcata addosso alle bancarelle allestite in ogni angolo del paese.

    «Scusami» riprese Sanyam affiancandolo, «lo so che tuo padre non racconta frottole, ma forse quei tizi che ha incontrato lo hanno preso in giro… e poi, perché non ti ha accompagnato alla fiera come tutti gli anni?»

    Findo si fermò, gli occhi ridotti a una fessura: «Ma secondo te poteva allontanarsi da casa proprio adesso che mia madre sta per partorire? Anch’io volevo restare ma lui mi ha detto di non preoccuparmi, che bastano lui e la nonna a badare a tutto, così almeno io mi sarei distratto un po’.»

    Sanyam non replicò. Prese a fissare il terreno polveroso, scavando con un piede.

    La spinta di Findo per poco non lo fece cadere. «Basta discutere, adesso! Andiamo, ormai non manca molto al castello» gli disse, di nuovo allegro.

    Sanyam, riluttante, s’incamminò dietro il suo amico.

    Superarono con una certa fatica il groviglio di curiosi e venditori, assiepati intorno alle merci variopinte ammonticchiate ovunque, poi, finalmente, si addentrarono nel dedalo di vicoli che s’inerpicava verso la parte alta del paese, dove si ergevano le mura del castello di Fillmore.

    2

    I due ragazzi oltrepassarono una serie di carri straripanti di mercanzie e raggiunsero il lato destro delle mura, dove era stato posto il tendone colorato, a un centinaio di passi dall’ingresso principale del castello.

    Le guardie davanti ai cancelli osservavano incuriosite il viavai di gente intorno ai carri e ai drappi multicolore che addobbavano il tendone. Findo si accodò subito alle persone in fila in attesa di assistere allo spettacolo. L’amico gli si aggregò con ben altro spirito, gli occhi strabuzzanti fissi su un lungo tavolo poco distante, ricolmo di ogni varietà di dolci.

    «Visto?» gli disse Findo. «Ci sono anche qui gli ambulanti.»

    «Quanto hai ragione! Perché non facciamo un giro prima? Lo spettacolo inizierà tra più di un’ora e io ho fame, e qui in mezzo fa un caldo terribile!» azzardò Sanyam, tirando la camicia di Findo.

    Questi gli rivolse un’occhiata distratta, prima di rispondergli con un tono a metà tra l’esasperato e il divertito: «D’accordo, prendi un paio di monete e vai a comprarti qualche dolce. Io rimango in fila, voglio scegliermi il posto migliore.»

    Sanyam non se lo fece ripetere due volte: afferrò i dischetti luccicanti dalla mano tesa verso di lui e saettò in mezzo alla folla.

    Findo lo seguì con lo sguardo per alcuni istanti, finché non lo perse di vista. Voltandosi, vide la testa calva e il mento barbuto di un uomo che svettava di parecchio su tutti quelli intorno a lui. La sua voce era degna della sua altezza, tanto da sovrastare il brusio degli astanti che l’osservavano dal basso.

    «Quella bestiaccia ci ha dato parecchio filo da torcere, ma alla fine siamo riusciti a incatenarla per bene.»

    Findo cercò di sfilare in mezzo al gruppo per avvicinarsi e ascoltare meglio.

    «Ma non c’è pericolo di bruciarsi?» chiese una voce, da qualche parte nella folla.

    L’uomo barbuto proruppe in una grassa risata, prima di rispondere: «Per la verità all’inizio ci siamo preoccupati, ma quando abbiamo capito che era un drago ancora troppo giovane per sputare fuoco, ci siamo avventati su di lui e siamo riusciti a bloccarlo prima che prendesse il volo…»

    «E come avete fatto per incatenarlo?» chiese un altro.

    «Abbiamo dovuto dargli parecchie bastonate per tenerlo fermo, mentre la rete di metallo gli impediva di scappare. Qualcuno dei miei compagni però se l’è vista brutta lo stesso: quella maledetta coda ha rotto diverse ossa e denti, uno dei nostri ha addirittura perso un braccio!»

    Ne seguì una lunga serie di esclamazioni e commenti ammirati, mentre l’omaccione si allontanava verso l’entrata del circo. Findo cercò di immaginarsi la scena della cattura appena ascoltata; sospirò, pensando che non avrebbe voluto imbattersi nemmeno per sbaglio con gli uomini che avevano preso il drago. Restò a guardare le spalle enormi del gigante che oscillavano verso il tendone. Chissà se quelli che lo avevano aiutato erano altrettanto grossi! Sicuro, si disse, sarebbe stato preferibile affrontare un drago da solo piuttosto che trovarsi in compagnia di quei tizi.

    Una voce gracchiante lo strappò alla sua riflessione, facendolo sobbalzare: «Una moneta per il tuo futuro, ragazzo.» Due occhi chiari e vitrei lo stavano fissando in mezzo a una fitta ragnatela di rughe, mentre una mano rachitica e tremante gli tirava la manica della camicia.

    Findo cercò di divincolarsi, impacciato e leggermente infastidito dal forte odore che emanava il vecchio. «Hai paura di conoscere il futuro, giovanotto?» insisteva la voce. Findo scosse la testa e infilò una mano nella tasca, porgendo una moneta all’uomo, nel tentativo di liberarsene. Questi la soppesò ammiccando, e storse la bocca in quello che voleva somigliare a un sorriso. Intascò la moneta, ma rimase al suo posto, la mano aggrappata alla camicia del ragazzo. Poi afferrò di scatto l’altra mano di Findo e ne studiò il palmo con avidità, mormorando suoni incomprensibili. Findo cercò di sfuggire alla stretta ma l’uomo lo stringeva con una forza inaspettata.

    Di colpo, il vecchio alzò la testa e lo guardò con rinnovato interesse. Le rughe sul suo volto sembravano aver mutato forma. Indietreggiò di un passo, come a volersi allontanare di fretta, ma la sua mano era sempre avvinghiata a quella di Findo, che cercava di divincolarsi imbarazzato, sotto lo sguardo dei curiosi. Il giovane avvertì una vibrazione lungo il corpo, e tentò di nuovo di liberarsi ma i suoi muscoli si rifiutavano di obbedire alla sua volontà.

    Il vecchio spalancò gli occhi piegando la testa: «Non aver fretta, ragazzo, c’è tempo per lo spettacolo. Sei certo di non voler sapere nulla? Non ti interessa conoscere le trame che il destino cuce addosso a certi uomini e a certe creature, uomini e creature speciali… come te?»

    «No grazie» rispose Findo, cercando di assumere un tono risoluto e convincente, mentre il sudore gli inzuppava la camicia. Finalmente l’altro abbandonò la stretta, fissandolo intensamente. «D’accordo» disse, «vai pure al circo, io ti aspetterò, sono certo che, dopo, vorrai ascoltarmi…»

    Findo sospirò grato e si asciugò la fronte con la manica; poi tornò a concentrarsi sul tendone, distante ormai pochi passi.

    «Cocchi ’allavi?» bofonchiò Sanyam appena giunto al suo fianco, le mani e le guance rigonfie di dolci. «Parlavo con quel vecchio…» disse Findo alzando il braccio per indicare il punto in cui aveva visto l’uomo allontanarsi, ma la sua mano restò sospesa a mezz’aria, mentre l’incertezza gli dipingeva la fronte. «Non capisco, era lì un istante fa…»

    «Arai ‘itto un antamma» concluse Sanyam, porgendogli un pezzo di torta, «’endi ‘ono bonittimi ‘etti docci.»

    Findo si arrese volentieri, e addentò la torta: «Hai ragione, è buonissima!»

    Poi colpì l’amico con una manata di approvazione sul petto, facendogli spruzzare briciole dalla bocca.

    «Ehi, ’ta ’ttento!» protestò Sanyam, stringendo a sé il prezioso bottino.

    3

    L’attesa fu piuttosto lunga, ma Findo quasi non si accorse dello scorrere del tempo, tra le chiacchiere di Sanyam e le riflessioni sulle parole del vecchio; quelle parole che tornavano a punzecchiarlo con insistenza ogni volta che l’amico faceva una pausa per ingurgitare l’ennesimo pezzo di torta.

    Le trame che il destino cuce addosso a certi uomini e a certe creature, uomini e creature speciali… come te.

    Cosa voleva dire quell’uomo? Chi era? E, soprattutto, l’aveva incontrato davvero?

    Finalmente gli addetti del circo iniziarono ad alzare la luce delle lampade a olio, e i due amici, come tutti gli altri spettatori, rivolsero i loro sguardi verso lo spiazzo circolare al centro del tendone, dove una giovane donna con i capelli biondi e un lungo abito rosso aveva alzato un braccio per poi prodursi in un elegante inchino verso la platea.

    Presentò il primo spettacolo con voce squillante, indicando tra gli applausi una tenda dietro di lei da cui sbucò un uomo alto e muscoloso: lo stesso uomo che Findo aveva visto parlare con quelli in fila davanti a lui. Il gigante si esibì a petto nudo, spezzando e piegando, con la forza delle possenti braccia, un gran numero di robusti paletti di legno e sbarre di metallo. Conclusa l’esibizione, uscì, madido di sudore, accompagnato dall’ovazione ammirata del pubblico.

    A seguire fu il turno di due cavalieri provetti che conducevano i cavalli al trotto; in piedi, in equilibrio sulla schiena degli animali, si lanciavano in continuazione bastoni colorati che volteggiavano in aria al punto da apparire incantati, tanta era la perizia con cui i due li maneggiavano. Anche i cavalieri uscirono tra applausi scroscianti, così come tutti gli altri artisti che si avvicendarono nel corso dello spettacolo: acrobati, giocolieri, giullari e musicisti, tutti si guadagnarono il loro bel momento di gloria.

    Quando ricomparve la donna dai capelli biondi, annunciando l’approssimarsi dell’ultimo spettacolo, il più atteso, calò di nuovo il silenzio. Le lampade furono abbassate, e nella semioscurità un carro venne spinto al centro dell’arena. «Hai visto quanto è grande il carro?» sussurrò Sanyam, «e quel palo che sbuca dal tetto, a che serve?» concluse puntando il dito nel buio.

    Findo non rispose, il cuore palpitante nell’attesa, combattuto tra la voglia di assistere allo spettacolo e una sensazione di urgenza che nell’intimo voleva spingerlo a scappare via.

    Le luci si abbassarono ancora e il pubblico ammutolì; persino Sanyam si limitò a respirare profondamente, gli occhi inchiodati al centro dell’arena.

    Ombre indistinte si muovevano attorno al carro, spostando i rivestimenti di legno e armeggiando con gli attrezzi, che emettevano sinistri lamenti metallici.

    Alla fine anche i rumori nell’arena si spensero e le ombre si allontanarono dietro i drappi, lasciandosi dietro un’unica massa informe, immobile, al centro dello spiazzo.

    Poi qualcosa si mosse da un lato del tendone e un’ombra imponente avanzò nell’arena.

    Findo riconobbe la sagoma del gigante barbuto ancor prima che le sue parole echeggiassero tra gli spalti.

    «Signori miei, tra poco vi mostrerò una bestia terribile, uno dei mostri più pericolosi che si siano mai visti sulle nostre terre. Molti parlano di questi esseri feroci, ma sono pochi gli uomini che ne hanno mai visto uno, seppur da lontano; e ancor meno sono coloro che li hanno affrontati… e che sono tornati a raccontarlo! Preparatevi, tenete stretti i vostri bambini, perché davanti a quello che vedrete ora anche i guerrieri più impavidi tremano di terrore!»

    Tutte le luci si riaccesero nello stesso istante e il centro dell’arena s’infiammò nel riflesso verde delle scaglie del drago. La folla esplose in un boato di esclamazioni, mentre il gigante si avvicinava all’animale, raggomitolato intorno a un robusto palo fissato direttamente nel terreno. Diversi uomini, armati di archi e spade, entrarono nello spiazzo, mettendosi in cerchio attorno all’uomo con la barba, che agitava nell’aria una grande frusta metallica. Alla prima sferzata della frusta il drago s’ingobbì, ma non appena il gigante iniziò a colpirlo ripetutamente sul collo e sulle zampe, si alzò, agitando le ali. Findo all’inizio ebbe l’impressione che gli occhi del drago fossero sul punto di fulminare il suo aguzzino; ma qualcosa in quelle pupille infuocate, oltre la gabbia di cuoio che teneva bloccato il muso dell’animale, gli fece intuire che si trattava dello sguardo di un essere impaurito e disperato, e forse, rassegnato.

    Si voltò verso Sanyam, per cercare una conferma alle sue sensazioni, ma l’amico non se ne accorse, gli occhi fissi in quelli della bestia incatenata.

    Braccia muscolose agitarono ancora la frusta, altre presero a bastonate il dorso del drago. Allora l’animale tese le ali in tutta la loro ampiezza e salì volteggiando in cerchio sopra le teste dei suoi torturatori. Qualcuno dalla platea urlava, incitando gli uomini armati a colpire gli artigli avvolti in robuste bende.

    Intanto il drago continuava a salire volando intorno al grosso palo, dove era stato fissato un anello mobile per garantire la mobilità e nel contempo impedire la fuga dell’animale. Findo, che si trovava nella fila di panche più alta tra quelle vicine all’arena, sussultò insieme a Sanyam allorché il drago volò davanti a loro, scompigliandogli i capelli con lo spostamento d’aria provocato dalle ali. Sanyam lasciò addirittura cadere a terra un pezzo di torta, le mani contratte a mezz’aria e la bocca spalancata. Findo continuò a guardare le evoluzioni del drago, mentre l’incitamento e gli

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