Il Vangelo di Giovanni letto da Papa Benedetto XVI
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Anteprima del libro
Il Vangelo di Giovanni letto da Papa Benedetto XVI - Stefano Imperiali
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Premessa
La Costituzione Dogmatica Dei Verbum sulla Divina Rivelazione, del Concilio Vaticano II, afferma che "tra tutte le Scritture, anche quelle del Nuovo Testamento, i Vangeli possiedono una superiorità meritata, in quanto costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro Salvatore".
Orbene, tra i quattro Vangeli forse soprattutto quello di Giovanni affascina molti cristiani o agnostici. Ma si può ancora verificare quello che leggiamo negli Atti degli Apostoli.
Sulla "strada che discende da Gerusalemme a Gaza,
Filippo corse innanzi a un
funzionario di Candace, regina di Etiopia:
udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse:
Per ogni capitolo del quarto Vangelo ho pertanto riportato, quando ho potuto:
▪ Insegnamenti contenuti nell’opera in tre volumi di J. Ratzinger - Benedetto XVI: "Gesù di Nazareth, Milano 2007 (I);
Gesù di Nazareth. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione, Roma 2011 (II);
L’infanzia di Gesù", Milano-Roma 2012 (III). Dopo ogni citazione, ho precisato il volume e la pagina, o più spesso le pagine, ove sono contenute le riflessioni del Papa Emerito.
▪ Insegnamenti contenuti in omelie di Papa Benedetto XVI pronunciate durante il suo pontificato. Dopo ogni citazione, ho indicato il luogo e la data in cui l’omelia è stata pronunciata.
Spero che le chiare riflessioni del Papa Emerito possano essere utili a molti per comprendere meglio il Vangelo di Giovanni. E dedico questo piccolo lavoro a mia Madre, Maria.
Per i testi del Papa Emerito,
© Copyright Libreria Editrice Vaticana, 2018.
Il 10.7.2018 la Segreteria per la Comunicazione vaticana ha dato una cortese e generosa "autorizzazione a riprodurre una selezione di riflessioni di Papa Benedetto XVI sul IV Vangelo".
Stefano Imperiali
Il Vangelo di Giovanni
▪ "Il nostro ascolto del Gesù dei sinottici" - i Vangeli di Matteo, Marco e Luca - "ci ha insegnato che il mistero della sua unità con il Padre è sempre presente e determina il tutto, ma che resta anche nascosto sotto la sua umanità. Con vigile attenzione se ne sono accorti, da una parte i suoi avversari e dall’altra, i discepoli, che vedevano Gesù mentre era in preghiera e potevano avvicinarsi interiormente a Lui; essi, nonostante tutti i fraintendimenti, hanno progressivamente - e in momenti importanti anche all’improvviso - cominciato a riconoscere quella realtà inaudita. In Giovanni la divinità di Gesù appare in modo non velato. Le dispute di Gesù con le autorità giudaiche del tempio costituiscono, per così dire, nel loro insieme già il futuro processo di Gesù davanti al Sinedrio, una vicenda che poi, a differenza dei sinottici, Giovanni non cita più come tale.
Questa diversità del Vangelo di Giovanni, in cui non udiamo alcuna parabola, bensì grandi discorsi centrati su immagini e in cui la scena principale dell’attività di Gesù si sposta dalla Galilea a Gerusalemme, ha indotto la moderna ricerca critica a disconoscere al testo - a eccezione del racconto della passione e di alcuni singoli particolari - la storicità e a considerarlo una ricostruzione teologica tarda. Secondo questo orientamento, esso ci trasmette la posizione di una cristologia molto sviluppata, ma non può rappresentare una fonte per la conoscenza del Gesù storico. Le radicali datazioni tardive tentate in conformità a questa ipotesi dovevano essere abbandonate, perché alcuni papiri egizi risalenti all’inizio del II secolo mettevano in chiaro che il Vangelo deve essere stato scritto ancora nel I secolo, seppur verso la sua fine. Ciò non ebbe tuttavia alcun effetto sulla negazione del suo carattere storico".
(I, pagg. 257-258)
▪ "Un grande influsso sull’esegesi del quarto Vangelo esercitò, nella seconda metà del XX secolo, il commento a Giovanni di Rudolf Bultmann, la cui prima edizione venne pubblicata nel 1941. L’autore ritiene di poter stabilire con certezza che gli orientamenti decisivi del Vangelo di Giovanni non vanno ricercati nell’Antico Testamento e nel giudaismo dell’epoca di Gesù, bensì nello gnosticismo. Caratteristica è la frase:
"Il lettore si domanda: come fa Bultmann a saperlo? La risposta dell’autore è sconcertante:
Nella generazione successiva a Bultmann, la ricerca su Giovanni ha registrato una svolta radicale, i cui risultati si trovano, accuratamente discussi e illustrati, nel libro Die johanneische Frage di Hengel (1993). Se riesaminiamo alla luce dell’attuale stato della ricerca l’interpretazione di Giovanni proposta da Bultmann, notiamo ancora una volta quanto poco l’elevata scientificità offra una protezione contro errori di fondo".
(I, pagg. 258-260)
▪ "Ma che cosa ci dice l’indagine odierna?
Ebbene, essa ha definitivamente confermato e ampliato ciò che, in fondo, già sapeva anche Bultmann: il quarto Vangelo poggia su conoscenze straordinariamente precise dei luoghi e dei tempi, e pertanto può solo essere opera di qualcuno che aveva grande familiarità con la Palestina dei tempi di Gesù. E’ inoltre divenuto evidente che il Vangelo ragiona e argomenta pienamente a partire dall’Antico Testamento, dalla Torah (Rudolf Pesch), e che, con tutta la sua forma argomentativa, è profondamente radicato nel giudaismo dell’epoca di Gesù. Il linguaggio del Vangelo, che Bultmann reputava
(I, pagg. 260-261)
▪ "Così siamo ora giunti a due quesiti decisivi che, in fin dei conti, costituiscono il centro della questione
Nel racconto della lavanda dei piedi, queste affermazioni sull’origine esterna del Vangelo si approfondiscono fino a diventare un’allusione alla sua fonte interna. Lì di questo discepolo si dice che egli, durante la Cena, aveva il suo posto accanto a Gesù e, quando sorse la domanda circa il traditore, si reclinò
(I, pagg. 261-262)
▪ "Ma chi, allora, è questo discepolo? Il Vangelo non lo identifica mai direttamente col nome. In connessione con Pietro e con altre vocazioni di discepoli, il testo ci guida verso la figura di Giovanni di Zebedeo, ma non procede esplicitamente a questa identificazione. E’ ovvio che mantiene volutamente un segreto. L’Apocalisse, è vero, nomina espressamente Giovanni come suo autore (cfr. 1,1.4), ma nonostante lo stretto legame dell’Apocalisse con il Vangelo come anche con le Lettere rimane aperta la domanda se l’autore sia il medesimo.
Di recente, nella sua voluminosa Theologie des Neuen Testaments, Ulrich Wilckens ha enunciato di nuovo la tesi secondo cui il
Dai tempi di Ireneo di Lione († 202 circa), la tradizione della Chiesa riconosce all’unanimità Giovanni di Zebedeo come il discepolo prediletto e l’autore del Vangelo. Questa tesi si accorda con gli accenni identificativi del Vangelo, che, in ogni caso, ci rimandano a un apostolo e a un compagno di viaggio di Gesù dal battesimo nel Giordano fino all’Ultima Cena, alla croce e alla risurrezione.
In epoca moderna, però, sono sorti dubbi sempre più forti riguardo a questa identificazione. E’ possibile che il pescatore del lago di Genèsaret abbia scritto questo sublime Vangelo delle visioni che penetrano nel più profondo del mistero di Dio? E’ possibile che quest’uomo, galileo e pescatore, fosse così legato all’aristocrazia sacerdotale di Gerusalemme, al suo linguaggio e alla sua mentalità quanto lo è, in effetti, l’evangelista? E’ possibile che fosse imparentato con la famiglia del sommo sacerdote, come sembra suggerire il testo (cfr. Gv. 18,15)?
Ebbene, in seguito agli studi di Jean Colson, Jacques Winandy e Marie-Emile Boismard, l’esegeta francese Henri Cazelles ha dimostrato, con una ricerca sociologica sul sacerdozio del tempio prima della distruzione di quest’ultimo, che una simile identificazione è senz’altro plausibile. Le classi sacerdotali prestavano il loro servizio a turno per una settimana due volte all’anno. Al termine del servizio, il sacerdote tornava nella sua terra; non era affatto insolito che esercitasse anche una professione per guadagnarsi la vita. Emerge, del resto, dal Vangelo che Zebedeo non era un semplice pescatore, bensì dava lavoro a diversi giornalieri, per cui era anche possibile ai suoi figli lasciarlo.
(II, pagg. 262-264)
▪ "Se dunque anche - e proprio - allo stato attuale della ricerca è senz’altro possibile scorgere in Giovanni di Zebedeo quel testimone che difende solennemente la sua testimonianza oculare (cfr. 19,35), identificandosi così come il vero autore del Vangelo, la complessità nella redazione del testo solleva tuttavia ulteriori domande.
A questo riguardo è importante una notizia dello storico della Chiesa Eusebio di Cesarea († 338 circa). Eusebio ci riferisce di un’opera in cinque volumi del Vescovo Papia di Gerapoli, morto nel 120 circa, che vi avrebbe menzionato di non aver più conosciuto né visto di persona i santi apostoli, ma di aver ricevuto la dottrina della fede da persone vicine agli apostoli. Parla di altri che sarebbero stati a loro volta discepoli del Signore e cita per nome Aristione e un
Si tratta di una notizia veramente degna di attenzione; insieme con alcuni indizi affini rivela infatti che a Efeso esisteva una sorta di scuola giovannea che faceva risalire le sue origini al discepolo prediletto di Gesù, nella quale, tuttavia, un certo
Posso con convinzione aderire alla conclusione che Peter Stuhlmacher ha tratto dai dati appena illustrati. A suo parere, ".
"In un senso analogo, Eugen Ruckstul e Peter Dschullnigg scrivono:
(I, pagg. 264-266)
▪Con queste osservazioni abbiamo già compiuto un passo decisivo riguardo alla questione circa l’attendibilità storica del quarto Vangelo. Dietro il testo vi è, ultimamente, un testimone oculare, e anche la redazione concreta è avvenuta nella vivace cerchia dei suoi discepoli e con l’apporto determinante di un discepolo a lui familiare
.
"Se per
(I, pagg. 266-269)
▪ L’evangelista, che "senza dubbio conosceva bene i Vangeli sinottici nell’una o nell’altra versione", vuole comunque "riferire l’accaduto nella veste di
Il proprio ricordo
, peraltro, "da un lato reca nell’autore del Vangelo un accento molto personale, come ci mostra la parola alla fine della scena della crocifissione (cfr. Gv. 19,35); dall’altro lato, però, non è mai un ricordo puramente privato, bensì un ricordo nel e con il
(I, pagg. 270-271)
▪ "Giovanni usa il verbo
Nel racconto della purificazione del tempio segue l’annuncio di Gesù che Egli in tre giorni avrebbe fatto risorgere il tempio distrutto. A questo proposito, l’evangelista osserva:
Il verbo
La risurrezione insegna un modo nuovo di vedere, rivelando il rapporto tra le parole dei profeti e il destino di Gesù. Risveglia il
(I, pagg. 271-273)
▪ "Con questi testi, è lo stesso evangelista a fornirci le indicazioni decisive sulla composizione del suo Vangelo, sulla visione, cioè, da cui esso scaturisce. Esso si basa sul ricordo del discepolo, che però è un ricordarsi insieme nel
Quanto Giovanni afferma nel suo Vangelo riguardo al ricordare, che diventa un comprendere e un avviarsi verso la
E’ proprio questo il tipo di
In fondo è espresso qui anche qualcosa di essenziale circa il concetto di ispirazione: il Vangelo scaturisce dal ricordare umano e presuppone la comunità di coloro che ricordano - in questo caso, molto concretamente, la scuola giovannea e prima ancora la comunità dei discepoli. Ma poiché l’autore pensa e scrive con la memoria della Chiesa, il
Ciò significa che il Vangelo di Giovanni, in quanto
(I, pagg. 273-275)
▪ "Mentre Bultmann vedeva il quarto Vangelo radicato nello gnosticismo e dunque estraneo alla matrice veterotestamentaria e giudaica, la ricerca più recente ha compreso nuovamente con chiarezza che Giovanni si basa totalmente sull’Antico Testamento.
"La promessa di Mosè (
un profeta pari a me": Dt. 18,15; cfr. Dt. 34,10) è sovra-adempiuta nel modo traboccante in cui Dio è solito donare: Colui che è venuto è più di Mosè, è più di un profeta. E’ il Figlio. Ed ecco perché ora vengono alla luce la grazia e la verità, non come distruzione, bensì come compimento della Legge
.
(I, pagg. 275-277)
▪ "La seconda indicazione concerne il carattere liturgico del Vangelo di Giovanni. Esso trae il suo ritmo dal calendario delle festività di Israele. Le grandi feste del popolo di Dio forniscono l’articolazione interna del cammino di Gesù e schiudono al tempo stesso la base portante da cui si leva il messaggio di Gesù.
Subito all’inizio dell’attività di Gesù si colloca la la preghiera sacerdotale di Gesù, che contiene una sottile teologia eucaristica come teologia del suo sacrificio sulla croce, viene sviluppata interamente a partire dal contenuto teologico della festa dell’Espiazione, cosicché anche questa festa fondamentale di Israele confluisce in modo determinante a formare la parola e l’opera di Gesù
.
"Solo se teniamo presente questo radicamento liturgico dei discorsi di Gesù, anzi dell’intera struttura del Vangelo di Giovanni, possiamo comprenderne la vitalità e la profondità".
In effetti, "tutte le feste giudaiche hanno un triplice fondamento: all’inizio vi sono le feste delle religioni naturali, il legame con la creazione e con la ricerca di Dio da parte dell’umanità attraverso la creazione; da qui si sviluppano poi le feste del ricordo, della commemorazione e della rievocazione delle azioni salvifiche di Dio e, infine, il ricordo si trasforma sempre di più in speranza nella futura azione salvifica perfetta, che manca ancora. Così diventa chiaro che i discorsi di Gesù nel Vangelo di Giovanni non sono controversie su pretestuosi quesiti metafisici, ma recano in sé l’intera dinamica della storia della salvezza e sono al tempo stesso radicati nella creazione. Rimandano in ultima istanza a Colui che, di sé, può semplicemente dire:
(I, pagg. 277-279)
Capitolo 1
¹In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
²Egli era, in principio, presso Dio: ³tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
⁴In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; ⁵la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
⁶Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
⁷Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
⁸Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
⁹Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
¹⁰Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
¹¹Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
¹²A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, ¹³i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
¹⁴E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
¹⁵Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».
¹⁶Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.
¹⁷Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
¹⁸Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.
¹⁹Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». ²⁰Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». ²¹Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. ²²Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». ²³Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia».
²⁴Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. ²⁵Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». ²⁶Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, ²⁷colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». ²⁸Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
²⁹Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! ³⁰Egli è colui del quale ho detto: "Dopo