L'arte moderna tra farsa e tragedia
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Anteprima del libro
L'arte moderna tra farsa e tragedia - Silvio Gorelli
Kundera
INTRODUZIONE
Queste poche pagine non hanno la presunzione di essere un testo organico sulla storia dell’arte degli ultimi secoli; troppe le lacune che contengono. Esse, al più, racchiudono pensieri e cercano di rispondere ad una domanda sempre più impellente: chi è il responsabile diretto dello stato di agonia in cui l’arte versa attualmente? Da qui una serie di considerazioni che, nei limiti accennati, intendono ripercorrere momenti storici troppo a lungo celebrati acriticamente. In un’epoca che invoca l’opera d’arte totale, che mira ad abolire lo stesso concetto di arte, la sua impostazione potrebbe sembrare anacronistica Pur nella sua apparente frammentarietà, questo breve testo, a ben guardare, contiene riflessioni che meritano di essere considerate ed offre una guida di lettura estensibile alle più diverse manifestazioni artistiche del nostro tempo. Un limite che alcuni potrebbero evidenziare è quello di non suggerire una strada alternativa.
È vero; ma la presa di coscienza del nulla artistico in cui viviamo, comunque, può essere il primo momento per una vera rinascita.
Capitolo I - LE ORIGINI DEL MALE
Il minimo che si possa chiedere ad una scultura è di non muoversi
Pittore, non sforzarti di essere moderno. E’ l’unica cosa che, sfortunatamente, comunque tu agisca, non potrai evitare di essere.
Salvador Dalì, I cornuti della vecchia arte moderna
La storia che mi accingo a narrare è la storia di un crimine consumato nei confronti dell’intera umanità.
Nella seconda metà dell’Ottocento, infatti, è stata ferita a morte l’arte; l’arte che ancora oggi agonizza al suolo e che nessuno soccorre.
Lo scopo del libro è la ricerca dei colpevoli, degli esecutori e dei mandanti, unitamente all’analisi di tutte quelle devianze che, ancora oggi, impediscono una vera coscienza di quanto accaduto.
Il crimine è stato tanto più abietto ed incomprensibile se si considera che è stato realizzato con l’apparente consenso della società; la stessa che continua inspiegabilmente ad inneggiare ai suoi aggressori.
Come in ogni indagine che si rispetti la conoscenza del tempo e del luogo del delitto - perché di delitto si trattò e non di un parto per quanto infelice - è fondamentale.
Tutto ha origine a Parigi, nella seconda metà dell’Ottocento.
E per capire la Parigi del secondo impero non basta conoscere la sua storia ufficiale, bisogna recuperarne il clima, oserei dire percepirne l’odore
.
Per capire la grande storia è indispensabile considerare, anche epidermicamente, l’esistenza di quei flussi umani che obbediscono a leggi a volte inconfessabili e che sono la sommatoria di tante storie individuali. Ciascuna con le sue miserie e le sue grandezze; ciascuna, comunque, contribuisce a fare la grande storia intesa come risultante di vite di uomini che affrontarono la dura avventura dell’esistenza.
Dire Parigi era, ed è, dire la Francia. Nello specifico la Francia di Napoleone III, la Francia degli affari, non sempre limpidi, che sprofondò tragicamente a Sedan.
La Parigi dell’epoca evoca immediatamente il nome di Hausmann.
Fu lui nel 1863 a dare origine a quei lavori che trasformeranno l’immagine di questa città. Nel 1870 Parigi contava già 1.800.000 abitanti. Di questi 600.000 erano operai e manovali e 250.000 ragazzi in età scolare.
La città era suddivisa in 20 arrondissements e possedeva cinque stazioni ferroviarie che la collegavano con ogni angolo della